Felice di piacervi e non, parola di Franca Sozzani

Non so mentire: provavo una simpatia alquanto tiepida nei confronti di Franca Sozzani.

A non farmi sentire a mio agio – io eternamente scomposta e con infinite imperfezioni – era in parte la sua aria eterea, il suo aspetto quasi serafico: sembrava sempre essere appena uscita da un quadro, i capelli (lunghissimi e ondulati) e lo sguardo mi ricordavano immancabilmente la perfezione della Venere di Botticelli.

Insultatemi pure, pensate pure che io sia poco delicata a scrivere tali pensieri a pochi giorni dalla sua dipartita: non posso darvi torto, eppure preferisco essere sincera.
D’altro canto, mi sembra altrettanto sconveniente l’atteggiamento di chi oggi la osanna quando alcune di quelle stesse persone si sono scatenate giusto poco tempo fa in una ridda di commenti caustici a proposito del docu-film Franca: Chaos and Creation girato dal figlio Francesco Carrozzini.
Ciò avveniva quando pochissimi sapevano della malattia che l’ha portata via il 22 dicembre: oggi quel lavoro appare come un omaggio e un saluto, eppure ricordo bene Facebook pieno di battutine sarcastiche perché purtroppo (purtroppo, sì) godo di buona memoria.

Credo che di questo stridente contrasto tra il prima e il dopo sorriderebbe lei per prima, visto che non teneva affatto né a piacere a tutti né a essere simpatica a tutti, come scrisse molto chiaramente in un post datato 22 luglio 2010 dal quale è presa la foto qui sopra e che è apparso nel suo frequentatissimo Blog del Direttore.
«Non si può sempre piacere a tutti e soprattutto non si deve»: così scrisse in tale occasione e dunque sono certa che sorriderebbe anche della mia tiepida simpatia per poi infischiarsene.
Giustamente e senza perdere la sua solita classe, naturalmente.

Franca Sozzani ha fatto tanto per la moda e questo è un dato inconfutabile che va ben oltre qualsiasi simpatia, antipatia o sarcasmo.

Non si mette minimamente in discussione e non servono certo le mie parole a ricordare tutto ciò che ha fatto. Anzi, a tal proposito, vi invito a leggere l’articolo di Antonio Mancinelli per Marie Claire, decisamente quanto di meglio io abbia letto, oppure il ricordo firmato da Anna Wintour, inossidabile direttrice di Vogue USA.
Quindi, pur non avendo alcuna intenzione di esibirmi in dichiarazioni di simpatia postuma (che nel mio caso sarebbero ipocrite considerando ciò che ho confessato), scrivo queste righe di stima e commiato con slancio spontaneo e sincero, per dire grazie a Franca Sozzani per almeno quattro buoni motivi.

Il primo motivo è, signora Sozzani, proprio ciò che lei ha fatto.
Vogue ha un grande peso nella formazione di ogni appassionato e/o professionista di moda che si rispetti e lei ha dedicato a Vogue Italia – una delle edizioni più belle a livello mondiale – ben 28 dei suoi 66 anni di vita. Dal 1988 a oggi, con coraggio e passione. E con successo.
Questo è qualcosa che solo un’ingrata o una stupida o una folle potrebbe non riconoscerle. Sarebbe una pessima dimostrazione di ignoranza e arroganza.
Dunque, ecco il mio primo grazie.

Il secondo motivo è l’importanza che lei ha dato al talento, parola, idea, concetto che tanto amo a mia volta.
Lei, signora Sozzani, ha supportato molti professionisti della moda decretandone il successo; dicono che abbia allo stesso modo decretato l’insuccesso di altri e di questo qualcuno gliene fa una colpa.
Non sono d’accordo con accuse di questo tipo: dire di a tutti sarebbe insensato quanto sbagliato e dire dei no comporta un prezzo da pagare. Lei ha accettato di pagarlo e anche per questo le dico un altro grazie, perché la sincerità e la fedeltà a noi stessi e alle nostre idee è fondamentale e irrinunciabile.

