Armani e il suo Silos che contiene sogni, successi, storia, futuro della moda

Armani è uno dei motivi per cui mi occupo di moda.

Questo post inizia così, con un’affermazione forte che non lascia spazio a dubbi.

Giorgio Armani, classe 1934, e la sua prestigiosa maison fondata nel 1975 figurano tra i miei ricordi di bambina, ricordi che profumano di tenerezza, calore e divertimento nonché dei primissimi approcci con la moda.

Ricordo molto bene quando mia sorella e io trascorrevamo interi pomeriggi a disegnare figurini, immaginando anche di frequentare gli stilisti che erano famosi in quegli anni, Maestri del calibro di Giorgio Armani, Valentino, Gianni Versace, Ottavio Missoni, Franco Moschino, Gianfranco Ferré.

Ebbene sì, eravamo due bambine dotate di grande fantasia ed ecco perché, quando mi chiedono di parlare di me, affermo che la moda è una malattia con la quale sono nata – una malattia meravigliosa.

Armani è lo stilista che ha forgiato i miei primi sogni di moda: vi è entrato quando ero solo una bambina con gli occhi pieni di meraviglia e curiosità e lì è rimasto per sempre, stagione dopo stagione, anno dopo anno.

Sono cresciuta, ho studiato, ho coltivato tante passioni: il bello, la moda, la comunicazione sono diventati sempre di più poli di irresistibile attrazione e si sono infine fusi nel mestiere che faccio oggi, con amore, passione, devozione e quella stessa curiosità che – per fortuna – non si è mai affievolita ma che al contrario è cresciuta, diventando più matura e profonda. Nonché più consapevole, mi piace pensare, anche se ciò che avevo colto da bambina, in modo istintivo come spesso accade ai giovanissimi, continua a essere il nucleo di tutto.

Sapete, amo molto Milano, la città in cui sono nata, cresciuta e nella quale continuo a vivere e a lavorare: la amo così tanto che perfino qui nel blog esistono vari tag dedicati, incluso uno intitolato Milano… la mia attraverso il quale raccolgo ciò che più mi piace e quello che più corrisponde alla mia visione. Esiste anche un ciclo di post intitolati Cartoline virtuali da Milano al tempo di Instagram che ho inaugurato nel 2013 e ai quali – per inciso – è ora di aggiungere nuovi capitoli.

Ho visto e vissuto fasi alterne del capoluogo meneghino: lo ricordo bello da bambina, più cupo nella mia tarda adolescenza e prima giovinezza, di nuovo rifiorito oggi nell’età della mia maturità. Ha passato brutti momenti la mia Milano, lo ammetto, ma ora – con quella tenacia che posso dire l’accompagna – sta risorgendo da quelle che sembravano le sue ceneri di città da sempre propensa a essere capoluogo degli affari, della cultura, del design, della moda.

Amo il fatto che città e cittadini abbiano avuto la precisa volontà di risorgere e che tale risultato sia stato ottenuto tornando a fare una cosa che a me piace molto, ovvero aprirsi al mondo: è infatti proprio il concetto di apertura, che è innanzitutto nuovo approccio culturale, una delle ragioni del cosiddetto Rinascimento milanese.

Milano, città del design, ha conquistato il mondo con il Fuori Salone; Milano, città della musica, ha inventato PianoCity, centinaia di pianoforti a suonare ovunque; Milano, città dell’editoria, ha dato vita a BookCity, attraendo lettori in tutti i luoghi della cultura; Milano, capitale Expo nel 2015, ha lanciato per prima il format del FuoriExpo; Milano, città della moda, ha aperto quest’anno le porte dei suoi atelier attraverso una nuova manifestazione intitolata Apritimoda! (ne ho parlato qui per ADL Mag, il blogazine di Accademia del Lusso, scuola in cui insegno e per la quale scrivo).

Tra coloro che hanno fatto proprio il concetto di apertura e di condivisione (e che è stato uno dei primissimi a farlo), figura proprio Giorgio Armani: piacentino di nascita ma fortemente legato al capoluogo meneghino, lo stilista ha regalato a Milano e al mondo l’Armani/Silos di via Bergognone.

