Parma 360 è il festival che offre 5 ottimi motivi per essere a Parma ora

HOMO DEUS. Sono le parole chiave dell’ottava edizione di PARMA 360 Festival della creatività contemporanea, la manifestazione a cura di Chiara Canali e Camilla Mineo che si tiene a Parma dal 6 aprile al 19 maggio 2024.

Sono stata all’anteprima stampa e, carica di entusiasmo, vorrei condividere il racconto di un’esperienza che – secondo me – è assolutamente da vivere.

Parto proprio dalle parole chiave. Perché vorrei spiegare da dove arrivano visto che simboleggiano anche il tema del festival.

In un’epoca in cui grande prosperità e recenti instabilità si alternano continuamente, l’umanità di oggi e del futuro deve e dovrà affrontare problematiche legate al cambiamento climatico, al mutamento dell’habitat, alla gestione delle risorse. Yuval Noah Harari è uno storico, filosofo e divulgatore (classe 1976) che ha preannunciato alcune delle sfide che daranno forma all’umanità nel XXI secolo, dalla robotica alla biotecnologia, dall’ingegneria genetica all’Intelligenza Artificiale. Harari è l’autore di un saggio intitolato HOMO DEUS Breve storia del futuro e l’edizione 2024 di PARMA 360 parte da queste parole e da questa idea.

Attraverso le opere di alcuni tra i più importanti artisti contemporanei, il festival indaga tematiche legate al superamento della dimensione antropocentrica dell’uomo in favore di una visione tecno-umanistica (o trans-umanista) e datocentrica. Insomma: l’Homo Sapiens ha oramai esaurito il suo percorso storico e, sostituito dall’Homo Deus, dovrà mettere queste nuove tecnologie al servizio del progresso scientifico per la propria sopravvivenza biologica e spirituale. Leggi tutto

Ti ha detto niente la mamma? A Roma la mostra che sfida i pregiudizi su disabilità e sessualità

Ricevo e volentieri condivido – Fino al 28 febbraio 2024, presso la Casa del Volontariato di Roma, c’è una mostra di fumetti e illustrazioni che si intitola Ti ha detto niente la mamma?

La mostra è promossa dall’associazione NessunoTocchiMario (NTM) nell’ambito di Sensuability, progetto nato per approfondire il legame tra sessualità e disabilità. Forse qualcuno ricorderà il mio precedente articolo che lanciava il bando di concorso rivolto a fumettisti e illustratori: la sfida proposta era quella di rappresentare, attraverso tavole innovative, la propria idea del legame che unisce sessualità, disabilità, fiabe e favole.

Grazie ad Armanda Salvucci, presidente dell’associazione NTM nonché anima del concorso e della mostra, sono ora in mostra più di 150 tavole. Ci sono 91 opere provenienti dal concorso, mentre oltre 60 tavole portano la firma di alcuni tra i più grandi illustratori e fumettisti italiani. Leggi tutto

Sensuability & Comics, il concorso che abbatte i pregiudizi a colpi di matita

Ricevo e volentieri condivido – Fino al 20 gennaio 2024 è possibile partecipare alla sesta edizione di un concorso intitolato Sensuability & Comics.

Di cosa si tratta? È una iniziativa che propone una sfida stimolante rivolta a fumettisti e illustratori: rappresentare, attraverso tavole innovative, la propria idea del legame che unisce sessualità, disabilità, fiabe e favole.

Perché ve ne parlo? Per due ottimi motivi.

Il primo è che reputo importante l’obiettivo del progetto Sensuability: fare informazione (e sensibilizzazione) a proposito di sessualità e disabilità.

Il secondo motivo riguarda il fumetto.

Recentemente, mi sono trovata ad affermare che, nonostante qualcuno pensi che i fumetti non siano un’espressione artistica, io sono invece dalla parte di chi li considera la Nona Arte. Penso anche che l’arte abbia un ruolo importante nella nostra vita e che possa farci riflettere su ciò che non funziona e che va cambiato.

