Alessandra Pasini e il suo viaggio con Moku

Beato chi sa coltivare un proprio mondo interiore riuscendo ad alimentare il lato più poetico della vita; beato chi sa conservare il proprio lato fanciullesco risultando capace di trattenere il bambino che è in ognuno di noi.

Beato chi sa fare tutto ciò, beati coloro che riescono a mantenere vive le speranze e intatti i sogni.

Sono i pensieri che ha fatto nascere in me Alessandra Pasini, una delle designer che ho incontrato grazie a Ridefinire il Gioiello, il bellissimo concorso curato da Sonia Catena, storica e ricercatrice d’arte esperta in design del gioiello contemporaneo.

Ridefinire il Gioiello è un progetto che promuove la creatività e che si pone l’obiettivo di diffondere una nuova estetica del monile contemporaneo tramite la ricerca di materiali innovativi e sperimentali: edizione dopo edizione, il concorso ha coinvolto più di 2.000 creativi tra artisti, designer e orafi.

I monili hanno sempre raccontato e documentato usi e costumi, spesso con una valenza sociale e antropologica: l’edizione 2015 si è dunque posta proprio questa sfida, ovvero riuscire a creare un Gioiello dell’Altrove in grado di racchiudere in sé l’esperienza del lontano e dello sconosciuto.

Anche quest’anno, ho avuto il piacere e l’onore di essere media partner del progetto e ho analizzato i 51 progetti finalisti allo scopo di attribuire un premio a un vincitore da me scelto: come ho spiegato recentemente nel caso di Loana Palmas, la qualità dei lavori presentati è stata tanto alta da indurmi a nominare tre vincitori, anzi, tre vincitrici, tre giovani donne dotate di grande talento.

Loana è stata la prima e oggi continuo il mio racconto con Alessandra Pasini e con la sua spilla “Moku#9, la casa e la valigia”, una creazione che ha saputo catturare la mia attenzione grazie al carico di bellezza e poesia.

Il Moku in viaggio di Alessandra mi ha conquistata non solo per il risultato estetico indubbiamente piacevole, pulito e lineare, ma anche per il messaggio di tolleranza, di incontro e di pace del quale è portatore.

La spilla <em>“Moku#9, la casa e la valigia”</em> di Alessandra Pasini in un mio scatto realizzato in occasione della serata di inaugurazione di <em>Ridefinire il Gioiello</em>
La spilla “Moku#9, la casa e la valigia” di Alessandra Pasini in un mio scatto realizzato in occasione della serata di inaugurazione di Ridefinire il Gioiello

Alessandra Pasini ha fatto compiere a Moku, personaggio nato dalla sua fantasia, il viaggio più bello e difficile che possa esistere – quello verso un mondo ideale – e ha dunque perfettamente interpretato il tema del concorso, ovvero l’esperienza del lontano e dello sconosciuto che diventa infine conosciuto.

“Il viaggio che ho immaginato è attraverso un mondo che non esiste, un mondo irreale, un pianeta immaginario”, racconta Alessandra: il viaggio è quello di Moku, “creatura antropomorfa proveniente da un non-luogo.”

“È un mondo che parla di cose semplici, dove non esistono scontri di civiltà, dove la bellezza della scoperta dell’altro ci fa aprire gli occhi dallo stupore e dove la conoscenza ci rende tolleranti, umili, umani.
Il mondo che ho creato è un desiderio, rappresenta la mia necessità di cose buone, parla di partenze e di ritorni.
Racconta di un luogo dove sempre si può tornare, la propria casa, e narra di un bisogno atavico della scoperta e del viaggio.
Ho creato il mio viaggio personale, immaginando la bellezza dei continenti, assaporandone i sapori, ascoltandone i suoni, guardando i loro colori e meravigliandomi dei saperi dei popoli.
Ho immaginato questo mondo per rendere omaggio alla bellezza della diversità e per suggerire che è meravigliosamente bello aprire gli occhi e spalancarli alla vita.
Moku#9 e il suo mondo parlano di questo, sono semplici elementi di un mio bisogno personale di vivere in un pianeta più giusto, dove la cultura dell’altro è ricchezza e non fonte di conflitto e dove la scoperta e la conoscenza ci rendono liberi.”

