Dunia Algeri beachwear, il crochet ci fa belle (senza bisogno di prove)

La vita è strana, passano anni senza che io parli di beachwear e poi mi capita di imbattermi in ben due nomi interessanti nel giro di poco tempo: deve essere l’anno dei costumi da bagno…

Ho scritto ‘nomi interessanti’: lo sono dal punto di vista della mia passione per talento e qualità, in quanto i brand in questione hanno trovato la loro strada proponendo due diverse soluzioni, ognuna originale e personale a proprio modo.

Se da una parte ho raccontato la storia di un brand che è riconoscibile grazie a bellissime grafiche di propria progettazione e realizzazione, oggi torno a parlare di un brand che è diventato riconoscibile grazie alla propria interpretazione di una lavorazione artigianale di grandissima tradizione: mi riferisco alla maglieria (che diventa in questo caso uncinetto) e mi riferisco a Dunia Algeri.

Dunia realizza splendidi maglioni con un filato molto particolare che si chiama baby alpaca: l’alpaca (Vicugna pacos) è un simpatico mammifero della famiglia dei camelidi, addomesticato e allevato per utilizzarne la lana; insieme al lama, è una delle due specie domestiche di camelidi diffusa in Sudamerica.

La baby alpaca è la lana del dorso dell’animale, ovvero la parte più pregiata (poiché non tocca mai terra e dunque non si contamina con sporcizia e impurità) e l’appellativo baby si riferisce alla sua finezza, visto che la fibra è eccezionalmente sottile: specifico che la tosatura non arreca alcun danno all’animale in quanto viene fatta rigorosamente a mano, nel periodo primaverile, in modo che il vello ricresca in tempo per l’inverno.

Ho raccontato come e perché Dunia abbia pensato alla baby alpaca (nonché in cosa si concretizzi il suo lavoro) in un post che potete leggere qui: oggi vi racconto invece a cosa ha pensato per la stagione estiva. Leggi tutto

Tiziano Guardini onora il World Oceans Day con una capsule in Econyl®

L’8 giugno di ogni anno è il giorno in cui si celebra l’oceano, la sua importanza nelle nostre vite e come ognuno di noi può proteggerlo, ovunque viviamo.
L’idea è nata nel 1992 ed è stata poi istituzionalizzata nel 2002: da allora, il World Oceans Day collega persone di tutto il mondo e ispira azioni che vengono portate avanti durante tutto l’anno per proteggere questa straordinaria risorsa da cui tutti noi dipendiamo.
Tra le varie iniziative di quest’anno vi sono anche quelle di tanti brand del settore moda: ho scelto di parlarvi di Tiziano Guardini, uno stilista molto interessante tra coloro che popolano il panorama attuale.

Tiziano Guardini nasce a Roma negli Anni Ottanta.
Dopo la laurea in Economia, decide di intraprendere un ulteriore percorso di studi all’Accademia di Alta Moda Koefia di Roma, conseguendo il titolo di Fashion Designer.
Ottenuto un master in Responsabile del Prodotto, inizia diverse collaborazioni presso uffici stile di vari atelier, scegliendo poi di affiancare alcune aziende di prêt-à-porter e di accessori.

Nel 2012 partecipa alla manifestazione Limited/Unlimited proponendo la giacca ‘aghi di pino’: nello stesso anno viene invitato a partecipare alla Vogue Fashion Night Out a Roma e sfila con una sua creazione nell’ambito affascinante di Trinità dei Monti, accettando poi l’invito a esporre all’interno della mostra La seduzione dell’artigianato. Leggi tutto

Lazycrab, storia del marchio di Chiara e Angela e perché l’ho scelto

Oggi desidero raccontarvi una bella storia, tutta italiana e tutta al femminile.

Le protagoniste si chiamano Chiara e Angela.
Chiara si occupa di produzioni audiovisive e fotografiche per una istituzione importante, mentre Angela è una libera professionista: è designer grafica e si occupa di loghi, brochure, pubblicità oltre a insegnare in un corso di interior design al Politecnico di Milano.
A legarle è una bellissima amicizia ventennale, ad accomunarle – tra le altre cose – è una fertile creatività: negli anni hanno portato avanti diversi progetti e idee fino a quando, alla fine nel 2016, è scattato in loro l’amore per il beachwear nonché la voglia di darne una personale interpretazione attraverso un loro brand.

È nato così Lazycrab, «senza troppi ragionamenti ma da semplici chiacchiere e risate», come mi hanno raccontato: nel nome si nasconde un simpatico granchietto, crab in inglese, che è stato anche il protagonista della prima capsule collection lanciata nell’estate 2017.

Il logo del marchio è formato dal lettering Lazycrab inserito in un cerchio che vuole avere la forma di un sassolino: parallelamente, il granchio si è trasformato in una stampa all-over fatta da una miriade di sassolini sui quali sono adagiati altrettanti piccoli crostacei, come potete vedere qui sotto. Leggi tutto

Dr. Martens tra storia, curiosità, amore per loro e la collezione SS 19

Ho raccontato in varie occasioni come, dopo lunghi anni, la grande e folle storia d’amore tra me e le scarpe con tacco alto sia terminata senza ripensamenti né ritorni di fiamma.

Nessun evento tragico è alla base di questa fine: semplicemente, la nostra vita cambia e noi cambiamo così come mutano i nostri gusti e le nostre esigenze. Rivendico per tutti noi il diritto di evolverci e anche di cambiare idea.

Da quando ho abbandonato i tacchi alti, il mio amore si è riversato ancor di più su stivali, stivaletti, biker boots, anfibi, ballerine e sandali ai quali si sono aggiunte le sneaker che, un tempo, indossavo solo per le attività sportive.

