Chi sono – a proposito di Emanuela Pirré alias A glittering woman

Se siete già passati dalla pagina intitolata Benvenuti, sapete che mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. E sapete che mi occupo di moda e comunicazione.

Permettetemi di raccontarvi qualcosa di più a proposito di me e di questo sito.

Chi sono e cosa faccio?

Prima di tutto, vi dico una cosa che mi sta a molto cuore: non ho la pretesa di ergermi né a maestra né a giudice.

Non desidero insegnare niente a nessuno né mi piace dare giudizi, sono entrambe cose che non mi interessano. Desidero solo e semplicemente condividere.

Condivisione è una parola molto importante per me.

Mi piace cercare, esplorare, scoprire, guardare al futuro appoggiando i piedi sulle solide fondamenta del passato. Mi piace anche la positività, costruire e non distruggere, e quindi il mio scopo è – lo ribadisco – dare spazio e voce a tutto ciò che amo.

Tempo fa, ho fatto incidere su un anello le parole «La bellezza salverà il mondo», frase del principe Myškin ne L’idiota di Fëdor Dostoevskij. Queste parole sono un po’ il mio motto poiché credo in quel tipo di bellezza che la vita sa offrirci in molte forme e in molte declinazioni: una di esse è la moda.

Amo la moda perché la considero una forma di cultura, una modalità di libera espressione, un veicolo di comunicazione personale e sociale, un linguaggio che mi incuriosisce e che amo.

Penso che l’estetica non possa e non debba essere slegata dall’etica: la moda non è mera apparenza, può (e per me deve) essere anche sostanza ed essenza.

Sono allergica a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Mi definisco curiosa di natura perché è la vita stessa a stuzzicarmi. Oltre alla moda, amo i viaggi, i libri e la lettura, l’arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia.

Ritroverete queste passioni nel mio mag (ovvero magazine) poiché ciò che più di tutto mi interessa è raccontare la capacità e il saper fare.

Credo fermamente che il talento possa assumere mille forme. E dunque talento può essere saper confezionare uno splendido abito, scrivere un bel libro o una bella storia, scattare una foto emozionante, preparare un piatto succulento, coltivare un terreno con amore, suonare uno strumento o cantare facendo vibrare l’anima di chi ascolta. Talento è fare qualcosa con passione e capacità.

Potrei continuare ma per il momento mi fermo qui dicendo che la ricerca del talento è il vero e unico fil rouge di tutte le mie attività, il talento ben oltre qualsiasi categorizzazione e visto attraverso i miei occhi (ritratti qui sotto dalla bravissima fotografa Marcella Milani).

Sempre per quel mio essere e definirmi curiosa, vi racconto anche che colleziono bijou da quando avevo 15 anni.

Mi piacciono soprattutto i pezzi strani, particolari o con un significato intrinseco. Amo i materiali più disparati. E, in ogni caso, il mio criterio di scelta non è mai la preziosità commercialmente attribuita, bensì il valore che gli oggetti assumono per me.

Ad alcuni pezzi sono legata in modo speciale perché sono regali di persone a me care o perché sono stati acquistati in momenti particolari della mia vita. Mi diverto anche a scovare nuovi pezzi ogni volta in cui ho l’opportunità di viaggiare.

Nel tempo, ho sviluppato una forte attrazione verso il settore del gioiello contemporaneo in quanto è fortemente sperimentale. Allo stesso tempo, nutro grande attrazione verso il vintage. Ciò che mi interessa e mi affascina nei gioielli d’epoca e di precedenti proprietari è il fatto che abbiano già una loro storia e un vissuto ai quali si aggiungono nel tempo i miei ricordi personali.

Indovinate un po’?

Nel mag parlerò spesso di gioiello e di bijou, anche perché dal 2014 sono partner di un concorso sul gioiello contemporaneo (qui in fondo do ulteriori dettagli, se vi va).

E arriviamo al cuore di tutto, ovvero la mia vita lavorativa che si ricollega al progetto del sito.

Divido la mia vita lavorativa in lato A e lato B, proprio come quelli di un vecchio disco in vinile.

Lato A: tanti anni da lavoratrice dipendente in ambito commerciale e comunicativo.

Lato B: una nuova strada, faticosa ma esaltante, alla ricerca di una dimensione diversa.

In mezzo c’è un fatto doloroso e spiazzante: nel 2011 sono stata messa in mobilità insieme a tanti altri colleghi dall’azienda per cui lavoravamo, un’esperienza terribile che sto cercando di ribaltare trasformandola nella mia grande occasione.

