Tanti auguri, Manu… ovvero tanti auguri (con riflessione) a me!

Ve lo confesso subito: in realtà, questo post non avrebbe dovuto vedere la luce.
Mi riferisco al post con il quale, una sola volta all’anno, ‘celebro’ me stessa anziché celebrare gli altri e il loro talento, il post che mi concedo in occasione del mio compleanno fin dal 2013, ovvero da quando esiste questo spazio web.
Cosa è successo per farmi affermare ciò?
È successo che, circa dieci giorni fa, ho realizzato di dover fare una rinuncia per me pesante, ovvero un viaggio tanto ambito che mi avrebbe riportato in una città che amo molto e dalla quale manco da troppi anni (circa 17…); tale rinuncia è causata dalla situazione sempre incerta del mio lavoro da libera professionista.
E così ho detto a mio marito Enrico che ero immensamente amareggiata, delusa e arrabbiata con me stessa (l’ho ben specificato) e che pertanto, quest’anno, non avrei nemmeno pubblicato il solito post del compleanno; ho inoltre aggiunto di non aver voglia di festeggiare proprio in nessun modo in quanto sentivo di non avere nulla da festeggiare – e questa ultima parte non l’ho detta a voce alta, ma fra me e me.
Per fortuna, oltre a specificare che la delusione non era imputabile a terzi (incluso lui) e oltre a tacere circa il ‘nulla da festeggiare’ (sebbene lo stia confessando ora…), è bastato che passasse un solo giorno per rendermi conto di quanto ingiusta e ingrata fossi stata in quel frangente, non tanto verso Enrico o verso terzi, appunto, ma quanto verso me stessa e più ancora verso la vita e verso ciò che la vita mi ha sempre riservato.

A cosa mi riferisco?
Mi riferisco al fatto di avere un cervello funzionante (quasi sempre, almeno…) e di avere un corpo e una salute che sempre mi hanno permesso di essere libera e di fare tutto ciò che testa e cuore hanno dettato e voluto; al fatto di avere dei genitori e una sorella che mi hanno sempre amata, rispettata e accompagnata in ogni singola decisione che ho preso nella mia vita; al fatto di avere un marito, Enrico, che non solo è il mio grande amore, ma che MAI mi ha fatto mancare il suo sostegno e il suo appoggio incondizionati, rivelandosi il compagno di vita che io stessa non avrei saputo immaginare migliore; al fatto di aver potuto contare non solo sulla famiglia, ma anche su amici che mi hanno affiancata e hanno reso più bello il mio percorso.
Mi riferisco al fatto di aver sempre avuto un tetto sulla testa e la pancia piena e al fatto di avere avuto l’opportunità di studiare; al fatto di aver potuto viaggiare e permettermi non solo il necessario ma anche il superfluo, per quanto quel tipo di ‘superfluo’ che non reputo essere superficiale bensì il sale della vita.
Mi riferisco al fatto di aver sempre avuto un lavoro, da quando avevo 18 anni, e di poter dire orgogliosamente di aver da allora sempre provveduto a me stessa, scegliendo anno dopo anno il lavoro da fare e non subendolo, e al fatto – collegato – di aver deciso nel 2012 di diventare una lavoratrice autonoma, con coraggio ma anche forte di tutta l’esperienza professionale fino a quel momento maturata.
Dunque, nonostante io abbia SEMPRE pagato in prima persona le conseguenze di tutte le mie scelte nonché tutto ciò che ho avuto guadagnandomi ogni singola cosa (e di questa sono molto orgogliosa) e nonostante le difficoltà reali e oggettive che la scelta di diventare libera professionista hanno comportato, io resto sempre una persona che DEVE comunque ammettere di trovarsi nella parte PRIVILEGIATA dell’umanità, ovvero quella che ha opportunità, possibilità, libertà, scelta; e lo sono anche se a volte ‘mi tocca’ rinunciare a un viaggio oppure a un oggetto (l’ennesimo, in fondo…).
E tutto ciò… io ho osato definirlo ‘nulla da festeggiare’?! Povera sciocca Manu! Leggi tutto

A proposito del mio compleanno e della reciprocità…

E siamo a quota sei.

Ebbene sì, con oggi, 26 novembre 2018, sono sei i miei compleanni festeggiati qui, attraverso A glittering woman, lo spazio web al quale tengo molto e che curo con grande passione.

Quindi, per prima cosa… me lo permettete? Ma sì, dai, tanti auguri a me 🙂 🙂 🙂

Di solito, A glittering woman non vede me come protagonista diretta o esclusiva: durante tutto l’anno, infatti, i protagonisti sono i talenti che sostengo, in ogni ambito, e fa eccezione solo il 26 novembre, giorno in cui il post che pubblico è dedicato a me stessa.

Da glittering woman a birthday woman… solo per un giorno… naturalmente 😉

È diventata una piccola tradizione, l’unica occasione in cui mi metto al centro: questi post sono un modo per raccontare qualcosa di me e della fase che sto vivendo e il tutto è accompagnato dalle foto di alcune delle esperienze che ho vissuto nel corso dell’anno. Leggi tutto

Si vede il marsupio? Ricordi Anni Ottanta – Novanta alla riscossa!

Io e il marsupio in un ritratto firmato da Valentina Fazio – grazie

Se, come me, avete vissuto in prima persona gli Anni Ottanta e gli Anni Novanta, sicuramente ricorderete anche voi un accessorio che riporterà subito alla mente quel periodo, nel bene e nel male: il marsupio.