Tutte le calzature che scelgo sono oggi unite da una caratteristica comune, ovvero quella di variare dal rasoterra (che porto con molta moderazione in quanto non è salutare quanto il tacco troppo alto) a tacchetti o rialzi o piccole zeppe che oscillano fra tre e massimo cinque centimetri, l’altezza che viene considerata ideale da molti ortopedici e podologi.

Tra le mie scarpe preferite ho citato gli anfibi e, in questo caso, si tratta di una passione immensa che coltivavo fin da ragazzina nonostante, allora, mia mamma non volesse saperne di comprarmi le calzature al centro dei miei desideri, ovvero gli anfibi Dr. Martens.

Se non me li voleva comprare era sicuramente perché – assolutamente in buona fede – pensava che quegli stivali stringati dalla spessa suola a carrarmato non fossero adatti a una ragazzina piuttosto riservata e dal look poco alternativo o aggressivo, mentre in quegli anni il nome Dr. Martens andava un po’ a identificare la cosiddetta cultura underground, quella che si è posta in antitesi e in alternativa alla cultura di massa: le Dr. Martens sono state in effetti le calzature che hanno identificato e accomunato talune sottoculture tra le quali punk, skinhead, grunge, metallari.

Naturalmente, mi sono rifatta da adulta, perdonando mia mamma per la mancanza di cui ho sofferto: sto scherzando, naturalmente, sul fatto di definire la mia come una sofferenza, mentre non scherzo affatto quando mi auguro che mia mamma possa perdonare (o meglio comprendere) il fatto che la sua ex-ragazzina quasi bon ton si sia trasformata in una donna un po’ ribelle, sicuramente allergica a certi diktat come «tacco alto = femminilità». Leggi tutto

Curiel SS 19 Haute Couture: dai fogli di carta ai fogli di chiffon, tulle, seta

Sono innumerevoli gli autori, dagli scrittori fino ai cantanti, che hanno paragonato il tempo a un foglio, usando la metafora del libro.

Il passato viene paragonato a un libro già scritto, mentre presente e futuro sono libri ancora da scrivere, fogli bianchi da riempire.

Stavolta, a lasciarsi guidare da questa bella metafora, è una maison di moda e così la collezione Curiel SS 19 Haute Couture diventa una storia di fogli.

Ci sono i fogli di carta ingialliti dal tempo e ritrovati per caso in uno scomparto segreto della libreria, un tesoro di disegni e appunti firmati da Gigliola Curiel (nipote della fondatrice Ortensia Curiel) a partire dagli Anni Quaranta; e ci sono invece i fogli di chiffon, tulle oppure seta, virtuosamente assemblati uno sull’altro in sartoria per creare volumi, strati di colore e… tocchi di poesia.

Nasce così un’alta moda senza precedenti perfino nella poetica di questo pregiato atelier: una vera e propria scatola del tempo che contiene passato, presente e futuro.

Si comincia dall’omaggio proprio a Gigliola Curiel, incredibile signora di Trieste che, verso la metà degli Anni Quaranta, arriva a Milano: apre una prima sartoria in via Durini e, nel giro di tre anni, si ritrova con 128 lavoranti a tempo pieno. Leggi tutto

La collezione Skechers SS 2019 fa felice anche chi ama le chunky sneaker

Come moltissime donne, ho anch’io un amore al quale non so resistere: le scarpe.

Nella mia vita, dall’adolescenza a oggi, ne ho collezionate così tante e di così tanti tipi da aver ormai perso il conto.

Ho scritto tanti tipi e, in effetti, la mia passione ha conosciuto fasi alterne: per lunghi anni, la predilezione è andata ai tacchi alti e poi, d’un tratto, l’intesa tra me e gli stiletti è terminata. Senza ripensamenti o ritorni di fiamma.

Imputo la tragica fine di un amore sfegatato (con i tacchi mi capitava perfino di correre…) al grande cambiamento che ho vissuto per quanto riguarda la mia vita professionale, ovvero il passaggio da lavoratrice dipendente ad autonoma.

È vero che, con i tacchi, a volte perfino correvo, ma quando ho iniziato a dover correre costantemente da un lato all’altro della città per i diversi appuntamenti salendo e scendendo da ogni mezzo pubblico immaginabile, a passare la maggior parte del tempo in piedi, a non avere un punto di appoggio fisso (per qualche anno non ho avuto uno studio mentre ora ne ho due, uno a casa e uno condiviso con altri professionisti)… beh, ecco, quando è successo tutto ciò, diciamo che a prevalere è stata l’esigenza di arrivare a casa con i metatarsi sani e salvi (ora che ci penso… qualche anno fa avevo scritto un post in cui parlavo anche di metatarsi…).

Perché la verità è che nemmeno il tacco alto più comodo del mondo può offrire la stessa libertà e agilità di una scarpa con tacco anatomicamente corretto – chiamiamolo così – ovvero quello tra tre e massimo cinque centimetri, come affermano all’unisono ortopedici e podologi. Leggi tutto

Aspettando la primavera: i cappelli della collezione Doria 1905 SS 2019

Ho osservato che ogni volta in cui mi trovo in difficoltà, magari perché sto vivendo una situazione che non mi fa sentire completamente a mio agio, la mia testa inizia a ragionare in prospettiva futura, concentrandosi su ciò che verrà.

Non credo di essere l’unica alla quale capita; credo, al contrario, che questo sia il più classico tra i meccanismi di difesa del nostro cervello.

Prendete, per esempio, la mia avversione per l’inverno: non so dirvi, sinceramente, se a mettermi più a disagio sia il freddo o la poca luce, fatto sta che, appena ne ho l’ardire, inizio a pensare alla primavera.