Ho deciso di rimettermi in gioco: sono tornata sui banchi di scuola e mi sono regalata un anno in cui ho ripreso a studiare.

Ho scelto lo IED, Istituto Europeo di Design, e ho conseguito due specializzazioni. La prima è in consulenza di immagine; la seconda è in cool hunting e ricerca di tendenze.

La specializzazione in consulenza di immagine è attualmente riposta in un cassetto. Nonostante io stimi molto diversi colleghi che svolgono splendidamente questa professione, ho capito che non faceva per me.

Perché?

Prima di tutto, perché non mi va di dire a nessuno come vestirsi: ribadisco che per me la moda è un mezzo di libera espressione.

Poi perché, pur essendo altamente imperfetta, ho scelto una dimensione che molti credono essere basata esclusivamente sull’apparenza e ho deciso di lavorarci portando testardamente avanti la mia visione basata (anche) su contenuti e sostanza.

Non solo…

… Perché per me i vestiti non sono fatti per farci apparire più giovani o più magri: i vestiti sono suggestioni e sogni tradotti in stoffa e noi, a nostra volta, possiamo sceglierli affinché ci rappresentino, attraverso la nostra interpretazione e personalizzazione, attraverso sottrazioni o aggiunte, per comunicare con gli altri e per raccontare chi siamo.

… Perché posso apparire stupida, illusa, pazza, visionaria, cocciuta, ostinata ma nessuno mi fa cambiare idea: continuo a credere che la moda non sia solo un bel vestito o il bel visino di una modella. Continuo a credere che sia molto di più.

E, infine, perché continuo a credere fermamente che la moda debba essere inclusiva, ovvero essere rappresentativa della società in cui viviamo e di tutte le persone che la compongono.

Hello, it’s me :-)
Hello, it’s me 🙂

Forte delle convinzioni che ho via via maturato, ho deciso di continuare il mio percorso formativo anche dopo lo IED. Ebbene sì, ho preso gusto perché studiare da grandi è bellissimo.

Ho infatti pensato di concentrare i miei sforzi in un’unica direzione precisa e di consolidare alcune delle precedenti esperienze lavorative appartenenti al mio cosiddetto lato A. E così ho frequentato ulteriori corsi.

Oggi lavoro in ambito moda e comunicazione.

Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale. Insegno Fashion Web Editing in Accademia del Lusso (cliccate qui se volete saperne di più) e scrivo per il loro ADL Mag. Sempre in ambito formazione, insegno anche Storytelling & Content Creation in ACOF Moda Milano.

Il percorso di riqualificazione professionale è stato fondamentale e proprio il periodo in IED mi ha dato moltissimo anche dal punto di vista umano. Mi ha regalato preziosi incontri con grandi professionisti che mi hanno aiutata a chiarirmi le idee ed è stato proprio uno dei miei docenti, Stefano Guerrini, a farmi capire che potevo unire i due ambiti che maggiormente mi appassionano – comunicazione e moda.

Perché si fa presto a dire «voglio lavorare nella moda». Ma la domanda che occorre porsi è «facendo cosa?».

Occorre chiederselo con onestà, con obiettività, con grande lucidità e restando con i piedi per terra.

Occorre capire se, oltre alla passione, si possieda un talento specifico e se quel talento possa trasformarsi in una professione, reale e concreta: io sto cercando di capirlo, tuttora. E il fatto di occuparmi oggi di tante attività non mi porta affatto a pensare di essere arrivata a un traguardo definitivo.

Perché credo che tutti, oggigiorno, dovremmo essere perennemente curiosi e costantemente in cammino e – a maggior ragione – dovrebbe esserlo chi si occupa di moda, materia che per sua stessa natura è in continua evoluzione.

Credo così fortemente nella necessità di mettersi (e mettermi) in discussione e di essere in continua evoluzione da essermi imbarcata in una nuova e ulteriore impresa.

A partire da maggio 2020 ho accettato di occuparmi di comunicazione per Bridge2IT, azienda che offre servizi e prodotti informatici, collaborando anche alla progettazione e al lancio di Bridge2Magazine, uno spazio che si pone l’obiettivo di parlare di digital transformation a 360°, tra business e marketing, hi-tech e lifestyle, arte e design.

Parliamo anche di questo sito e della parte mag.

Al mag, che ha finalmente visto la luce il 1° maggio 2013, pensavo da così tanto tempo che non so nemmeno quantificarlo.