Già, se siano ricordi positivi o negativi, se fosse successo oppure flop, lascio che siate voi a deciderlo: io mi limito a confermarvi ciò che sicuramente avrete già notato da soli.
Ebbene sì, la moda si è innamorata del marsupio ed è grande amore tra un accessorio sicuramente controverso e i marchi dell’industria moda, da quelli più blasonati a quelli del fast fashion.

Ed era controverso soprattutto il marsupio dei già citati Anni Ottanta – Novanta: era un aggeggio un po’ ingombrante e goffo, pensato più per assolvere a una funzione pratica che non per averne una estetica e dunque veniva spesso proposto in tessuti tipo nylon non esattamente accattivanti nonché in colori spesso esageratamente vistosi…

Cosa sia il marsupio è del tutto superfluo spiegarlo così com’è piuttosto scontato spiegare il motivo del suo successo e della sua diffusione: è comodissimo, lascia libere le mani e soddisfa anche i requisiti di sicurezza in quanto consente di portare addosso, in posizione comoda e ben accessibile, i nostri effetti personali. È quasi impossibile da scippare, contrariamente alla borsa appoggiata alla spalla o portata a mano; rispetto allo zaino, indossato sulle spalle almeno nel suo uso più classico, offre invece la possibilità di posizionare il carico in posizione frontale, sempre a favore del senso di sicurezza.

D’altro canto, come in molti altri casi, anche in questo l’essere umano non ha inventato nulla, ma ha piuttosto tratto ispirazione dalla Natura visto che esiste una classe di mammiferi che prende il nome di marsupiali e comprende simpatiche bestiole quali i canguri e i koala.

Ma se nella femmina del canguro è presente una tasca addominale dove i piccoli, che nascono precocemente a causa della scarsa funzionalità della placenta, completano il loro sviluppo sotto la protezione materna, l’essere umano – che spesso cede a tentazioni più utilitaristiche e meno poetiche, diciamo così – ha pensato di copiare il marsupio per portare oggetti quali soldi, documenti, chiavi di casa e via discorrendo. Ah, cellulare!

Ma dicevo che il problema del marsupio umano (e forse anche il motivo della sua sparizione per quasi due decenni) è la goffaggine nonché l’essere ingombrante: ecco che i marsupi di nuova generazione risolvono anche questi problemi, diventando più piccoli pur restando capienti e soprattutto diventando più aggraziati e accattivanti poiché scelgono di strizzare l’occhio anche alla funzione estetica. Uno di quei casi, insomma, in cui funzione e forma si prendono amichevolmente a braccetto, evviva!

Il marsupio 2018 risulta così vincente per due caratteristiche principali: versatilità e, appunto, estetica.

Versatilità perché, adesso, si può indossare in tanti modi diversi: come dicevo, il marsupio classico si portava in vita o sui fianchi, mentre i modelli più attuali conservano la caratteristica di essere portati a corpo ma si possono portare anche crossbody (ovvero a tracolla in modo trasversale) oppure, nella posizione classica, assolvono alla funzione che appartiene anche alle cinture, ovvero possono creare un punto vita laddove non c’è e perfino su giacche e cappotti. Ancora, si possono agganciare ai passanti di gonne, pantaloni e jeans oppure possono essere dotati di una cinghia che diventa tracolla e li trasforma in piccole borse, rendendoli così accessori dalla doppia anima.

Estetica perché i marsupi non sono più da nascondere, anzi, al contrario, sono da esibire con disinvoltura perché, oltre a essere utili, sono diventati visivamente piacevoli e dunque completano l’outfit: insomma, l’accessorio un po’ trash e un po’ kitsch della moda Anni Ottanta – Novanta diventa invece un oggetto desiderabile e non importa che sia di una grande firma o di un marchio low cost. Ciò che conta è che abbia un’impronta contemporanea per colori, materiali e dettagli.

A proposito… ma com’è tornato in auge il marsupio?
Anche se l’estate che stiamo vivendo pare essere il suo momento di trionfo, in realtà le prime avvisaglie risalgono almeno al 2017.
Tra i primi a proporlo c’è stato Kim Jones, all’epoca designer di Louis Vuitton (e oggi creative director di Dior Homme): a gennaio dello scorso anno, Jones ha riproposto il marsupio da uomo in una versione logata in collaborazione con Supreme, uno dei marchi culto più amati dai giovanissimi.
Da quel momento, il marsupio è apparso di nuovo in molte sfilate uomo e donna: a proporlo, nomi del calibro di Valentino, Armani, Gucci e poi Kenzo, Stella McCartney, DKNY, Marni, ognuno dando una propria interpretazione.

In fondo, la storia del marsupio non è recente e varie forme sono rintracciabili dalla preistoria lungo tutto il Medioevo fino ad arrivare alle tenute militari, incluse quelle delle due Guerre Mondiali del Novecento: occorreva arrivare all’epoca di Instagram perché il marsupio, accessorio amato per esempio da turisti e viaggiatori quanto finora odiato dal fashion system, conquistasse a sorpresa le passerelle di moda e, contemporaneamente, i cosiddetti influencer, prendendosi la propria grande rivincita, sebbene al costo di cedere anch’esso a velleità estetiche e non più solo puramente funzionali.

