Elizabeth Arden, seduta di trucco e storia di una donna unica

Quale donna non ricorda con tenerezza i primi propri personali approcci col trucco?

Quale donna non ricorda i primi tentativi, spesso maldestri, di mettere il rossetto per bene o di fare la riga precisa sul contorno occhi?

E ricordate le incursioni nel beauty case della mamma, affascinate da boccette, flaconcini, vasetti e pennelli?

Ricordo anche le prime discussioni sul colore del lucidalabbra da adottare o sull’altezza di quella benedetta riga sugli occhi, così come ricordo quanto erano preziosi i primi prodotti tutti miei, mi sembrava di aver fatto una conquista importantissima.

Il make-up è un mondo che mi affascina da sempre, quindi sono stata molto felice quando Elizabeth Arden, nome storico e prestigioso, mi ha proposto di fare da modella per una sessione di trucco.

L’occasione è stata fornita dalla Milano Vintage Week, la kermesse milanese dedicata alla moda d’antan: lo scorso anno, avevo tenuto per loro un piccolo seminario intitolato Vintage con personalità, quest’anno abbiamo rinnovato la nostra collaborazione in un modo nuovo.

Grazie a un corner completamente dedicato alla celebre maison, ho avuto modo di interfacciarmi con Caterina Todde, bravissima make-up artist scelta da Elizabeth Arden, e ho potuto provare diversi prodotti.

Inoltre, grazie a una bellissima mostra ricca di documenti, fotografie, manifesti di campagne pubblicitarie e confezioni di prodotti originali, ho avuto la possibilità di approfondire la storia del brand e della sua mitica fondatrice, Miss Elizabeth Arden.

Chi mi conosce sa che uso termini come mito e icona con estrema parsimonia, ma Miss Arden li merita senza alcun indugio: imprenditrice autentica e instancabile, ha perseguito per tutta la vita l’obiettivo di creare innovazione e qualità.

Ha ottenuto una serie di primati e successi in momenti in cui per una donna non era facile, normale o scontato poter essere considerata un’imprenditrice e per giunta dal successo sfavillante: è stata un vero e fulgido esempio, insomma, estremamente significativo oggi più che mai.

La mostra Elizabeth Arden allestita presso la <em>Milano Vintage Week</em>
La mostra Elizabeth Arden allestita presso la Milano Vintage Week

Tutto inizia nel 1908, quando la giovane Florence Nightingale Graham – il vero nome di Miss Arden – arriva a New York dalla cittadina rurale di Woodbridge in Canada: in città, Florence comincia a lavorare come contabile per una casa farmaceutica, passando però parecchio tempo in laboratorio tra pomate e nuovi ritrovati per la pelle.

Quando pensa di aver acquisito l’esperienza necessaria, lascia l’azienda per avvicinarsi alla realtà dei saloni di bellezza: trova impiego in un piccolo centro alla moda nel quale è l’addetta alla cassa. Nei ritagli di tempo, si diverte ad applicare unguenti e maschere alle clienti che ben presto non vogliono che lei, la simpatica ragazza canadese dalla mani d’oro.

Nel 1909, Florence entra in società con Elizabeth Hubband, un’altra specialista del beauty: insieme aprono un piccolo salone di bellezza, ma la socia abbandona presto l’impresa e Florence rimane sola a gestire le clienti e a pagare tutte le spese.

Nel 1910, dopo aver chiesto un prestito di 6.000 dollari al fratello, Florence apre il primo salone tutto suo e lo chiama Elizabeth Arden, come lo pseudonimo che sceglie di adottare per sé stessa: il nome si ispira a Enoch Arden, titolo di una composizione in versi del poeta inglese Lord Alfred Tennyson.

Miss Arden decide di dipingere l’ingresso del suo salone, affacciato sull’elegante Fifth Avenue, di un bel rosso brillante, per distinguerlo dai tanti negozi che già affollano la famosa strada: il Red Door Salon offre trattamenti secondo una visione che punta al raggiungimento del benessere psicofisico, dimostrandosi così un antesignano di ciò che oggi è chiamato wellness.