Penso che, dopo queste belle parole di Alessandra, sia chiaro perché in principio parlavo di coloro che sanno coltivare un proprio mondo interiore: la nostra designer conserva intatta la propria fantasia e cerca di proteggere – e diffondere – un messaggio carico di speranze e di sogni.

La spilla <em>“Moku#9, la casa e la valigia”</em> di Alessandra Pasini è realizzata in ottone, rame, bronzo, alpacca e acciaio armonico
La spilla “Moku#9, la casa e la valigia” di Alessandra Pasini è realizzata in ottone, rame, bronzo, alpacca e acciaio armonico

Incuriosita da Moku, ho chiesto ad Alessandra, orafa formatasi presso l’Istituto d’Arte di Forlì, come sia nata questa sua creatura.

Ho scoperto che il primo Moku è nato da una spilla che Alessandra ha fatto lo scorso inverno, quella che vedete nella foto qui sotto.

“I suoi occhietti sono diventati la faccia di Moku – mi ha spiegato Alessandra – Poi dal primo esserino tutto è avvenuto in modo molto semplice. La sua faccia buffa mi ha fatto fare più di un sorriso e ho trovato in lui quello che rendeva e rende il mio lavoro qualcosa di unico. A volte lo rivedo nei funghi che, soprattutto in questo periodo, incontro nelle passeggiate, esserini della foresta, vegetali di una tenerezza disarmante. Ritrovo la sua dolcezza (o meglio quella che ci vedo io) nella natura, nelle foglie, nei fiori di campo, nei bruchi. Insomma, secondo me l’ho tirato fuori dalla terra e l’ho reso reale.”

La <em>“mamma”</em> di Moku, il primo prototipo trasformatosi poi nella creatura odierna
La “mamma” di Moku, il primo prototipo trasformatosi poi nella creatura odierna

Anch’io vedo in Moku la stessa dolcezza che Alessandra vede in lui e, in effetti, trovo un legame preciso tra il suo lavoro e la natura.

“La natura e i suoi colori sono molto presenti nel mio lavoro – mi ha confermato lei – le tonalità delle foglie autunnali con le loro macchie sono tali e quali alla superficie dell’ottone saldato e lasciato raffreddare; i comunissimi sassi di campo sono come le pepite che realizzo in metallo. Tutto nel mio lavoro ritorna a forme o elementi che esistono in natura: sono figlia della terra, sono nata a contatto stretto con essa e con i suoi animali. Spesso mi commuovo anche solo vedendo per caso un capriolo nella meraviglia della luce mattutina e sono anche arrabbiata con l’uomo che sta distruggendo tutto”.

Come darle torto? E a proposito di natura, Alessandra definisce le sue creazioni eco-monili: “a volte mi è capitato di usare materiali di origine naturale (legno e corno di cervo) sempre abbinati al metallo che spesso è di recupero”.

E se qualcuno sobbalza all’idea dell’uso di frammenti di palchi di cervo, chiarisco subito la questione: non sono ricavati dall’uccisione di alcun animale e vengono semplicemente dalle passeggiate di Alessandra nei boschi dell’Appennino forlivese. Ogni anno, alla fine della stagione degli amori, le appendici dei cervi cadono naturalmente per poi riformarsi nei mesi successivi: nei boschi dove questi animali vivono, non è dunque raro trovare resti dei loro maestosi palchi.

Oltre all’impiego di materiali naturali e di recupero, mi fa piacere far notare che le produzioni di Alessandra non sono seriali: le sue sono linee limitate a pochi pezzi nei quali, come dice lei, “sempre e comunque metto il cuore”.