Come sempre, però, attenzione agli eccessi: in tempi moderni, rischiamo spesso di estremizzare capi e accessori che dimostrano di avere successo.
Sto pensando, per esempio, alla ciabatta marsupio: ebbene sì, il colosso Nike ha annunciato l’intenzione di reinterpretare il suo classico modello di ciabatta, la Benassi, in una nuova versione che fonde due degli accessori più desiderati del momento e che – fino a non molto tempo fa –  non erano certo considerati tra i più cool…

Immaginate una ciabatta (o slider) tipo piscina e immaginate che la striscia che fascia il piede abbia una zip e che nasconda una piccola tasca per riporre monete, chiavi o magari un badge.
Nelle ultime stagioni, la moda ha ridato mordente a ciabatte e marsupi e, complici gli stilisti che li hanno proposti sulle loro passerelle, li ha attualizzati: eccoli ora di nuovo in auge e, con un colpo di genio (genio del bene o del male?), Nike annuncia l’unione dei due accessori, fusi in un unico nuovo dirompente oggetto che sembrava pronto a conquistare (o colonizzare…) l’estate 2018.
E invece, a oggi, nonostante annuncio e vari articoli (perfino da parte del blasonatissimo Vogue…), sul sito ufficiale di Nike non se ne trova traccia: che siano rinsaviti (ehm…), cioè, che abbiano cambiato idea?

Ai posteri l’ardua sentenza, mentre io confesso il mio peccato: ebbene sì, da brava teenager di fine Anni Ottanta – inizi Novanta, non ho potuto che gioire del ritorno del marsupio dal look rifatto.

E l‘ho adottato abbondantemente: già quest’inverno, il primo è stato un marsupio nero con piccole borchie color oro (qui, qui, qui).
Subito dopo, ne è arrivato uno rosso, piatto, con macro borchie argento (qui, qui, qui, qui, qui).
Ne ho anche uno azzurro in pelle che ha doppia funzione, marsupio e borsa (qui), e ne ho un altro nero, piccolo quanto una sorta di tasca (qui, qui, qui).
E infine ne è arrivato un ultimo, il quinto (per ora…), molto simile a quelli dei miei anni adolescenziali, ma con due differenze fondamentali: lo vedete nella foto qui sopra, si porta crossbody, proprio come vuole la tendenza più contemporanea, ed è tutto glitterato (qui, qui, qui) come piace a me, piccola glittering woman 😀 😀 😀

In tutto ciò, mi viene in mente una cosa: qualcuno ha pensato di intervistare Giorgio Panariello chiedendogli il suo parere circa il ritorno del marsupio?
Nella galleria degli ironici personaggi caricaturali inventati dal famoso attore toscano (e inseriti anche nel suo film Bagnomaria del 1999), figura infatti anche Pierre, animale da discoteca tutto marsupio e poco cervello, dotato di un look eccessivo e diventato famoso per lo slogan «Si vede il marsupio???».
E bravo Panariello che, con grande ironia, ha fatto del marsupio un punto cruciale, comprendendo il suo ruolo di oggetto sintomo di un micro fenomeno di moda e dunque anche sociale: nel mio piccolo, non potevo che rendergli omaggio con il titolo di questo post a sua volta sospeso tra serio e faceto 😉 🙂

Oggi più che mai, vale il suo tormentone «Si vede il marsupio???» e accertatevi che la risposta sia 😀

Manu

Pillole dalla mia #MFW: Valeorchid FW 2018 – 19

Dalla collezione Valeorchid FW 2018 – 19 (foto della stilista stessa, modella Erica)

Parlare del lavoro di un amico che fa lo stilista è un enorme piacere nonché una grande emozione, naturalmente, ma implica anche una notevole responsabilità.
Perché c’è – anche solo per un istante – il timore che il giudizio professionale possa essere offuscato o influenzato dall’affetto.
Valentina, mia Amica (sì, con la A maiuscola) e stilista, mi libera completamente da detta paura, in quanto il suo talento è talmente limpido da non lasciare spazio a timori riguardo possibili confusioni dettate dal sentimento.

Di lei e del suo brand Valeorchid ho già parlato in un paio di post precedenti, quando qui ho presentato la sua collezione autunno / inverno 2016 – 17 e quando qui ho dato un assaggio della sua collezione nell’ambito di un reportage complessivo sulla primavera / estate 2018: stavolta, vi parlo della collezione Valeorchid FW 2018 – 19 che sono andata a visionare durante l’ultima Milano Fashion Week.

La collezione si intitola “…into the sound” e, proprio in questo titolo, è racchiuso il suo concept: raccontare l’essenza dei suoni del tempo passato fino a farli diventare capi da indossare.
Ogni suono accompagna e segue il movimento del corpo in una dolce danza d’inverno; bianco e nero percorrono le linee e le forme dei capi, realizzati in tessuti caldi e morbidi che avvolgono il corpo con rispetto.

La collezione Valeorchid FW 2018 – 19 è pensata per donne che hanno il coraggio di far risuonare in loro la vita, per donne che hanno il coraggio di far vibrare – e ascoltare – i loro sensi.
L’amore per la moda ha origini lontane per Valentina: «mia madre era una sarta e così, crescendo tra macchina da cucire, ago, filo, tessuto e, al tempo stesso, musica e arte, tutto è diventato linfa vitale», racconta a chi ha la fortuna di saperla ascoltare.

La filosofia del suo brand Valeorchid è quella di custodire il corpo rendendolo unico, proteggendolo come se fosse un gioiello contenuto all’interno di uno scrigno: in questo scrigno immaginario, spazio e tempo reali cessano di esistere per lasciare la possibilità di godere di momenti di qualità da prendere per sé, per amplificare la percezione di ognuno dei nostri sensi.
Le creazioni sono tutte collegate tra loro con un filo rosso come a raccontare una storia in musica, immagine e poesia; ogni capo è la fusione di tanti versi, ogni collezione diventa capitolo di un’unica grande storia.
Nel mondo Valeorchid è forte il rimando al nostro passato unito, talvolta, al rimando a terre lontane, dal primo Novecento fino ad arrivare al Giappone, ovvero periodi e luoghi in cui la femminilità ha sempre avuto un ruolo di primo piano nonostante condizioni sociali spesso avverse.