Il terzo motivo è che, oltre al talento, lei credeva nell’impegno e nel duro lavoro.
Una come me che crede ciecamente che impegno, studio e lavoro siano valori assoluti non può che dirle un ennesimo grazie.

Il quarto motivo è proprio quel suo coraggio di non voler piacere a tutti.
Viviamo in un’epoca in cui molti (troppi) vogliono piacere a più persone possibili raccogliendo qualunque consenso; vivo in un ambiente – lo stesso, quello della moda – in cui tutto ciò è ancor più enfatizzato e nel quale molti (troppi) giocano ancor di più a fare i piacioni (ma sì, uso questa espressione). In una simile epoca e in un simile ambiente, il suo atteggiamento assumeva ancora più importanza. Era quasi rivoluzionario.
E allora le dico l’ultimo grazie, signora Sozzani, a titolo estremamente personale, perché l’esempio di una persona così importante come lei dà forza a me – nel mio piccolo e con le dovute proporzioni – per continuare a pensare che non sbaglio nel portare avanti a mia volta lo stesso atteggiamento.

Ho iniziato il post scrivendo di non nutrire simpatia particolare per lei: arrivata a questo punto, mi rendo conto che provavo e provo per lei un grande rispetto.
Chino la testa davanti al fatto che se ne sia andata con discrezione e in silenzio, senza rendere pubblico il male che la stava consumando.
E sono sinceramente colpita dai ricordi di molte persone che l’hanno conosciuta e che testimoniano come lei non facesse mai mancare qualche parola gentile alle sfilate o come non mancasse di spronare a coltivare il talento e a inseguire i sogni, in qualunque campo essi fossero: sono racconti che la dipingono come persona di buona carica umana, in barba all’impressione di distacco che suggeriva invece a me.

Chissà, se avessi avuto l’opportunità di intrattenermi con lei, forse avrei superato l’imbarazzo che la sua figura mi incuteva: mi rimarrà il rammarico che tale opportunità non ci sia stata.

E allora, con grande sincerità, le auguro buon viaggio, cara Franca.

Manu

I wish you a Real Glittering Christmas ♥

«Ci tengo a farle sapere che lei è di grande ispirazione per tutte noi, come donna, come insegnante e come guida. E mi ritengo personalmente molto fortunata, per cui le auguro un felicissimo inizio anno… Se lo merita davvero.»
«Non perdiamoci dopo il corso! Felice di averla incontrata, mi arricchisce sempre più! Le voglio bene.»

Sono gli emozionanti messaggi di auguri di due delle mie studentesse.
Direi che, per quest’anno, ho dei preziosissimi regali di Natale: sono tanto speciali che, forse, potrebbero bastare anche per l’anno successivo e per quello dopo ancora 🙂

Così, il mio tradizionale post di Natale parte proprio da qui, stavolta.

Sapete, ascolto queste giovani donne, le mie studentesse, con grande attenzione e con sincero interesse: hanno tante idee, spesso già chiare e ben delineate.
Emerge con forza tutta la loro voglia di vita nonché una sana curiosità verso il mondo: accolgo e conservo le loro parole e mi rendo conto che arricchiscono anche me.
Guardo i loro bei sorrisi, osservo i volti aperti e fiduciosi, gli occhi luminosi e puliti, pieni di speranze e di sogni per il futuro e mi chiedo se faccio abbastanza per loro.
Io che condivido con queste ragazze tutta la mia sincera passione e il mio sconfinato entusiasmo, che cerco di trasmettere loro quello che so del mestiere che amo, che cerco di raccontare loro la bellezza di raggiungere i propri obiettivi e i propri sogni in modo pulito e onesto.

Ma è sufficiente tutto ciò?
È abbastanza oppure potrei fare di più?
In realtà, ciò che vorrei è poterle proteggerle dalle brutture del mondo, vorrei poter conservare e moltiplicare all’infinito quei loro sorrisi, vorrei poter dire loro che andrà tutto bene.
Vorrei poterle rassicurare prospettando un futuro sereno e luminoso.