Inaugurato nel 2015 in occasione dei festeggiamenti per i quarant’anni di attività dello stilista (come ricordavo in principio, la sua prima collezione risale al 1975, anno in cui fondò l’azienda con il socio Sergio Galeotti), Armani/Silos è lo spazio che accoglie le creazioni di Giorgio Armani in una selezione ragionata e suddivisa per temi che ne raccontano l’estetica e la storia.

Mi piace definirlo così, spazio e non museo, per sottolinearne la dinamicità, la vitalità e la fruibilità così come ha voluto e vuole lo stilista.

«Ho scelto di chiamarlo Silos perché lì venivano conservate le granaglie, materiale per vivere. E così, come il cibo, anche il vestire serve per vivere.»

Così racconta Giorgio Armani e – come immaginerete – non posso che essere d’accordo con lui: nato su idea dello stesso stilista che ne ha seguito anche il progetto, il Silos sorge nel luogo dove originariamente si trovava un deposito di cereali e granaglie di una grande industria multinazionale, la Nestlé. Silos, dunque, di nome e di fatto, nella storia e nel nuovo intento.

L’edificio, costruito nel 1950, a seguito dell’intervento di ristrutturazione si sviluppa ora su quattro livelli per una superficie complessiva di circa 4.500 metri quadrati.

Per il progetto di via Bergognone, contrariamente a quella che è la tendenza dell’architettura contemporanea, Giorgio Armani non ha ricercato il clamore e ha invece volutamente ricercato una forma razionale e le aree relative alle varie attività all’interno dell’edificio sono state progettate esattamente con la stessa logica: rispondere con razionalità alle esigenze funzionali, sempre nel rispetto della natura del luogo.

L’intervento ha pertanto conservato la sagoma originaria dell’edificio – che ricorda quella di un alveare, metafora di laboriosità – rafforzando l’identificazione tra il nuovo spazio espositivo e la filosofia estetica di Re Giorgio che ricerca l’essenzialità liberando da tutto ciò che viene ritenuto superfluo.

All’interno, l’edificio è organizzato attorno a un vuoto centrale che si sviluppa in verticale dal basso fino in cima: una scala centrale collega i quattro livelli – dal piano terra al terzo – e organizza il percorso, lasciando percepire l’altezza e la dimensione della struttura.

Armani/Silos ospita una selezione ragionata di abiti dal 1980 a oggi: la selezione, che non segue un criterio cronologico, racconta la storia e l’estetica dello stilista ed è suddivisa per temi, temi che hanno ispirato – e che continuano a ispirare – il lavoro creativo di Giorgio Armani.

Al piano terra, vi sono la sezione Stars e quella dedicata al Daywear; al primo piano, trova posto la sezione Esotismi; al secondo piano, c’è Cromatismi; al terzo piano, infine, appare (letteralmente…) la sezione Luce nonché l’archivio digitale.

L’archivio digitale è una parte importante del progetto e costituisce un work in progress: è uno spazio unico che offre la possibilità di ricostruire tutte le fasi della progettazione, del metodo di lavoro e del processo di Giorgio Armani.

Raccoglie una ricca raccolta di immagini dei personaggi che hanno indossato gli abiti in esposizione, oltre alle foto di sfilata e delle campagne pubblicitarie; comprende una selezione di schizzi, disegni tecnici esemplificativi e materiale relativo alle collezioni Prêt-à-Porter e Alta Moda; permette di consultare fotografie e schede tecniche di abiti e accessori in mostra.

Gli outfit sono suddivisi per stagioni e collezioni: oltre ai bozzetti, ci sono video di sfilata e di backstage, foto di campagne iconiche e immagini tratte da Emporio Armani Magazine, il magazine che Giorgio Armani aveva lanciato nel 1988 e che quest’anno, dopo vent’anni, ha ripreso a pubblicare.