La donna Valeorchid è un’entità libera, indipendente e forte, che sa svelare le sue emozioni a tempo debito, sussurrando la propria femminilità.
Gli abiti, in cui sono costanti ricerca e cura del dettaglio, sono privi della costrizione delle taglie; in essi vi è, al contempo, forma e assenza di forma.
Assumono infatti forma definitiva attraverso un gioco di trasformazioni e sovrapposizioni, cambiando aspetto ogni volta anche a seconda di chi li indossa

«Vestire è un atto importante – racconta ancora Valentina – poiché è dedicare tempo a corpo e spirito per esprimere al meglio la propria personalità»: è esattamente tutto ciò che penso io, la moda che si fa linguaggio e racconta il nostro quotidiano, il nostro vissuto, la nostra storia.
Ecco perché con lei non ho timore che il mio giudizio possa essere inquinato dall’affetto: a parlare è invece la stima per la qualità e il contenuto del suo lavoro.

Il brand Valeorchid è attivo dal 2013: con la collezione “…into the sound”, Valentina giunge alla sua quinta collezione, oltre ad alcune produzioni limited edition e a collaborazioni con altri brand.
E sono orgogliosa di segnalare che le collezioni sono state apprezzate tanto da godere di una discreta distribuzione su buona parte del territorio italiano, da Udine fino a Roma, presso prestigiosi e selezionati concept store che potete trovare elencati qui.

Se volete seguire Valentina, vi segnalo che qui trovate il suo sito, qui la sua pagina Facebook e qui il suo account Instagram.
Se volete visionare tutta la collezione Valeorchid FW 2018 – 19, la trovate qui; personalmente, ho già commissionato a Valentina il soprabito a pois che, oltre ad avere una linea a uovo che mi fa impazzire, è anche reversibile per un uso ancora più libero e versatile.

Geniale la mia Vale: in un panorama di proposte troppo spesso omologate e non particolarmente innovative, lei ha invece il coraggio di proporre la sua visione – che io sposo in toto.

Manu

Se stavolta il mio compleanno porta con sé una maggiore consapevolezza

E siamo a quota cinque.

Di cosa parlo?

Con oggi, 26 novembre 2017, sono cinque i miei compleanni festeggiati qui, attraverso A glittering woman, lo spazio web al quale tengo molto e che curo con grande passione, come se fosse una tenera piantina da proteggere e fare crescere giorno dopo giorno.

Quindi, per prima cosa… me lo permettete? Ma sì, dai, tanti auguri a me 🙂 🙂 🙂

Di solito, A glittering woman non vede me come protagonista diretta o esclusiva.

Durante tutto l’anno, i protagonisti sono i talenti che sostengo, in ambito moda o negli altri ambiti che suscitano il mio interesse e solleticano la mia curiosità: fa eccezione solo il 26 novembre, giorno in cui il post che pubblico è dedicato a me stessa.

È diventata una piccola tradizione, l’unica occasione in cui mi metto al centro: cosa ne dite, una botta di egocentrismo all’anno può essere accettabile?

Questi post sono un modo per raccontare qualcosa di me e della fase che sto vivendo: il tutto è accompagnato dalle foto di alcune delle esperienze che ho vissuto nel corso dell’anno. Leggi tutto

Milan Fashion Week, con le collezioni SS 2018 va in scena molto di più…

Lunedì è stato l’ultimo giorno della Milan Fashion Week e dell’edizione dedicata alle collezioni primavera / estate 2018 o SS 2018, come dicono gli addetti ai lavori.
Volete sapere se sono triste per la fine della MFW, visto che la moda è un po’ il mio pane e un po’ la mia malattia?
Certo, un po’ mi dispiace che termini perché amo ciò che faccio.
Però penso anche che ci siano belle cose da fare in tanti ambiti interessanti, non solo nella moda, quindi no, non sono affatto triste.

Chi legge più o meno abitualmente A glittering woman (non guasta mai ripetere il mio sentito e sincero grazie ) sa che, al termine delle settimane dedicate alla moda, pubblico un mio reportage con le riflessioni scaturite da sfilate e presentazioni alle quali ho assistito nonché da tutto ciò che fa da contorno.

Ho scritto di certe cattive abitudini dell’ambito in cui mi muovo, ho parlato della questione accrediti alle sfilate (e in verità l’ho fatto più di una volta), ho raccontato di metatarsi malconci e di sciocchi luoghi comuni.
Al termine della scorsa edizione, quella di febbraio 2017, ho scritto di una messa (sì, una messa) che mi ha lasciato tanta tristezza nonché di un importante salone e della completa cecità nel gestire gli ingressi.

E questa volta?

Beh, tralasciando il fatto che né le cattive abitudini né i luoghi comuni sono morti (purtroppo…) e sorvolando sul fatto che la gestione spesso incomprensibile degli accrediti prosegue pressoché senza miglioramenti, a parte tutto ciò, in verità devo ammettere che questa edizione è andata piuttosto bene – se non altro a livello personale.
Non ho cioè vissuto particolari disagi o incidenti di percorso, forse perché in alcuni casi ho deciso di rinunciare proprio in partenza – e non è una cosa bella, lo so.

Eppure, cari amici, vi devo dire che a volte perfino gli spiriti più tenaci (e io lo sono) si stancano di combattere contro i mulini a vento e decidono di fare un passo indietro.
Non è una rinuncia o una resa definitiva, sia ben chiaro: è solo una tregua in attesa di capire come riorganizzare le forze, è una pausa che mi serve a riprendere fiato, è un mettermi alla finestra in attenta osservazione.