E diciamo che, di solito, questo momento coincide con la seconda metà di gennaio: archiviato dicembre, archiviato il solstizio d’inverno (il giorno più corto dell’anno, con mia grande sofferenza), archiviate tutte le festività, posso iniziare a pensare che, tra poco più di 45 giorni (evviva l’ottimismo…), inizierà marzo, il mese che porta con sé la primavera, almeno da calendario.

È vero, gennaio è molto lungo (e spesso è il mese più freddo qui a Milano), febbraio è più corto ma può essere altrettanto gelido; eppure, è innegabile che la prospettiva futura è adesso quella di marzo e che ciò che verrà a piccoli passi è la bella stagione.

Tra l’altro, proprio in queste ultime sere, ho fatto caso a come le giornate stiano tornando ad allungarsi dopo il citato solstizio d’inverno: verso le 17 c’è ancora luce mentre, fino a dicembre, alla stessa ora era già praticamente buio. Leggi tutto

Yosono, borse belle e di qualità che solleticano la mia sincerità

Ho l’abitudine di dire e scrivere ciò che penso con grande sincerità, nel bene e nel male, naturalmente usando tutto il garbo e il rispetto necessari.

Non c’è verso di farmi dire cose che non penso e, se proprio esistono ragioni per le quali non posso essere sincera, allora preferisco tacere.

Tale mia sincerità è considerata da alcune persone un pregio, mentre altre la considerano un difetto e credo che abbiano ragione tutti: d’altro canto, io stessa ho sperimentato il lato negativo pagando in prima persona proprio per questo vizio.

Se ho fatto tale preambolo è perché, recentemente, si è svolto il periodo dei press day (ovvero quei giorni in cui le collezioni di abiti e accessori per la stagione successiva vengono presentate a stampa e blogger) e io devo dirvi con grande sincerità che, purtroppo, non capita spessissimo che mi vengano presentati progetti e prodotti coinvolgenti al punto tale da far scattare la voglia di scriverne immediatamente, senza aspettare la stagione giusta (in questo caso la primavera / estate 2019) e coinvolgendo subito chi mi fa il dono di leggere questo spazio web o di frequentare i miei canali social (e il grazie è sempre doveroso).

Durante i recenti press day, però, ho adocchiato un nuovo brand di borse del quale desidero raccontare e che desidero condividere con voi senza indugio: il nome è Yosono.

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Pillole per la prossima bella stagione: Giulia Rositani SS 19 Il Drago e La Fenice

Dalla collezione Giulia Rositani SS 19 (ph. courtesy ufficio stampa)

Succede tutti gli anni: arriva l’autunno e io – che detesto il freddo – inizio a pensare a tattiche per scacciare dai miei pensieri la prospettiva del lungo inverno, una prospettiva che mi atterrisce.

Devo ammettere che, quest’anno, perfino qui a Milano non abbiamo ancora assaggiato il freddo: nonostante siamo ormai giunti a metà novembre, l’autunno è stato un po’ piovoso ma molto clemente per quanto riguarda le temperature.

Eppure, nonostante tale clemenza, la mia operazione di salvataggio mentale dal freddo è comunque iniziata e una delle mie tattiche di difesa è rifugiarmi nel pensiero delle collezioni di abbigliamento per la primavera / estate dell’anno a venire: l’idea dei capi per la stagione calda – in genere più colorati e anche più liberi quanto a tagli, forme e proporzioni – mi dà un immediato sollievo.

Se vi va di seguirmi, oggi vorrei condurvi con me alla scoperta di una collezione particolarmente allegra e portatrice di bonheur, firmata da una stilista che è già stata ospite in varie occasioni di A glittering woman (qui, per esempio trovate il racconto della sua collezione SS 2016 e qui quello della collezione SS 2015): mi riferisco alla giovane quanto talentuosa Giulia Rositani.

Lo scorso 15 giugno, in una calda giornata milanese e nella cornice della splendida Terrazza Martini addobbata come un immaginario Giardino dell’Eden (vi dirò presto perché l’Eden e qui e qui trovate un paio di miei scatti di quel giorno), Giulia ha presentato la sua collezione primavera – estate 2019 ispirata a mondi fantastici e, in particolare, alla favola Il Drago e la Fenice.

Nella collezione Giulia Rositani SS 19 il colore e la stampa sono i protagonisti indiscussi di capi ironici e allegri quanto raffinati.

I sogni della stilista (qui in un altro mio scatto di quel giorno in mezzo a due delle sue modelle), disegnati, stampati e ricamati su stoffa, si incarnano in una creatura leggendaria, simbolo di forza e tenacia: la fenice, spesso nota anche con l’epiteto di araba fenice o uccello di fuoco, una delle figure mitologiche più affascinanti di tutti i tempi.

Secondo la principale versione del mito, la fenice è diventata simbolo di morte e risurrezione: si dice «risorgere dalle proprie ceneri come l’araba fenice» poiché leggenda vuole che, dopo aver vissuto per 500 anni, la fenice sentisse sopraggiungere la sua morte e si ritirasse in un luogo appartato.

Qui accatastava le più pregiate piante balsamiche con le quali intrecciava un nido a forma di uovo e poi vi si adagiava, lasciando infine che i raggi del sole l’incendiassero e perendo dunque consumata dalle sue stesse fiamme.

Come ho già accennato, la collezione prende particolare ispirazione dalla favola Il Drago e La Fenice, la storia di un amore impossibile, la dichiarazione d’amore di Giulia nei confronti di due figure mitiche che rappresentano l’unione perfetta di due poli diversi e opposti (forza maschile per il drago e sensualità femminile per l’uccello di fuoco) eppure complementari e inscindibili.

