I risvolti imprevisti della collezione Balmain x H&M

Haute Couture, prêt-à-porter, fast fashion: la lotta tra le varie visioni della moda è in corso ormai da tempo.
A dare un notevole colpo alla questione è – da parecchi anni – il colosso svedese H&M: alzi la mano chi può dire in tutta sincerità di non aver MAI comprato un capo di uno dei protagonisti assoluti del fast fashion.
Nato in Svezia nel 1947 e detentore di 3.733 negozi in tutto il mondo al 30 settembre 2015 (dati ufficiali), il marchio H&M porta avanti una filosofia ben precisa riassumibile in «la moda non è una questione di prezzo».
Fin dal 2004, ha concretizzato questa idea in una serie di capsule collection o forse è meglio dire limited edition, ovvero campagne speciali con stilisti di fama mondiale e style icon: tra i nomi, figurano Karl Lagerfeld (il primo), Stella McCartney, Elio Fiorucci, Roberto Cavalli, Rei Kawakubo, Comme des Garçons, Jimmy Choo, Lanvin, Versace, Marni, Maison Martin Margiela, Alexander Wang (lo scorso anno). E scusate se è poco.
Il gruppo H&M è diventato così maestro assoluto nel masstige, termine che nasce dalla contrazione di mass market e prestige: è una strategia di co-branding che riprende le leve del marketing di lusso (valore estetico e qualitativo) abbassando però la leva del prezzo e spingendo piuttosto sul valore della percezione simbolica, ovvero sul richiamo e sul fascino esercitato da una determinata maison o da un determinato brand. H&M, ripeto, può considerarsi maestra e direi antesignana in tutto ciò con un sold out praticamente immediato per ogni collezione di co-branding come quasi nemmeno un concerto di Justin Bieber.
Ora è arrivato il turno della collezione Balmain x H&M: comprende abbigliamento e accessori per uomo e donna e sarà disponibile a partire dal 5 novembre in alcuni punti vendita selezionati e sul sito. La collaborazione firmata da Olivier Rousteing, direttore creativo della maison francese dal 2011, ha debuttato il 20 ottobre a New York, naturalmente alla presenza di celebrity, it-girl e modelle che si sono mescolate agli esponenti della stampa specializzata (nella foto in alto, Olivier Rousteing, Kendall Jenner e Gigi Hadid si divertono al party – fonte sito H&M).
Fin qui – probabilmente – non vi ho detto nulla di nuovo e forse vi state domandando se io stia per dirvi che andrò a fare la fila all’alba fuori dal negozio meneghino di piazza Duomo (no, non ci andrò, forse darò una sbirciata sul sito, magari a qualche bijou) oppure se voglia lanciarmi in una presentazione minuziosa dei capi della collezione.
Nulla di tutto ciò: non mi interessa entrare nelle discussioni (già accese) tipo «ma lo spirito di questa collezione è autenticamente Balmain?» né vi dirò se a me piace né se apprezzo o meno il masstige. Strano ma vero, stavolta sono interessata ad altro, non ai contenuti specifici (dovrò preoccuparmi per me stessa?) bensì a un contorno, a un risvolto collaterale ben preciso, sicuramente imprevisto e a mio avviso illuminante.
Dovete sapere che è successa una cosa: in netto anticipo su tutti, persino sul colosso del low cost, lo scorso 5 ottobre la redattrice e scrittrice di Chicago Kathryn Swartz Rees ha condiviso sul proprio account Instagram ben 99 scatti di accessori, borse, abiti e scarpe della collezione.
Non si è trattato di un attacco hacker, ma di una semplice ricerca su Google fatta «con i parametri giusti, il sito di H&M è stato indicizzato da Google e mi è capitato di cercare al momento giusto». Così ha detto Kathryn e se volete sapere tutto in dettaglio, potete leggere qui il suo racconto.
Ovviamente, in H&M non sono stati particolarmente felici e hanno chiesto a Kathryn di rimuovere le foto, cosa che lei – gentilmente – ha fatto. Incidente chiuso.
Ecco, il mio interesse verso questa collezione rientra tutto in tale episodio che è la dimostrazione di come, attraverso il grande web, nulla sia più riservato, nemmeno se in ballo ci sono enormi interessi economici e nemmeno se gli attori protagonisti sono aziende importanti che certamente ben sanno come si fanno certe cose.
Perché la verità è che, nel momento in cui mettiamo qualcosa in rete, quel qualcosa cessa di essere nostro e in qualsiasi momento e in qualsiasi modo qualcuno può arrivare al nostro tesoro. Non importa quale livello di privacy crediamo di aver impostato né importa quale sia lo scopo di chi viola i nostri contenuti, dalle intenzioni più fraudolente alla semplice curiosità magari un po’ morbosa.
Questo episodio è, secondo me, un ottimo promemoria. Per tutti.
Direte voi: e lo dici proprio tu? Sì, amici miei, perché nonostante il web sia il mio lavoro, nonostante abbia questo blog, nonostante sia fortemente presente su svariati social network, di questa cosa sono in realtà ben conscia e da sempre cerco di adottare l’unica strategia a mio avviso possibile: se non voglio fare sapere una cosa non la metto in rete, nemmeno con un livello di privacy pari a quello della NASA e nemmeno dietro un milione di password, perché so perfettamente che da qualche parte ci sarà sempre qualcuno in grado di abbattere tutto ciò.
Non credete a me? Guardate l’esempio H&M e guardate un video che desidero condividere da tempo e che, ora, cade proprio come il cacio sui maccheroni – come si suol dire.

Detto tutto ciò, prometto che dal prossimo post si torna a parlare di moda pura, senza risvolti imprevisti.
E se qualcuno andrà a fare la fila da H&M mi faccia poi sapere le sue impressioni: ho dato l’incarico a una delle studentesse del mio nuovo corso di Fashion Web Editing in Accademia Del Lusso, ma chissà se mai se ne ricorderà nel mezzo della frenesia da Balmain.

Manu

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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