Milano Fashion Week: Giorgia Fiore SS 2015

Giorni fa, mi è tornata in mente una vecchia pubblicità: reclamizzava una marca di utensili e lo slogan diceva “per dipingere una parete grande non ci vuole un pennello grande ma un grande pennello”.

Era geniale perché giocava con simpatia e intelligenza col grande potere e la ricchezza della lingua italiana: non solo le parole sono importanti, ma è importante anche il loro ordine all’interno di una frase. Dire “pennello grande” o “grande pennello” non porta allo stesso risultato: basta spostare l’aggettivo prima o dopo il sostantivo per cambiare senso, riferendosi alla grandezza o alla qualità.

Questa riflessione mi ha portata a pensare una di volta di più a quanto sia importante un uso accurato dei termini che scegliamo. Molti sostengono che noi blogger possediamo un vocabolario limitato e che non conosciamo che pochi aggettivi: tutto per noi sembrerebbe essere wow, top oppure favola.

Tempo fa, con molta ironia e autoironia, io e alcuni miei amici e colleghi ci eravamo divertiti a coniare l’hashtag #topfavolawow. Ammetto che mi capita di dire questa cosa è una favola, ma quanto a wow cerco di limitare l’uso solo a qualche commento veloce sui social: top, invece, non rientra proprio nel mio vocabolario.

Sicuramente termini simili non sono affatto sufficienti a delineare colei della quale voglio parlarvi oggi né è sufficiente aggiungerne altri come pulp e pop: Giorgia Fiore merita di essere raccontata con dovizia di particolari. E di termini.

Se il suo nome non vi è nuovo, nonostante sia giovanissima, forse è perché Giorgia, stilista napoletana, è stata inclusa tra le proposte di Vogue Talents nel 2013 ed è poi stata una dei tre finalisti della prima edizione di Project Runway Italia, celebre talent show sulla moda in onda sul canale FoxLife di Sky.

Giorgia Fiore
Giorgia Fiore

Mi tocca confessarlo: guardo pochissimo la televisione e dunque non avevo seguito Giorgia nel programma. L’ho incontrata grazie a un invito ricevuto attraverso Breil, realtà che punta sui giovani che vogliono esprimere la propria potenzialità in ogni campo e in ogni forma: il marchio è stato sponsor di Project Runway e, credendo nella stilista, ha deciso di tenerla a battesimo ospitando la sua prima collezione nello showroom Binda (il gruppo di cui Breil fa parte) in un’occasione prestigiosa, ovvero l’edizione di settembre di Milano Moda Donna.

Tuttavia, sebbene non avessi seguito il percorso di Giorgia Fiore durante la trasmissione, sono bastati pochi minuti per capire di che pasta sia fatta: è riservata, determinata, animata dal grande desiderio di condividere ciò che ha da dire e da dare con coraggio, decisione e personalità.

La stilista è l’ultima di tre sorelle e il papà avrebbe voluto per lei un percorso di studi in una di quelle discipline che rendono orgogliosi ma soprattutto tranquilli i genitori: neanche a dirlo, l’uomo ha dovuto rassegnarsi e soprattutto ricredersi. Giorgia ha infatti deciso che la moda sarebbe diventata la sua professione quando, in un negozio dove andava proprio col padre per scegliere le stoffe dei suoi abiti, rimase incantata dai tessuti esposti: per lei la moda è diventata uno strumento per comunicare ciò che ha dentro, un mezzo per trasmettere idee, sensazioni ed emozioni.

Ve lo dico? A queste parole il mio innamoramento è scattato in maniera immediata, visto che non ho più fiato per ripetere quanto io creda che la moda sia linguaggio legato solo in minima parte all’apparenza.

E così, lascio volentieri tutto il campo a Giorgia e alla sua collezione per la primavera / estate 2015. La promettente stilista non si siede sugli allori né perde tempo: sfida omologazione, schemi, convenzioni e debutta con una collezione di forte impatto e grande carattere.

Giorgia ci porta a bordo di una delle sue passioni, quella per l’Ospedale delle Bambole situato nel quartiere dei presepi di San Gregorio Armeno nel cuore di Napoli.

C’è chi considera posti simili luoghi tetri e macabri quasi quanto cimiteri: lei mi ha parlato di quella bottega come di un luogo familiare e vivace e io concordo, trovo che aggiustare bambole sia un mestiere creativo e poetico, non macabro, semplicemente un po’ in disuso, purtroppo. Quindi, il punto di partenza della sua ricerca creativa ha catturato la mia attenzione.

