Barbie e Mattel, non più un solo modello di bellezza

Ne hanno parlato magazine, riviste e blog: Barbie, la fashion doll più celebre, verrà proposta in tre nuove tipologie di silhouette – alta, formosa e minuta ovvero Tall, Curvy e Petite – insieme a una varietà di tonalità di carnagione.

L’intento di Mattel, la casa produttrice, è quello di offrire alle bambine infiniti modi per vivere tutte le storie che sanno inventare esprimendo la propria immaginazione attraverso le molteplici immagini di Barbie.

“Per più di 55 anni, Barbie ha rappresentato un’icona di cultura globale e una fonte d’ispirazione e immaginazione per milioni di bambine in tutto il mondo”, afferma Richard Dickson, Presidente di Mattel. “Barbie riflette il mondo che le bambine vedono intorno a loro. La sua capacità di sapersi rinnovare e stare al passo con i tempi, pur rimanendo fedele al suo DNA, è il motivo per cui Barbie è rimasta la fashion doll numero uno nel mondo.”

La nuova linea 2016 include 4 silhouette (l’originale e le 3 nuove), 7 tonalità di carnagione, 22 colori degli occhi, 24 acconciature e, naturalmente, innumerevoli abiti e accessori: è il restyling più profondo e significativo di sempre.

La diversità arricchisce dunque il mondo Barbie e dà seguito a un percorso iniziato già nel 2015 quando sono state introdotte 23 bambole con diversi colore di pelle e capelli nonché col piede flessibile per poter scendere dai tacchi e indossare scarpe basse. Un altro fatto degno di nota, a mio avviso, visto che Barbie portava fin dai suoi esordi tacchi vertiginosi.

“Barbie ha sempre aperto un mondo di possibilità, a partire dalle sue 180 carriere, rappresentando un modello ispirazionale, con innumerevoli cambi di outfit e di accessori,” racconta Evelyn Mazzocco, Vice Presidente di Mattel. “Siamo entusiasti di cambiare letteralmente il volto del brand, queste nuove bambole rappresentano una linea che riflette maggiormente il mondo che le bambine vedono intorno a loro, grazie alla varietà di silhouette, di tonalità della carnagione e di stili e ciò permette a ogni bambina di trovare una bambola che la rappresenti.”

E aggiunge una cosa a mio avviso importante: “Riteniamo di avere nei confronti delle bambine e dei genitori la responsabilità di riflettere una visione più ampia della bellezza”.

Responsabilità, parola magica.

Le nuove Barbie (© Mattel, All Rights Reserved)
Le nuove Barbie (© Mattel, All Rights Reserved)

Quando ho letto questa notizia, ho pensato che i detrattori di Barbie (quelli che hanno sempre criticato soprattutto la sua fisicità con affermazioni tipo è troppo alta, è troppo magra, ha la vita troppo stretta, non ha proporzioni reali) sarebbero finalmente stati contenti: povera me, povera illusa.

Pare che l’essere umano sia destinato a essere eternamente scontento e a lamentarsi in ogni caso e pare che Barbie sia destinata a essere al centro di discussioni: ho letto infatti un sacco di polemiche.

E allora vi dico cosa penso io.

Prima di tutto, desidero guardare la questione dal punto di vista dei bambini (ci provo, almeno): mi sembra la cosa più importante, in fondo sono loro che giocano con le bambole.

Come avevo già scritto tempo fa in un altro mio post sempre a proposito di Barbie, a mio avviso, i bambini non caricano giochi e giocattoli di tutte le implicazioni (e complicazioni) morali, psicologiche e sociali che invece riusciamo a trovare noi adulti: si divertono o non si divertono, amano o non amano.

Io, per esempio, riservo alla creatura di Mattel bellissimi ricordi d’infanzia: per me è stata una compagna per la quale mi piaceva immaginare mille storie e avventure. E quando oggi guardo mia nipote che con occhi sognanti mi presenta le sue Barbie (incluse un paio delle mie vecchie, conservate da mia mamma e oggi passate in eredità), capisco che la magia continua.

Una cara amica, invece, mi ha raccontato che da bambina tagliava a zero i capelli di tutte le sue Barbie.

Questi due approcci completamente diversi sono la dimostrazione di quanto sostengo: i bambini si divertono o non si divertono, amano o non amano.

I bambini sono curiosi, notano certe cose e fanno domande, è vero, ma il loro approccio alla cosiddetta diversità non è come quello di noi adulti, è meno complicato e più immediato così com’è facile la sua accettazione: fanno propria una novità rapidamente in quanto la loro mente è elastica e la loro logica è lineare, dunque novità e diversità diventano per loro normalità in breve tempo.

In che cosa, allora, secondo me, la nuova Barbie può servire a un bambino?