Mai rinuncerò a combattere contro i luoghi comuni e la maleducazione (perché è questa una delle cattive abitudini alle quali mi riferisco), ma al momento sono stanca di continuare a scriverne.
Mi limito a prendere in prestito le parole della brava giornalista Lucia Serlenga che, nel suo reportage post-MFW SS 2018, rivolgendosi agli addetti ai lavori, scrive le seguenti testuali parole: «andrebbe ricordato a tutti quelli che fanno parte di un mondo ritenuto raffinato che prima vengono le persone». Leggi tutto

Il rosso? Lo amo e lo porto perché supera le mode e dà energia!

Quando mi chiedono quale sia il mio colore preferito sono sempre un po’ in imbarazzo.

Perché? Perché la risposta è piuttosto articolata.

Prima cosa, vado a estro (o follia…) del momento: succede che, per intere settimane, io non riesca a liberarmi del nero, mentre capitano periodi in cui vesto in maniera piuttosto colorata. Passo da un estremo all’altro, insomma, come mi capita spesso e in diversi ambiti: mai mezze misure, io!

C’è da dire che, anche quando sono nel periodo total black, in genere riservo comunque al colore qualche piccolo spazio o almeno un accenno, per esempio attraverso qualche accessorio.

Sono dunque una persona che ama il colore in generale e che non può farne a meno, sia anche solo a piccole dosi.

E tra i colori non ne ho uno preferito in particolare: mi è capitato di scegliere capi e accessori azzurri, verdi, gialli, arancioni. Amo perfino il viola (tanto!), tinta disdegnata da molti: non sono minimamente superstiziosa.

Se devo invece indicare un colore che non mi è particolarmente gradito, devo ammettere che negli ultimi anni faccio molta fatica a portare il marrone: è strano, anni fa mi piaceva e lo indossavo, spesso e volentieri. Leggi tutto

E se Morfeo si dimentica di me… io provo la melatonina e le erbe della notte di ESI

Aprile dolce dormire: così dice un noto proverbio.

Ironia della sorte, aprile – e più in generale la primavera – è il momento in cui gli animali escono dal letargo: noi esseri umani, invece, in letargo ci andremmo. Volentieri!

In effetti, il meteo del mese di aprile, soprattutto il primo caldo, porta spesso a una sorta di senso di stanchezza e spossatezza: ammetto di subire tutto ciò.

Di giorno mi addormenterei ovunque e, alla sera, mi addormento (anzi, svengo!) sul divano.

Quando però finalmente decido di andare a letto, il sonno tarda invece ad arrivare o, peggio ancora, risulta estremamente frammentato facendo sì che io continui a svegliarmi per tutta la notte: il risultato è che non riposo bene e la mattina sono spossata. Vado avanti lo stesso, naturalmente, come un soldatino diligente, e così accumulo stanchezza.

Oltre alla primavera, parte del problema risiede nell’età che avanza: non è una battuta, ahimè, è provato che, con l’andare degli anni, si dorma meno.

Ma devo riconoscere che tutto ciò è soprattutto colpa delle mie cattive abitudini: lavoro anche dopo cena e, quando spengo il pc, porto tablet e smartphone sul divano continuando a lavorare in mobilità. Ecco perché poi finisco con addormentarmi proprio lì, sul divano, a un’ora già tarda e con uno dei due dispositivi ancora in mano – cosa estremamente sbagliata.

Il resto lo fa lo stress (ebbene sì) il quale genera l’ansia che porta all’insonnia: riconosco anche questo, lo stress è una componente ormai intrinseca della mia vita quotidiana e temo di non essere l’unica, vero?

Mille cose da fare, tempi strettissimi per farle, pretese sempre più assurde, la necessità (necessità?) di essere sempre connessi e dunque presenti e pronti a rispondere: tutto ciò non permette a mente e cervello di staccare per riposarsi.

E così siamo arrivati al nucleo della questione: non stacco mai. E – ripeto – temo di non essere l’unica.

Ultimamente, infatti, ho scoperto che le questioni sonno e insonnia sono tanto sentite da avere una giornata dedicata. Leggi tutto

Se una rondine non fa primavera… provo allora con la Linea Aloe Vera ESI

Sono sempre stata un’estimatrice della bella stagione, così come ho sempre detestato il freddo e lungo inverno.
Giorni fa, varcando il portone di casa per iniziare una nuova giornata, ho avuto una sensazione ben precisa: l’aria sta cambiando e le mie narici si sono riempite di un odore diverso, più leggero e sottile.
Non so spiegare bene quell’odore né riesco a dargli un nome preciso: è semplicemente il profumo che, per me, segnala l’arrivo della tanto attesa primavera.
Ogni anno, lo percepisco e lo annuso come se fossi una bestiola che si risveglia dopo il lungo letargo; ogni anno, gioisco del più piccolo raggio di sole come un passerotto che riscaldi le piume dopo il freddo e grigio inverno.

E ogni anno, da quel fatidico momento, qualcosa cambia: la primavera e la rinascita che essa porta con sé è così forte che è ben identificabile perfino a Milano.
Tra asfalto e cemento, sbucano i segnali della nuova vita, delicati eppure prepotenti. La forsizia fiorisce gialla in cespugli disseminati per tutta la città. Le magnolie si riempiono di magnifici boccioli. I fiorai propongono bouquet di ranuncoli e io ne sono felice: prediligo i fiori eleganti ma allo stesso tempo non pretenziosi.

