Inside Magritte a Milano: «ceci n’est pas une exposition»

«Essere surrealista significa bandire dalla mente il già visto e ricercare il non visto.»

Credo di non aver mai letto parole più adatte per definire chi è un surrealista e ad aver pronunciato tali parole è una persona autorevole, sicuramente tra le più competenti in materia: parlo di René Magritte, ovvero uno dei massimi pittori del XX secolo nonché uno tra i maggiori esponenti del surrealismo.

Prendo in prestito le sue parole per iniziare il racconto di un’avventura che mi fa particolarmente piacere condividere con tutti coloro che leggono, perché questa esperienza riguarda proprio lo straordinario (e credo amatissimo) artista e perché tali parole sono perfette per motivare il tipo stesso di esperienza.

L’esperienza è un viaggio multimediale tra reale e immaginario, tra evocazione di un mondo onirico e racconto della vita concreta dell’artista: si tratta di Inside Magritte, il nuovo e inedito percorso espositivo multimediale dedicato al grande maestro René Magritte (1898 –1967), promosso dal Comune di Milano, ideato e firmato da Crossmedia Group (maggior produttore italiano di Digital Exhibition) insieme a 24 ORE Cultura che co-producono la tappa milanese per la regia di The Fake Factory.

A partire da oggi, 9 ottobre, e fino al 10 febbraio 2019, Inside Magritte anima la Cattedrale della Fabbrica del Vapore a Milano con immagini, suoni, musiche, evocazioni e suggestioni che ricostruiscono l’universo pittorico dell’artista belga: per la prima volta in assoluto, una mostra monografica digitale e multisensoriale a lui dedicata viene realizzata con il supporto e la consulenza scientifica della Succession Magritte di Bruxelles.

Con la curatela di una storica dell’arte giovanissima (tengo a specificarlo poiché è cosa che mi fa molto piacere), la belga Julie Waseige, Inside Magritte è un itinerario in cui a essere assolute protagoniste sono le atmosfere e i soggetti dei suoi quadri, probabilmente tra le immagini più note della pittura del Novecento: gli uomini in bombetta che galleggiano nel cielo delle metropoli, i corpi umani con la testa di pesce, la famosa pipa-non-pipa (Ceci n’est pas une pipe).

Ieri sono stata all’anteprima stampa e posso garantire che Inside Magritte è in grado di accompagnare tutti noi visitatori in un universo surrealista con un linguaggio narrativo intenso e assolutamente evocativo: coinvolgimento, illusione e allusione sono gli strumenti per entrare nel mondo enigmatico di René Magritte e nella sua arte il cui scopo era quello di mostrare il mistero e l’ignoto poiché – per usare ancora una volta una sua affermazione – «la mente ama l’ignoto, ama le immagini il cui significato è sconosciuto, poiché il significato della mente stessa è sconosciuto».

 

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Ma come si articola il percorso espositivo multimediale Inside Magritte?

Il visitatore viene accolto da una sezione introduttiva composta da due sale collegate e grazie alle quali è possibile approfondire l’avventura artistica di Renè Magritte, dalle note biografiche a parete della prima sala fino alle suggestioni più iconiche trasmesse dagli oltre 20 monitor della Sala Visual.

A questo punto si accede alla Sala Immersiva che con il suo flusso continuo di immagini è il cuore di tutta l’esperienza: è qui, sui maxi-schermi ad altissima definizione, che prende letteralmente vita l’universo pittorico dell’autore (come vedete dalle foto che condivido e che vengono dal mio account Instagram), tracciando un viaggio che va dalle prime opere surrealiste fino al periodo post bellico passando per la Parigi degli Anni Venti.