Quindi, se mettiamo insieme questi temi a cui tengo… non posso che scegliere di parlarne. Leggi tutto

Nel segno di Brunetta, a Milano la mostra dedicata alla grande illustratrice

Circa un mese fa, avevo annunciato (qui) il lancio di Ci vediamo in Bottega, sette appuntamenti aperti al pubblico a ingresso gratuito a cura di Elisabetta Invernici e Alberto Oliva nell’ambito del loro progetto Galleria&Friends.

Tali appuntamenti sono stati pensati attorno ad altrettante donne protagoniste dell’emancipazione femminile nel secolo scorso, modelli validi ancora oggi e le cui storie si intrecciano con quelle delle botteghe storiche milanesi, anch’esse esempi virtuosi di resistenza e valore civico.

Uno dei sette incontri è stato dedicato a Bruna Moretti Mateldi, nota come Brunetta, disegnatrice, illustratrice, pittrice, caricaturista e giornalista di moda scomparsa nel 1989 a 85 anni.

Facendo seguito all’incontro, Alberto Bolzani, titolare dell’omonima Galleria in via Morone 2 a Milano, accoglie la mostra Nel segno di Brunetta, una antologica dedicata a questa artista eclettica.

L’ultima mostra personale dei lavori di Brunetta fu ospitata nel 1988 nella vecchia sede di Galleria Bolzani che propone ora opere inedite per ricordare l’artista nota anche (ma non solo) nell’ambiente internazionale della moda dagli Anni Trenta fino agli Ottanta, per ben cinquant’anni. Leggi tutto

Il mito di Wonder Woman è in mostra a Milano

Tra la fine degli Anni Settanta e i primissimi Anni Ottanta andò in onda anche in Italia Wonder Woman.

Io ero davvero piccola piccola e della serie TV mi colpiva pertanto ciò che poteva essere colto da una bambina, ovvero gli aspetti più immediati e superficiali: la bellezza, la simpatia e la bravura di Lynda Carter alias Diana Prince / Wonder Woman, i colori vivaci delle immagini, la sigla, gli effetti speciali, i superpoteri dell’eroina che a me appariva un po’ come una Barbie mora in carne e ossa.

Di sicuro all’epoca sapevo poco – anzi niente – di women empowerment, di quanto fosse successo negli Anni Sessanta e Settanta sul fronte di lotte femministe e conquiste verso l’emancipazione né di ciò che si preannunciava per gli Anni Ottanta tra power suits (ovvero il tailleur pantalone per le nuove donne in carriera, spalline, anzi, spallone incluse) e il culto del corpo e della forma fisica a partire dall’aerobica praticata con look coloratissimi.

In seguito scoprii i fumetti della DC Comics inclusi quelli dai quali la serie TV aveva tratto ispirazione: non ero più piccola e iniziai a comprendere quanti piani interpretativi e quante sfumature ci fossero dietro l’eroina che aveva affascinato la bambina, iniziai a cogliere gli argomenti che oggi mi appassionano profondamente, che mi infiammano e che sono continua materia di studio nella quale coinvolgo anche i ragazzi delle mie classi. Leggi tutto

Belle scoperte che amo condividere: Le Petit Écho de la Mode

Come a tutti (credo), capita anche a me di vedermi affibbiare nomignoli e soprannomi vari.
Tempo fa, qualcuno ha fatto un paragone tra me e un “cane da tartufo” e devo dire che l’ho trovato particolarmente simpatico, divertente e calzante.
In effetti, con un cane da tartufo ho in comune pazienza, scrupolosità e perseveranza; la differenza pratica è che, al posto di preziosi, profumati e succulenti tuberi bianchi e neri, io cerco cose belle e buone tra vari ambiti che comprendono moda e arte, senza confini né paletti né pregiudizi. E spero quindi di avere anche lo stesso fiuto di un cane da tartufo.
Questo paragone mi piace, insomma, perché racconta la caratteristica che di me preferisco, quella di piccola ricercatrice del bello, di ostinata cultrice di tutto ciò che profuma di crescita, miglioramento e positività.

