Modigliani Art Experience, excursus multisensoriale al Mudec di Milano

Martedì 19 giugno sono stata al Mudec, il Museo delle Culture di Milano, per l’anteprima stampa che ha inaugurato Modigliani Art Experience, affascinante excursus multi-sensoriale dedicato al Maestro Modì.

Dovete sapere che, da sempre, Modigliani colpisce profondamente il mio immaginario, dunque ero molto curiosa di scoprire come fosse stata impostata quella che, per ora, non voglio chiamare semplicemente mostra (vi spiegherò perché).

Per prima cosa, ho ascoltato l’interessante conferenza stampa, rimanendo estremamente colpita dalle parole del professor Francesco Poli, storico, critico d’arte e curatore di Modigliani Art Experience.

Dopodiché, ho attraversato la sala introduttiva che ospita alcuni capolavori di arte primitiva africana del XX secolo provenienti dalla collezione permanente del Mudec nonché due ritratti opera di Modì e provenienti dal Museo del Novecento di Milano: questa sala è determinante poiché, nel medesimo ambiente, unisce i modelli artistici di arte primitiva che il genio livornese ebbe senz’altro a ispirazione e, appunto, alcuni ritratti originati da tali ispirazioni, il tutto allo scopo di poter fare un confronto immediato e diretto.

Infine, sono entrata nella Experience room, il cuore di tutto l’evento, un’unica grande sala che introduce nel mondo bohémien di Amedeo Modigliani nella Parigi dei primi del Novecento.

Lì, in quella grande stanza buia che prende vita attraverso immagini, suoni, musiche, evocazioni e suggestioni, ho scelto un angolo tranquillo e mi sono accomodata per godermi l’intero ciclo di proiezione che dura circa un’ora.

Tra foto d’epoca, immagini delle opere, arie liriche accuratamente selezionate per affinità con i gusti del Maestro (Modigliani amava molto la musica che non mancava mai nelle sue giornate, soprattutto quella lirica e dei caffè letterari, come ci ha raccontato il professor Poli), Modigliani Art Experience mi ha permesso di ripercorrere la vita del grande artista attraverso un racconto che, partendo da Livorno, ne narra le origini e la formazione in Italia, approdando subito dopo nella Parigi degli inizi del XX secolo.

Qui, i quartieri di Montmartre a Montparnasse fanno da sfondo al racconto del lungo periodo parigino di Modigliani e agli incontri con gli artisti più famosi dell’epoca che, come lui, hanno trovato in Parigi un ambiente artistico d’avanguardia dal quale trarre ispirazione.

La guerra, il trasferimento a Nizza e la prematura morte segnano, ahimè, la fine del racconto.

Attraverso questo filo cronologico e con il tramite di immagine, parola e suono, la proiezione spiega il rapporto di Modigliani con l’arte, il rapporto con mecenati e mercanti, le amicizie con scrittori, artisti e letterati dell’epoca, i suoi amori (primo fra tutti quello con Jeanne Hébuterne): esplora anche il tema delle figure femminili e dei nudi nella sua arte.

Ve lo confesso: sono stata felice del fatto che nella grande stanza regnasse il buio perché, a un certo punto, mi sono ritrovata con gli occhi colmi di lacrime, tanto colmi che ho dovuto cercare frettolosamente un fazzoletto nella borsa per evitare un disastroso straripamento nonché una colossale figuraccia – che rischio di fare comunque ora confessando il mio pianto.

Immagino che qualcuno potrà pensare che ho l’inclinazione alla lacrima facile.

E allora permettetemi di fare un’analisi insieme a voi.

Credo che sia successo massimo due o tre volte in tutta la mia vita che io abbia pianto a una mostra o in museo e l’ho fatto per quella che viene definita Sindrome di Stendhal o comunque qualcosa di molto simile.

I miei occhi colmi di lacrime, martedì scorso, non sono stati causati da un’inclinazione al sentimentalismo, ma da un’empatia fortissima che la proiezione multimediale è riuscita a suscitare in me: nonostante avessi studiato le vicende di Modigliani sui libri, mai avevo provato la sensazione di immergermi così tanto e così a fondo nella sua storia, come se vivessi al suo fianco, come se potessi osservarlo nella sua stanza mentre dipingeva, come se sentissi le sue emozioni davanti a ciò che amava vedere, vivere e poi dipingere, come se sentissi la stessa consapevolezza che lui provò a un certo punto davanti alla malattia ormai innegabile e alla morte imminente e ineluttabile.

Per un’ora, ho vissuto a Parigi con il Maestro Modì e con i più grandi artisti di quegli anni.

