Chi trova Sere Ku (e Serena Ciliberti) trova un tesoro

In quel di Torino, vive e lavora una giovane donna. Ha gli occhi azzurri, una graziosa frangia bionda, un sorriso contagioso e mani d’oro con le quali riesce a trasformare gli oggetti più disparati – metri da sarta, spolette e ditali da cucito, mollette da bucato, forcine, cucchiaini, penne e matite colorate – in monili affascinanti.

No, non è il principio di una favola. È la storia di Serena Ciliberti e del suo brand Sere Ku.

Ripensando a quando ci siamo conosciute, non so se ridere o piangere, anzi, aspettate: sorrido decisamente perché, nonostante una neve fittissima che stava flagellando ininterrottamente la Settimana della Moda di febbraio dell’anno scorso, d’un tratto ho incontrato lei, luminosa perfino in quel giorno da lupi. E lei è riuscita a raddrizzare una giornata decisamente storta (ero fradicia da testa a piedi), facendo sì che mi innamorassi all’istante e perdutamente delle sue creazioni.

Da allora, da febbraio 2013, non ho mai smesso di indossarle: i suoi pezzi sono non convenzionali e sono portatori di ironia, allegria, vivacità e personalità. Se sono di cattivo umore ma tiro fuori una sua collana o un suo bracciale… mi torna il sorriso all’istante.

E poi, quando porto un suo pezzo, mi succede sempre qualcosa di bello e divertente. Leggi tutto

Happy birthday (anche se lo detesto) to me

Di una persona che scrive per passione e per lavoro si potrebbe essere portati a pensare che non resti mai senza parole e che sappia sempre cosa dire.

In realtà non è così, anzi, volete sapere cosa capita a me? Di solito mi inceppo e bisticcio con le parole proprio quando si tratta di spiegare con chiarezza le mie emozioni e i miei sentimenti.

Tutto ciò mi fa sorridere, lo trovo buffo, ma in fondo è ciò che succede in tanti mestieri: c’è un detto che racconta che il ciabattino, dopo aver aggiustato le calzature di tutti, va in giro con le scarpe rotte. Eh, la saggezza popolare…

Scrivo 364 giorni all’anno celebrando il talento e la bravura altrui: l’unico giorno che dovrei dedicare a me stessa, il 365°, quello del mio compleanno, uno in tutto l’anno, non so cosa dire.

La verità è che da bambina aspettavo con impazienza il 26 novembre: oggi, da adulta, lo cancellerei dal calendario. Quest’anno, intanto, l’ho cancellato da Facebook.

E poi scrivi un post qui?, penserete magari voi e non posso darvi torto: ultimamente sono la regina delle contraddizioni e dell’incoerenza. E spesso mi sento esattamente come una pallina dentro un flipper: sballottata. Leggi tutto

Cayetana de Alba e le mie riflessioni su libertà e ipocrisia

Alcuni giorni fa ho letto della morte della Duchessa Cayetana de Alba: aveva 88 anni ed è deceduta a causa delle complicazioni di una polmonite. Mi è dispiaciuto perché questa donna sopra le righe e allergica alle convenzioni mi era decisamente molto simpatica.

Ricordo che tempo fa un mio contatto di Facebook pubblicò un piccolo post di cordoglio per la scomparsa di un personaggio famoso: non ricordo più chi fosse questo amico e non ricordo nemmeno chi fosse la persona deceduta. Ricordo, però, un commento che mi risultò molto sgradito: qualcuno schernì il mio amico dicendogli che non era morto un suo parente, bensì uno sconosciuto. Evitai di intervenire, ma ribadisco che trovai inopportuno quel commento: è ovvio che la scomparsa di un amico, di un parente o di qualcuno che fa parte della nostra quotidianità ci causi un dolore più vivo, ma ciò non vieta di dispiacersi per la morte di qualcuno che non conosciamo direttamente e che tuttavia ha lasciato una traccia nella storia, di molti o di tutti.

Doña María del Rosario Cayetana Paloma Alfonsa Victoria Eugenia Fernanda Teresa Francisca de Paula Lourdes Antonia Josefa Fausta Rita Castor Dorotea Santa Esperanza Fitz-James Stuart y de Silva Falcó y Gurtubay, conosciuta come Cayetana de Alba, semplicemente Cayetana e Tana per i familiari, era nata nel 1926. La lista dei suoi titoli, più di quaranta, era ed è impressionante: secondo il Guinness World Records è a tutt’oggi la nobildonna con più titoli riconosciuti e ne aveva perfino di più della regina Elisabetta d’Inghilterra.