Credo pertanto che per far ripartire il blog dopo le vacanze non esista miglior modo del condividere una scoperta fatta durante le mie rigeneranti vacanze e di condividerla con tutti voi, miei carissimi amici che mi fate il dono e l’onore di leggere queste pagine virtuali.

Durante il mese di agosto, sono tornata in Bretagna e Normandia, due regioni francesi che amo immensamente e che, anche stavolta, sono state molto generose nei miei confronti regalandomi moltissimi spunti quanto a bellezza, conoscenza e cultura: in particolare, desidero condividere con voi la scoperta di un posto splendido che si chiama Petit Écho de la Mode.

Si trova a Châtelaudren, cittadina situata nel dipartimento della Côtes-d’Armor in Bretagna, e un tempo era la sede di un giornale dal titolo omonimo: oggi, grazie a un’opera di ristrutturazione molto intelligente e molto ben condotta, è un centro culturale polivalente che ruota attorno alla storia e alla tradizione di quella rivista. Leggi tutto

Quando moda e cibo se ne vanno a braccetto

Forse, leggendo il titolo di questo post, avete pensato all’eccessiva magrezza di alcune modelle e magari avete pensato che l’accostamento tra moda e cibo sia un paradosso evidente e una stridente contraddizione.

Forse, se un pochino mi conoscete e se avete letto qualche mio precedente post, sapete che ho preso posizione altre volte su quella magrezza e quindi ora temete di sorbirvi l’ennesima filippica.

Nulla di tutto ciò: stavolta desidero trattare il lato più ludico, creativo e divertente di questo rapporto perché stilisti e brand si sono spesso ispirati al cibo e non solo oggi, sull’onda di Expo 2015.

Le ispirazioni gastronomiche si sono spesso intrecciate non solo con l’abbigliamento ma anche col gioiello e tutto ciò per un motivo molto semplice: il cibo è sempre stato sinonimo di vita e molti alimenti (mi viene in mente il melograno) hanno assunto significato di buon auspicio, diventando portafortuna in grado di augurare salute e ricchezza.

Nel ‘900, il secolo che ci siamo lasciati alle spalle, molti stilisti e designer hanno creato abiti e bijou divertenti portando avanti il connubio moda e cibo: penso per esempio a Moschino e poi a Ken Scott, Sharra Pagano, Ornella Bijoux (ricordate, ho parlato di tutti e tre qui sul blog). Leggi tutto

Riflessioni su moda e costume passando per i jeans

Oggi mi sento in vena di nostalgia per il passato.
E – chissà perché – spesso capita che quello che proviamo sembra essere acuito e amplificato da ciò che ci circonda.
Mi spiego meglio: avete presente quando vi sentite romantiche e non vedete altro che coppie che si baciano? Oppure quando siete tristi e in televisione danno solo film strappalacrime?
Ecco, oggi, nelle mie incursioni sul web, mi sembra di trovare solo materiale che alimenta pensieri e nostalgie, ma ho deciso di volgere il tutto in un’ottica positiva: la mia convinzione è che si guarda avanti solo conoscendo ciò che è stato. Presente e futuro privi della memoria del passato equivalgono a una casa senza fondamenta e mi piacerebbe dimostrare quanto ciò sia vero più che mai nella moda e nel costume.

Ho usato – appositamente distinguendoli – i termini moda e costume e qui mi tocca fare una digressione: c’è differenza? Possono essere considerati sinonimi?
Diciamo che esistono delle sfumature.
La moda riguarda il cambiamento progressivo – e sempre temporaneo – del nostro modo di vestire e di arredare, ma anche, per esempio, di viaggiare, spostarci o divertirci: racconta, insomma, lo stile di vita sia della società sia dei singoli individui. Un tempo, tali cambiamenti erano molto lenti, mentre oggi sono sempre più veloci.
Il costume analizza invece comportamenti, usi e abitudini in chiave antropologica, ovvero studia i bisogni alla base e le caratteristiche che permettono di riconoscere una civiltà da un’altra o un’epoca da un’altra.