Elizabeth Arden non si risparmia: arriva in negozio all’alba per pulire, sistemare, accogliere le clienti e preparare lozioni e creme. È la sua fortuna e in pochissimo tempo ripaga il debito: non solo, grazie a originali iniziative di marketing, acquista rapidamente autorevolezza nel settore cosmetico e tra le consumatrici, tanto che il salone deve rimanere aperto per più di 10 ore al giorno per soddisfare la fila delle clienti in lista d’attesa.

La brava Caterina Todde al lavoro
La brava Caterina Todde al lavoro
Caterina inizia il lavoro su di me
Caterina inizia il lavoro su di me

Miss Arden parte da una convinzione ben precisa: la bellezza non è una patina di trucco bensì il frutto di una cooperazione intelligente tra scienza e natura, tesa a potenziare le migliori risorse naturali di cui ogni donna dispone.

Rivela una capacità innata nel creare nuovi prodotti e servizi in grado di incontrare i bisogni e, cosa più importante, i desideri delle donne: non soddisfatta delle creme grasse e pesanti dell’epoca, è la prima a portare la scienza nelle formulazioni skincare.

Prende alle sue dipendenze un chimico e gli chiede di sviluppare un prodotto leggero come la panna montata: il risultato è una crema di bellezza ad alta efficacia con la consistenza della meringa e un profumo gradevole, un’assoluta novità che chiama Venetian Cream Amoretta. Per ovviare alla durezza delle lozioni del tempo, si preoccupa inoltre di sviluppare un prodotto emolliente che battezza Ardena Skin Tonic: per la prima volta, il nome di un prodotto incorpora quello della società e del suo fondatore.

Durante il suo primo viaggio a Parigi, nel 1914, Miss Arden osserva che le donne più chic della capitale francese si recano a teatro con le ciglia e le guance truccate e, al suo rientro a New York, si mette subito a formulare i primi fard nonché mascara e ombretti per le donne americane: di lì a poco, il trucco, un tempo appannaggio esclusivo delle attrici di teatro, diviene indice dell’essere alla moda tra le grandi signore della società.

In quel periodo, le donne americane sono infatti pronte a una rivoluzione e qui occorre fare una piccola digressione storica.

Il rossetto accompagna noi donne da più di 5000 anni: già le babilonesi polverizzavano pietre semi-preziose per colorare le labbra, mentre in Egitto Cleopatra rendeva le sue labbra di un intenso color rosso grazie alla polvere ricavata da scarabei carmini impastata poi con uova di formica e scaglie di pesce.

L’uso dei cosmetici ha però vissuto un calo di popolarità nel 1700, quando il parlamento inglese approvò addirittura una norma che prevedeva il processo per tutte le donne sospettate di aver indotto i propri mariti al matrimonio attraverso l’uso fraudolento di rossetti o altri prodotti di bellezza: nel 1880, la Regina Vittoria sentenziò che indossare make-up doveva considerarsi, da quel momento in poi, offensivo e oltraggioso.

Quando Elizabeth Arden si affaccia sulla scena della bellezza, i pregiudizi puritani nei confronti del make-up cominciano a crollare a favore di un nuovo ritorno in auge e lei è pronta a supportare questa moderna propensione.

Miss Arden nota infatti che molte suffragette, le appartenenti al movimento di emancipazione femminile nato per ottenere il diritto di voto per le donne, indossano il rossetto rosso: anche lei è una di loro e partecipa in prima linea al movimento marciando lungo la Fifth Avenue.

Dando ascolto al suo istinto imprenditoriale, distribuisce a tutte le manifestanti il suo rossetto: quando nel 1920 viene finalmente approvato il 19° emendamento, le donne americane ottengono il diritto di voto e il rossetto rosso acquisisce lo status di simbolo del potere.

La spinta a ricercare soluzioni sempre nuove e rivoluzionarie per promuovere i suoi articoli non conosce sosta e Miss Arden continua le sue piccole rivoluzioni: nel 1917 propone i primi formati da viaggio, mentre nel 1918 è la prima imprenditrice dell’industria cosmetica a formare un gruppo di dimostratrici e venditrici inviandole sul territorio. Nasce così la figura della beauty consultant.