È stata la terza donna a detenere il titolo che la poneva a capo della nobilissima casata d’Alba, esistente prima ancora che Cristoforo Colombo scoprisse l’America: era lontanissima parente di Winston Churchill e di Diana, Principessa del Galles.

Il resto lo potete leggere su Wikipedia: a colpire la sottoscritta sono invece i dettagli della sua infanzia e della sua giovinezza e in generale di tutta la sua vita, vita ricca di risvolti e di segni tutti da leggere. Leggi tutto

Antonella Fenili e la poesia della collezione Chapeau

Sono un’estimatrice del passato, ma questo non comporta affatto che sia anche una nostalgica né che viva ancorata a ciò che è stato, anzi, è tutto il contrario: vivo il presente con grinta e guardo al futuro con speranza. E con curiosità.

Alcuni sono confortati dal passato perché lo considerano una dimensione conosciuta, familiare e quindi priva di rischi; altri invece lo subiscono come se fosse un peso o una zavorra. Non è il bisogno di sicurezza ad attrarmi verso ciò che è stato, anche perché l’ignoto non mi ha mai spaventata e trovo anzi noiose e pericolose le certezze assolute: inoltre, non sono incline al rimpianto né al rancore, cosa che mi permette di godere dei ricordi belli e di cercare di far pace con quelli brutti.

I ricordi mi accompagnano dunque come un bagaglio al quale tengo molto e che considero prezioso, tanto da farmi vedere il passato come uno scrigno ricco di valori, come un pozzo dal quale possiamo attingere. Leggi tutto

Cruelty free, made in Italy, reshoring: siamo tutti oche?

Sembrerebbe che cruelty free sia diventata un’espressione molto in voga. Non solo: oggi, tantissimi parlano di made in Italy e di rientro in patria dei siti produttivi (ovvero il processo di reshoring o back reshoring), siti che in molti casi erano stati delocalizzati all’estero.

Desidero esprimere la mia opinione su tutto ciò, sebbene mi renda conto che sia pericoloso quanto avventurarsi su un campo minato o su una sottile lastra di ghiaccio: scontenterò molti, temo, in un senso e nell’altro, eppure – come sempre – non voglio rinunciare a essere sincera e trasparente.

Vi preannuncio che in questo post troverete molte domande, poche risposte e un certo numero di provocazioni. Tengo anche a precisare che non è una predica: non è questo ciò mi interessa e non potrei nemmeno farne.

È solo una riflessione a voce alta che mi va di condividere, perché, partendo dal cruelty free, vorrei mettere sul tavolo un po’ di spunti sia dal punto di vista degli animalisti sia dal punto di vista di chi sostiene l’uso dei prodotti di origine animale, fino ad arrivare a made in Italy, filiere, delocalizzazione e successivo reshoring. Leggi tutto

Milano Fashion Week: Giorgia Fiore SS 2015

Giorni fa, mi è tornata in mente una vecchia pubblicità: reclamizzava una marca di utensili e lo slogan diceva “per dipingere una parete grande non ci vuole un pennello grande ma un grande pennello”.

Era geniale perché giocava con simpatia e intelligenza col grande potere e la ricchezza della lingua italiana: non solo le parole sono importanti, ma è importante anche il loro ordine all’interno di una frase. Dire “pennello grande” o “grande pennello” non porta allo stesso risultato: basta spostare l’aggettivo prima o dopo il sostantivo per cambiare senso, riferendosi alla grandezza o alla qualità.

Questa riflessione mi ha portata a pensare una di volta di più a quanto sia importante un uso accurato dei termini che scegliamo. Molti sostengono che noi blogger possediamo un vocabolario limitato e che non conosciamo che pochi aggettivi: tutto per noi sembrerebbe essere wow, top oppure favola.

Tempo fa, con molta ironia e autoironia, io e alcuni miei amici e colleghi ci eravamo divertiti a coniare l’hashtag #topfavolawow. Ammetto che mi capita di dire questa cosa è una favola, ma quanto a wow cerco di limitare l’uso solo a qualche commento veloce sui social: top, invece, non rientra proprio nel mio vocabolario.

Sicuramente termini simili non sono affatto sufficienti a delineare colei della quale voglio parlarvi oggi né è sufficiente aggiungerne altri come pulp e pop: Giorgia Fiore merita di essere raccontata con dovizia di particolari. E di termini. Leggi tutto

Manuale per i nati sotto il segno del cavolo

L’idea di identificare chi legge questo blog con l’espressione “i miei lettori” mi fa sentire una megalomane.