Naturalmente, moda e costume si influenzano a vicenda e sono correlati: non dimentichiamo inoltre che l’essere umano è l’unica creatura vivente che interviene volontariamente sul proprio aspetto attraverso il tramite di elementi esterni e lo fa per moltissimi motivi pratici e sociali, dall’esigenza di coprirsi e proteggersi al bisogno di comunicare passando per la pura vanità (l’intervento di modifica avviene talvolta anche nel mondo animale e vegetale, è vero, ma solitamente è finalizzato e limitato a precise fasi e a momenti specifici quali per esempio il corteggiamento, l’accoppiamento, l’impollinazione).

Sapete, Enrico, il mio amore, mi ha appena regalato un libro molto interessante, si intitola Fashion:Box ed è edito da Contrasto: racconta quelli che sono considerati i grandi classici della moda (la minigonna, la camicia bianca e via discorrendo) e li collega alle icone che hanno contribuito a renderli immortali (un esempio per tutti, Audrey Hepburn e il tubino nero).
Proprio iniziando a leggere questo volume, mi è venuto in mente un esempio di capo che ha fatto la storia del costume e che oggi racconta la moda: mi riferisco ai jeans.

Si dice che i jeans siano nati a Genova sebbene la loro definitiva affermazione sia poi partita dagli Stati Uniti, nel periodo della corsa all’oro: nel 1853, Levi Strauss apre a San Francisco un negozio per vendere oggetti utili a lavoratori e cercatori d’oro e propone dei grembiuli in denim, un pesante tessuto di colore blu.
Un sarto di nome Jacob Davis, originario del Nevada, si unisce a lui e, nel 1873 (precisamente il 20 maggio), l’ufficio americano dei brevetti rilascia loro l’autorizzazione a produrre in esclusiva pantaloni di cotone robusto tenuti insieme anche grazie a rivetti metallici posti nei punti più soggetti a tensione e usura.
In quegli anni, il denim viene usato dagli operai che costruiscono le prime ferrovie americane, dai taglialegna e dai mandriani di bestiame: i jeans vanno dunque a soddisfare un bisogno, quello di avere indumenti funzionali, resistenti e longevi.
Con l’avvento del secolo successivo e in particolare negli Anni Cinquanta, il cinema americano porta i jeans nelle case dei giovani attraverso idoli quali James Dean o Elvis Presley: i pantaloni in denim diventano il simbolo della ribellione giovanile e della voglia di prendere le distanze dalla monotonia (e dall’ipocrisia) del mondo degli adulti.
In seguito, però, i jeans diventano trasversali e negli Anni Ottanta si trasformano addirittura in un capo di lusso. Oggi non parlano necessariamente di bisogni soddisfatti o di voglia di ribellione e sono indossati da tutti, qualsiasi mestiere si faccia e a qualsiasi età, cambiando rapidamente fogge e modelli: hanno smesso quindi di essere un fenomeno di costume per entrare a pieno titolo nelle vicende di moda.

A questo punto, dopo aver fatto una piccola distinzione tra costume e moda, torno a ciò che volevo affermare fin dal principio: il passato ci dà chiavi di lettura che permettono di capire il presente e ci consentono di guardare al futuro.
Inoltre, osservando lo scorrere del tempo, possiamo fare un’altra constatazione: i cambiamenti nella moda non sono affatto un prodotto della società moderna come molti credono, bensì hanno accompagnato ogni epoca.
Al limite, ciò che è cambiato è l’atteggiamento, l’attitudine a fare dei trend una mania che può diventare malsana nel momento in cui perdiamo la componente critica che invece dovrebbe essere sempre presente.
La critica alla quale mi riferisco deve essere costruttiva e non distruttiva: semplicemente, come ho affermato in altri casi, cerchiamo di non accettare pedissequamente tutto ciò che la moda ci propina e facciamo invece sentire la nostra voce e la nostra personalità. È così che taluni sono riusciti a scrivere la storia della moda.

