Milano Fashion Week: Capucci e il prêt-à-porter FW 15-16

Occorre essere dotati di un cuore indomito e coraggioso per rimettersi in gioco dopo aver dato moltissimo, dopo aver scritto pagine indelebili della storia della moda, dopo aver meritato a pieno titolo l’appellativo di Maestro.

O, forse, non si tratta di coraggio, bensì dell’ordine naturale delle cose: può una grande e sincera passione fermarsi?

Guardando Roberto Capucci, classe 1930, posso dire che la risposta è un deciso no: colui che tanto ha dato e tanto ha osato non può spegnere il fuoco che l’ha sempre animato né può mettere a tacere l’imperitura passione che lo ha condotto lungo la strada di una continua sperimentazione.

In fondo, non potrebbe essere in altro modo se non così e credo che il Maestro abbia un’eterna primavera nel cuore, sentimento che lo porta a mettersi in gioco ancora oggi esattamente come nel 1950, quando aprì il suo primo atelier a Roma dopo aver studiato all’Accademia di Belle Arti.

Nel giro di pochi anni, Roberto Capucci ideò abiti geniali capaci di fondere sguardo attento sulla natura e gusto per la geometria: aveva solo 26 anni quando Christian Dior elogiò pubblicamente lui e il suo lavoro, definendolo “il miglior creatore di moda italiano”.

Due anni più tardi, Capucci disegno la Linea a Scatola destinata a rimanere una pietra miliare e a rappresentare un’autentica rivoluzione dal punto di vista tecnico e stilistico: grazie a questa proposta innovativa, il 17 settembre 1958 ricevette il Filene’s Youg Talent Design Award (l’Oscar della moda) quale migliore creatore di moda insieme a Pierre Cardin e James Galanos.

L’innovazione tecnica e stilistica di quella collezione consisteva nell’utilizzo di forme circolari e quadrate che rivestivano il corpo femminile senza evidenziarlo né celarlo: a partire da allora, l’intera storia dell’abbigliamento trovò un imprescindibile riferimento in Roberto Capucci e nelle sue creazioni.

Il Maestro ha oggi designato Cinzia Minghetti alla direzione di una squadra di giovani creativi che hanno interpretato in chiave contemporanea lo spirito e l’estetica delle sue opere, esposte nei più importanti musei del mondo, nonché dell’ormai mitica Linea a Scatola.

Roberto Capucci e Cinzia Minghetti (photo credit: Archivio Capucci)
Roberto Capucci e Cinzia Minghetti (photo credit: Archivio Capucci)

Lo scorso febbraio, ho avuto l’enorme piacere di poter assistere alla presentazione della prima collezione di ready-to-wear nata dalla nuova avventura: l’autunno – inverno 2015 /2016 riparte proprio dal cerchio e dal quadrato e dall’intuizione di una moda essenziale e rigorosa, vitale e vivace senza bisogno di inutili bizzarrie.

I tessuti esclusivi sono stati concepiti grazie a tecniche industriali innovative, mirate a riprodurre le lavorazioni sartoriali della Haute Couture: ci sono plissettature, patchwork, applicazioni, sovrapposizioni.

I colori mi hanno fatto battere forte il cuore: vanno dal blu inchiostro all’ametista, dal verde oliva all’oro con alcune combinazioni forti e ad effetto come il rosso con il viola, un abbinamento tipico per il Maestro.

È stato amore a prima vista anche per le camicie, bianche e architettoniche, e per i tre piccoli immortali abiti da cocktail a schiena nuda e fiocco, inventati da Roberto Capucci negli anni ’60 e riproposti oggi.

Questo nuovo progetto di prêt-à-porter è condotto in sinergia con un gruppo di aziende italiane fortemente specializzate: ad accomunare le varie realtà è l’elevato potenziale di artigianalità e modernità.

Tutte insieme hanno realizzato una collezione a filiera 100% made in Italy: i tessuti vengono dal comasco, mentre gli accessori sono prodotti sulla Riviera del Brenta, una delle area di eccellenza per la calzatura di lusso.

Cinzia Minghetti è entrata nell’Archivio Capucci con mano esperta e delicata: è stata scelta personalmente dal Maestro che – ovviamente – continua e continuerà a disegnare.