Sarà che non sono una giornalista professionista (sto lottando per diventare pubblicista) e tanto meno mi considero una scrittrice. Sarà che ancora non ci credo nemmeno io di aver trovato il coraggio di aprire il blog e dunque di dichiarare al mondo una passione bruciante che coltivo da sempre (scrivere). Sarà che mi sembra così bello e strano che ci sia chi è disposto a leggermi, nonostante le statistiche (che detesto) e gli strumenti di analisi (che spesso non comprendo) dicano che sì, in effetti adesso siamo in parecchi (e non smetterò mai di dire grazie).

Sarà che sono felice da impazzire e, come per tutte le cose belle, ho una dannata paura che un giorno il sogno si sgonfi, come un palloncino.

Per tutti questi motivi e per altri ancora mi sembra presuntuoso definirvi “i miei lettori”: preferisco pensare a una comunità di amici, anche se non conosco i vostri visi e anche se conosco di persona solo pochissimi di voi (spero che tutto ciò non suoni come la storia degli amici immaginari dei bambini).

Ed è per questo che con voi mi piace essere sincera e riesco a raccontarvi anche le mie debolezze o a farvi confessioni talvolta scomode, perché mi sento tra amici. E come avviene tra amici veri, credo che occorra essere sé stessi e dire la verità. Leggi tutto

Tanto di cappello a Doria 1905

Ci sono gesti e abitudini che non passano mai di moda, che non sono soggetti a trend, che non hanno tempo.

Bere un buon caffè al bar.
Leggere il giornale fresco di stampa al mattino.
Andare a comprare il pane appena sfornato e assaggiarlo quand’è ancora caldo.
Aprire per la prima volta un libro appena acquistato.
Indossare capi ben fatti, secondo tradizione, per esempio un cappello.
Fare cappelli è un’arte nobile e lo sa bene Doria, brand storico dal passato prestigioso proiettato oggi verso ricerca e innovazione allo scopo di fondere lo studio dei propri archivi e delle lavorazioni sartoriali con tecniche di produzione di avanguardia.

Doria 1905 affonda le sue radici nella tradizione del fatto a mano: propone copricapo per uomini e donne, coppole, trilby, cloche, berretti, caps, fedora, tutti preparati con massima cura e attenzione quanto a scelta dei materiali, rifinitura dei dettagli e rispetto per la storia e l’esperienza del vero made in Italy.
L’azienda riesce così a mantenere inalterate lavorazioni tramandate di generazione in generazione sebbene le stesse vengano appunto innovate grazie a tecniche avanzate. Leggi tutto

Milano Fashion Week: Mauro Gasperi SS 2015

Oggi torno a occuparmi di Mauro Gasperi, figura e presenza ricorrente in questo spazio web: mi ritrovo a scrivere un nuovo capitolo circa l’apprezzamento che provo nei suoi confronti, un ulteriore attestato di stima in aggiunta a quelli che gli ho dedicato più volte, perché questo stilista non finisce mai di sorprendermi, stagione dopo stagione.

Lo scorso 19 settembre sono andata a vedere la nuova collezione di Mauro il quale, in occasione della Milano Fashion Week, ha allestito una sua suggestiva presentazione presso lo Spazio Bigli, cornice perfetta per i capi della primavera / estate 2015: come potete vedere dalle foto che ho scattato, lo stilista è riuscito ancora una volta a superare quel contrasto in realtà solo apparente che è alla base di tutto il suo lavoro, ovvero l’opposizione tra forme geometriche (derivanti dall’amore per architettura e linee pulite) e fluidità dei tessuti.

A contraddistinguere la collezione sono infatti una straordinaria sinuosità nonché varie combinazioni di forme e colori: lo scopo di Mauro Gasperi è quello di creare capi forti, di grande carattere, sottolineando l’estrema ricercatezza dei materiali e l’attenta scelta degli abbinamenti. Leggi tutto

Eugene Cernan, l’Uomo dello Spazio, al Museo Da Vinci

Era il 7 dicembre 1972 quando il vettore Saturn V venne lanciato da Cape Canaveral per compiere la missione Apollo 17.

A bordo, c’era l’equipaggio formato dai due piloti, Ron Evans e Harrison Schmitt, e dal comandante, Eugene Cernan.