Alessandra Pasini al lavoro nel suo studio
Alessandra Pasini al lavoro nel suo studio

Tornando per un attimo a Moku, devo dire che sono rimasta colpita dai due elementi forti che il nostro esserino porta con sé: la casa e la valigia.

“Moku e il suo viaggio sono nati pensando a degli elementi che a mio avviso rappresentano il viaggio – mi ha confermato Alessandra – ovvero una casa dove andare o tornare e una valigia all’interno della quale troviamo sempre qualcosa di noi, le cose che non vorremmo abbandonare e che gelosamente conserviamo, le cose più importanti che ci legano al luogo di origine, come se volessimo mantenere un filo invisibile per evitare di dimenticare da dove veniamo. Moku sta nel mezzo, legato alla sua origine ma curioso del divenire.”

Ma, oltre ai gioielli, la creatività di Alessandra Pasini trova espressione anche nella fotografia.

Anche in questo caso, la natura è la protagonista di scatti che ritraggono piccoli momenti unici, preziosi e irripetibili: le immagini che Alessandra realizza mi piacciono molto e trovo che siano in linea con la poesia dei suoi gioielli.

Lei, infatti, definisce queste foto come “veloci scintille di pura ispirazione da conservare come gioielli” e mi ha raccontato che le realizza la mattina, quando esce coi suoi due cani, “abito in campagna e la passeggiata mattutina è quasi un rito immancabile”.

Alcuni degli scatti di Alessandra Pasini
Alcuni degli scatti di Alessandra Pasini

A questo punto, tocca a me confessare una cosa.

Quand’ero piccola, vidi il film E.T. di da Steven Spielberg e il piccolo alieno protagonista mi rubò il cuore: la scena in cui sussurra con voce roca “E.T. telefono casa” mi commuove tuttora fino alle lacrime e non ho mai smesso di sperare che, da qualche parte nell’universo, esistano esserini come lui.

Quando ho visto Moku per la prima volta, il cuore ha fatto un balzo e sul mio viso è nato un sorriso. E mi sono innamorata di lui, perdutamente.

Perché per me un gioiello non deve essere solo eseguito con la necessaria maestria orafa – così come avviene nelle creazioni di Alessandra – ma deve anche saper suscitare un’emozione forte. Sono certa di non essere l’unica alla quale Moku fa questo effetto e lo affermo perché ho spiato i volti delle persone che si fermavano ad osservarlo la sera dell’inaugurazione: ho visto nascere tanti sorrisi spontanei nonché quelle scintille di stupore e umanità che Alessandra desidera diffondere.

Fai buon viaggio, piccolo Moku: ti capisco, sai, capisco il tuo desiderio di viaggiare perché sono come te, sono anch’io legata alle mie origini eppure sono tanto curiosa del divenire.

Ti auguro che la tua valigia sia sempre piena di cose belle e di sorrisi e che tu abbia sempre una casa alla quale fare ritorno.

Manu

 

 

 

 

Per maggiori informazioni e per approfondire:

Qui trovate il sito e qui la pagina di Pasa Gioielli.
Se volete contattare Alessandra Pasini, potete scriverle all’indirizzo info@pasagioielli.it

 

Qui trovate il sito di Ridefinire il Gioiello, qui la pagina Facebook e qui Twitter.
Qui trovate la photogallery dell’evento di inaugurazione dell’edizione 2015.
Io & Ridefinire il Gioiello: qui trovate il mio articolo su Loana Palmas, la mia prima premiata di quest’anno; qui trovate il mio articolo sulla serata di inaugurazione e qui quello sul bando di concorso 2015; qui il mio articolo sulla manifestazione 2014; qui quello su Alessandra Vitali, la designer che ho deciso di premiare lo scorso anno.

 

Il mondo è piccolo, tanto piccolo, e io e Alessandra Pasini c’eravamo già incontrate, sebbene indirettamente: lei è infatti tra i quaranta autori italiani che hanno partecipato insieme a quaranta colleghi giapponesi al progetto Dialoghi del quale mi sono occupata quest’estate.

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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