Nel segno di Brunetta, a Milano la mostra dedicata alla grande illustratrice

Circa un mese fa, avevo annunciato (qui) il lancio di Ci vediamo in Bottega, sette appuntamenti aperti al pubblico a ingresso gratuito a cura di Elisabetta Invernici e Alberto Oliva nell’ambito del loro progetto Galleria&Friends.

Tali appuntamenti sono stati pensati attorno ad altrettante donne protagoniste dell’emancipazione femminile nel secolo scorso, modelli validi ancora oggi e le cui storie si intrecciano con quelle delle botteghe storiche milanesi, anch’esse esempi virtuosi di resistenza e valore civico.

Uno dei sette incontri è stato dedicato a Bruna Moretti Mateldi, nota come Brunetta, disegnatrice, illustratrice, pittrice, caricaturista e giornalista di moda scomparsa nel 1989 a 85 anni.

Facendo seguito all’incontro, Alberto Bolzani, titolare dell’omonima Galleria in via Morone 2 a Milano, accoglie la mostra Nel segno di Brunetta, una antologica dedicata a questa artista eclettica.

L’ultima mostra personale dei lavori di Brunetta fu ospitata nel 1988 nella vecchia sede di Galleria Bolzani che propone ora opere inedite per ricordare l’artista nota anche (ma non solo) nell’ambiente internazionale della moda dagli Anni Trenta fino agli Ottanta, per ben cinquant’anni.

Nel segno di Brunetta è aperta al pubblico dal 3 al 19 novembre e in Galleria Bolzani ci sono una quarantina di lavori ma anche pagine di giornali d’epoca.

Due miei scatti realizzati in occasione dell’inaugurazione della mostra <em><strong>Nel Segno di Brunetta</strong></em> alla Galleria Bolzani
Due miei scatti realizzati in occasione dell’inaugurazione della mostra Nel Segno di Brunetta alla Galleria Bolzani

Le opere in esposizione, provenienti dall’archivio del nipote Massimo Moretti (Brunetta era sua zia), sono realizzate con le tecniche più diverse e restituiscono l’inarrivabile creatività dell’artista e la sua capacità attrattiva contemporanea e immutata ancora oggi; rappresentano una carrellata nel tempo e sono messi in dialogo anche con alcuni bijou di Re Ottavio e alcuni pezzi unici di Franco (alias Francesco Fracchiolla, il sarto dalla linee semplici del quale ho parlato qui).

Se vi trovate a Milano in questo periodo, non mancate di visitare Nel segno di Brunetta, omaggio postumo che – vi faccio una rivelazione! – è un’anticipazione della grande mostra che si terrà nel 2024 in occasione dei 120 dalla nascita dell’artista.

E prima di lasciarvi ai dettagli circa la mostra alla Galleria Bolzani nonché a un approfondimento su Brunetta, menziono una sua frase che mi ha profondamente colpita.

«Da piccola, invece di bere latte, ho bevuto inchiostro», scrisse di sé e credo che sia una annotazione autobiografica tra le più veritiere, sincere, autentiche e perfettamente calzanti che io abbia mai sentito.

E l’inchiostro è quello con cui ha dipinto e scritto parole che hanno illustrato e raccontato meravigliosamente la moda e l’Italia di buona parte del secolo scorso, con i nostri vizi e virtù ancora oggi attuali.

Manu

 

 

Nel segno di Brunetta
Galleria Bolzani, via Gerolamo Morone 2
Da giovedi 3 a sabato 19 novembre 2022
Orari visita: da martedi a sabato dalle 10:30 alle 13:30 e dalle 16 alle 19:30