Non ho memoria diretta di quel lancio, ma ne ho letto sui libri e, se anche solo un mese fa mi avessero detto che avrei conosciuto e ascoltato di persona la testimonianza di Eugene Cernan circa le sue avventure nello Spazio, credo che avrei riso di gusto e che mi sarei chiesta divertita dove e come le nostre strade avrebbero mai potuto incrociarsi, lui, temerario Uomo dello Spazio, e io, piccola sognatrice.

E dire che dovrei aver imparato che non bisogna mai dire mai: lo scorso 28 ottobre, mi sono ritrovata in una sala gremita ad ascoltare proprio questo individuo straordinario, completamente affascinata dal suo carisma.

L’occasione di incontrarlo mi è stata data grazie alla serata di inaugurazione dell’Area Spazio, nuova esposizione permanente del Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci interamente dedicata allo Spazio e all’astronomia.

L’area è pensata come un viaggio interattivo tra oggetti, luoghi, personaggi, curiosità e tecnologie relative all’esplorazione del cosmo: Eugene Cernan è stato ospite d’onore della serata insieme a Claudie Haigneré, la prima donna astronauta europea, ex ministro in Francia e oggi presidente di Universcience, importante istituzione culturale preposta alla scienza e alla scoperta. Leggi tutto

Milano Fashion Week SS 2015: Hanita

Dopo un mese di ottobre piuttosto clemente, l’inverno bussa con grande insistenza alle nostre porte: non fa ancora freddo, è vero, ma ieri Milano era sotto un nubifragio che mi ha costretta ad acrobatici slalom tra pozzanghere profonde quanto laghi. Tento di trovare il lato positivo in tutto ciò (ce n’è uno?), ma è cosa che non mi riesce molto bene: è inutile, sono un’amante della bella stagione.

Portate pazienza se trovo sollievo nel guardare avanti: stamattina desidero parlarvi di un’altra delle collezioni che ho visto in occasione della Milano Fashion Week dello scorso settembre e vi racconto la primavera / estate 2015 pensata da Hanita.

La storia comincia nel 1993, quando due imprenditori fondano un’azienda che nel giro di pochi anni si afferma come importante realtà nel mondo dell’abbigliamento: nel 2008 nasce Hanita, un prodotto italiano al 100%, basato su ricerca e sperimentazione, gusto e qualità, rifiniture preziose e tessuti ricercati.

Per la collezione primavera / estate 2015, Angela Testa, direttore creativo del brand, si è ispirata alla natura mediterranea ricca di colori e di forme: le stampe floreali si alternano alle righe e ai vivaci intrecci dei tessuti jacquard, mentre le forme sartoriali si mescolano a linee ispirate allo street style per creare un mix in perfetto equilibrio tra avanguardia e tradizione. Leggi tutto

LUMAS arriva a Milano: art wants to be seen

Non è un mistero il fatto che io non creda nella divisione in compartimenti rigidi e che non abbia simpatia per i ghetti, soprattutto quelli auto-costruiti e anche nel caso in cui siano di lusso: per questo rifiuto di guardare solo alla moda. Proprio pochi giorni fa, in un altro post, ho citato la lezione di una mia insegnante in IED secondo la quale occorre essere vasi pronti a essere riempiti da stimoli disparati, soprattutto se ci si occupa di ambiti creativi.

Ricordo che a scuola, alle medie e poi alle superiori, ero molto incuriosita dalle materie scientifiche e soprattutto da vari processi che ci facevano studiare, come l’osmosi e il principio dei vasi comunicanti: ad affascinarmi non era solo il fenomeno di per sé stesso, fisico, chimico o biologico, bensì il concetto intrinseco di comunicazione, trasferimento e influenza. Ero interessata a tutti gli scambi di materia e a tutte le trasformazioni dell’energia.

Oggi, non faccio altro che applicare quegli stessi concetti a ciò che amo: sostengo che anche la creatività sia liquida e che quindi possa consentire un passaggio e uno scambio reciproco tra campi che hanno membrane permeabili – arte, fotografia, moda intesa come forma di comunicazione e non come mero consumismo.

Sono sempre più convinta che i compartimenti siano un’invenzione dell’essere umano e che barriere e limiti esistano laddove vogliamo crearli e vederli.

Per tutti questi motivi sono felice di essere stata invitata all’inaugurazione della galleria LUMAS a Milano, la prima sede italiana di un network internazionale che ha uno sguardo molto particolare su arte contemporanea e fotografia, ambiti che amo molto. Fare incursioni nel mondo dell’arte mi dà energia, mi dà nuovi spunti e stimoli, quindi accolgo con gioia questo arrivo. Leggi tutto

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