Da Francesco Fracchiolla alias Franco, il sarto dalle linee semplici

Questo deve essere il mio periodo fortunato.

Oppure deve essere vero che esiste una sorta di equilibrio cosmico (qualcuno lo chiama karma) per il quale finiamo per attrarre ciò che è più affine a noi oppure ciò che più ci assomiglia.

In attesa di capire quale di queste ipotesi corrisponda al vero, mi accontento del fatto che mi accadano cose belle (un po’ di mistero circa le meccaniche della nostra esistenza non guasta, no?) e cerco di godermi appieno il momento positivo: dopo la splendida esperienza presso lo storico atelier Curiel per l’inaugurazione e la presentazione della collezione Haute Couture SS 2017, sono stata infatti invitata a un altro evento che ha messo al centro la mia passione per la moda nella sua forma più bella, quella ricca di contenuti, tradizione, capacità.

Giovedì 9 marzo sono stata a Palazzo Morando, Museo del Costume, della Moda e dell’Immagine, per la presentazione del libro Franco – Il sarto dalle linee semplici scritto da Maria Canella ed Elena Puccinelli per Edizioni Nexo: dopo la presentazione, ci siamo spostati presso l’atelier di via Senato 2 ospiti di Francesco Fracchiolla, il fondatore, per poter ammirare alcuni capi d’archivio appositamente esposti per la bella occasione.

Il volume nasce da due importanti considerazioni.

Prima di tutto, occorre dire che l’ammirazione verso il cosiddetto stile italiano ha radici antiche e si può far risalire al periodo del turismo d’arte e alla consuetudine dei Grand Tour, ovvero quell’epoca meravigliosa in cui gli stranieri visitavano le città italiane per conoscerne la cultura e le antichità (ne avevo parlato in un’altra occasione a proposito della tradizione del micro-mosaico).

La seconda considerazione è che la moda italiana ha il suo momento di svolta e di affermazione a livello internazionale tra gli Anni Cinquanta (ricordo a tal proposito Giovanni Battista Giorgini che nel 1951 organizzò nella sua villa a Firenze la prima manifestazione internazionale dedicata alla moda italiana, manifestazione che l’anno successivo si spostò nella celebre Sala Bianca di Palazzo Pitti) e gli Anni Settanta, grazie alla creatività e alla raffinatezza sartoriale di professionisti non sempre riconosciuti dal grande pubblico e spesso neanche dagli storici del settore.

In alto: tuta corta in crêpe di lana, collezione primavera-estate 1969. In basso: tuta lunga in crêpe di lana, collezione primavera-estate 1969, fotografia di Jean Jacques Bugat (fonte immagini Archivio Franco)
In alto: tuta corta in crêpe di lana, collezione primavera-estate 1969. In basso: tuta lunga in crêpe di lana, collezione primavera-estate 1969, fotografia di Jean Jacques Bugat (fonte immagini Archivio Franco)

Protagonista del libro presentato a Palazzo Morando è – come accennavo – Francesco Fracchiolla, uno di quei professionisti ai quali molto si deve.

Nato in Puglia, a Gravina, nel 1938, viene mandato a bottega a soli sette anni per imparare il mestiere del sarto. Si trasferisce a Milano nel 1952 e qui inizia a lavorare presso importanti sartorie maschili e femminili: nel 1968, con il nome Franco, apre la sua casa di moda che diventa immediatamente punto di riferimento per una raffinata clientela milanese e nazionale.

Le sue collezioni, presentate a Palazzo Pitti e alla Camera Nazionale dell’Alta Moda Italiana, entrano nella storia della Haute Couture: sono caratterizzate da uno stile semplice che è il risultato di una sapiente lavorazione e di un perfetto equilibrio di armonia ed eleganza.

Il volume a lui dedicato è frutto del riordino e dello studio del suo archivio e restituisce nella sua completezza la figura e lo stile di Francesco Fracchiolla, rappresentando un ulteriore e significativo passo in avanti nella ricostruzione storica (necessaria, aggiungo) di quel variegato panorama di realtà produttive che hanno reso Milano una delle capitali internazionali della moda.

Le autrici Maria Canella (dottore di ricerca in Storia della società europea nonché docente di Storia e documentazione della moda presso l’Università degli Studi di Milano) ed Elena Puccinelli (storica e archivista, membro del centro MIC Moda Immagine Consumi dell’Università degli Studi di Milano, autrice di diversi saggi su temi di storia, editoria e comunicazione di moda) hanno fatto un eccellente lavoro: il libro, riccamente illustrato, ripercorre l’intera produzione dell’atelier Franco, dai suoi esordi fino ad arrivare agli Anni Novanta.

Le pagine a colori sembrano una sfilata di moda e presentano gli abiti icona di Francesco Fracchiolla: una ricca documentazione, costituita tra l’altro da pagine di giornale e fotografie d’autore, accompagna un’esaustiva ricostruzione della vicenda umana, biografica e professionale.