E ho sentito una fitta intensa per la sua morte che, troppo presto, ha privato l’umanità di un genio ribelle e per quella di Jeanne Hébuterne, la compagna che si tolse la vita non potendo sopravvivergli…

Credo – e lo credo con grande forza ed estrema convinzione – che questa nuova formula multimediale che i musei di tutto il mondo stanno adottando per poter far fruire l’arte a un pubblico sempre più grande non solo non svilisca l’arte stessa ma che, al contrario, sia molto coinvolgente e che faccia nascere la voglia di approfondire studio e conoscenza anche in chi – come me e tantissimi altri, ne sono certa – ha sempre praticato e frequentato l’arte.

E chi mi conosce bene lo sa, sa che approvo, appoggio e incoraggio tutto ciò che possa servire a diffondere cultura e arte, beni sempre più necessari all’uomo anche e soprattutto in tempi difficili come quelli che viviamo, poiché arte, bellezza e cultura educano il cuore e lo spirito di noi esseri umani.

Non solo: trovo che il Mudec abbia trovato un proprio modo, personale e interessante, di proporre questi eventi multimediali.

Trovo infatti interessante che, oltre alla proiezione, venga proposta una sala introduttiva che consente di contestualizzare ciò che si va poi a vedere; e trovo interessante che si trovi un modo per porre in dialogo la collezione permanente del Museo con le mostre temporanee che vengono via via organizzate.

Il Mudec fa tutto ciò molto bene, riuscendo a valorizzare al meglio il suo patrimonio e lanciando un nuovo modello di mostra – a questo punto posso tornare a usare tale termine: non più solo un’esposizione ma non solo un evento multimediale.

Un esempio del buon lavoro fatto dal Mudec è la mostra dedicata a Frida Kahlo appena conclusasi, ne ho parlato qui, che entra di diritto nella top ten delle mostre più visitate dal 2010 a oggi a Milano, inserendosi al 3° posto; è inoltre in assoluto la mostra più visitata di sempre al Mudec dalla sua apertura nel 2015 ad oggi.

Ecco perché mi sono tanto emozionata, ecco perché ho scelto Modigliani Art Experience, ecco perché ve ne parlo con tanto entusiasmo e calore, ecco perché consiglio la visita.

Ed ecco perché raccomando di farvi un grande regalo: se andrete – c’è tempo fino al 4 novembre 2018 – prendetevi il tempo necessario per sedervi e per immergervi in un ciclo completo di proiezione così come ho fatto io.

Fare ciò vi permetterà di entrare in un’altra dimensione e di sentire quell’empatia che spero di avervi narrato.

E ora, dopo le mie ciance, vi lascio a tutti i dettagli tecnici qui sotto.

Manu

 

 

 

 

Modigliani Art Experience

Dal 20 giugno al 4 novembre 2018

Mudec – Museo delle Culture
Via Tortona 56 – Milano

Orari: Lun 14:30 ‐19:30 | Mar, Mer, Ven, Dom 09:30 ‐ 19:30 | Gio, Sab 9:30‐22:30

Biglietti: Intero € 13,00 | Ridotto € 11,00

Qui trovate il sito del Mudec, qui la pagina Facebook, qui l’account Twitter e qui quello Instagram

Nell’ambito del palinsesto artistico-culturale che il Comune di Milano dedica quest’anno al Novecento italiano, il Mudec – Museo delle Culture di Milano propone un’esperienza artistica unica, sia per la scelta dell’artista sia per la collaborazione che ne è nata tra i musei del Polo del Novecento: Modigliani Art Experience è un affascinante racconto – ricostruito attraverso immagini, suoni, musiche, evocazioni e suggestioni – che ricompone l’universo di Amedeo Modigliani pittore e scultore e permette di proiettarsi nel contesto parigino di cui Modì, l’artista maledetto per eccellenza, fu assoluto protagonista.

Prodotta da 24 ORE Cultura con il supporto scientifico dei conservatori del Mudec e del Museo del Novecento di Milano, Modigliani Art Experience si propone come un vero e proprio excursus multisensoriale, arricchito da opere di confronto.

Il progetto allestito prevede una sala introduttiva che ospita alcuni capolavori di arte primitiva africana del XX secolo provenienti dalla collezione permanente del Mudec e due ritratti di Modì provenienti dal Museo del Novecento di Milano.

Segue la Experience room, il cuore di tutto l’evento, un’unica grande sala che introduce nel mondo bohémien di Amedeo Modigliani nella Parigi dei primi del Novecento.

Il visitatore può vivere per circa un’ora un’esperienza immersiva a 360° che coinvolge tutto lo spazio senza soluzione di continuità; dalle pareti al pavimento, le immagini delle opere diventano un unico flusso di sogno, di forme fluide e smaterializzate in motivi evocativi dell’arte di Modigliani, dagli esordi alle ultime opere; centinaia di immagini selezionate per una visione completa dell’opera di Modì altrimenti impossibile da ammirare in un unico evento espositivo.