Non ha mai smesso di farlo e oggi, a 85 anni, con entusiasmo e lungimiranza, dimostrando quell’eterna primavera di spirito e di visione di cui parlavo in principio, comprende che i tempi che viviamo esigono il prêt-à-porter e non solo l’alta moda.

Come potrebbe essere altrimenti per un uomo che è stato moderno in ogni fase della sua vita e in ogni contesto storico, un grande stilista che ha disegnato costumi per il cinema (suoi quelli di Silvana Mangano e Terence Stamp per il film Teorema di Pier Paolo Pasolini) e che, già nel 1970, iniziò a presentare il suo lavoro in un museo con una collezione in grado di rivoluzionare la tradizione delle sfilate, con modelle che indossavano stivali con tacco basso, senza trucco e con i capelli al naturale.

Fu da lì che iniziò la grande sperimentazione che ha poi condotto con l’inserimento nelle sue collezioni di elementi decorativi rigidi e strutturali, materia ricca e povera, tessuti pregiati, sassi e paglia: nel 1980, Capucci decise poi di presentare le sue collezioni come personali d’artista, realizzandole senza seguire né scadenze né calendari.

Alla presentazione del 26 febbraio, ho avuto l’onore di vedere in esposizione l’abito <em>Ventagli</em> creato da Roberto Capucci nel 1980. L’abito è realizzato in taffetà di seta cangiante in varie sfumature di rosso: gli elementi a ventaglio inseriti nei fianchi della gonna si aprono e si chiudono con effetto a sorpresa.
Alla presentazione del 26 febbraio, ho avuto l’onore di vedere in esposizione l’abito Ventagli creato da Roberto Capucci nel 1980. L’abito è realizzato in taffetà di seta cangiante in varie sfumature di rosso: gli elementi a ventaglio inseriti nei fianchi della gonna si aprono e si chiudono con effetto a sorpresa.

Oggi, Cappucci è pronto a una nuova rivoluzione e ci dà la sua interpretazione di ready-to-wear.

Ho avuto la fortuna di incontrarlo due volte, la seconda il 26 febbraio scorso alla presentazione alla quale era naturalmente presente: mi emoziono ogni volta in cui mi trovo al cospetto di un grande Maestro, soprattutto nel momento in cui Cinzia Minghetti mi ha raccontato che è stato bellissimo lavorare con lui, perché è stato generoso e si è aperto con entusiasmo.

Lo stilista mi emoziona dunque non solo per l’importanza e la bellezza di ciò che ha fatto, ma anche per la capacità di dare spazio a un nuovo talento come Cinzia: il suo amore per i giovani designer non è nuovo, considerato il suo impegno in concorsi orientati in questa direzione (vedere qui in fondo).

“Fai della bellezza il tuo costante ideale”: questo è il motto di Roberto Capucci e della Fondazione che porta il suo nome.

Operazione riuscita, Maestro.

Manu

 

 

 

Tutte le foto sono miei scatti realizzati in occasione della presentazione del 26 febbraio; fanno eccezione le due che ritraggono il Maestro Capucci e Cinzia Minghetti e che provengono dall’Archivio della maison.

 

 

 

Per maggiori informazioni e per approfondire:

Qui potete trovare il sito Capucci (e qui tutta la collezione FW 15-16), qui la pagina Facebook.

Qui trovate una meravigliosa intervista a Roberto Capucci realizzata in occasione della presentazione di febbraio: io mi sono commossa.

Qui sotto, invece, ecco il video della collezione Capucci FW 15-16.

La Fondazione Roberto Capucci è stata costituita nel 2005: l’Archivio – dichiarato nel 2008 di “Notevole Interesse Storico” dalla Sovrintendenza per i Beni Archivistici del Lazio – raccoglie materiale collezionato dal Maestro dall’inizio della sua carriera e comprende 450 creazioni d’alta moda, 500 illustrazioni, 22.000 schizzi originali, 20 quaderni di bozzetti, 150 audiovisivi, 40.000 fotografie nonché innumerevoli articoli pubblicati su migliaia di giornali. Nel 2007 è stato inaugurato il Museo della Fondazione Roberto Capucci a Firenze, nella Villa Bardini: lì vengono allestite piccole mostre secondo selezioni tematiche che mettono in luce i diversi aspetti concettuali del lavoro di Capucci fino al dettaglio delle lavorazioni sartoriali. Qui potete trovare il sito della Fondazione Roberto Capucci.