Vorrei poter dire loro che le giraffe non si estingueranno, che i ghiacci non continueranno a sciogliersi, che non moriranno più bambini ad Aleppo, che non ci saranno più stragi di persone innocenti a Nizza, a Berlino e in troppi altri luoghi in tutto il mondo.
Vorrei poter fare tutto ciò, ma so che non è possibile perché mai nessuna generazione è stata in grado di mettere davvero al sicuro la successiva. È la storia degli esseri umani, da sempre.
E questo non mi piace, non mi rassegno.

Eppure, ho ancora fiducia.
Eppure, penso ancora che se sapessimo credere nella bellezza autentica essa potrebbe salvarci.
Eppure, continuo a credere fermamente che cultura, civiltà, umanità, tolleranza, libertà possano illuminare il buio dell’ignoranza, dell’odio, del sonno della ragione, della bieca disumanità.
Eppure, penso ancora che far vivere questi valori sia la risposta migliore nei confronti di chi vorrebbe invece portare oscurità e disperazione.

Sono grata alle mie ragazze perché attraverso i loro occhi puliti posso sperare che le mie non siano solo illusioni.
E sono loro grata per avermi fatto capire quale sia il senso più vero dell’insegnamento, uno dei mestieri più emozionanti che esistano, una delle responsabilità più grandi ma allo stesso tempo più belle perché comporta dare e avere, in un ciclo continuo e reciproco.

Mi hanno sempre detto che ogni donna nasce per essere madre e per portare avanti la vita: per quanto mi riguarda, pensavo in un certo senso di essere sbagliata, in quanto credevo di non aver alcun istinto materno, di esserne completamente sprovvista.
Mi sbagliavo e, oggi, so che possono esistere tanti modi di tenere a battesimo la vita, di proteggerla, di far sì che prosegua. Credo di aver trovato il mio.

E questo, dunque, è il mio Natale Felice.
E desidero augurarne uno altrettanto felice a tutti, A Real Glittering Christmas.

Il mio augurio per ciascuno di voi è quello di riuscire a trovare una personale strada verso la felicità.
Con coraggio e senza demordere davanti alle sconfitte e alle brutture.

Manu

La foto in alto è stata scattata il 10 novembre 2016 in occasione del press day
dell’ufficio stampa AnnaBi – Laura Magni al quale ho portato la mia classe.
Con noi nella foto ci sono anche Roberta e Antonio Murr, amici
e grandi professionisti (qui li ho intervistati per SoMagazine)

Vi racconto (e vi mostro) perché amo tanto gli anelli

Mi diverto da sempre a scattare foto dei bijou che possiedo: da qualche anno, condivido dette foto soprattutto su Instagram e in particolare mi diverte pubblicare quelle dei miei anelli.

Tali monili mi affascinano a tal punto che, per esempio, ho scritto di alcune delle loro declinazioni possibili per SoMagazine, una delle testate con le quali collaboro: tra tutti gli oggetti che hanno funzione ornamentale, gli anelli sono forse i più significativi, sia quelli che scegliamo per noi sia quelli che regaliamo.

Ma oggi non ho intenzione di fare un trattato serio (non che quel mio articolo avesse la pretesa di essere ciò, era solo un piccolo excursus tra storia e curiosità che, tra l’altro, un giorno mi piacerebbe riprendere, approfondire e sviluppare): oggi desidero parlarvi più che altro del mio rapporto emozionale con gli anelli e condividere alcune di quelle foto che ho menzionato.

Qualche settimana fa, in un altro post, ho scritto che, per riuscire a catturare la mia attenzione, un gioiello – qualunque esso sia, più o meno prezioso – deve possedere carattere: deve essere in grado di trasmettermi una sensazione, un’emozione, deve affascinarmi, stupirmi, incuriosirmi, sorprendermi, divertirmi.