Come tutti i giochi, Barbie è una sorta di palestra per formare il futuro adulto e, dunque, potrà semplicemente far vedere ai bambini quante infinite possibilità e varietà esistono e come ci sia spazio per tutte, senza classifiche e graduatorie. Tutto qui. E questo può essere uno strumento ulteriore in mano ai genitori.

Ha ragione Evelyn Mazzocco, le aziende che fanno giocattoli hanno “la responsabilità di riflettere una visione più ampia della bellezza”, oggi più che mai. Ma con semplicità, ripeto, in serenità e senza esagerata dietrologia.

Perché, viste le polemiche, forse siamo noi adulti ad avere più bisogno della diversità di Barbie di quanta ne abbiano i bambini.

Le nuove Barbie (© Mattel, All Rights Reserved)
Le nuove Barbie (© Mattel, All Rights Reserved)

E qui arrivo al secondo punto del quale desidero parlare, ovvero la questione diversità dal punto di vista di noi adulti.

In effetti, da brava adulta complicata, mi sono chiesta anch’io se questa evoluzione fosse davvero necessaria. Evoluzione, sì, e non ho scelto il termine a caso.

Che si voglia ammetterlo o no, Barbie ha sempre accompagnato le molteplici evoluzioni del mondo femminile: lo sta raccontando, per esempio, una bella esposizione che è tuttora in corso (fino al 13 marzo) al Mudec, il Museo delle Culture di Milano, mostra della quale ho parlato in dettaglio per SoMagazine (ebbene sì, un altro articolo su Barbie… l’ho detto, a me sta simpatica).

Dalla sua prima apparizione il 9 marzo 1959, Barbie non è stata solo l’amica di milioni di bambini in tutto il mondo, ma è anche riuscita ad abbattere frontiere linguistiche, culturali, sociali e antropologiche: per esempio, ha dato voce alle pari opportunità per la prima volta come dirigente d’azienda nel 1985 e ha viaggiato nello spazio nel 1965, quattro anni prima che Neil Armstrong camminasse davvero sulla Luna. E, sebbene non abbia mai vinto le elezioni, si è candidata per la presidenza 6 volte dal 1992.

Barbie ha inoltre intrapreso moltissime professioni (spesso in campi in cui le donne sono purtroppo l’eccezione) all’insegna di quello che è stato da sempre il suo motto: I Can Be.

Non solo: fin dal 1964, Mattel porta avanti la ricerca di un legame tra le diverse culture proponendo una varietà multietnica intesa come valore contemporaneo imprescindibile.

A questo punto, mancava un ulteriore passo: in un’epoca – la nostra – in cui l’aspetto e la forma fisica sono al centro di infinite discussioni, anche Barbie doveva mettersi in gioco proponendo le varie fisicità possibili.

Ecco perché scrivo che questa è un’evoluzione e che è l’ennesima di Barbie. Dipenderà dal fatto che sono sempre ottimista e che vedo il bicchiere sempre mezzo pieno? Forse, può essere.

Eppure desidero spingermi oltre. Vi va di seguirmi?

Le nuove Barbie (© Mattel, All Rights Reserved)
Le nuove Barbie (© Mattel, All Rights Reserved)

Mi sto occupando di accettazione, di varietà e di diversità, di sfaccettature, di infinite possibilità, di amore per sé stessi e di empatia verso il prossimo ormai da diverso tempo. Credo tra l’altro fermamente che bellezza e perfezione non siano sinonimi.

Nel 2013, mi sono messa in gioco in prima persona con uno shooting che ha messo in evidenza le mie cicatrici; ho parlato dell’edizione 2014 del calendario Beautiful Curvy; per SoMagazine, ho intervistato Francesca Polizzi, curvy model, e proprio in questi giorni ho raccontato un meraviglioso progetto che vede protagonista Valentina Tomirotti, giornalista impegnata nel sociale e disabile motoria da sempre. Seguo con piacere diversi blog che si auto-definiscono curvy e seguo quelli che parlano di persone più mature, definiamole così, tipo Advanced Style di Ari Seth Cohen.

Le varie sfaccettature dell’essere umano non mi fanno paura, insomma, e dunque non mi dispiace affatto che Mattel abbia voluto fare la propria parte.

E mi è venuta in mente anche una cosa che mi aveva detto Francesca Polizzi in occasione della nostra lunga chiacchierata per SoMagazine, una cosa che aveva attirato la mia attenzione e che ora mi sembra cadere a fagiolo, come si suol dire: le avevo chiesto se non le desse fastidio essere definita curvy model e riporto integralmente la sua risposta.