Con l’arrivo degli anni ’20, Elizabeth Arden inaugura i primi saloni europei a Londra, Parigi e Nizza mentre negli Stati Uniti la diffusione è ormai capillare, da Philadelphia a Detroit, da San Francisco a Palm Spring: all’inaugurazione di ogni nuovo salone, Miss Arden in persona istituisce un team di venditrici in grado di apprendere e diffondere al meglio lo spirito Arden.

Nel 1929, il Red Door Salon introduce corsi di ginnastica, postura, yoga, danza, tip tap e scherma: secondo Miss Arden, attiva sostenitrice della causa femminile, essere belle richiede esercizio, relax, salute del corpo e della mente.

Nonostante le difficoltà economiche di quegli anni e della Grande Depressione, l’azienda Elizabeth Arden arriva presto a occupare oltre 1.000 dipendenti.

Proprio negli anni ’30, Miss Arden è la prima ad abbinare il trucco alle tonalità della pelle e a creare il total look – prodotti coordinati per occhi, labbra, guance e unghie.

Risale al 1930 anche la creazione della Eight Hour Cream: grande appassionata di equitazione e proprietaria di una scuderia di successo, Miss Arden formula un’emulsione per curare le zampe dei suoi amati cavalli da corsa dalle piaghe provocate dalle rigide temperature invernali. Eight Hour Cream si rivela immediatamente un unguento dagli effetti strabilianti anche sulle mani di coloro che l’applicano sugli animali e diventa un successo strepitoso.

Da allora, attraversando tutte le decadi del 1900 e arrivando fino ad oggi, questa crema si è trasformata in una vera e propria icona: tra le tante fan, annovera Catherine Zeta-Jones, Victoria Beckham, Cate Blanchett, Thandie Newton ed Emma Thompson.

Nel 1933, Miss Arden è la prima a curare una propria trasmissione radiofonica: ogni settimana va in onda sulla NBC per insegnare alle ascoltatrici l’Elizabeth Arden Way to Beauty. Nel 1939, è la volta di un’altra novità: è la prima a far proiettare nei cinematografi una pubblicità di cosmetici.

Per distinguersi ulteriormente nell’ambito del make-up, dopo la rivoluzione del total look, Miss Arden fa un ulteriore passo avanti: crea nuance da accostare alle tonalità dei vestiti, uscendo così dalla logica del trucco intonato al colore degli occhi o dei capelli. Ancora una volta, dunque, introduce un concetto inedito, grazie al quale viene a crearsi una nuova necessità, quella di poter attingere a una palette più ampia di ombretti, rossetti e blush.

Nel proporre la sua ennesima rivoluzione, Elizabeth Arden riconferma il suo credo secondo il quale “ogni donna ha il diritto di essere bella” e, forte di una miriade di idee e di clienti nonché armata di una fervida immaginazione, riesce a traghettare stabilmente il suo marchio nel periodo del secondo dopoguerra.

Il lavoro della brava Caterina alla <em>Milano Vintage Week</em> si è concentrato sul trucco nelle diverse decadi del 1900. Su di me, Caterina ha realizzato un make-up di ispirazione anni ’60: ombretto colorato nei toni del verde-azzurro, matita più scura a sottolineare e incorniciare, incarnato trasparente, quasi di porcellana, illuminato da un tocco di fard rosato e lipstick naturale.
Il lavoro della brava Caterina alla Milano Vintage Week si è concentrato sul trucco nelle diverse decadi del 1900. Su di me, Caterina ha realizzato un make-up di ispirazione anni ’60: ombretto colorato nei toni del verde-azzurro, matita più scura a sottolineare e incorniciare, incarnato trasparente, quasi di porcellana, illuminato da un tocco di fard rosato e lipstick naturale.

Nel frattempo, sono ormai in tanti a riconoscere i risultati raggiunti da Miss Arden: nel 1946, Time la mette in copertina. Elizabeth Arden è a questo punto la proprietaria di 30 saloni sparsi per l’America e l’Europa e di oltre 300 prodotti di bellezza venduti in tutto il mondo con il suo marchio: tra le sue affezionati clienti, annovera la principessa Grace Kelly e la first lady americana, Mrs. Mamie Geneva Eisenhower.