Quando iniziano questi primi sentori di primavera, vivo puntualmente le stesse sensazioni: sento scorrere linfa nuova nelle vene e posso finalmente togliermi di dosso un’immaginaria e pesante coltre di torpore.
È come se, durante l’inverno, congelassi una parte di me in una sorta di letargo per concentrare tutte le risorse verso lo sforzo di sopravvivere: terminata quella che percepisco come una vera e propria emergenza, le energie fisiche e mentali possono tornare a fluire liberamente, così come le emozioni. Leggi tutto

VALEORCHID: poetica come un’orchidea, forte come un samurai

Devo stare calma.

Non devo lasciare che l’emozione si impossessi di me, anche se la mano mi trema un po’, perfino sulla tastiera.

O forse sto sbagliando. Forse dovrei lasciarmi andare, semplicemente.

Dovrei farlo perché – per me – la moda è un linguaggio, un modo di esprimermi. Dunque è fatta di emozioni, di sensazioni.

La moda per me è vedere un abito e sentire che è quello giusto, che è quello che mi farà stare bene. Come se fosse una pelle indossata da sempre.

La moda per me è una passione che sboccia improvvisa e inattesa, è un colpo di fulmine.

Alla luce di tutto ciò e grazie al lavoro che faccio e che mi porta a conoscere personalmente molti degli stilisti e dei designer dei quali parlo, spesso è per me difficile scindere l’abito (o il gioiello o le scarpe o la borsa) da colui o da colei che li ha creati, è difficile scindere la creazione da un bagaglio fatto di emozioni e sensazioni.

E allora – penserete forse voi – lascia fluire queste emozioni. Lasciare libere, falle correre, non le imbrigliare.

Ma, vedete, oggi c’è un’altra questione sul piatto della bilancia: la designer della quale desidero parlarvi è un’Amica, una di quelle con l’iniziale maiuscola. Per questo vorrei restare calma, distaccata; mi dispiacerebbe se qualcuno pensasse anche solo per un istante che il mio racconto e il mio parere siano influenzati e compromessi dall’amicizia anche perché – in realtà – non lascio mai che esse si mescolino.

E non per cinismo; al contrario, lo evito proprio per l’enorme rispetto che provo per entrambi, per l’amicizia e per il lavoro. E perché penso che la confusione non faccia bene, a nessuno dei due ambiti. Leggi tutto

Compleanno, stavolta non ti temo perché penso al kintsugi

Questo è il terzo compleanno che festeggio qui sul blog.
Festeggio si fa per dire: in realtà, in occasione del mio compleanno, avete sempre letto riflessioni un po’ malinconiche.
Quest’anno, però, si cambia regime: desidero tornare a festeggiare davvero il mio compleanno e non perché la mia vita sia diventata perfetta tutto d’un tratto.

Ho iniziato a pensarci una sera, seguendo un dibattito in televisione: una giovane donna affermava che se c’è una cosa che non ha mai aiutato nessuno a ottenere qualcosa è il fatto di piangersi addosso.
Non importa di cosa si dibattesse nello specifico e non importa nemmeno che, a parte questa (inconfutabile) affermazione, la giovane non avesse in verità particolarmente ragione e che fosse anche un po’ supponente e antipatica: importa che quelle parole mi hanno colpita con forza, come se fossero rivolte proprio a me.
Non sono abituata a piangermi addosso, questo no, ma mi capita di sfogarmi su Facebook e in alcuni post qui sul blog, come quelli del compleanno, appunto.
Ecco, ascoltando quelle parole, ho ammesso che in effetti lamentarmi non mi aveva aiutata e non mi aiuta né a ottenere ciò che voglio né a rendermi più simpatica sebbene vi prego di credermi, non è la simpatia ciò che volevo ottenere: non ho mai pensato che piagnucolare sia un modo per ottenere pacche sulle spalle tanto quanto non serve a cambiare le cose.

Ho poi riflettuto anche su altre questioni.
Il 2015 è stato un anno durissimo per tutti quanti e mi riferisco ai fatti che stanno insanguinando il mondo, non ultimi quelli di Parigi.
Non solo, la morte mi è passata accanto colpendomi molto da vicino e portandosi via Emanuele, una persona (giovanissima) alla quale ero affezionata e che desidero ricordare nuovamente proprio oggi, nel giorno del mio compleanno. Leggi tutto

Milano Fashion Week: Alberto Zambelli FW 15 – 16

Lo dichiaro subito, spontaneamente e apertamente: amo lo stilista Alberto Zambelli.

È un amore intenso (sono una persona passionale), ma anche ben motivato (l’altra parte di me è razionale e perfino un po’ cervellotica): amo Alberto perché è bravo.

La sua è una moda desiderabile e che ben rappresenta noi donne, la nostra femminilità e la nostra grinta.

La passione è nata la prima volta in cui ho incrociato il suo lavoro, poi Alberto ha saputo definitivamente conquistarmi collezione dopo collezione e, in particolare, con le due più recenti.

Con la collezione dedicata allo scorso inverno, lo stilista ha voluto celebrare la magica bellezza della Natura: la collezione era un omaggio a Linneo, medico e botanico svedese, colui che è considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi. Gli inchiostri delle sue antiche tavole sono tornati a nuova vita attraverso i capi e Alberto ha estremizzato il concetto di femminilità fino a cristallizzarlo in una mantide religiosa dalle sembianze umane, simbolo estremo dell’Eros.

Con la collezione dedicata all’estate che stiamo salutando, lo stilista ha invece pensato di rivisitare la Pop Art nei volumi, nelle superfici e nei grafismi: la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 si sono alternati tra vitali geometrie e la pulizia di linee che è abituale nelle proposte di Alberto, producendo così una femminilità ironica ed elegante. Leggi tutto

Milano Fashion Week: Fatima Val FW 15 – 16

Ci siamo quasi: tra due settimane esatte riparte la kermesse di Milano Moda Donna o, se preferite l’inglese, riparte la Milano Fashion Week.