Un tripudio di stampe, ricami e intarsi caratterizzano pertanto questa collezione dai colori pieni e brillanti che spaziano dalle nuance dei turchesi e del verde acqua – come le morbide gonne plissettate in georgette – fino al rosso passionale dei fiori che adornano ampi pantaloni in seta per giungere infine al nero del grintoso giubbino in pelle impreziosito da un brillante drago intarsiato.

Narra sempre la leggenda che, quando fu cacciata dal Paradiso Terrestre per la famigerata mela, Eva avesse offerto il frutto proibito a tutte le creature e che nessuna la rifiutò tranne la fenice che, per questo motivo, fu ricompensata diventando immortale: ogni collezione di Giulia si distingue per la presenza di un viso stilizzato (che è diventato la firma della giovane creativa) ed ecco che stavolta è il volto di Eva a caratterizzare la collezione apparendo su diversi capi, come per esempio la t-shirt (eccola qui in un’altra mia foto ed ecco il perché dell’allestimento in stile Giardino dell’Eden per la presentazione).

Boule iridescenti (che ricordano piccole mele) decorano la parte superiore del giubbino zippato, abbinato a gonne lavorate con piume; grazie a un abile gioco di trasparenze e anch’essi caratterizzati dalla stampa della fenice e del drago, gli abiti in organza vengono invece impreziositi nella parte superiore da luminose applicazioni di cristalli e rivelano sotto divertenti calzoncini fiorati oppure costumi da bagno che, per la prima volta, completano i look originali ma sempre sofisticati – ci tengo a sottolinearlo.

Come d’abitudine e anche nel caso della collezione Giulia Rositani SS 19, i disegni che animano le creazioni della stilista si confermano dunque fortemente emozionali e sono elaborati con un uso eccellente delle tecnologie più avanzate.

I capi di Giulia raccontano sempre una storia bifronte, come ama dire lei stessa, perché «una sola facciata non basta allo svolgimento della trama».

Direi, mia cara Giulia, che hai già fatto tua una lezione di vita fondamentale.

Manu

 

A seguire, alcuni outfit della collezione Giulia Rositani SS 19 Il Drago e La Fenice (ph. courtesy ufficio stampa).
Per visualizzare la gallery da pc, cliccate sulla prima foto
e poi scorrete con le frecce laterali.

Per seguire Giulia Rositani: qui trovate il sito, qui la pagina Facebook e qui l’account Instagram.

Pillole di MFW per la prossima SS 19: Off-Duty Icons by Disbanded

Dalla collezione Off-Duty Icons SS 19 di Disbanded

Che gioia poter scrivere «lo sapevo».
Ma non per il gusto – assolutamente fine a sé stesso – di poter affermare di aver avuto ragione, cosa che mi importa molto poco, tra l’altro: no, tale gioia ha carattere del tutto altruista e coincide con il piacere di assistere a un bel “ritorno”.

A chi mi riferisco? A Tania Mazzoleni, persona e professionista che gode di tutta la mia stima.

E virgoletto la parola ritorno perché, da una parte, credo che Tania non si sia mai fermata nemmeno un attimo per dare vita al suo nuovo progetto; dall’altra parte, però, credo anche di poter affermare che, dopo lo stop subito dal suo MAD Zone (di quello stop doloroso anche per me ho ampiamente parlato qui…), la sfilata dello scorso 23 settembre abbia in effetti segnato in modo eclatante il ritorno ufficiale di Tania.

Ed ecco perché posso affermare che «lo sapevo»: come scrissi al termine del post alquanto indignato di allora, sapevo che le avventure di Tania non erano affatto concluse, sapevo che sarebbe tornata e promisi di continuare a offrirle il mio aiuto, promessa che onoro oggi e che mi regala la gioia di vedere il ritorno di una persona di talento.

Ma aspettate, procediamo con ordine…

Durante l’ultima Milano Fashion Week e precisamente domenica 23 settembre, nella cornice di Palazzo Turati e nell’ambito di una manifestazione intitolata Mad Mood (format nato per promuovere talenti emergenti), Disbanded – brand di abbigliamento femminile creato da Tania Mazzoleni insieme a Sara Digiovanni – ha presentato la sua prima collezione.

Off-duty Icons – ovvero Icone fuori servizio – è la collezione primavera / estate 2019 del brand, una Fashion Art Collection ispirata ad alcune icone delle favole e ad alcune eroine contemporanee, tutte raccontate in chiave ironica e oltre qualsiasi cliché.

Cenerentola, Biancaneve, Alice e Wonder Woman danno insomma forfait e si dichiarano fuori servizio; lo status di single non prevede nessuna donzella in attesa di un ipotetico quanto fantomatico Principe Azzurro e il mito della wonder-woman-a-ogni-costo lascia spazio alla possibilità di non dover essere sempre necessariamente all’altezza, di non dover costantemente dimostrare qualcosa.

Prendendo spunto dal movimento dei quirkyalone (individui per i quali essere in coppia non è questione necessariamente primaria e che preferiscono piuttosto attendere la persona giusta anziché buttarsi in molteplici relazioni), Tania e Sara ci propongono di diventare icone di noi stesse, manifestandolo anche praticamente attraverso la libertà di un mix & match inedito tra capi giocosi ma anche fortemente femminili.

Sara, artista, e Tania, creativa, nate entrambe sotto il segno dei pesci, hanno deciso di nuotare nella stessa direzione e di unire le loro diverse esperienze lavorative per creare una linea di abbigliamento rappresentata da un mood decisamente pop: partendo da opere d’arte e rielaborandone i particolari attraverso un lavoro grafico, realizzano tessuti con stampe originali caratterizzate da colori intensi e soggetti ad alto contenuto ironico.

Il loro non è un copia e incolla tra arte e moda, ma un prodotto veramente creativo che, portando avanti e mixando il know-how di Tania e Sara nel campo della moda e dello scouting di nuovi talenti, viene contaminato da collaborazioni con altri designer emergenti.