Un mondo simbolico, enigmatico e sensuale riprodotto con eccezionale impatto visivo grazie al sistema Matrix X-Dimension, progettato in esclusiva per questa video installazione e che si avvale di un imponente apparato di proiettori laser, in grado di trasmettere sulle superfici dell’installazione oltre 40 milioni di pixel, garantendo una definizione maggiore del Full Hd.

Accanto all’arte di Modigliani, è inoltre possibile ammirare anche le fotografie d’epoca sulla vita dell’artista con i suoi luoghi simbolo, i personaggi storici e i suoi amici, i suoi amori, i costumi, la moda di una Parigi in assoluto fermento artistico, lo stile bohémien di vita, la polemica anti-borghese.

Completa l’esperienza una coinvolgente colonna sonora, filologicamente legata al periodo e alle esperienze di Modigliani, a testimoniare quanto la musica – soprattutto quella lirica e dei caffè letterari – influenzò l’opera di questo grande artista.

Accanto al filo cronologico, è fondamentale sottolineare come il curatore Francesco Poli abbia individuato anche due influssi nel primitivismo del Maestro, influssi che emergono dalla trama del video-racconto: un primitivismo di matrice etnica, riconducibile alle ricerche degli artisti d’avanguardia della Parigi di fine Ottocento e primi del Novecento, e un altro influsso derivante dai primitivi italiani del Duecento / Trecento e, più in generale, dai grandi classici della storia dell’arte italiana.

A chiudere il percorso di Modigliani Art Experience è invece una Infinity Room, ovvero una Sala degli Specchi, nella quale alcune delle opere più significative dell’artista si ripresentano agli occhi del visitatore in un gioco continuo di scomposizioni e rifrazioni, chiudendo così il percorso multi-sensoriale.

Il professor Poli l’ha definita sala di decompressione e io sono d’accordo – ancora una volta con lui: eccomi qui sotto in due autoscatti realizzati proprio lì…

A me, in effetti, la sala è servita a decomprimere, consentendomi di riprendermi dalle forti emozioni che ho provato, metabolizzandole prima di tornare nel mondo e alla luce del sole…

Il curatore e direttore artistico Francesco Poli (Torino 1949)

Storico e critico d’arte contemporanea, il professor Poli ha insegnato fino al 2014 Storia dell’Arte Contemporanea all’Accademia di Brera di Milano e fino al 2016 all’Université Paris 8 di Parigi.
Attualmente, insegna Arte e Comunicazione a Scienze della Comunicazione presso l’Università di Torino.
Ha curato numerose mostre in musei, spazi pubblici e privati.
Collabora con riviste specializzate, tra cui Arte e con continuità al quotidiano La Stampa.
Ha pubblicato numerosi libri e saggi.

A proposito del Maestro Modì racconta:
«Modigliani era un apolide e un cosmopolita, non aveva radici. Era sia italiano sia francese, ma soprattutto mirava a un empireo delle idee, in un tempo assoluto. La purezza delle sue immagini e del suo pensiero faceva da contrappeso alla dissipazione dell’esistenza.
Da una parte, egli è in linea con le avanguardie del suo tempo e con le ricerche degli artisti che frequentava; dall’altra la staticità, la sintesi, la raffinatezza e la purezza dell’immagine pittorica e scultorea corrispondono a un’esigenza dello spirito e a un’etica dello stile.»

La regia

The Fake Factory è uno studio pluripremiato, specializzato in videoarte e new media art, fondato a Firenze nel 2001 dall’artista e video designer Stefano Fake insieme a un gruppo di talentuosi videomaker digitali, animatori, fotografi, progettisti e visualmaker.
The Fake Factory affronta da anni – e con successo – temi di sperimentazione linguistica legati ai nuovi media ed è ora un punto di riferimento italiano e internazionale nella realizzazione di videoarte contemporanea.

La progettazione e la produzione tecnica

Grazie alla conoscenza approfondita del sistema museale europeo, agli aggiornamenti costanti e alla lunga esperienza operativa nel settore multimediale, audiovisivo, in quello delle piattaforme mobili e del mercato digitale, Crossmedia Group, fondata nel 2008, riveste un ruolo di primo piano a livello internazionale come fornitore di prodotti innovativi e strategie per mostre multimediali, applicazioni, prodotti educativi, editoriali.
Crossmedia Group ha oggi focalizzato il proprio interesse nella progettazione, produzione, distribuzione e allestimento di mostre multimediali immersive, permanenti o temporanee, caratterizzate da grande appeal, originalità e spettacolarità.

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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