Stavolta, gli stilisti ci riveleranno la moda per la primavera / estate 2016: voi siete pronti? Io più o meno: al momento ho già seri problemi a guardare da qui a uno, due mesi e ad accettare che la stagione che abbiamo davanti a noi sia quella fredda. Ma si sa, la moda vive in eterno anticipo, quindi me ne farò una ragione e mi focalizzerò – come richiesto a una brava redattrice / blogger – sulla prossima estate: in fondo, pensare alla bella stagione non è mai un grosso sacrificio.

Però, prima di dedicarmi alla moda che verrà, ho un paio di compitini da svolgere: sono rimaste da raccontare le due ultime sfilate alle quali ho assistito in occasione della scorsa edizione di MMD – e che sfilate: come sempre, sono i giovani a chiudere la settimana e io ne sono felice.

Quand’ero piccina, conservavo il boccone più prelibato con lo scopo di gustarlo per ultimo. Mia mamma guardava me e il mio piatto e, sorridendo, mi diceva “ti sei lasciata il boccone del prete”. Non sono cambiata da allora: lascio spesso il meglio in fondo e la settimana della moda mi accontenta, mette i miei preferiti in fondo. Così mi rimane in bocca il gusto migliore.

E, sebbene io sia in ritardo rispetto a quando è stata presentata, in realtà ora è il momento più giusto per presentare le collezione autunno / inverno 2015 – 2016 di Fatima Val. Leggi tutto

Milano Fashion Week: Giulia Marani e il suo Tetris

Quando ero studentessa, soffrivo spesso della cosiddetta ansia da prestazione e, tra l’altro, a impensierirmi di più erano le materie nelle quali avevo i risultati migliori. Sembra un paradosso ma non lo è.

In quelle materie, infatti, compiti in classe ed esami diventavano banchi di prova continui: sentivo di dover dimostrare di essere all’altezza delle aspettative e temevo di deludere me stessa, i miei genitori e i professori, esattamente in questo ordine.

Quell’ansia era una concomitanza di colpe: un po’ era dovuta al mio carattere e un po’ era causata dal forte senso di responsabilità che i miei mi hanno trasmesso fin da piccola, probabilmente in maniera direttamente proporzionale rispetto al cibo col quale alimentavano il mio corpo.

Oggi non sono molto cambiata e resto il giudice più severo di me stessa: capita che io venga promossa dal giudizio degli altri ma non dal mio che, generalmente, è sempre impietoso. Riservo tutta la mia indulgenza agli altri e a me perdono poco o niente.

Da una parte, tutto ciò è un vantaggio perché mi porta costantemente a tentare di migliorarmi; dall’altra, però, è uno svantaggio perché non mi do tregua né arriva mai il giorno in cui mi dico “brava”.

Quando mi rapporto con stilisti e designer, ho l’impressione che, in molti casi, essi appartengano alla mia stessa categoria: sono eternamente protesi verso il futuro e verso nuovi esperimenti, non si fermano né si concedono tregua. Leggi tutto

Sopra il Sotto: 24 tombini raccontano arte e moda a Milano

Ieri pomeriggio ero seduta alla mia scrivania quando Enrico, mio marito, è venuto a chiamarmi dicendo “vieni a vedere di cosa stanno parlando in televisione”.
Incuriosita, l’ho raggiunto in salotto: stava iniziando un programma incentrato sulla Bretagna, bellissima regione francese che noi amiamo molto e della quale ho anche parlato qui sul blog attraverso alcuni post pubblicati la scorsa estate.
Sono rimasta colpita dalla parte su Brest, città che noi abbiamo visitato nel 2012: il programma raccontava che, nella zona del porto commerciale, molti muri prima tristemente bianchi o grigi sono oggi ornati da bellissime opere firmate dai cosiddetti street artist.
Le opere sono autentiche pitture murali spesso di dimensioni importanti: in un certo senso, sono la versione moderna degli antichi affreschi e sono stati incoraggiati dalle autorità. Il giornalista spiegava che l’Ufficio del Turismo della città propone, tra i vari tour possibili, anche un itinerario che permette di scoprire questi capolavori d’arte a cielo aperto.
Sapete che sono una grande amante dell’arte e non vi nascondo che mi piace che essa serva a riqualificare le città non restando chiusa in musei e gallerie bensì andando incontro alle persone.
E così, innamorata dell’esempio di Brest, città che come altre ha deciso di dare spazio a questo tipo di creatività, oggi ho pensato di raccontarvi un progetto che riguarda la mia Milano con un altro esempio piuttosto curioso di open air art: le opere non si ammirano ai muri ma… sotto i nostri piedi.
Mi riferisco a Sopra il Sotto – Tombini Art raccontano la Città Cablata, un’iniziativa culturale promossa e realizzata da Metroweb, azienda titolare della più grande rete di fibre ottiche d’Europa.
Il progetto Sopra il Sotto nasce dalla volontà di guardare oltre, cosa che mi piace molto. Sotto l’asfalto e sotto i tombini si nasconde la rete in fibra ottica, una sorta di sistema di vene delle metropoli: grazie a questa rete, viaggiano informazioni preziosissime delle quali usufruiamo attraverso telefono, televisione e Internet.
Metroweb ha fatto da mecenate a questo progetto visionario che racconta la rete in un modo diverso grazie a una mostra unica nel suo genere: dal 24 febbraio di quest’anno, via Monte Napoleone e via Sant’Andrea ospitano 24 tombini artistici, pezzi unici e originali, cesellati a rilievo e dipinti a mano, pensati e ideati appositamente da numerosi stilisti, brand e maison che hanno aderito con entusiasmo.
Tra i tombini ce ne sono due progettati da altrettante giovani promesse dello stile: è stato infatti indetto un contest in collaborazione con l’Istituto Marangoni di Milano e una giuria (composta da rappresentanti di Metroweb, di Camera Nazionale della Moda Italiana e della celebre scuola di moda) ha selezionato tra gli studenti i due giovani fashion designer che hanno meglio interpretato il concetto di base. Alessandro Garofolo e Santi – questi i loro nomi – hanno così avuto la soddisfazione di veder realizzato il loro tombino che resterà in mostra fino a gennaio 2016, così come tutte le altre opere.
Questa è la terza edizione di Sopra il Sotto: come già avvenuto nel 2009 e nel 2010, a chiusura della mostra open air i Tombini Art, dopo un attento restauro, saranno battuti all’asta da Christie’s. Il ricavato sarà interamente devoluto a favore di Oxfam Italia, organizzazione non a scopo di lucro che è anche Civil Society Participant di Expo 2015.
Il tombino, oggetto che fa parte dell’arredo urbano, diventa dunque soggetto e lo fa attraverso la moda: il progetto fonde i due lati di Milano, affari ed estro creativo, in una mostra che riesce a portare l’amore per il bello e per il ben fatto dalle passerelle alla strada.
Se vivete a Milano o se avete occasione di visitarla magari proprio per Expo 2015, regalatevi un giro in via Monte Napoleone e via Sant’Andrea, stavolta a testa in giù e non in su come di solito si fa per ammirare le bellezze architettoniche delle città: in questo caso, l’arte viene messa ai nostri piedi, non solo metaforicamente, e dunque occhio a dove camminiamo 😉
Lo so, i tombini sono fatti per essere calpestati, eppure vi confesso che io non ho avuto il coraggio di camminarci sopra.