Nel 2008 è stato lanciato un programma formativo con seminari specialistici che accolgono studenti di moda e di arte, studiosi, esperti del settore: con l’Associazione Moda e Modi è stato lanciato il concorso “Roberto Capucci per i giovani designer. Oltre (a)gli abiti – il design prende una nuova piega” che è stato realizzato nel 2013 a Milano nell’ambito del Salone del Mobile. Qui potete trovare il sito del concorso e qui la pagina Facebook.

Numerosi musei di tutto il mondo hanno invitato la Fondazione a presentare il lavoro del Maestro: tra le più recenti, menziono l’antologica “Roberto Capucci. Art into Fashion” al Philadelphia Museum of Art (2011), la mostra “Roberto Capucci e l’antico. Omaggio alla Vittoria Alata” al Museo Santa Giulia a Brescia (2012) e la mostra “Roberto Capucci. La ricerca della regalità” alla Reggia di Venaria Reale (Torino, 2013 – 2014). La mostra “Style on Stage. Art of Elegance” al Museo di Stato di San Pietroburgo (2013 – 2014) ha ospitato due monumentali creazioni di Capucci e al Museo MAXXI di Roma si è appena conclusa la mostra collettiva “Bellissima. L’Italia dell’Alta Moda 1945-1968” con sei opere di Capucci. Trovate tutte queste esposizioni e molte altre qui.

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

Glittering comments

florisa
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Cara Manu ormai sarò nei tuoi incubi notturni e diurni…ti rincorro e mi accorgo spesso come le nostre strade si intreccino al pari della vite sul tutore..o dell’edera avvinta sulla Pizzi…. o dell’antibiotico sulla mia attuale bronchite controcorrente di inizio estate (devo essere originale in tutto..)..comunque per farla breve e non annoiarti arrivo al punto.Come ti ho già scritto ho partecipato qualche anno fa a questo meraviglioso seminario presso la Fondazione e ho potuto non solo conoscere il signor Roberto Capucci,ma anche le persone straordinarie che fanno parte dell’entourage del maestro .ma la parte più bella te la devo ancora raccontare.Dopo pochi mesi dalla fine del seminario che fu bellissimo non solo per le conoscenze acquisite ,ma anche perché essere a Firenze a maggio con i miei ragazzi e dividerci un piccolo appartamento per risparmiare (io lo feci soprattutto per aiutarli economicamente e per condividere con loro quei giorni come una loro coetanea con tanto di serate in pigiama sui letti a chiacchierare fino all’alba…come vedi i miei pensieri non solo sono spettinati,ma anche cotonati..) è stata un’esperienza che ancora tutti portiamo nel cuore, fui contattata dalla facoltà di Scienze e Tecnologie della Moda dell’Università di Bari presso cui insegnavo Design e che la cara Gelmini ha provveduto a far chiudere.La facoltà era stata interpellata dalla Fondazione Capucci per la riorganizzazione dell’archivio del Maestro.Il mio coordinatore di allora prof.Vito Gallotta mi invitò insieme a due colleghi ad andare a Roma presso lo studio laboratorio di Capucci.Rimasi molto stupita da un fatto:il Maestro non era proprietario dell’appartamento usato come studio ,ma era in fitto….non era riuscito nonostante le creazioni meravigliose e il successo riconosciuto da tutto il mondo ,ma non dall’Italia evidentemente, ad arricchirsi tanto da acquistare il luogo dove progettava e realizzava i suoi capolavori.La stessa Fondazione si auto finanzia con i corsi che organizza due volte l’anno:a maggio e a settembre/ottobre.La scelta coraggiosa fatta dal maestro di non scendere a compromessi con il mercato come molti pseudo stilisti anche nostrani fanno mercificando la bellezza,ha avuto un prezzo.Quando sono entrata in questo grande appartamento di Roma un mare di emozioni mi hanno preso alla gola.Grandi stanze che “odoravano “di stupita bellezza,classe, eleganza..ma tutto in un’atmosfera accogliente e familiare.Sui tavolini tante foto del maestro con le più importanti personalità della cultura,della storia ,dello spettacolo..quello vero di una volta,visi sorridenti che si offrivano senza superbia e supponenza al fotografo ufficiale e non, anche nelle immagini più intime.I grandi divani accoglienti su cui sicuramente si erano seduti personaggi importanti ed influenti del mondo dell’arte , principi e reali che chiedevano al Maestro una magia erano ora lì,sotto il nostro più plebeo fondo schiena. Abbiamo visionato con accuratezza ed emozione l’archivio cartaceo :articoli di giornali,menzioni speciali,foto di Capucci giovane e sorridente,disegni con tutti i suoi appunti.Ancora oggi quando ci penso mi emoziono.E poi ci hanno portato in un’altra parte della grande casa:una stanza enorme dove erano stipati centinaia di abiti meravigliosi che non erano stati esposti presso il museo della Fondazione.Il Paradiso credo abbia quella forma…tessuti che erano poesie,ricami,drappeggi e soprattutto plissettature mai viste in vita mia.In un angolo un meraviglioso piccolo abito arancione in shantung (tessuto che LUI adora)con un corpetto minuto a giro collo e senza maniche ed una gonna scolpita a palloncino.L’ho annusato e toccato spudoratamente e mi fu detto che era stato fatto per un 18° compleanno di non so quale rampollina di nobile famiglia .Ripensai velocemente agli abiti osceni che le diciottenni si fanno confezionare travestite delle drag queen: neri,scollati,lunghi e luccicosi .Mentre uscivamo da quell’appartamento sullo stesso pianerottolo proprio di fronte c’era una porta aperta ed io vidi passare velocemente e silenziosamente due signore anziane in camice bianco.Mi fu detto dalla presidentessa della Fondazione che aveva fatto gli onori di casa ,che di fronte c’era la vera e propria sartoria del maestro e che quelle signore anziane erano alcune delle sarte.Poi scuotendo tristemente la testa ci disse che una volta andate via quelle signore, sarebbe stato difficile trovare altre persone alla loro all’altezza .L’arte e della sartoria è faticosa e si attua nell’ombra e in una società dove tutti vogliono la visibilità a qualsiasi costo è molto difficile trovare persone che la conoscano e la sappiano fare.Il progetto purtroppo non andò in porto perché non c’erano fondi da parte dell’Università per potere avviare il lavoro..premetto che sia io che i miei colleghi mettevamo a disposizione a titolo assolutamente gratuito il nostro lavoro..anzi ,io avrei perfino pagato per poterlo fare. Ecco ti ho raccontato quest’altro tassello della mia vita…spero a ottobre di poter tornare a frequentare il seminario sulla plissettatura….un abbraccio