A dimostrazione del perenne mutare della moda in ogni epoca, vi mostro il delizioso quadretto qui sopra: illustra quanto e come siano cambiate le fogge femminili in un periodo relativamente breve, dal 1809 al 1828 (1).
E concludo con due video molto divertenti: per par condicio, uno è dedicato alle donne e uno agli uomini.
Guardando i video, a me è venuto un pensiero: in alcuni casi, preferisco la moda del passato, naturalmente senza tornare a estremismi come i corsetti che stringevano la vita, per carità, orpelli che rendevano la donna prigioniera (2).

Ve l’avevo detto che oggi sono nostalgica, tuttavia non voglio perdere di vista il mio obiettivo primario e torno a sottolineare che storia e ricordo devono avere una valenza educativa e fungere da insegnamento senza imprigionarci: «Coloro che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo», scriveva il filosofo e saggista spagnolo George Santayana.
Sono d’accordo con lui e lo sono comunque sia il passato, bello o brutto.

Manu

(1) Per chi fosse curioso quanto lo sono io: l’illustrazione cita un periodico pubblicato in Inghilterra tra il 1809 e il 1829 dall’editore e litografo Rudolph Ackermann. Sebbene tale periodico fosse spesso chiamato Ackermann’s Repository o semplicemente Ackermann’s, il titolo esatto e completo era Repository of arts, literature, commerce, manufactures, fashions and politics: in effetti, andava a coprire tutti questi campi e, durante gli anni della sua pubblicazione, ha avuto grande influenza sui gusti inglesi.
Il quadretto d’insieme è un’elaborazione digitale dell’artista Evelyn Kennedy Duncan aka EKDuncan.

(2) Nel caso in cui qualcuno non creda al fatto che i corsetti stringivita imprigionassero le donne, riporto le significative parole di Thorstein Bunde Veblen, economista e sociologo statunitense: «Il busto – scriveva Veblen, grande ritrattista della classe agiata – è sostanzialmente uno strumento di mutilazione al fine di ridurre la vitalità del soggetto e di renderla evidentemente inadatta al lavoro».
Durante tutto il 1800, la donna doveva avere il cosiddetto vitino di vespa con una circonferenza che non superava i 40 centimetri, in netto contrasto con l’ampiezza delle gonne.

Gli Avengers, supereroi Marvel, in mostra a Milano

I libri occupano da sempre uno spazio molto importante nella mia vita: leggere è una passione che ho coltivato fin dai primissimi anni delle elementari.

I miei genitori furono obbligati a farmi l’abbonamento alla biblioteca di zona perché comprare libri era cosa più dispendiosa del provvedere ad altre mie esigenze quali abbigliamento e cibo: divoravo infatti volumi di centinaia di pagine in pochi giorni e quindi la biblioteca era l’unica soluzione per evitare il salasso economico.

Durante quegli anni, ho conosciuto tanti classici della cosiddetta letteratura per ragazzi e, essendo onnivora già allora, spaziavo agilmente da generi più intimisti come Cuore e Piccole Donne a generi avventurosi come Ventimila leghe sotto i mari e Il libro della giungla: l’antipatia che provo verso i compartimenti stagni è una caratteristica che fa decisamente parte del mio DNA.

La mia passione non si fermava – e non si ferma – ai libri, estendendosi a tutta la carta stampata: non mi vergogno a raccontarvi che mi perdevo perfino a leggere i vecchi quotidiani che mia mamma stendeva sul tappeto davanti ai fornelli per parare gli schizzi quando friggeva… Capite perché i miei mi fecero l’abbonamento in biblioteca?