Manu

Sopra il Sotto – Tombini Art raccontano la Città Cablata, mostra di 24 tombini ideati dai grandi protagonisti della moda: in ordine di percorso, Giorgio Armani, Just Cavalli, Etro, Missoni, Larusmiani, Laura Biagiotti, Costume National, Moschino, 10 Corso Como, Prada, Trussardi, DSquared2, Versace, Iceberg, Brunello Cucinelli, Hogan, Alberta Ferretti, Valentino, Salvatore Ferragamo, Emilio Pucci, Giuseppe Zanotti Design, Ermenegildo Zegna e con la partecipazione di Istituto Marangoni.
Un progetto di Metroweb da un’idea di Monica Nascimbeni col patrocinio del Comune di Milano. In collaborazione con la Camera Nazionale della Moda Italiana e in partnership con Oxfam Italia.
Dove: Via Monte Napoleone e via Sant’Andrea, Milano
Quando: fino a gennaio 2016, a cielo aperto e sempre visibile night & day
Maggiori informazioni sul sito, sulla pagina Facebook, su Twitter e sul canale YouTube. Qui potete vedere il catalogo e qui il video di presentazione.

Il sito di Oxfam Italia: qui.

A proposito di Brest e dei suoi graffiti: qui potete ammirare uno dei murali opera dell’artista Pakone.

L’arte fuori dai musei, in giro per la città: qui ho raccontato la mostra Milan and the Magic Accessories, qui la riqualifica del sottopassaggio della Stazione Garibaldi e qui la mostra Viaggio in Italia.

La foto che illustra questo articolo mostra uno dei tombini del progetto Sopra il Sotto: è stata scattata il 27-02-2015 dalla mia amica Valentina Fazio e mostra (da sinistra in senso orario) me, la stessa Vale e Alessia Foglia (o meglio i nostri piedi!) attorno al tombino “Walk in Progress” firmato Giuseppe Zanotti Design.

Milano Fashion Week: Grinko FW 15 – 16

Sono una persona decisamente estroversa e per questo motivo molti credono che sia facile guadagnare la mia simpatia.

Niente di più sbagliato: in realtà, giovialità a parte, sono severa, prima di tutto con me stessa e poi anche con gli altri. Diverse persone mi definiscono impegnativa (qualcuno anche rompiscatole).

Non è facile né guadagnare la mia amicizia (sebbene io parli volentieri con tutti e abbia rapporti cordiali con moltissime persone) né il mio apprezzamento dal punto di vista lavorativo e, tra l’altro, non permetto che l’amicizia offuschi un giudizio professionale.

Quindi, quando nei miei post leggete del mio personale innamoramento per stilisti e designer, sappiate che prima di tutto c’è l’apprezzamento del loro lavoro: se li giudicassi solo brave e simpatiche persone, mi limiterei a cercare di guadagnarmi la loro amicizia e andare a bere un caffè insieme.

Purtroppo, esistono poi casi di persone bravissime dal punto di vista professionale che però non mi piacciono dal lato umano. Se lavoro per altri, diciamo che abbozzo e faccio prevalere la professionalità; se scrivo qui, però, decido io e allora pretendo il pacchetto completo, ovvero semaforo verde su umanità e professionalità. Lo so, sono una rompiscatole – ve l’avevo detto.

Sergei Grinko è tra coloro che mi piacciono a 360°, come persona e come stilista, per questo lo seguo assiduamente attraverso A glittering woman. Ho imparato a conoscerlo stagione dopo stagione, mi piace osservarlo e cercare di leggere qualcosa di lui attraverso ciò che fa. Leggi tutto

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