Diciamo che ci pensavo da anni e diciamo che c’è sempre stato qualcosa che – in un modo o nell’altro – mi aveva frenata. Poi, d’un tratto, tutte le scuse sono cadute, abbattute da soddisfazioni e delusioni vissute quasi in egual misura. Ecco perché scrivo finalmente 🙂

Soddisfazioni e delusioni sono state utili, sono state esperienze che mi hanno fatta crescere, vedere più chiaro e avere conferma di una cosa nella quale ho sempre creduto: occorre avere un sogno, curarlo, proteggerlo e portarlo avanti con tenacia. E occorre farlo con il sorriso sulle labbra, anche se dentro – magari – si ha un po’ paura.

E poi devo confessarvi che ho sempre pensato una cosa: tenere i sogni nel cassetto non è utile, stanno solo lì a prendere polvere.

Tengo da sempre diari (mitiche Smemoranda!) colmi di idee e pensieri, ma forse li ho resi prigionieri visto che taccuini, agende e quaderni sono finiti in scatoloni riposti poi in cantina.

Nel 2013, ho pensato che fosse giunto il momento di permettere a idee e pensieri di venire allo scoperto, di non prendere più polvere. Di lasciarli liberi, finalmente, di fluire e di spiccare il volo. Sapete una cosa? Ancora oggi, più di dieci anni dopo, continuo a pensare che sia stata una scelta giusta.

Vi racconto anche com’è nato il nome A glittering woman.

Parecchi anni fa, una mattina come tante, decisi di mettere un mascara glitterato sulla punta della ciglia, giusto un accenno per dare un po’ di luce e brio alla giornata. Dario, un mio amico e collega, rimase impressionato da quel piccolo tocco luccicante e decise di soprannominarmi Glitter.

Mi sono affezionata a quel nomignolo e ho sempre pensato che, se prima o poi avessi creato un mio progetto editoriale, proprio l’appellativo glitter avrebbe in qualche modo fatto parte del suo nome.

Così è stato.

L’uso dell’articolo indeterminativo a (al posto del determinativo the) è una scelta tutt’altro che casuale, bensì accuratamente ponderata. È una scelta che rappresenta una presa di posizione, precisa e forte, a partire dal nome stesso del blog.

Parla – una volta di più – della mia intenzione di non ergermi al di sopra di nessuno, perché non mi reputo la donna ma semplicemente una donna, una delle tante con la passione per ciò che è glittering ovvero bello, luminoso e scintillante in senso ampio, a 360°.

E desidero condividere con voi anche il perché dello ‘slogan’ che trovate accanto a A glittering woman.

Come scrivevo in principio, A glittering woman è uno spazio attraverso il quale posso occuparmi del talento a 360° e, nello specifico, di alcune mie grandi passioni tra cui il Made in Italy, il vintage, i designer indipendenti.

Desidero tanto che questo piccolo spazio web possa assomigliare a una sorta di moderno cabinet de curiosités o wunderkammer, quei particolari ambienti in cui, in passato, i collezionisti erano soliti raccogliere e presentare oggetti straordinari e curiosi.

A questa idea, ho aggiunto il modo in cui Stefano Guerrini, docente di cui vi ho parlato qui sopra e ora anche caro amico, mi ha un giorno scherzosamente definita: «fashion writer e fashion icon… insomma fashion something».

A mio avviso, è il terzo appellativo quello che mi descrive meglio: fashion something, perché chi e cosa io sia non è ancora chiaro nemmeno a me. O meglio… diciamo che è in perenne e aperta discussione.

Da qui l’idea dello slogan: ho preso il concetto di wunderkammer più la definizione fashion something e ho condito il tutto con il sorriso. Il risultato racconta bene il mio progetto, tra curiosità e voglia di scoprire, ben ricordando di non prendersi mai troppo sul serio.

Quanto invece al mai victim finale, posso dirvi che nell’abusata espressione fashion victim c’è una connotazione di imposizione, di negatività e di passività nella quale non mi riconosco affatto.

Mi fa pensare a qualcosa che viene subito, affrontato e vissuto senza reazione e senza personalità, senza interagire, come un’influenza malevola e fatale alla quale non ci si può sottrarre.

Non subisco affatto la moda né la subiscono coloro ai quali guardo come miei modelli.

D’altro canto, la mia antipatia verso il termine fashion victim è più che fondata e giustificata.

Come racconto in un post dedicato al grande Oscar de la Renta in occasione della sua dolorosa scomparsa, fu proprio il designer di origine dominicana a coniare la locuzione fashion victim e lo fece per descrivere quelle persone spesso prive di senso critico nell’ambito delle mode in generale e, più specificatamente, nell’abbigliamento; persone insicure che acquistano capi e accessori in voga solo per sentirsi accettate e integrate nella società.