Deve coinvolgermi, insomma: non apprezzo i gioielli anonimi, scontati, banali e dunque noiosi. Guai, poi, a una mia reazione neutra o indifferente davanti a una creazione. Leggi tutto

20.52 e la maglieria bella (e buona) autunno/inverno 2016-17

Non esistono più quei bei capi caldi che si facevano invece una volta. Non ci sono capi moderni in vera lana di qualità.
Quante volte sentiamo ripetere frasi di questo tipo? Mettiamoci anche un bel “Non ci sono più le mezze stagioni” e il quadretto è completo.
Ma io, francamente, non ci sto, miei cari amici.
Perché, in realtà, a essere cambiate sono le nostre abitudini di acquisto: i capi di qualità ci sono ancora, noi però ci siamo abituati a un consumo vorace e continuo agevolato da alcuni dei moderni modelli di produzione, promozione e vendita.
Una volta, acquistavamo con modalità e tempi diversi: la filosofia era quella di selezionare poche cose ma buone. E siamo onesti: non è solo o tutta una questione di prezzo, perché se mettiamo insieme tutti i capi di poca qualità che acquistiamo in continuazione… quanto spendiamo davvero?
Sia ben chiaro: non sto facendo la paternale a nessuno né mi chiamo fuori da tutto ciò. Me ne guardo bene, in quanto sono la prima a cadere nel tranello.

Ma se cercate ancora qualità e durata, se cercate filati di eccellenza e capi davvero caldi, allora oggi vi presento 20.52, un brand del quale mi sono innamorata lo scorso settembre: in tale occasione, ho avuto modo di toccare (letteralmente!) le loro straordinarie proposte frutto di sapienza artigianale, tra lavorazioni sofisticate e dettagli curati con estrema attenzione.
La presentazione riguardava un’anticipazione della collezione primavera / estate 2017 ma, visto che la bella stagione è per ora un lontano miraggio, oggi inizio a raccontarvi e mostrarvi l’attuale collezione autunno / inverno 2016-17. Leggi tutto

Zimarty, architetture da indossare tra tecnologia e natura

Parrebbe che questa sia per me la settimana dedicata al gioiello, soprattutto nella sua forma contemporanea.

Nel post precedente, ho parlato di un concorso con il quale si desidera mettere in evidenza il talento in tale campo (concorso nel quale ho tra l’altro orgogliosamente un ruolo attivo); oggi, desidero parlare di un duo di creativi nei quali sento di aver riconosciuto un valore. Spero dunque vorrete accompagnarmi in un viaggio alla scoperta di una visione alquanto particolare del concetto di gioiello.

Dovete sapere che, per riuscire a catturare tutta la mia attenzione, un monile – qualunque esso sia – deve possedere carattere.

E deve essere in grado di trasmettermi una sensazione, un’emozione: deve affascinarmi, stupirmi, incuriosirmi, sorprendermi, divertirmi. Al limite, indignarmi.

Deve coinvolgermi, insomma: non apprezzo i gioielli anonimi, scontati, banali e dunque noiosi. E guai a una mia reazione neutra o indifferente.

A maggior ragione, tutto ciò vale per gli anelli, monili che mi accompagnano sempre e che io considero molto importanti.

Sono importanti perché credo di fare un ampio uso del linguaggio del corpo: adopero la mimica facciale (cosa pessima per le foto, vengo sempre immortalata con espressioni inqualificabili e indefinibili) e gesticolo molto.

Le mie mani sono sempre in vista, dunque, in quanto sono uno dei mezzi attraversi i quali comunico e mi esprimo: occhi, viso e mani competono con le parole che pronuncio. Diciamo che la potenza della comunicazione non verbale mi affascina.

Tra gli anelli che amo indossare ci sono quelli divertenti, giocosi e che fanno sorridere chi mi incontra: ne ho di buffissimi, di ogni forma, colore e materiale, anelli con piatti di spaghetti, con pacchetti di popcorn, con occhi che si muovono, con oggetti vari in miniatura (macchine, moto, utensili).

Mi piacciono molto anche gli anelli con simboli, monete, piccoli ricordi, iniziali.