“Diciamo che, in un mondo ideale, si dovrebbe poter fare a meno di certi aggettivi: credo però fermamente che, in questo momento, definizioni come curvy e come tante altre che denotano temi ben più importanti siano necessarie. Perché? Semplicemente perché alcune categorie di persone sono sempre state tenute fuori dai giochi, senza alcuna opportunità di farsi notare o di avere un proprio ruolo: per avere questa opportunità, si sono dovute imporre, hanno dovuto affermare che sono ciò che sono senza vergognarsene. Quindi, al momento, l’aggettivo curvy non mi turba, anzi, contribuisce a dare enfasi alla mia – diciamo così – emancipazione visto che sto facendo parte di un settore in cui la mia taglia non era mai stata nemmeno lontanamente considerata. La speranza è che prima o poi saremo tutte considerate modelle e basta, ognuna ovviamente con le sue caratteristiche, ma ancora non ci siamo.”

Ecco, io credo che, nel migliore dei mondi possibili, non dovrebbe servire una Barbie per farci capire che esistono tanti tipi di bellezza e che le varie tipologie – per esempio, alte, piccoline, magre, formose – spesso si mischiano tra loro dando vita a infinite combinazioni: ma, visto che purtroppo non viviamo in tale immaginario mondo perfetto, allora forse abbiamo ancora bisogno di qualcosa che ci aiuti a superare le differenze.

E sembra pensarla così anche il prestigioso Time che ha dedicato una copertina all’evoluzione di casa Mattel.

Il titolo è assai eloquente: “Ora possiamo smetterla di parlare del mio corpo?”

Se non fosse chiaro, c’è il sottotitolo: “Cosa dice la nuova forma di Barbie a proposito della bellezza americana”. E non solo americana, aggiungerei io.

Concedetemi la facile battuta: non credo che il Time abbia tempo per stare a “pettinare le bambole”. In tutti i sensi, metaforici e reali, e nemmeno se si tratta di una celebrità come Barbie.

Dunque, il mio eterno ottimismo non è del tutto folle né troppo romantico, tutto sommato.

Non solo: mentre noi stiamo qui a discutere se le Barbie Tall, Curvy e Petite siano il bene o il male, qualcuno è già passato oltre.

Mi riferisco a una ragazza nigeriana: Haneefah Adam ama la moda e ha da poco creato un account Instagram destinato a far notizia. Veste Barbie e crea veri e propri shooting ma, al posto dei soliti outfit, fa indossare alle sue bambole hijab e abiti rispettosi dei dettami musulmani.

Simbolo culturale e religioso, il velo non deve necessariamente essere inteso come uno strumento di repressione della femminilità: questa è la tesi di Haneefah. Un altro esempio forte della trasversalità di Barbie e di quanto possa essere uno strumento.

Due delle creazioni di Haneefah Adam (fonte: @hijarbie by H. Adam)
Due delle creazioni di Haneefah Adam (fonte: @hijarbie by H. Adam)

Sapete, questa settimana ho visto solo due frammenti del Festival di Sanremo (non sono una spettatrice abituale o affezionata, né di questo evento né della televisione in generale): martedì sera, ho visto Laura Pausini; mercoledì sera, ho visto Ezio Bosso.

Ho potuto godere di due persone e due artisti che, attraverso il loro intervento e la loro esibizione, hanno esemplificato ognuno a proprio modo la Meraviglia della Diversità – sì, lo voglio scrivere così, maiuscolo.

Laura ha fatto un discorso molto bello e che condivido al 100%: ha parlato di quanto sia meraviglioso essere simili che non è esattamente essere uguali. Essere simili prevede infatti anche uno spazio di diversità ed essa diventa ricchezza e libertà.

Questa somiglianza deve essere tutelata con la sua importante e splendida componente di diversità. Per essere migliori insieme, per essere un po’ più ricchi. Per restare uniti e per proteggerci a vicenda anziché scioccamente dividerci o farci dividere.

Ezio Bosso, pianista, compositore e direttore d’orchestra di fama mondiale, è stato colpito nel 2011 dalla sclerosi laterale amiotrofica, la famigerata SLA. Il suo corpo si agita sulla sedia a rotelle e le sue mani si muovono scomposte; eppure, quando suona il pianoforte, si trasforma, si trasfigura attraverso la musica e dà vita a una coinvolgente gioia che è quasi estasi. Le sue mani tornano precise e veloci e danzano sui tasti quasi per miracolo.

E, prima di lasciare il palcoscenico di Sanremo, il Maestro Bosso ha regalato un pensiero simile a quello di Laura: “La musica come la vita si può fare solo in un modo, insieme”.

Ecco, questo, alla fine, è anche il mio pensiero.

Ben venga tutto ciò che unisce, che genera comprensione, che aiuta a comprendere la diversità.