Oltre a libri e giornali, un altro mio grande amore è sempre stato il fumetto e questo lo devo a mio padre: ricordo ancora la sua collezione di Tex pazientemente messa insieme e gelosamente custodita.

Ovviamente, sono partita con fumetti come Topolino: negli anni, mi sono poi spostata verso la fantascienza e il fantasy, anche in questo caso amori ereditati attraverso il mio papà che è un grande estimatore di tali generi (ricordo i film di Star Wars guardati insieme). È stato così che ho conosciuto la Marvel e il suo mondo popolato di incredibili personaggi, da Hulk a Captain America, da Iron Man a Daredevil, da Wolverine a Thor. Leggi tutto

Viaggio in Italia: 30 illustrazioni di Rebecca Moses per Marie Claire

Ci siamo: da ieri, Milano vive la sua settimana della moda. Amo questo momento soprattutto perché la mia città si anima di eventi che vanno oltre le tanto ambite sfilate.

Ho una caratteristica che forse è un limite, me ne rendo conto: durante detta settimana, non riesco ad assimilare tutto immediatamente. Non so, credo dipenda dal sovraccarico di stimoli che si concentrano nell’arco di pochi giorni: è come se andassi in una sorta di corto circuito o di indigestione. Ad ogni edizione, necessito di un po’ di tempo per digerire tutto ciò che ho visto, per farlo mio, per ricostruire il quadro d’insieme e mettere ogni tassello al suo posto.

Stamattina non voglio dunque parlarvi di nessuna delle sfilate alle quali ho assistito ieri: preferisco invece introdurre una mostra, a mio avviso bellissima, voluta da Marie Claire. Ieri sono stata al vernissage e desidero darle precedenza rispetto ad altri eventi perché la mostra è già in corso e proseguirà fino al 24 febbraio: spero possiate goderne a vostra volta – se siete o se sarete a Milano.

Sapete che sono sincera quando dico di essere una sostenitrice convinta di tutti quegli eventi che rappresentano una contaminazione tra moda e arte: l’ho dimostrato più volte qui sul blog. Sapete che sono altrettanto sincera nel dichiarare il mio amore incondizionato per gli accessori: spesso i miei post vertono proprio su tale settore specifico. Sapete infine che amo le illustrazioni tanto quanto amo la fotografia, tant’è che non molto tempo fa ho presentato quelle di Maurizio Andreuccetti. Ecco, mettete insieme queste cose e otterrete un sunto della mostra che ha acceso il mio entusiasmo. Leggi tutto

Maurizio Andreuccetti: il mondo illustrato di un creativo a 360°

Più passa il tempo più mi convinco che nulla accada per caso.

Non so se abbiate letto il mio pezzo su Sergio Daricello: fatto sta che Sergio, mio amico oltre che stilista di grande classe, ha conosciuto Maurizio Andreuccetti, illustratore e molto altro ancora, e la conoscenza si è poi estesa a me.

Ci sono stati vari scambi e una lunga chiacchierata telefonica e così… eccomi qui a parlare di Maurizio.

Dovete sapere che tra le cose che più mi affascinano nell’ambito della moda ci sono le illustrazioni: adoro vedere la moda interpretata attraverso gli occhi e l’animo di un illustratore. È come aggiungere arte all’arte.

Rimango rapita nell’osservare le illustrazioni, mi bevo ogni loro minimo particolare, mi piace scoprirle lentamente. Trovo che sia una forma di creazione simile a quella dello stilista stesso quando dà vita ai suoi bozzetti.

Chiudere Maurizio Andreuccetti in una definizione è praticamente impossibile, in quanto lui è una meravigliosa conferma di come e quanto i migliori talenti nella moda siano persone sfaccettate e poliedriche.

Penso di poter affermare che è un fashion designer, un illustratore, uno stylist.

Di sé stesso dice: “sono curioso, creativo, non convenzionale, eclettico e attratto da ogni forma di cultura visiva”. Leggi tutto

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