E poi ho un’enorme passione per gli anelli-scultura, vere e proprie opere d’arte da indossare: questo è il motivo per cui oggi vi parlo delle creazioni di uno studio di design che si chiama Zimarty. Leggi tutto

Ridefinire il Gioiello 2016 fa incontrare monili e libri

Leggere è un piacere che mi ha accompagnata costantemente, in ogni età e in ogni fase della mia esistenza.
In particolare, non posso né potrei pensare di rinunciare ai libri. Li considero cari, preziosissimi, insostituibili amici.
Devo anche confessare di amare la carta, infinitamente, amo il suo profumo e il rumore che produce: non potrei soppiantarla sebbene tablet e lettori vari mi affascinino e sebbene anch’io oggi ne faccia uso, come tutti.
Quando mi chiedono di elencare i miei libri preferiti, sono in difficoltà come un bambino al quale si chieda di scegliere tra mamma e babbo o come un genitore al quale si chieda di scegliere uno tra i propri figli: ogni libro che ho letto è stato unico e speciale, ognuno mi ha lasciato qualcosa. Molti sono legati a momenti particolari.
Ricordo, per esempio, con estremo affetto quelle che furono le mie prime letture di fanciulla: Cuore di Edmondo de Amicis, Piccole donne di Louisa May Alcott, i romanzi di Jules Verne che mi fecero innamorare della fantascienza.
Ricordo la sfida che mi pose la mia insegnante di letteratura in prima superiore: vedendo quanto fossi vorace e curiosa, mi consigliò Cent’anni di solitudine, il capolavoro del Premio Nobel colombiano Gabriel García Márquez. Mi innamorai perdutamente di lui e da allora ho letto buona parte delle sue opere.

Non mi dilungo oltre su autori e titoli e aggiungo solo che, quand’ero in prima media, i miei genitori decisero di farmi l’abbonamento in biblioteca: costavo più in libri che non in qualsiasi altra cosa e il problema è che ogni nuovo volume mi bastava per pochi giorni soltanto.
Non vi dico l’emozione che provai quando un paio di anni dopo, non più paga della sola struttura di zona, conquistai la tessera della Sormani, la meravigliosa biblioteca centrale di Milano: ogni volta in cui entravo in quel luogo, avevo l’impressione di mettere piede in un sacro tempio, in un edificio di culto. In biblioteche e librerie non si celebra in fondo il culto di curiosità e conoscenza?

Immaginate, dunque, la mia gioia quando ho appreso che Ridefinire il Gioiello, concorso che seguo con grande entusiasmo, ha deciso di dedicare la nuova edizione proprio ai libri, fatto che permette di mettere insieme due mie enormi passioni, la lettura – appunto – e il gioiello nella sua interpretazione contemporanea.

Ridefinire il Gioiello è un progetto che ha l’obiettivo di diffondere e valorizzare una nuova estetica del gioiello tramite la ricerca di materiali innovativi e sperimentali: l’ideatrice è Sonia Patrizia Catena, laureata in moda con specializzazione in arte contemporanea.
Sonia ama creare interconnessioni fra queste discipline e organizza eventi culturali che mettono al centro i rapporti che ne nascono: la tesi in semiotica (la disciplina che studia i segni e il modo in cui questi abbiano un senso) le ha insegnato a guardare il mondo con un’altra prospettiva e proprio da lì, nel 2010, è nato il suo progetto.

Ridefinire il Gioiello 2016 chiede agli artisti di pensare e progettare un gioiello inteso come una storia, un racconto, la frase di un libro che li abbia colpiti, proprio come riassunto anche nella grafica qui sopra.

«Vi sono libri che rimangono nel cuore, altri che si adattano come una pelle alla nostra storia, ai nostri pensieri e alle nostre emozioni. Frasi, citazioni o paragrafi che ricordiamo o riscriviamo nelle pagine del nostro taccuino per non scordarle, per rileggerle, per averle con noi come indizi da seguire nei momenti di difficoltà. La scelta dei libri ci rappresenta, parla di noi e dei nostri gusti.»
Così recita il bando di concorso che formula un invito ben preciso.
Invita infatti a creare «gioielli che rappresentino immaginari, poesia, storie, racconti, favole, fiabe. Un gioiello ricco di contenuti e significati anche senza le parole. Un gioiello che si “legga” con la grammatica del visivo, del materiale, dei segni, delle tracce e impronte, mappe di luoghi interiori».