In un’unica experience room, è dunque possibile vivere per 50 minuti un’esperienza immersiva a 360° e che coinvolge lo spazio senza soluzione di continuità: dalle pareti fino al pavimento, le immagini delle opere diventano un unico flusso di sogno, di forme fluide e smaterializzate in motivi evocativi dell’arte di Magritte, dagli esordi alle ultime opere.
Come ha spiegato Julie Waseige durante la conferenza stampa alla quale ho assistito, è stato necessario fare una selezione della vastissima produzione di Magritte: ben 160 immagini offrono una visione completa dell’opera del maestro del surrealismo, altrimenti impossibile da ammirare in un unico evento espositivo.
Il tutto avviene con un eccezionale impatto visivo possibile grazie al sistema Matrix X-Dimension ® che si avvale di un imponente apparato di proiettori laser (29 e tutti a marchio Canon, mi fa piacere e mi sembra giusto dirlo visto il mio continuo sostegno al talento in ogni sua forma), un apparato in grado di trasmettere sulle superfici dell’installazione oltre 40 milioni di pixel, garantendo una definizione maggiore del Full Hd.

L’esperienza immersiva prosegue grazie al magico caleidoscopio di segni e figure che si susseguono sulle pareti, sul pavimento e sul soffitto della Sala degli Specchi (inserita all’interno della experience room principale) e, ancora, attraverso un’ulteriore saletta dove è possibile fare l’esperienza di realtà 3D con i visori Oculus VR, esperienza sviluppata in esclusiva dal team di Crossmedia Group guidato dall’artista 3D Chunhui Luo.

Devo dire che – per quanto mi riguarda – l’esperienza con i visori Oculus VR ha rappresentato il definitivo colpo di fulmine nei confronti di Inside Magritte: credo di non aver mai vissuto in tutta la mia vita un’esperienza simile, sembra di entrare nei quadri e sembra di muoversi davvero negli ambienti alla Magritte con un risultato da vertigine!

 

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A questo punto, come faccio sempre, dopo aver raccontato Inside Magritte, desidero darvi i motivi per cui questo evento mi ha convinta e affascinata al punto di provare il desiderio di condividerlo e raccomandarlo calorosamente.

Ricordate le parole di Magritte che ho citato in principio?

«Essere surrealista significa bandire dalla mente il già visto e ricercare il non visto.»

Avevo affermato che esse sono perfette per motivare l’entusiasmo verso questo tipo di esperienza e lo ribadisco, con convinzione: Inside Magritte rispetta la visione di colui che ne è protagonista proponendo qualcosa di non visto.

Oggi, essere produttori di mostre implica necessariamente essere anche innovatori e conoscere tutti gli strumenti messi a disposizione dalla tecnologia per raggiungere l’obiettivo di veicolare cultura al più ampio numero di fruitori possibili e, in particolar modo, ai giovani e giovanissimi che, naturalmente, sono attratti dai nuovi linguaggi: per questo io credo che proporre una innovazione del prodotto culturale sia la strada giusta.

E per questo sposo con decisione la strada del percorso espositivo multimediale; per questo ho dato spazio a eventi quali Chagall – Sogno di una notte d’estate e Modigliani Art Experience (ancora in corso al Mudec fino al 4 novembre), raccontandoli qui nel blog, nonché a Klimt Experience, raccontandolo per ADL Mag.

Notate che ho usato appositamente le espressioni percorso espositivo multimediale oppure esperienza immersiva e non mostra: come è stato detto anche in occasione della conferenza stampa, è ora di abituarsi a questi nuovi eventi e a non definirli mostre perché non lo sono ma sono – appunto – qualcosa di diverso che desidera assolutamente convivere con l’idea della mostra espositiva tradizionale.

Come ci ha ben spiegato la curatrice Julie Waseige, essendo comprensiva di luci e suoni, l’esperienza immersiva si inscrive piuttosto nell’ambito di ciò che oggi viene definito entertainment ovvero intrattenimento ovvero un evento quasi più vicino allo spettacolo: in tal senso, la proiezione delle immagini anche a terra (come avviene in tutti i percorsi di questo tipo) è fondamentale, poiché consolida il rapporto di partecipazione fisica amplificando il senso di immersione.