Manu
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Ti prego di credermi, Florisa: ho letto il tuo racconto provando mille sensazioni e sfumature.
Mi sono emozionata, ho sorriso, ho provato meraviglia, incanto, stupore; ho provato anche un po’ di rabbia e tristezza (per certe situazioni e condizioni che ben descrivi) e ho versato qualche lacrima.
Cito una tua frase: “La scelta coraggiosa fatta dal Maestro di non scendere a compromessi con il mercato come molti pseudo stilisti anche nostrani fanno mercificando la bellezza ha avuto un prezzo”. Ecco, credo non ci sia altro da aggiungere.
Il Maestro ha un temperamento incredibile ed è straordinariamente coerente, prova ne è anche uno degli episodi che racconta nell’intervista che ho linkato. Chapeau, questo rende davvero grande un uomo.
Mentre scrivo, ho la pelle d’oca.
Non so come dirti GRAZIE per aver condiviso questo meraviglioso racconto qui e per aver dedicato tempo prezioso per scriverlo.
Sono così felice che tu l’abbia fatto e che possa rimanere come traccia e testimonianza perenne per me e per tutti coloro che passeranno.
Con stima, affetto e gratitudine,
Manu

P.S. (1): Se tutti i miei incubi notturni fossero come te, non vorrei più svegliarmi; se quelli diurni ti assomigliassero, avrei risolto tutti i miei problemi 🙂
P.S. (2): I pensieri cotonati… Immagino avrai già capito quanto io adori questa immagine 🙂 E comunque immagino le serate in pigiama coi tuoi studenti: spettacolo!
P.S. (3): Per quanto riguarda la chiusura della facoltà di Scienze e Tecnologie della Moda dell’Università di Bari è meglio che io non mi esprima, cerco di restare una signora – per quanto possibile. Pessimo esempio di quanto (poco) spazio e di quanta (poca) importanza vengano dati oggi alla cultura in questo nostro povero Paese. E dalle istituzioni, per giunta…

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