Gli anni passano, le campagne pubblicitarie si moltiplicano così come le clienti, nuove formule di bellezza riempiono vasetti e trousse, vengono inaugurati altri saloni Red Door: Miss Arden è sempre lì e, dal suo appartamento sulla Fifth Avenue, anche ottantenne continua ad approvare pubblicità e a controllare i nuovi prodotti da proporre sul mercato.

Lungi dall’idea di andare in pensione, si spegne nel 1966, poco prima di compiere 88 anni, dopo aver creato un impero da miliardi di dollari: i suoi successori perseguono fedelmente le aspirazioni rivoluzionarie della fondatrice, portandone avanti l’eredità.

Oggi più che mai, a distanza di più di 100 anni dalla fondazione, la maison Elizabeth Arden continua a creare prodotti ricchi di inventiva e a promuovere l’innovazione scientifica nel campo della bellezza.

Sapete, nella sua biografia, ho trovato una frase che ha attirato la mia attenzione: negli anni ’30, commentando i risultati ottenuti, Miss Arden disse “Vi sono solo tre nomi americani conosciuti in ogni angolo del pianeta, Singer Sewing Machines, Coca-Cola ed Elizabeth Arden”.

La sua affermazione non era per niente presuntuosa, era la constatazione di una donna che ha lavorato duramente per ogni singolo successo che ha ottenuto: oggi, molti altri nomi americani sono conosciuti, ma Elizabeth Arden continua a brillare nel firmamento della cosmesi di qualità.

Sono felice che la mia strada abbia potuto incrociare quella di una donna che è una grandissima fonte di ispirazione, moderna ed eclettica come solo i più grandi sanno essere.

E mi domando una cosa: chissà quante volte Elizabeth Hubband, la socia che l’abbandonò, si pentì della sua non troppo lungimirante scelta, scelta che, forse, fu invece la fortuna di Miss Arden.

È proprio vero, ciò che al momento può sembrarci un dramma si rivela, a volte, la nostra più grande chance.

Manu

 

 

Tutti gli scatti contenuti qui sopra nel testo sono opera del fotografo Valerio Giannetti

(Un grazie di  a lui perché raramente mi sono tanto riconosciuta in foto che mi ritraggono)

 

 

Per maggiori informazioni e per approfondire:

Elizabeth Arden – qui trovate il sito, qui la pagina Facebook, qui Instagram e qui Twitter.

Milano Vintage Week – qui trovate il sito, qui la pagina Facebook, qui Instagram e qui Twitter.

Caterina Todde make-up artist – qui trovate il sito.

Il mio articolo sulla precedente edizione di Milano Vintage Week: qui.

 

 