Seguendo questa filosofia, per la realizzazione della collezione Off-Duty Icons, il brand ha collaborato con il fashion designer Ivan Iaboni (per la modellistica e un tocco folle del suo estro), con il designer Pasquale Bonfilio (che a mia volta seguo da anni per i suoi cappelli poetici e onirici, qui un esempio in un mio scatto del 23 settembre), con la designer Simona Girelli (anche lei nome che amo grazie alla sua inconfondibile tecnica basata sull’alterazione di materiali di uso quotidiano in grado di dare vita a gioielli scultura, guardate qui una sua collana) e – last but not least – con 13Ricrea.

Quest’ultimo brand ha proposto le Bisbag, ovvero borse reversibili in ecopelle, messaggere di pensieri disbanded (guardatene una in un altro mio scatto sempre dello scorso 23 settembre).

Già, perché quasi dimenticavo di focalizzarmi sul nome del brand: disbanded ovvero sciolto, libero da vincoli e legami, libero di pensiero e di fatto.

Poteva esistere nome più adatto per un brand che propone collezioni pop per chi ama essere ironica e vuole indossare – e un po’ diventare – un’opera d’arte?

Bentornata, cara Tania, ti stavo aspettando; felice che tu abbia portato con te un altro talento come Sara.

Manu

 

A seguire, alcuni outfit della collezione Off-Duty Icons SS 19 di Disbanded (ph. Marco Barbaro per il look book Disbanded, courtesy ufficio stampa); qui potete invece vedere tutta la collezione.
Per visualizzare la gallery da pc, cliccate sulla prima foto
e poi scorrete con le frecce laterali.

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A proposito di Tania Mazzoleni
Co-founder e Creative Director di Disbanded
Figlia di un pittore e illustratore, Tania è nata e cresciuta tra personaggi fantastici, immagini iper-realistiche e fumetti che hanno nutrito la sua immaginazione e creatività.
Giornalista, trend setter, talent scout: un’Alice contemporanea, com’è stata definita, che ha ideato e realizzato un concept store per promuovere nuovi talenti, MAD Zone®, definito dalla stampa «l’erede contemporaneo del format indimenticato lanciato da Fiorucci».
Laureata in Lettere Moderne, Tania intraprende più strade professionali grazie ai suoi diversi interessi e a un’indole che l’avvicina al mondo dell’arte e della moda.
Nell’estate del 2009, realizza e produce una linea di abbigliamento femminile ispirata agli Anni Settanta e al concetto del pezzo unico con una predilezione per gli abiti lunghi.
Dal 2013, Tania si è impegnata nello sviluppo del suo progetto MAD Zone® in cui, grazie alla passione per la ricerca, è riuscita a dare spazio a stilisti, artisti e designer emergenti creando uno store assolutamente non convenzionale prima a Roma e poi a Milano, in Via Brera.
È founder del format Alice in the box, dove è riuscita a riunire tutte le esperienze passate offrendo a terzi i servizi utili per creare il proprio fashion concept.

A proposito di Sara Digiovanni
Co-founder e Graphic Art Director di Disbanded
Dopo gli studi artistici, l’Istituto d’Arte prima e l’Accademia di Brera poi, Sara si inserisce nel mondo della moda appena ventenne entrando a far parte dell’ufficio stile del marchio Colmar poco prima della laurea.
Una serie di esperienze lavorative presso griffe e brand di rilievo – da Versace a Fureco, passando per Fixdesign, Fiat, Spyder Active Sport, Purotatto, Pistolesi, Giorgio Kauten, Factory Fashion – le permette di acquisire il know-how necessario per la creazione e lo sviluppo della grafica delle collezioni.
Successivamente, grazie alla collaborazione con il Gruppo Dupont e Rini Van Vonderen, affina la sua capacità di ricerca e l’attenzione alle tendenze.
Ritornando al primo amore, la sua arte si esprime come sintesi di tutte le esperienze conseguite nella moda: le sue tele sono frutto dell’unione tra innovazione tecnologica, un mix sapiente di diverse tecniche artistiche, pensiero e manualità legati da una forte impronta pop nei colori e nei contenuti.
Le sue opere – ironiche, surreali, visionarie e, spesso, concettuali – attirano l’attenzione di autorevoli critici d’arte che l’hanno potuta apprezzare durante le diverse esposizioni personali e collettive.

Pillole per la prossima bella stagione: Simon Cracker SS 19 #TEENDRAMA

Backstage della collezione Simon Cracker SS 19 #TEENDRAMA (photo credit Elisa Campesato)

Lunedì 22 ottobre sono stata a una sfilata… fuori.
Fuori tempo (riferendomi ai tempi della moda che vogliono che la stagione primavera / estate si presenti in settembre durante Milano Moda Donna) e fuori dai soliti luoghi (una location quasi segreta in zona Ripamonti).
Fuori da un certo sistema, insomma.

Mi sembrava di andare a un ritrovo semi clandestino, cosa da temerari della moda dato che, invece, attualmente si tende a sbandierare ai quattro venti eventi spacciati come super cool e super esclusivi… e per questo ho subito accettato, incuriosita e stimolata.

E ho avuto pane per i miei denti, in effetti.

A proporre la sfilata è stato Simone Botte, fondatore del brand Simon Cracker; a essere presentata è stata #TEENDRAMA, la sua collezione SS 2019 no gender.

No gender, gender fluid, agender, genderless, ungendered, co-ed: sono tutti i termini con cui oggi si tende a definire una certa estetica a sesso unico, ovvero quella moda che non prevede rigide distinzioni tra capi femminili e capi maschili.