Posso dirlo? Barbie inclusa.

Manu

 

 

 

 

 

I miei articoli a proposito delle mille forme della bellezza e della varietà dei modelli possibili:

Per SoMagazine: qui parlo di Francesca Polizzi, curvy model; qui parlo di Advanced Style e altri esempi significativi di bellezza matura; qui parlo di Boudoir Disability, il progetto di Valentina Tomirotti, giornalista impegnata nel sociale e disabile motoria da sempre.

Qui nel blog: qui mi sono cimentata in uno shooting… con cicatrici insieme a Maria Chiara; qui ho parlato del calendario Beautiful Curvy; qui ho parlato di Renée Zellweger e della libertà di stare bene con noi stessi; qui ho parlato di Clio Zammatteo insultata da Giovanni Veronesi perché cicciona e di due modelle speciali, Winnie Harlow alias Chantelle e Jamie Brewer; qui ho parlato di una pubblicità Saint Laurent ritirata in quanto accusata di mostrare una modella irresponsabilmente magra.

 

Per approfondire ulteriormente l’argomento:

Qui trovate l’interessante opinione uscita dalla penna di Valentina, la protagonista di uno dei miei articoli citati qui sopra.

Se siete curiosi di conoscere meglio il progetto di Haneefah Adam, la ragazza nigeriana che veste Barbie, qui trovate il suo account Instagram.

 

Barbie e io:

Per SoMagazine: qui parlo della mostra “Barbie The Icon” al Mudec di Milano.

Qui nel blog: qui parlo del progetto speciale Barbie Oriental Obsession voluto da Mattel con Luisa Via Roma; qui parlo di ciò che crea l’artista e designer Sophie Cochevelou con Barbie e altri giocattoli.

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

Glittering comments

Cristina
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Cara Manu,
Sono d’accordissimo sul fatto che i bambini non siano affetti da dietrologia. .da bambina passavo interi pomeriggi con la mia Barbie ma non mi sono mai concentrata sul suo aspetto in quanto ero troppo impegnata ad immaginare storie, avventure e situazioni che avevano come protagonista la mia bambila preferita. Credo che dietro questa operazione della Mattel si celi una robusta indagine di mercato ma personalmente trovo positivo tenere in considerazione la BIODIVERSITA’ anche in questo settore. Ritengo l’omologazione, anche nei canoni estetici, un male della nostra epoca che ha accuito l’insorgenza di DCA divenuti ormai trasversali nella nostra società! Le diffidenze e le peculiarità

Cristina
Reply

Le differenze e le peculiarità del singolo come vero patrimonio! Mi piacerebbe visionare il tuo shooting del 2013 magari poi mi dirai dove rintracciare!
Grazie ancora per lo spunto di riflessione che hai offerto!

Manu
Reply

Cristina cara,
Scrivi – come sempre – cose intelligenti e molto interessanti.
Anch’io, come te, da bambina non ho mai considerato né vissuto l’aspetto di Barbie come un problema o una cosa vincolante: non mi sentivo sminuita dal fatto che non le assomigliassi (non ero certo né slanciata né bellissima ma non me ne facevo un cruccio) e semplicemente mi faceva sognare coi suoi abiti e i suoi accessori tant’è che mi domando se parte della mia mania per la moda non derivi anche da lei (è altrettanto vero, però, che ho tanto giocato con bambole con sembianze da neonati ma non ho sviluppato istinto materno).
Ammiravo i suoi occhi, i suoi capelli e le gambe, ma non sognavo di essere come lei: non so bene come spiegarlo, forse non eravamo così fissate con un certo tipo di estetica, allora. Non era un modello a cui aspirare, era solo un bel giocattolo: il modello (e il desiderio di emulazione) era invece rappresentato dalle avventure e dalle situazioni che sapevamo immaginare e che speravo corrispondessero a ciò che sarei stata in grado di fare da grande. Ovvero volevo andare a lavorare per essere economicamente indipendente e potermi così comprare vestiti, scarpe, borse, auto, andare in vacanza e quant’altro (sono stata accontentata… fin troppo).
Tu e io siamo allergiche all’omologazione, in tutti i campi e i settori, e sottoscrivo completamente il tuo augurio: vedere differenze e peculiarità come vero patrimonio da difendere e come armi positive da opporre a terribili flagelli quali i disturbi del comportamento alimentare, capitolo dolorosissimo.
Ti abbraccio e ti ringrazio di cuore,
Manu

P.S.: grazie per il tuo interesse verso quel mio shooting… Se ti va, lo trovi qui 🙂 E, sempre se ti va, mi farà piacere conoscere il tuo parere a proposito delle foto e anche dei miei perché, della mia scelta di farlo e pubblicarlo.

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