Attraverso gli scatti che ho realizzato io, vorrei raccontarvi un altro pezzo di storia che a me ha fatto molta tenerezza. A Fidenza, c’è una profumeria che si chiama Magnani e che dal 1953 è concessionaria dei prodotti Elizabeth Arden: questa è la lettera che la signora Magnani ricevette insieme alla prima cassa di cosmetici, lettera firmata a mano da Miss Arden.
Attraverso gli scatti che ho realizzato io, vorrei raccontarvi un altro pezzo di storia che a me ha fatto molta tenerezza. A Fidenza, c’è una profumeria che si chiama Magnani e che dal 1953 è concessionaria dei prodotti Elizabeth Arden: questa è la lettera che la signora Magnani ricevette insieme alla prima cassa di cosmetici, lettera firmata a mano da Miss Arden.
Firmare lettere a mano e relazionarsi con le profumerie in tutto il mondo era cosa consueta per Miss Arden: lo faceva sempre e mandava anche biglietti d’auguri ai rivenditori per i loro compleanni. (Nella foto: campagna pubblicitaria Elizabeth Arden datata 1953 con la mitica linea <em>Ardena Skin Tonic)</em>
Firmare lettere a mano e relazionarsi con le profumerie in tutto il mondo era cosa consueta per Miss Arden: lo faceva sempre e mandava anche biglietti d’auguri ai rivenditori per i loro compleanni. (Nella foto: campagna pubblicitaria Elizabeth Arden datata 1953 con la mitica linea Ardena Skin Tonic)
Miss Arden intratteneva regolare corrispondenza anche con molte delle sue clienti. In questo post, vi ho raccontato la storia della <em>Eight Hour Cream:</em> pare che il nome si debba alla lettera di una cliente che le scrisse per ringraziarla dopo aver applicato la crema sul ginocchio sbucciato del suo bambino e aver visto i graffi rimarginarsi in otto ore. (Nella foto: la linea <em>Ardena Skin Tonic,</em> prodotti originali datati 1953 dall’archivio del signor Magnani)
Miss Arden intratteneva regolare corrispondenza anche con molte delle sue clienti. In questo post, vi ho raccontato la storia della Eight Hour Cream: pare che il nome si debba alla lettera di una cliente che le scrisse per ringraziarla dopo aver applicato la crema sul ginocchio sbucciato del suo bambino e aver visto i graffi rimarginarsi in otto ore. (Nella foto: la linea Ardena Skin Tonic, prodotti originali datati 1953 dall’archivio del signor Magnani)
Oggi, è per noi normale andare su YouTube e trovare video e tutorial di ogni tipo: già nel 1940, Miss Arden inviava alle sue clienti dischi sui quali incideva le istruzioni per applicare i suoi prodotti. (Nella foto: ritratto di Miss Arden, 1912)
Oggi, è per noi normale andare su YouTube e trovare video e tutorial di ogni tipo: già nel 1940, Miss Arden inviava alle sue clienti dischi sui quali incideva le istruzioni per applicare i suoi prodotti. (Nella foto: ritratto di Miss Arden, 1912)
Insomma, decenni prima che il marketing diventasse una vera e propria disciplina, Miss Arden applicava quello che oggi fanno molte aziende attraverso i loro canali social. (Nella foto: manifesto di campagna pubblicitaria datato 1935)
Insomma, decenni prima che il marketing diventasse una vera e propria disciplina, Miss Arden applicava quello che oggi fanno molte aziende attraverso i loro canali social. (Nella foto: manifesto di campagna pubblicitaria datato 1935)
Ecco perché ho scritto che Miss Arden è stata una grande antesignana, un mito, una vera icona, un esempio luminoso ancora oggi: la mostra allestita alla <em>Milano Vintage Week</em> racconta il suo approccio, la sua gentilezza, il rapporto affettuoso con molti clienti e rivenditori come la signora Magnani. Suo figlio è un appassionato di storia della profumeria e conserva gelosamente nei suoi archivi tutto quello che Elizabeth Arden ha inviato prima alla sua mamma e poi a lui, dal 1953 a oggi. La mostra è stata dunque possibile anche grazie al suo gentile apporto. (Nella foto: pubblicità datata 1942)
Ecco perché ho scritto che Miss Arden è stata una grande antesignana, un mito, una vera icona, un esempio luminoso ancora oggi: la mostra allestita alla Milano Vintage Week racconta il suo approccio, la sua gentilezza, il rapporto affettuoso con molti clienti e rivenditori come la signora Magnani. Suo figlio è un appassionato di storia della profumeria e conserva gelosamente nei suoi archivi tutto quello che Elizabeth Arden ha inviato prima alla sua mamma e poi a lui, dal 1953 a oggi. La mostra è stata dunque possibile anche grazie al suo gentile apporto. (Nella foto: pubblicità datata 1942)
La <em>maison</em> Elizabeth Arden oggi: i prodotti make-up tra i quali ci sono anche quelli usati da Caterina Todde per realizzare il trucco anni ’60 su di me.
La maison Elizabeth Arden oggi: i prodotti make-up tra i quali ci sono anche quelli usati da Caterina Todde per realizzare il trucco anni ’60 su di me.

 

 

 

 

 

Personal look: nelle foto indosso turbante Sine Modus e collier con elementi vintage firmato Tout Court Moi di Enrica Baliviera

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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