Conoscevo già Simone, c’eravamo conosciuti lo scorso maggio a una precedente presentazione, quindi conoscevo la sua filosofia e il suo orientamento stilistico.

Con la collezione #TEENDRAMA, Simone propone un percorso fatto di ricordi d’infanzia che molti adulti vogliono rivivere, vogliono sentire nuovamente sulla pelle, ingannando il tempo con un cocktail di cliché e stereotipi incorniciati e messi in mostra come in un museo. Leggi tutto

Pillole di MFW per la prossima bella stagione: SS 19 Angelo Marani

Frammento della collezione SS 19 Angelo Marani in un mio scatto realizzato durante la recente MFW

Siamo (già!) a metà ottobre e l’estate sembra (quasi…) un ricordo lontano così come sta per diventarlo anche settembre, il mese del back to school e della Milano Fashion Week con l’edizione che ha presentato le proposte moda per la prossima primavera / estate 2019.
Come ho scritto in due post recenti, uno a proposito dello stilista Alberto Zambelli e uno a proposito del brand Lamberto Losani, so che (giustamente!) siamo tutti ormai proiettati verso l’autunno e l’inverno, ma mi fa piacere condividere con voi alcune anticipazioni, le collezioni che hanno attirato la mia attenzione in modo positivo in occasione della mia partecipazione a presentazioni e sfilate.

Continuo dunque il piccolo viaggio intrapreso presentandovi la collezione SS 19 Angelo Marani.

Credo che la mia stima verso la famiglia Marani sia cosa nota, tanto che non conto più post e articoli a loro dedicati, qui nel blog così come attraverso i miei canali social, da Facebook a Instagram, nonché attraverso le testate con le quali ho collaborato o collaboro tuttora.
Per anni ho seguito Angelo Marani – fondatore dell’omonimo brand, stilista innamorato della bellezza e della femminilità, orgoglioso portabandiera del Made in Italy – e anche la figlia Giulia che, ormai da tempo, ha intrapreso la stessa carriera, seguendo le orme paterne con umiltà, passione e capacità.
Quando, in gennaio 2017, Angelo Marani è prematuramente scomparso, oltre a provare un grande dolore (la stima nei suoi confronti è sempre stata professionale ma anche personale), mi sono interrogata circa la direzione che avrebbe preso il marchio senza di lui: la risposta me l’ha data proprio Giulia attraverso la collezione Angelo Marani FW 2018 – 19, una risposta forte, chiara, concreta e che profuma di heritage.

Giulia Marani ha infatti (meritatamente) raccolto l’eredità del padre Angelo e sta rendendo onore al lavoro da lui fatto in un modo che a me piace molto: sta mettendo mano al suo archivio storico e lo fa con rispetto, amore, curiosità e freschezza, rivisitando grandi classici e rendendoli contemporanei senza snaturarli, esattamente com’è tornata a fare anche per la collezione SS 19 Angelo Marani.

Ecco dunque che Giulia procede a passo sicuro tra stampe animalier, fiori e petali, lavorazioni pregiate e applicazioni minuziose di micro e macro borchie, tocchi di macramè (proponendolo in un motivo a stelle), bordure di piume di struzzo, colori acquarellati insieme ai toni della terra e a toni esplosivi come un’intensa sfumatura di turchese che ricorda il mare.
Giulia gioca piacevolmente con forme e tagli, con linee femminili, armoniose e danzanti, con sovrapposizioni inedite di materiali ma anche di stampe che uniscono classic e contemporary fashion.
Qualche esempio?
Il lupetto dal taglio sportivo in materiale tecnico viene messo sotto l’abito (come nell’abbinamento che ho fotografato qui); i foulard vengono invece portati sotto cappelli, alla pescatora o tipo baseball, per un effetto sofisticato ed estremamente attuale in un’alternanza festosa di fantasie e colori – come potete vedere nella foto che apre questo post.

Il risultato dell’operazione condotta da Giulia è estremamente femminile (proprio come piaceva ad Angelo Marani) ed è anche dinamico, versatile, pratico, vivace, vitale, grintoso e pop.
Viene così a stabilirsi un ponte tra heritage e contemporaneità, tra capacità manifatturiera (che ha sempre fortemente caratterizzato il marchio) e tecnologia; ed è così che – a mio avviso – si garantisce continuità ma anche innovazione, scrivendo presente e futuro di un nome che tanto ha fatto per consolidare e diffondere il buon nome del Made in Italy.

Manu

 

A seguire, alcuni outfit della collezione SS 19 Angelo Marani (ph. di Paolo Turina, courtesy ufficio stampa).
Per visualizzare la gallery da pc, cliccate sulla prima foto
e poi scorrete con le frecce laterali.

Per seguire il brand Angelo Marani, qui trovate il sito, qui la pagina Facebook e qui l’account Instagram.

Pillole di MFW per la prossima bella stagione, SS 19 Lamberto Losani

Lamberto Losani menswear & womenswear SS 19 in un mio scatto realizzato durante la recente MFW

E così, anche settembre è ormai finito portando via con sé la Milano Fashion Week o Milano Moda Donna con l’edizione che ha presentato le proposte degli stilisti per la prossima primavera / estate 2019.
Come ho scritto in un recente post a proposito di Alberto Zambelli, so che – giustamente! – siamo ormai tutti proiettati verso l’autunno e l’inverno, ma mi fa piacere condividere con voi alcune anticipazioni, le collezioni di alcuni stilisti che ho incontrato durante le numerose presentazioni e che hanno attirato la mia attenzione in modo positivo (ebbene sì, confesso di aver visto anche proposte che non mi sono piaciute per niente ma ribadisco ancora una volta quanto io preferisca aprire bocca oppure pigiare i tasti del pc esclusivamente per dare spazio alla positività).