Ma Giorgia, non contenta, non si ferma qui e realizza una bizzarra contaminazione: da una parte, mette sul piatto l’amore per la sua città e per quella bottega; dall’altra, prende in prestito lo sguardo pulp di Mariel Clayton, la fotografa che ha trasformato Barbie in un’assassina (avete mai visto le sue foto dissacranti che hanno la bambola come protagonista?).

Il risultato è un mondo diverso, una nuova dimensione, una realtà ironica, infantile e – se volete – a tratti inquietante: bambole rotte e parti scomposte, colori che strizzano l’occhio alla Pop Art e stampe all over raccontano una favola che, come molte storie moderne e come piacerebbe assai a Quentin Tarantino, diventa appunto un po’ pulp.

Giorgia Fiore P/E 2015
Giorgia Fiore P/E 2015
Giorgia Fiore P/E 2015
Giorgia Fiore P/E 2015
Giorgia Fiore P/E 2015
Giorgia Fiore P/E 2015
Giorgia Fiore P/E 2015
Giorgia Fiore P/E 2015

Da qui prende il via Giamburrasca, una collezione dedicata a una donna ironica che non vuole prendersi troppo sul serio: un nome che non potrebbe essere più adatto se penso al Gian Burrasca di Vamba, bambino irrequieto ed esuberante, scapestrato e celebre al punto da dare vita a un omonimo modo di dire usato per indicare tutti quei ragazzini un po’ indisciplinati.

Giorgia Fiore crea un piccolo guardaroba composto da abiti, gonne, camicie, pantaloni, costumi da bagno e un divertente pagliaccetto prendisole. I capi sono semplici ma curati in ogni dettaglio e la silhouette è essenziale e pulita: le stampe rappresentano il fil rouge della collezione.

I tessuti sono il drill, un cotone luminoso e resistente, e lo scuba, lo stesso usato per le mute da sub: i colori sono il rosa baby, l’azzurro cielo e il giallo paglierino, nuance allegre e intense. In alcuni capi, Giorgia mescola le tre tinte, come nel vestito, oppure propone giochi di sovrapposizioni.

Sottolineo con grande gioia che tutto è rigorosamente made in Italy.

Giorgia Fiore P/E 2015
Giorgia Fiore P/E 2015
Giorgia Fiore P/E 2015
Giorgia Fiore P/E 2015
Giorgia Fiore P/E 2015
Giorgia Fiore P/E 2015
Giorgia Fiore P/E 2015
Giorgia Fiore P/E 2015

Il gioco resta comunque tale e in fondo nulla è davvero inquietante in Giorgia Fiore che è piuttosto ironica, fresca, simpaticamente irriverente e anche un po’ provocatrice: che voglia forse fare a pezzi – da novella Gian Burrasca – una certa visione ormai un po’ stantia della moda?

Ve lo confesso: me lo auguro proprio.

Come spesso mi capita, vado avanti con mente e fantasia e mi vedo già a indossare qualche capo di Giorgia per la prossima primavera: magari una camicia messa con jeans taglio boyfriend oppure una gonna o un pantalone indossati invece con camicia bianca.

Il bello di Giorgia è infatti che i suoi capi lasciano libero spazio all’interpretazione personale, dal total look all’uso dei suoi pezzi usati per sdrammatizzare outfit magari troppo seriosi: nonostante io sia grandicella, non mi rassegno a vestirmi in modo inquadrato perché, se è vero che vestirsi è comunicare, non sono certo una che voglia comunicare omologazione. O peggio ancora noia.

Giorgia Fiore P/E 2015
Giorgia Fiore P/E 2015
Giorgia Fiore P/E 2015
Giorgia Fiore P/E 2015
Giorgia Fiore P/E 2015
Giorgia Fiore P/E 2015
Giorgia Fiore P/E 2015
Giorgia Fiore P/E 2015

Ci sono articoli divertenti da leggere e se i miei lo siano non sta certo a me giudicarlo: sarete voi.

Ci sono articoli divertenti anche da scrivere e qui, invece, vi posso dire che sì, mi sono particolarmente divertita a raccontarvi di Giorgia Fiore.

Manu

 

 

Tutte le foto (tranne il ritratto di Giorgia) sono miei scatti realizzati in occasione della presentazione dello scorso 19 settembre

 

 

Per maggiori informazioni e per approfondire:

Qui trovate il sito di Giorgia Fiore, qui la pagina Facebook, qui Twitter e qui Instagram.

Se volete sapere di più dell’Ospedale delle Bambole, qui trovate il sito. Da quattro generazioni, dalla fine del 1800, è un piccolo locale situato in via San Biagio dei Librai, presso il quale accorrono da ogni parte d’Italia nostalgici, possessori e collezionisti di antichi e moderni balocchi.

Se siete curiosi di vedere le opere di Mariel Clayton, qui trovate il sito.

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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