Tale fenomeno esiste naturalmente da molto tempo prima che nascesse la locuzione coniata negli Anni Ottanta dall’indimenticabile de La Renta.
In passato vari studiosi di costume hanno compreso che l’uomo seguiva (e segue) le mode per essere considerato parte di un gruppo. Già Georg Simmel (1858-1918), filosofo e sociologo di origine tedesca, nel suo scritto intitolato La moda, sosteneva che le tendenze nascessero sotto la spinta del processo di imitazione.

E pensare che vedo molte persone (donne e uomini, giovani e meno giovani) che si descrivono proprio così nei loro profili social, da Facebook a Instagram, non realizzando – credo – quanto fashion victim abbia in realtà un’accezione negativa… molto meglio un semplice fashion lover!

Ecco, credo di avervi raccontato proprio tutto 😀

Questo è lo stato della mia vita oggi. Quanto al domani… chissà. Mi piace pensare che il futuro sia una pagina bianca tutta da scrivere, mi piace lasciarmi sorprendere ogni giorno.

E spero, un giorno, di poter finalmente definire meglio quel fashion something.

Chissà se vorrete accompagnarmi in questo viaggio. Io spero proprio di sì.

 

 

 

 

 

 

 

 

Cosa mi piace, cosa mi fa sorridere, cosa mi rende felice (tutto tra serio e faceto, com’è nel mio stile e nello stile del blog)
Alissa, mia nipote. Gli amici. Andare al cinema. Andare in bicicletta ma con quelle vecchie, tipo la mia. Gli anelli enormi e di carattere anche se ho le mani piccole. Angela e Gianni, i miei genitori. Gli Anni Ottanta. Gli autogrill (non chiedetemi perché, sarà l’idea del viaggio). La bellezza, qualsiasi forma assuma. I bijou, i gioielli contemporanei e quelli vintage. La birra ghiacciata, anche d’inverno, anche quando fa freddo. Le calamite comprate in giro per il mondo. Cambiare taglio di capelli. Casa mia. Chanel no. 5, il mio primo profumo. Il cibo in generale (sono una buona forchetta). Cinzia, mia sorella. Far colazione fuori casa, soprattutto all’aperto. I colori. La mia collezione di sabbie di tutto il mondo. Le cozze (… da mangiare!) e le ostriche. Credere fermamente nei sogni. Dormire quando posso e quando riesco. Le donne che per me sono un modello professionale: Anna Piaggi, Coco Chanel, Diana Vreeland, Elsa Schiaparelli, Iris Apfel, Irene Brin. Enrico, mio marito. La fantascienza (thanks daddy!). Le fotografie, farle e guardarle. I fumetti (once again… thanks daddy!). I girasoli. Lee Alexander McQueen, stilista sognatore e visionario. Leggere. I libri fotografici e quelli d’arte. Il libro Cuore. Il Made in Italy vero e di qualità. Mangiare all’aperto (al fresco dining, come dicono gli anglofoni). Mangiare gelato e biscotti (insieme, sì). Il mare, sempre e comunque e in qualsiasi stagione. Mixare gli stili per creare il proprio. Le mostre d’arte. I musei. La musica. Il nuoto, il mio sport preferito. La Nutella. Parlare con le persone, ascoltare e condividere esperienze. Le patatine fritte. La pizza. Il pollo impanato e fritto, qualsiasi forma abbia, dalle crocchette alle cotolette. Le polpette. Il profumo di casa mia. Il profumo dei libri e dei giornali nuovi. Il profumo del pane. Il profumo della salsedine. I profumi che mi ricordano l’infanzia. I ranuncoli. I ricordi di viaggio. Ridere, di me stessa e del mondo. Le riviste di moda. Sandro Pertini, il mio presidente per sempre. Il sole. Le stagioni intermedie, quelle cariche di promesse e premesse. Stare negli aeroporti (anche in questo caso, sarà l’idea del viaggio). Il talento, qualsiasi declinazione esso abbia. I tatuaggi (ne ho tre… per ora). I tortellini in brodo. Totò (che mi fa ridere sempre, anche se ho visto i suoi film centinaia di volte). Viaggiare. Il buon vino. Il vintage.