Continuo dunque questo mio piccolo viaggio tirando in ballo una persona che ho avuto la fortuna di incontrare diversi anni fa: era il 2012 quando ho incontrato Saverio Palatella per la prima volta e se parlo di fortuna è perché Saverio è un vero professionista della moda e dei modi in cui essa si fa linguaggio, è un grande anzi grandissimo esperto di maglieria ed è uno sperimentatore (qui trovate un mio articolo su una delle sue sperimentazioni pubblicato da Scenario Magazine, testata con la quale allora collaboravo, qui nel blog trovate invece un post su una sua collaborazione con la cantante Rokia Traoré – giusto per citare un paio di progetti che raccontano l’immensa versatilità di Palatella).

Tra le tante collaborazioni e i tanti progetti che costellano la carriera di Saverio, oggi desidero raccontarvi del suo lavoro in seno a Lamberto Losani, un nome che evoca a sua volta suprema qualità e innovazione: la maison leader nell’ambito del cashmere Made in Italy e che può contare su una storia lunga oltre 75 anni (78, per l’esattezza) si proietta verso il futuro grazie a una nuova sede, un assetto manageriale rinnovato e il debutto del menswear che va ad affiancare il womenswear a partire, appunto, dalla primavera – estate 2019.

Fondato nel 1940 e guidato oggi da Lamberto Losani, persona innamorata di arte e musica e votata all’armonia e alla qualità del bel vestire italiano in maglia pregiata, il brand ha infatti aperto uno showroom a Milano in via Spiga 2, nel cuore del quadrilatero dello shopping di lusso milanese e accanto ai protagonisti del Made in Italy: la foto in alto è stata da me scattata proprio lì lo scorso 22 settembre, quando ho avuto la possibilità di visionare la collezione e di accarezzarla, è proprio il caso di dirlo.

Direttamente dall’Umbria, regione divenuta ormai per antonomasia il distretto del cashmere italiano d’eccellenza, arrivano le nuove collezioni Made in Lamberto Losani, ricercate e dotate di naturale raffinatezza ed eleganza, disegnate dal direttore creativo Saverio Palatella, colui che con talento e capacità ha fatto della maglieria la forza della sua creatività e della sua personale e costante ricerca.
Sotto la sua egida, nasce la costola maschile di Lamberto Losani, brand già a lungo affermato nel womenswear, e si dipana in un percorso creativo fatto di forme confortevoli e destrutturate.

Partendo dal guardaroba di Ernest Hemingway, autore di romanzi indimenticabili e uomo che adorava i pullover di gusto british e le maglie a trecce fisherman, il guardaroba intelligente per l’uomo di Lamberto Losani guarda in direzione dell’arte grafica del giapponese Ikko Tanaka (1930 – 2002) che, per inciso, ha collaborato anche con il grande (grandissimo) Issey Miyake.
Filtrato da un certo gusto nipponico, stemperato da vivaci accenti contemporanei, ispirato ai criteri più evoluti dell’estetica no gender o gender fluid (termine che preferisco poiché più poetico e suggestivo) e del filone athleisure (la tendenza che estrapola lo sportswear dall’ambito di origine per portarlo nella vita di ogni giorno), prende così forma un guardaroba in cashmere ricco nelle lavorazioni e nei colori che, oltre ai classici neutri e al deep blu, prevede anche lampi di rosso: trionfano gli intarsi e le geometrie con qualche riferimento all’esuberante natura hawaiiana.

Forte di uno spirito nomade e cosmopolita, la collezione si rivolge non solo all’esigente clientela italiana, ma anche ai mercati esteri come il Giappone, la Corea, la Germania, l’America.
Le esclusive creazioni di Lamberto Losani sono esposte nelle vetrine italiane e internazionali più ambite e rinomate e lo smart knitwear della maison è diffuso attraverso più di 400 punti vendita selezionati in tutto il mondo (tra i quali
figurano nomi del calibro di L’Eclaireur a Parigi, Maxfield a Los Angeles, IF Boutique a New York, Cashmere & Silk a Mosca, Shinsegae a Seoul) nonché mantenendo solide partnership con i più prestigiosi department store come Harrods, Galeries Lafayette, Isetan e molti altri.

Cosa aggiungere? Mi riempie sempre di grande orgoglio avere conferma di quanto i nostri prodotti più pregiati e prestigiosi siano apprezzati in tutto il mondo.

In principio, ho scritto di aver visionato e accarezzato la collezione e non l’ho scritto a caso: i capi di Palatella per Lamberto Losani vanno toccati e le lavorazioni vanno viste da vicino perché c’è da restare a bocca aperta, ve l’assicuro.
È uno dei frangenti in cui sento l’impotenza delle parole davanti all’esperienza diretta e reale poiché, in questo caso, esse non bastano a descrivere ciò che va toccato e sentito sulla pelle.

Manu

 

A seguire, alcuni outfit della collezione womenswear SS 19 Lamberto Losani (ph. courtesy ufficio stampa).
Per visualizzare la gallery da pc, cliccate sulla prima foto
e poi scorrete con le frecce laterali.

Per seguire il brand Lamberto Losani, qui trovate il sito, qui la pagina Facebook e qui l’account Instagram.

Pillole di MFW per la prossima bella stagione: SS 19 Alberto Zambelli

SS 19 Alberto Zambelli (ph. courtesy ufficio stampa)

È appena terminata la Milano Fashion Week o Milano Moda Donna, in particolare l’edizione che ha presentato le proposte degli stilisti per la prossima primavera / estate 2019.
So che – giustamente – siamo ormai tutti proiettati verso l’autunno e l’inverno, ma mi fa piacere condividere con voi alcune anticipazioni, le collezioni di alcuni stilisti che ho avuto il piacere di veder sfilare e che hanno attirato la mia attenzione in modo positivo (ebbene sì, confesso di aver visto anche proposte che non mi sono piaciute per niente però, come sempre, preferisco aprire bocca o pigiare i tasti del pc solo dare spazio alla positività).