L’esposizione immersiva non si propone dunque di fare concorrenza a una mostra tradizionale né è destinata (assolutamente!) a rimpiazzarla, ma piuttosto ad ampliare le possibilità di fruizione dell’arte poiché, in questo nuovo contesto, lo spettatore è spinto ad assumere un atteggiamento diverso da quello con cui solitamente visita un museo: malgrado la crescente tendenza dei musei ad assimilare le nuove tecnologie per scrollarsi di dosso l’etichetta di luoghi polverosi, le istituzione museali continuano a proporre un rapporto con l’opera che passa principalmente attraverso una contemplazione frontale, individuale e silenziosa, ovvero un rapporto talvolta purtroppo poco attraente per i non esperti e i non appassionati.

Abituato anche dalle nuove tecnologie tutte basate sulla logica della interazione, oggi il pubblico tende però a voler andare oltre la semplice contemplazione, tanto più se questa avviene in un contesto pieno di restrizioni: il visitatore è infatti giustamente e necessariamente tenuto a osservare un severo codice di comportamento in seno all’istituzione museale, nel rispetto degli altri, della sicurezza e della buona conservazione delle opere.
Al contrario, l’esperienza digitale e immersiva incoraggia invece un rapporto inglobante, interattivo, libero, attivo, dinamico anche attraverso la fotografia e la sua condivisione.

Se ne facciano una ragione tutti i detrattori o gli scettici: la vita e l’arte evolvono ed evolve il modo di fruire entrambe.

L’arte deve necessariamente essere innovativa e sovversiva e tutti i più grandi artisti sono stati innovatori e hanno infranto i tabù della loro epoca: Magritte era noto con il soprannome le saboteur tranquille, ovvero il sabotatore tranquillo, per la sua capacità di insinuare dubbi nel reale, rappresentando soggetti apparentemente realistici che però ancora oggi stupiscono per dettagli assolutamente misteriosi soggetti a letture non banali né convenzionali.

 

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D’altro canto, è stato ancora una volta Magritte a spogliare l’arte – la sua e non solo – di troppi carichi.

Esattamente come affermava un altro grande artista della sua epoca, ovvero Marcel Duchamp (1887 – 1968) il quale sosteneva che è l’osservatore a fare il quadro, Magritte si è infatti preoccupato di liberare le sue opere così come spiega in una pubblicazione.

«Una falsa convinzione sulle opere d’arte attribuisce alla pittura il potere di esprimere più o meno esattamente dei sentimenti e perfino di esporre delle idee. Questo errore è legato alla ‘interpretazione’ di ciò che avviene quando guardiamo un quadro: ci emozioniamo, ci ‘vengono delle idee’, e ne deduciamo che quel quadro esprime un sentimento o delle convinzioni. Tanto vale credere, ad esempio, che un dolce mangiato con soddisfazione esprima quel piacere, nonché il sentimento che il pasticcere voleva mostrare. Tanto vale anche credere che una cipolla esprima l’idea ‘di far scendere le lacrime quando la peliamo’. Le relazioni cipolla-lacrime o dolce-piacere sono possibili, e non di meno lo è quella quadro-emozione-idea. Ma di certo la cipolla, il dolce e il quadro sono incapaci di esprimere dei sentimenti o di enunciare delle idee.»

Trovo sia un meraviglioso e affascinante spunto di riflessione.

Non dimentichiamo infine che Magritte è l’autore del celeberrimo dipinto La Trahison des images (in italiano Il tradimento delle immagini): l’opera, realizzata nel 1928-29, contesta la raffigurazione di una pipa (non si tratta di fatto di una pipa bensì di una sua immagine), mirando a mettere in risalto la differenza di tangibilità e consistenza che il mondo della realtà ha rispetto a quello dei segni.