 

Cosa non mi piace, cosa spegne il mio sorriso, cosa mi rende triste (sempre tutto tra serio e faceto)
Gli adulatori. Gli arrivisti. L’arroganza. Il buio (o forse sarebbe più giusto dire la mancanza di luce). Il buonismo, soprattutto quello falso e ostentato. Chi si conforma a quello che pensano i più. La dieta. La disoccupazione, perché toglie la dignità. La disorganizzazione. Gli estremismi – tutti. Incluso il femminismo portato agli estremi e il maschilismo becero. La fine delle vacanze. Il freddo (sorry, temo di non essere geneticamente programmata per sopportarlo). I furbetti del quartierino. La gente che fa pesare il proprio ruolo. La gente che giudica senza conoscere. La gente che maltratta coloro che pensa essere deboli. La gente che non rispetta il codice della strada perché ha la macchina più grossa. La gente che promette visibilità (basta!). La gente che ricopre un ruolo che non merita e che non ha la decenza di mantenere un basso profilo e tacere. La gente che, sempre scontenta, vuole rovinare la festa anche agli altri. La gente che vuole aver ragione quando ha torto. L’ignoranza. Essere (o sentirmi) impreparata, non all’altezza. L’ipocrisia. Gli eterni insoddisfatti. L’inverno (perché non sopporto il freddo e perché c’è poca luce – vedere sopra). L’invidia. I leccapiedi. La maleducazione nonché la mancanza di correttezza. Milano, la mia città, quando è chiusa per ferie: scusate, mi manda in depressione. I musoni perenni. La neve in città (sempre per l’inverno, il freddo e via discorrendo). L’omologazione. Il perbenismo, soprattutto quello falso e ostentato. I preconcetti. I pregiudizi. La prepotenza. Il pressapochismo che la fa sempre più spesso da padrone. Il qualunquismo. I raccomandati. I razzisti. Gli spilorci. Lo strapotere dei soldi. I tuttologi. La volgarità, soprattutto quella d’animo.

 

Se non siete ancora stufi…

Perché affermo di essere “imperfetta & serena” qui e l’episodio legato all’origine di questa imperfezione qui

Ancora qualcosa circa la mia visione della moda qui

Qui la mia video intervista alla Milano Vintage Week nel 2014

 

Alcune collaborazioni

Da quando mi occupo a tempo pieno di moda e comunicazione e da quando ho aperto il blog A glittering woman, ho avuto il piacere di collaborare professionalmente a eventi di vario tipo e in vari ruoli.

Giusto per dare un’idea a chi fosse interessato, segnalo le seguenti collaborazioni:

Tra le aziende, i designer e i creativi (in ambito moda, accessori, gioiello) che mi hanno invitata presso le loro sedi per scoprire come lavorano, figurano Sharra Pagano, Mauro GasperiSodini, Ornella Bijoux, Fausto Colato, Mikky Eger e MamaMilano.

Ho fatto da modella (diciamo così…) per esperienze make-up con MUD Studio Milano, sede italiana dell’omonima scuola internazionale, e con Elizabeth Arden, maison storica e prestigiosa; ho fatto da testimonial anche per il brand Nvk Design indossando un abito della designer Natasha Caladrino Van Kleef in occasione della manifestazione Il Benessere Biologico.

Ho iniziato a collaborare con Accademia Del Lusso, importante scuola di moda, in aprile 2015. Il primo step è stato un bellissimo seminario intitolato La bellezza dell’essere in occasione del quale, come relatrice e insieme ad alcuni colleghi, ho parlato del rapporto esistente tra arte e moda.

Ora insegno Fashion Web Editing (cliccate qui se volete saperne di più) e scrivo per ADL Mag.

Sempre in ambito formazione, insegno anche Storytelling & Content Creation in ACOF Moda Milano.

A partire da maggio 2020 ho accettato di occuparmi di comunicazione per Bridge2IT, azienda che offre servizi e prodotti informatici, collaborando anche alla progettazione e al lancio di Bridge2Magazine, uno spazio che si pone l’obiettivo di parlare di digital transformation tra business e marketing, hi-tech e lifestyle, arte e design.

Ho scritto e scrivo inoltre per diverse testate sia online sia offline (cartacee). Trovate tutti i dettagli e i link nella sezione Portfolio.

 

 

 

Foto vecchie ma che mi rappresentano sempre molto bene. Sopra, io e la mia filosofia, ovvero <em>mai prendersi troppo sul serio…</em> Sotto, ancora io, parte della mia cicatrice più vistosa, uno dei miei tre tatuaggi e alcuni dei bijou della mia sconfinata collezione…
Foto vecchie ma che mi rappresentano sempre molto bene. Sopra, io e la mia filosofia, ovvero mai prendersi troppo sul serio… Sotto, ancora io, parte della mia cicatrice più vistosa, uno dei miei tre tatuaggi e alcuni dei bijou della mia sconfinata collezione…

 

 

 

 

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