BRUNA MORETTI MATELDI IN ARTE BRUNETTA
Bruna Moretti Mateldi nacque il 3 settembre 1904 da Antonio e da Clotilde Tandelli, a Ivrea, dove il padre, di origine veneta e militare di carriera, era stato trasferito.
Dopo aver frequentato il liceo artistico della città natale, studiò all’Accademia di Belle Arti di Bologna e all’Albertina di Torino. Qui incontrò Filiberto Mateldi, pittore e illustratore romano, animatore del teatro futurista di Marinetti, ma soprattutto disegnatore satirico colto e mondano, che sposò nel 1930.
Intanto, stabilitasi a Milano alla metà degli anni Venti, Brunetta si era avvicinata al mondo della moda, esordendo come illustratrice sulla Gazzetta del Popolo.
Nel 1929 realizzò disegni e vignette per Lidel, rivista femminile d’élite che si occupava di mondanità e cultura e da quel momento iniziò a collaborare con i periodici più importanti: La Lettura, mensile de Il Corriere della Sera, Il Balilla (1931), I Tessili Nuovi e La Donna (1933), Mammina e Novellino (1935), Scena Illustrata e Il Dramma (1938), Il Corriere dei Piccoli (1939).
Nel 1936 entrò in pubblicità lavorando con la Gi.Vi. Emme, la Olivetti e la Campari: prima del secondo conflitto mondiale fu chiamata da Valentino Bompiani a eseguire le tavole fuori testo per la collana I libri d’acciaio.
Il marito, da tempo malato, morì nel 1942: nei difficili anni che seguirono, Brunetta divenne la principale illustratrice del periodico Bellezza, mensile dell’alta moda e di vita italiana.
Disegnava con precisione inappuntabile i modelli dei grandi stilisti allora in voga in modo che le donne potessero copiarli o farseli copiare dalla sarta. Nel dopoguerra realizzò i suoi disegni per le pagine de Il Corriere della Sera e collaborò alle campagne pubblicitarie più significative del periodo creando manifesti, marchi, pagine pubblicitarie (celebre il suo manifesto per le calze Si-Si, 1957-58).
I suoi disegni, sintetici, dinamici, incisivi, molto ironici, rivelavano un grande eclettismo e uno stile inconfondibile.
Dotata di un acuto spirito d’osservazione, quando soggiornò a Parigi, nel 1947, frequentò assiduamente non solo gli atelier, ma anche gallerie d’arte e musei e questo le permise di variare continuamente il proprio stile e di guardare il mondo che era chiamata a rappresentare con occhio critico: «Io ho letto molto. Ho visitato molti musei. Ho molto osservato. Allora, mi è stato facile trovare dove copiavano i sarti che invece venivano lanciati come grandi, straordinari ‘maestri’».
Nel 1956 la notorietà acquisita le permise di allestire una mostra personale a Milano, presso la galleria Apollinaire, dove espose non i figurini di moda che l’avevano resa celebre, ma disegni, guazzi e oli dedicati ai gatti, sua seconda passione.
Contemporaneamente iniziò una lunga collaborazione con L’Espresso, destinata a durare fino al 1976: insieme a Camilla Cederna curò la rubrica settimanale Il lato debole, che descriveva con ironia «mode e modi, tic, frizzi, usi e costumi, nevrosi del momento».
Nel 1957 la galleria L’Obelisco di Roma espose suoi dipinti con scene notturne dedicate a Roma stessa, Venezia, Parigi (che continuava a frequentare con assiduità) e Londra; un anno dopo fu invitata, unica grafica italiana, a disegnare per la rivista newyorkese Harper’s Bazaar, allora diretta da Diana Vreeland che già nel 1932 le aveva proposto di collaborare a Vogue, incarico che Brunetta aveva dovuto rifiutare a causa della malattia del marito.
Dal 1963 al 1971 curò la pagina che Il Corriere della Sera dedicava alla donna, registrando fedelmente i grandi cambiamenti di quel decennio, consapevole che la moda non era mai stata così rivoluzionaria: «Forse perché c’era questa carica di speranza, questa certezza che la vita era bellissima, che la giovinezza poteva tutto, c’era questa gioia di vivere: le minigonne, le calze decorate, le pettinature cotonate, tutta questa enfasi sul proprio corpo che si scopriva, che si liberava».
Arrivarono anche i primi riconoscimenti ufficiali: il londinese Sunday Mirror la inserì tra le Eighteen of the world’s most powerful women (1962) e nel 1969 vinse il Premio illustrazione e premio giornalistico Irene Brin bandito dal settimanale Epoca. Nel 1980 ricevette l’Ambrogino d’oro del Comune di Milano.
Nel 1969 espose presso la galleria Gian Ferrari di Milano e da allora le sue mostre personali si moltiplicarono: ancora a Milano, nel 1977 e nel 1980 la libreria Einaudi accolse rispettivamente Brunetta oltre la moda e Amore, esposizione di quadri a tema erotico; nel 1981 il Comune le dedicò la mostra Le persone che hanno fatto grande Milano, allestita nella sala Alemagna.
Nello stesso anno pubblicò una selezione degli ormai numerosissimi disegni, schizzi, bozzetti eseguiti in oltre cinquant’anni di attività, dal titolo quanto mai evocativo Il vizio di vestire, e donò al CSAC (Centro Studi e Archivio della Comunicazione) dell’Università di Parma 1224 disegni, quasi tutti realizzati per Il lato debole dell’Espresso.
In seguito a questa generosa donazione fu allestita, a Parma, la grande mostra antologica Brunetta moda critica storia, una vera e propria analisi del costume e della donna, espressa da un’artista che considerava il disegno come un modo «per sviscerare, impadronirsi di altre vite, per bersi gli occhi, i nasi, le bocche, le braccia, i piedi e tutto il resto delle persone belle, brutte, buone o cattive».
Si spense a Milano il 1° gennaio 1989.
Aveva detto di se stessa «le mie mani, la mia mente non sono mai state inattive. Ho molto letto, studiato, guardato, ascoltato. Io sono fatta di poesia e pazienza».

GALLERIA BOLZANI
Alberto Bolzani è figlio d’arte (in tutti i sensi), titolare dell’omonima galleria che oggi ha sede nella caratteristica via Gerolamo Morone, proprio di fronte all’ingresso di Casa Manzoni.
La galleria si trova qui dal 2011, in un palazzo storico milanese, dopo lo sfratto da Palazzo del Toro in Corso Matteotti, dove la galleria ha avuto sede dal 1938.
La storia della famiglia Bolzani inizia molto prima, con il nonno di Alberto, Guido, che progetta macchine per lavorare la seta, dipinge e dà libero sfogo a tutto il suo talento artistico e tecnico. Arriva a Milano nel 1922 per occuparsi di quadri e cornici, si sposta più volte nella zona, sempre con grande fiuto per la posizione e attenzione alla clientela.
Si susseguono negli anni e nei decenni collezioni importanti di Macchiaioli, Scapigliati, Labronici e altre correnti italiane, pur non tralasciando qualche sporadica ma significativa apertura internazionale e la prima personale assoluta di Giuseppe Pellizza da Volpedo.

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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