La narrazione si può idealmente dividere in due parti: le collezioni Anni Sessanta e Settanta e le collezioni Anni Ottanta e Novanta.

La linea sobria e la pulizia del taglio rappresentano la cifra dello stile sartoriale di Franco che si distingue anche per l’uso sapiente del tessuto e del colore: dalla fine degli Anni Sessanta, le sue creazioni conquistano il pubblico e gli esperti del settore. Cappotti, mantelle, tailleur, abiti, gonne e bluse si fanno riconoscere per l’eccezionale padronanza tecnica e per la precisione estrema con cui vengono realizzati: le collezioni valorizzano la donna, la sua personalità e la sua figura.

La cliente ideale di Fracchiolla indossa abiti pratici e funzionali la mattina, eleganti il pomeriggio, seducenti la sera: i colori sempre intensi, vivaci oppure pastello, mettono in risalto la perfezione dei dettagli e dell’intero capo.

Negli Anni Ottanta, la presentazione delle collezioni Franco si sposta dai palcoscenici di Firenze e Roma all’ambiente più raccolto dell’atelier di via della Spiga e i suoi défilé diventano un appuntamento molto atteso dalle numerose clienti non solo milanesi. Nel corso degli anni, Francesco Fracchiolla consolida i rapporti con una clientela che trova nel suo atelier proposte originali ma portabili.

Rispetto agli anni precedenti, le linee si fanno più morbide e le stoffe propongono nuove fantasie – a righe, a pois, floreali – stampate su tessuti leggeri tra i quali la pura seta naturale: ai colori decisi e vivaci si contrappongono geometrie in bianco e nero abbinate a un taglio sapientemente studiato per suscitare inattesi effetti di movimento.

In alto: tailleur in lana con chiusura a zip nascosta, collezione primavera-estate 1969. Fotografia di Jean Jacques Bugat (fonte immagine Archivio Franco)
In alto: tailleur in lana con chiusura a zip nascosta, collezione primavera-estate 1969. Fotografia di Jean Jacques Bugat (fonte immagine Archivio Franco)
In alto: abito con pannello presentato nell’atelier di via della Spiga, collezione primavera-estate 1972. In basso: défilé di abiti Franco al Grand Hotel di Roma in occasione delle sfilate organizzate dalla Camera Nazionale dell’Alta Moda Italiana, 1973 circa (fonte immagini Archivio Franco)
In alto: abito con pannello presentato nell’atelier di via della Spiga, collezione primavera-estate 1972. In basso: défilé di abiti Franco al Grand Hotel di Roma in occasione delle sfilate organizzate dalla Camera Nazionale dell’Alta Moda Italiana, 1973 circa (fonte immagini Archivio Franco)

Ecco perché in principio ho parlato di contenuti, tradizione, capacità: il percorso di Francesco Fracchiolla è una sintesi ottimamente rappresentativa di questi elementi e di molto altro ancora.

Dà emozione, così come dà emozione sentirlo parlare con grande umiltà: nella speranza di trasmettere tali sentimenti che mi ha comunicato, condivido con voi un frammento di un’intervista che lo vede protagonista e che è inclusa nel volume.

«La moda non deve essere vista e vissuta superficialmente. Ho sempre desiderato che le mie creazioni contribuissero a formare, in chi le indossava e in chi le ammirava, un gusto estetico, un amore per l’ordine e l’armonia che potesse costituire uno stimolo per migliorare la società nel suo complesso. La bellezza e l’armonia toccano la profondità del nostro animo e sono lo splendore della vita e del vero.»

Con questo suo desiderio che coincide perfettamente con il mio sogno più grande (capite perché in principio parlavo di incontri fortunati e di equilibrio che ci porta ad attirare ciò che ci assomiglia?), chiudo questo post che è un mio personale invito, quello a conoscere un grande uomo figlio della nostra Italia migliore.

Manu

 

 

Franco – Il sarto dalle linee semplici
Formato 21 x 21, 120 pagine, oltre 180 immagini
Prezzo di copertina € 24,00
Edizioni Nexo, ISBN 978-88-96451-25-0

 

 

L’atelier Franco Alta Moda di Francesco Fracchiolla si trova in via Senato 2 a Milano – tel. 02 795332 – 781519.
Organizza corsi finalizzati all’insegnamento pratico – tecnico con lo scopo di poter intraprendere un’attività indipendente.

 

 

Condivido con voi alcuni degli scatti che ho realizzato lo scorso 9 marzo: le prime due foto sono state fatte a Palazzo Morando (nella seconda c’è Francesco Fracchiolla), mentre tutte le altre sono state fatte presso l’atelier Franco di corso Venezia 2.
Per visualizzare la gallery, cliccate sulla prima foto e poi scorrete con le frecce laterali.

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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