Oltre a condividere il bando, mi fa piacere sottolineare una bellissima novità di questa sesta edizione, ovvero l’entrata del Museo del Bijou di Casalmaggiore fra gli spazi ospitanti: nel mese di giugno 2017, il Museo aprirà le porte a Ridefinire il Gioiello andando ad accogliere una delle mostre collettive previste.
Il motivo per cui sottolineo tale nuova partnership è doppio: da una parte, c’è l’indiscusso prestigio del Museo, istituito nel 1986 e specializzato nella conservazione e valorizzazione di oggetti d’ornamento e accessori prodotti dalle diverse fabbriche di Casalmaggiore tra la fine dell’Ottocento e gli anni Settanta del Novecento; dall’altra, c’è il mio amore per questo luogo che ho avuto il piacere di visitare e del quale ho parlato più volte anche qui nel blog.

Sono infine lieta di annunciare che, ancora una volta, offrirò il mio sostegno concreto a Sonia e al suo progetto: così com’è accaduto per le edizioni 2014 e 2015, anche quest’anno sono partner del concorso e attribuirò dunque un premio a un vincitore da me scelto, premio che consisterà in un articolo di approfondimento.

Non vedo l’ora di visionare i gioielli e ringrazio Sonia per la fiducia che mi accorda: sono orgogliosissima di poter essere partner di un progetto meraviglioso, condotto con professionalità e cuore, di un concorso che tanto riesce a fare allo scopo di dare voce e spazio al gioiello contemporaneo, per giunta con un approccio estremamente originale.

E per chi volesse partecipare, segnalo che le iscrizioni a Ridefinire il Gioiello 2016 sono aperte fino al 10 gennaio 2017.

Manu

 

Per prendere visione del bando completo di Ridefinire il Gioiello 2016 con condizioni e regole cliccate qui e potrete scaricare il documento in formato pdf
Qui trovate il sito, qui la pagina Facebook e qui Twitter

Io & Ridefinire il Gioiello:
Edizione 2015 – qui trovate il mio articolo su Loana Palmas, la mia prima premiata; qui quello su Alessandra Pasini, la mia seconda premiata; qui quello su Chiara Lucato, la mia terza premiata; qui trovate il mio articolo sulla serata di inaugurazione e qui quello sul bando di concorso. Qui, infine, trovate il mio articolo su un ulteriore incontro tenuto sempre nell’ambito delle tappe dell’edizione.
Edizione 2014 – qui trovate il mio articolo sulla manifestazione 2014; qui quello su Alessandra Vitali, la designer che ho scelto di premiare.

Io, Fata Madrina 2.0 in una Bianca Notte Regale (grazie Pinina!)

Da quattro anni, ogni fine novembre, mi viene concesso un privilegio straordinario: vivere un magico sogno, con la possibilità – per una notte – di diventare chiunque io desideri.
In tempi un po’ grigi e incerti, avere una simile possibilità equivale a un sogno vero e proprio; stavolta, poi, la notte speciale è stata quella di sabato 26 novembre, ovvero esattamente la data del mio compleanno.
Colei che mi fa tale dono è la Contessa Pinina Garavaglia: interessante, piacevolissima, poliedrica protagonista della vita mondana italiana e internazionale nonché persona dotata di grande intelligenza, acume, sensibilità e cultura, Pinina allestisce con passione e mano sapiente la sua festa in costume, un palcoscenico molto speciale che ogni anno anticipa il Natale.
Grazie a lei, sono stata una dama della Belle Époque Imperiale (2013); ho vestito i panni di Medora, la protagonista femminile de Il Corsaro, melodramma di Giuseppe Verdi (2014); ho vissuto I Secoli d’Oro, festa in total gold tra fantasia e storia (2015).
Quando in settembre ho ricevuto l’invito per il nuovo party, sono rimasta immediatamente colpita dal tema scelto da Pinina: Bianca Notte Regale, con un dress code che richiedeva un costume rigorosamente candido.
L’ispirazione poteva venire da “storia, fiaba o fantasia”, come recitava l’invito: così, ho deciso che quest’anno mi sarei lasciata guidare proprio dalla fantasia con un tocco di fiaba. Leggi tutto

error: Sii glittering... non copiare :-)