Inizio questo piccolo viaggio da lui, lui che, tra gli stilisti contemporanei, è indubbiamente uno dei miei preferiti poiché ha un’identità forte e riconoscibile eppure, al tempo stesso, è altrettanto capace di rischiare, di cambiare, di sperimentare, di evolvere: parlo di Alberto Zambelli.

La collezione SS 19 Alberto Zambelli guarda alla Natura più pura e incontaminata e forgia la materia fino a farla diventare quasi marmorea, pensando alle opere del grande Antonio Canova (1757 – 1822), l’artista ritenuto il massimo esponente del Neoclassicismo in scultura: è in suo onore che Alberto elegge il bianco – insieme a bagliori argento – a protagonista assoluto dell’intera collezione.

Proprio come in una scultura in cui il bianco è capace di cambiare e mutare, mai uguale a sé stesso, in cui è capace di assumere mille sfumature a seconda di luci e ombre, in maniera del tutto similare e parallela, lo stilista propone il bianco in molteplici tonalità: gesso, calce, roccia e ancora lattiginoso, lunare, glaciale.
E proprio come se ci trovassimo davanti a statue neoclassiche, le forme e i volumi – slegati dalla presenza di colore – si sviluppano liberi.
Le linee fortemente sartoriali emergono in tutta la loro forza, dando vita a strutture elaborate che eppure non costruiscono rigide architetture ma che – al contrario – riescono a conferire all’abito vita, anima e movimento a ogni singolo passo.
Alberto ci propone forme intriganti (a tunica, a kimono, a uovo) e gioca con le lunghezze (mini, midi, maxi) nonché con gli accessori, come tocchi di kidassia (vello di capra a pelo lungo), calze in lattice tipo seconda pelle, scarpe che ricordano i sandali tradizionali giapponesi (detti geta, a metà tra zoccoli e infradito), girocolli e orecchini con sfere in marmo.

A fine sfilata (qui un mio piccolo video) e poi subito dopo in backstage (qui trovate una sequenza di tre scatti), ovvero nei due momenti in cui ho ammirato la collezione SS 19 Alberto Zambelli nel suo complesso, mi sono ritrovata catapultata indietro nel tempo, a cinque anni fa, precisamente al pomeriggio in cui, in uno splendido giardino milanese, mi innamorai della collezione di esordio dello stilista, ovvero la SS 14, la prima con il suo marchio dopo lunghe esperienze in seno a molte realtà: in entrambi i casi, in quella occasione esattamente come per la SS 19, Alberto ha privilegiato la perfezione assoluta del bianco, il colore non colore che tutto contiene.

Da allora, le sue collezioni sono state costantemente concepite pensando a una donna elegante e sofisticata che non ha paura di giocare tra forme pulite e assolute, associate a materiali inediti con i quali Alberto ama spesso sperimentare, come accade anche nella collezione SS 19 nella quale troviamo, oltre a materiali quali la seta chiffon e il plissé double, anche altri più alternativi quali il latex, la viscosa liquida, il tecnosilver.
Ogni capo viene curato nel più piccolo dettaglio, dalla caduta del tessuto passando per il tipo di finitura fino ad arrivare a eventuali ricami e stampe: da qui nasce lo stile essenziale in cui Alberto Zambelli si riconosce – e in cui io costantemente lo riconosco, come scrivevo in principio.
Di stagione in stagione, di anno in anno, le sue collezioni sono il frutto di una continua e personale ricerca sulla contemporaneità, mantenendo un occhio attento al nostro prezioso passato, inteso non come qualcosa di vecchio e polveroso, bensì come un bagaglio ricco di tradizione, conoscenza, cultura che, in questo caso, l’ha condotto all’omaggio a Canova.
L’ulteriore attrazione per l’Oriente (vedere la linea a kimono e le calzature di ispirazione giapponese) ha portato Alberto a creare un concetto di stile purificato dall’eccesso.
In un continuo gioco di sovrapposizioni, profondità e volumi, le forme femminili vengono ridisegnate, esaltando il movimento che avvolge e svela delicatamente il corpo, addolcendo rigore e severità di linee quasi rigorose grazie a tessuti che esaltano l’anima delle sue muse.

In un’epoca di eccessi, di esagerazioni, di provocazioni (spesso gratuite quanto superflue, sterili e inutili), sono – infine – l’eleganza della pulizia e dell’essenzialità a catturare l’attenzione (detto da una che non ha certo fatto del minimalismo il suo stile ma che non sopporta i vuoti sensazionalismi quanto i tentativi di creare a ogni costo clamore).

E dunque… evviva.
Evviva Alberto Zambelli.

Evviva Alberto che dimostra che a uno stilista non servono le stranezze spinte all’estremo né gli atteggiamenti da divo consumato (o da divinità, nei casi più estremi…).
Basterebbe piuttosto avere il talento autentico, basterebbe avere il desiderio sincero di vestire il corpo femminile con passione e rispetto, di creare per noi donne e non esclusivamente per soddisfare il proprio ego (e il proprio conto in banca), esattamente come sapevano fare una volta quei creatori che meritarono il nome di couturier.

Manu

 

A seguire, i miei outfit preferiti nella collezione SS 19 Alberto Zambelli (ph. courtesy ufficio stampa).
Per visualizzare la gallery da pc, cliccate sulla prima foto
e poi scorrete con le frecce laterali.

Per seguire il bravo Alberto, qui trovate il sito, qui la pagina Facebook e qui l’account Instagram.

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