L’archivio è dedicato a tutti, ai ricercatori, agli studenti e agli appassionati che desiderano approfondire il lavoro e l’universo stilistico di Giorgio Armani: è consultabile gratuitamente e si avvale di un sistema di catalogazione sviluppato appositamente per Armani/Silos. Workstation, tavoli touchscreen e un’area proiezioni sono gli strumenti messi a disposizione.

Oltre all’esposizione permanente, il Silos ospita anche mostre temporanee: quest’anno, per esempio, c’è stato un evento dedicato a Larry Fink con l’esposizione di 125 fotografie originali in bianco e nero incentrate sulla beat generation e i party di Hollywood.

Perché vi parlo di Armani/Silos oggi?

In primis perché, domenica 12 novembre, ho accompagnato alcune amiche a visitarlo e ho realizzato di non aver mai dedicato né un post né un articolo a questo luogo che amo: mi sono chiesta perché – che sciocca… – e ho deciso che era ora di rimediare a questa mancanza, proprio usando gli scatti che ho fatto quel pomeriggio e che con tanta passione ho instagrammato, instaurando piacevoli conversazioni e confronti con tante persone che mi fanno il dono di interagire sul social che oggi preferisco.

Il secondo motivo è perfino più importante: mi capita talvolta di sentire qualcuno affermare che Giorgio Armani è oggi superato.

Qualcuno afferma infatti di tanto in tanto che lo stilista sia ormai troppo ancorato ai capisaldi del suo lavoro, risultando uguale a sé stesso.

Sì, è vero, è uguale a sé stesso, non lo nego, ma avere una precisa identità è forse diventato un difetto?

Quando si è scritto un proprio codice, riconoscibilissimo e inconfondibile, non è un male essere coerenti, anzi, al contrario, è un pregio.

In oltre quarant’anni, Giorgio Armani è stato capace di scrivere un’estetica – la propria – inventando e innovando quando necessario (dalla giacca destrutturata al colore greige, una tinta che mixa sapientemente grigio e beige): ha creato un percorso che si snoda in capitoli fluidi, un racconto intenso fatto di immagini, percezioni, naturalezza e sensualità mai ostentata né urlata.

Ha creato l’essere Armani, un modo di pensare, vestire, vivere, muoversi e ha delineato un’immagine unica, elegante e discreta; uno stile che si identifica, appunto, con il suo nome.

E a chi considera tutto ciò superato, vorrei porre un quesito: e da cosa, di grazia?

Superato forse dal clamore e dalla volgarità che coprono (o vorrebbero coprire) l’assenza di stile e l’assenza di vere idee che caratterizzano alcuni marchi contemporanei e il loro lavoro? È questa la modernità alla quale aspirare?

Per carità, preferisco e preferirò sempre la soave eleganza di Re Giorgio!

E la preferisco così tanto che, molto presto, tornerò all’Armani/Silos con gli studenti di un nuovo corso che terrò in Accademia del Lusso: sono ragazzi che vengono dall’estero e desidero fortemente che conoscano questo luogo.

Perché Armani non è affatto superato e, al contrario, la sua lezione è imprescindibile e si identifica in modo indissolubile con il miglior Made in Italy.

Perché Armani può forgiare i sogni di ogni generazione che ami davvero la moda (quella di contenuto e non solo di fugace apparenza), così come, tanti anni fa, ha forgiato i miei.

Manu

 

 

 

Armani/Silos

Via Bergognone, 40 – Milano

Orari di apertura: dal mercoledì alla domenica, dalle 11:00 alle 19:00

Biglietti: intero 12 euro, ridotti a partire da 6 euro, gratuito per alcune categorie

Per raggiungerlo: metropolitana M2 – linea verde fermata Porta Genova; tram linee 2 – 9 – 10 (fermata Porta Genova M2); tram linea 14 (fermata Solari / Stendhal); autobus linea 68 (fermata Bergognone); autobus linea 74 (fermata Porta Genova M2); filobus linea 90 / 91 (Piazzale delle Milizie – Viale Troya)

Contatti: info@armanisilos.com oppure tel. +39 02 91630010 (da lunedì a sabato, dalle 9:00 alle 18:30)

Qui trovate il sito e qui la pagina Facebook

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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