L’opera, realizzata quando l’artista belga aveva trent’anni, raffigura inequivocabilmente l’immagine di una pipa seguita da una sconcertante didascalia in un corsivo manierato ed elegante che afferma: «Ceci n’est pas une pipe» ovvero «Questa non è una pipa», affermazione diventata poi famosissima

E, allo stesso modo, curatori e organizzatori di Inside Magritte hanno voluto giocare con le parole, lanciando lo slogan «Ceci n’est pas une exposition» ovvero «Questa non è una mostra».

 

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Concludo il mio viaggio alla scoperta di Inside Magritte, progetto d’intrattenimento culturale, tornando alla mia esperienza con i visori Oculus VR: quando sono entrata nella piazza virtuale 3D in cui ho trovato uno degli uomini in bombetta di Magritte, ho allungato fisicamente il mio braccio sperando di poterlo toccare, ben sapendo che ciò che stavo vivendo non era reale.

Eppure desideravo moltissimo quel contatto: ricordate la frase che ho riportato qui sopra «la mente ama l’ignoto, ama le immagini il cui significato è sconosciuto, poiché il significato della mente stessa è sconosciuto»?

Magritte aveva ragione e la parte irrazionale, misteriosa, ignota, sconosciuta del mio cervello desiderava fortemente quel piccolo grande incontro impossibile nel quale eppure mi riconoscevo perché in quel momento ero inside Magritte, dentro Magritte.

Ecco perché affermo che Inside Magritte riesce a proporre al visitatore un percorso a 360° in un mondo enigmatico e nel quale si realizza il trionfo (e il sogno…) di un’arte senza confini.

Manu

 

 

 

 

Inside Magritte
Fabbrica del Vapore, Via Giulio Cesare Procaccini 4, Milano
Dal 9 ottobre 2018 al 10 febbraio 2019
Orari
Lunedì: 14.30 – 19.30
Martedì – mercoledì – venerdì – domenica: 9.30 – 19.30
Giovedì – sabato: 9.30 – 22.30
La biglietteria chiude un’ora prima con ultimo ingresso 18.30
BIGLIETTI Intero € 14,00 | Ridotto € 12,00
Informazioni e prenotazioni: qui il sito ufficiale della mostra, qui il sito di Fabbrica del Vapore

A proposito della curatrice Julie Waseige
Julie si è laureata in Storia dell’Arte nel 2012 all’Universite Libre de Bruxelles, in Belgio, ed è diventata una rispettata storica dell’arte grazie alle sue ricerche all’avanguardia sul Surrealismo belga.
I suoi studi si sono concentrati inizialmente sul gruppo surrealista della regione dell’Hainaut (Belgio del sud), prima di spostarsi al gruppo di Bruxelles guidato dall’iconico artista belga Rene Magritte.
Julie ha ricoperto il ruolo di collaboratore scientifico al Magritte Museum di Bruxelles per tre anni (2013-2016): da allora, è passata allo studio indipendente di diversi progetti dedicati a Rene Magritte.
Spinta dalla passione per l’unicità di questo artista, Julie è particolarmente interessata allo studio dei diversi modi di comunicare al pubblico la vita e la filosofia del pittore: al momento, sta lavorando a un documentario e a diversi libri, lezioni e mostre internazionali.
Tra le altre cose, oltre a Inside Magritte, sta curando la mostra René Magritte, La Ligne de vie che avrà luogo a Lugano e Helsinki tra il 2018 e il 2019.

Dall’anteprima stampa di <em><strong>Inside Magritte</strong>:</em> vedete quella figuretta seduta all’inizio della panchina, con la bombetta in testa esattamente come l’uomo nel quadro del pittore belga? Ecco, sono io ripresa insieme ad altri colleghi dall’obiettivo del fotografo Paolo Poce (grazie).
Dall’anteprima stampa di Inside Magritte: vedete quella figuretta seduta all’inizio della panchina, con la bombetta in testa esattamente come l’uomo nel quadro del pittore belga? Ecco, sono io ripresa insieme ad altri colleghi dall’obiettivo del fotografo Paolo Poce (grazie).

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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