Meo Fusciuni e la poesia dell’aromatario

Oggi ho voglia di parlare di profumi, di ricordi, di memoria. Di cose buone. Voglio raccontarvi di Meo Fusciuni e del suo mondo.

Meo Fusciuni si occupa di profumeria artistica: l’idea del marchio nasce nel novembre del 2009 e non definisco Meo né naso né profumiere, perché lui si definisce “aromatario”. Mi avevano fatto il suo nome qualche mese fa: da allora ho iniziato a seguirlo su Facebook e poi ho avuto l’opportunità di ascoltare un suo intervento alla conferenza stampa del White a inizio settembre (qui il mio articolo).

È stato proprio in quell’occasione che l’ho sentito definirsi “aromatario”: siccome sono curiosa come una scimmia (ormai lo saprete), ho fatto un po’ di ricerche e ho scoperto che in Sicilia, nel ‘700, col quel termine si definivano gli speziali, ovvero coloro che usavano le piante a scopo medicinale. Meo è siciliano e dunque l’uso dell’espressione segna un recupero e un legame con la terra di origine.

Dopo quella conferenza stampa, colpita da diverse cose che aveva detto, è scattata in me la voglia incontenibile di conoscerlo di persona e di scoprire il suo mondo e così sono andata a trovarlo al suo stand al White: lì ho trovato lui e Federica Castellani, le due persone speciali dietro a questo piccolo brand. Sono loro personalmente a seguire tutto con amore e cura: Meo e Federica (che si occupa della progettazione della grafica e dell’immagine del marchio) mi hanno donato tantissimo e mi hanno aperto questo loro mondo.

Non mi hanno fatto provare i loro profumi: me li hanno fatti vivere e non solo al momento. Il profumo dei cartoncini tester mi ha inebriato nuovamente quando ho aperto la borsa a casa, a fine giornata; sono tuttora sulla mia scrivania e mi riempiono di ricordi appena metto piede in studio. Dopo un mese, riescono a raccontare una storia che sento anche in questo momento, mentre scrivo.

Per me gli odori sono importanti. L’odore del pane quand’ero piccola, per esempio, soprattutto quello delle michette (o rosette): mia mamma mi mandava a comprarle nella panetteria poco distante. D’estate, quand’ero in vacanza dalla scuola, era il mio piccolo compito. E poi, il profumo della carta stampata, dei quotidiani e dei libri. Il profumo della salsedine. Il profumo della mia mamma: sapete che si dice che ogni persona abbia il suo odore. Il profumo di alcuni piatti che lego alla mia infanzia.

Profumi e odori spesso veicolano i ricordi e ce ne sono alcuni che ci fanno sentire bene, che ci fanno sentire a casa e che hanno il potere, anche dopo tanti anni, di riportarci indietro, nel tempo e in un luogo, odori che riconosciamo immediatamente, in mezzo ad altri mille: ritrovo tutti questi concetti nel lavoro di Meo Fusciuni.

Se vi state chiedendo se Meo Fusciuni sia il suo vero nome, vi rispondo subito: è il nome d’arte di Giuseppe Imprezzabile.

Meo è il diminutivo del nome di suo padre (Bartolomeo) e Fusciuni era il soprannome del nonno: significa sorgente, l’acqua che sgorga dalla pietra, dalla parete erosa dal tempo. Giuseppe ha voluto riproporre l’idea dell’acqua che scorre come metafora delle culture che allo stesso modo scorrono e s’incontrano, metafora fortemente presente in tutto il suo lavoro.

Per inciso: continuerò a chiamarlo Meo.

Un bel ritratto di Meo Fusciuni
Un bel ritratto di Meo Fusciuni

Il suo è un percorso atipico per un profumiere: è un chimico e ha una laurea in Tecniche Erboristiche presso la Facoltà di Farmacia. Per un periodo ha fatto anche l’antropologo nel deserto del Marocco: scriveva una rubrica di etno-botanica e approfondiva la sua passione per il mondo arabo. Poi l’interesse per l’aromaterapia l’ha avvicinato al mondo dei profumi.

“In ognuno dei miei progetti quello che conta non è il traguardo, ma le idee e i sogni lungo la strada; per me prima viene il viaggio, l’esperienza di vita, poi la creazione del profumo. Prima la piramide poetica, poi quella olfattiva. Al contrario di tanti, metto la poesia davanti alle molecole. La poesia è ciò che smuove le mie emozioni e mi permette di dare un’anima ai miei lavori. Quando finirà la poesia dentro di me, finirà questo lavoro.” (io non credo che questo possa accadere, n.d.r.)

Come molti sapranno, la piramide olfattiva è la struttura di un profumo: si compone di note di testa, di cuore e di fondo. Dato che sento sempre parlare di detta piramide, anche in questo caso mi sono documentata meglio: tecnicamente, rappresenta il grado di evaporazione dei componenti e della loro persistenza ed è costituita dai tre livelli che permettono di illustrare lo sviluppo temporale della fragranza. Le note di testa sono leggere e di debole persistenza, svaniscono in pochi minuti. Le note di cuore sono più potenti e più consistenti e hanno una persistenza media. Le note di fondo evaporano con lentezza e possono persistere per giorni.

Come accennavo, il percorso di Meo si sviluppa tra viaggio, esperienze di vita e culture che scorrono e s’incontrano: tutto ciò dà luogo a due filoni principali, la Trilogia del Viaggio e il Ciclo della Poesia.

La Trilogia del Viaggio è composta da tre diverse fragranze che corrispondono a tre momenti e a tre luoghi molto significativi per Meo.

La prima fragranza si chiama Rites de Passage: rimanda al momento in cui, a Istanbul, è nato il pensiero Meo Fusciuni. “La Porta d’Oriente è rappresentata dal fiore caldo dell’ylang-ylang, il suo Grand Bazaar dal pepe nero, mente i suoi luoghi sacri dal legno di sandalo”. La seconda fragranza è Shukran, che significa “grazie” in marocchino e rievoca il tè che si beve a Marrakech, con spiccate note di menta e tabacco: è un omaggio al popolo marocchino. Infine la terza fragranza è Ciavuru d’Amuri, cioè “profumo d’amore”: amore per la sua terra d’origine, la Sicilia. È un lavoro sulle memorie olfattive dell’infanzia: “il fico a casa di nonna Vincenza, il gelsomino sulla strada che portava al mare, l’incenso delle feste sacre intriso negli abiti di mia madre”.

Il Ciclo della Poesia inizia con Notturno ed è – ovviamente – ispirato alla notte e ai cinque poeti fondamentali della vita di Meo: Hölderlin, Rilke, Celan, De La Cruz e Neruda. Il primo cenno olfattivo è una forte nota alcolica: il rhum, che accompagna le notti insonni. La nota di cuore è l’inchiostro, quello della penna del poeta, insieme ad un accordo di cuoio, quello usato per rivestire i vecchi diari. La nota di fondo parla dei boschi: cedro e betulla provenienti dalla Virginia, ambra, muschio e incenso. Notturno nasce dalla ricerca di sé stessi e Meo cita De La Cruz: “più salivo in alto, più il mio sguardo s’offuscava, e la più aspra conquista fu un’opera di buio”.

Il buio lascia poi spazio a Luce, la sua ultima creazione: il ritrovamento dopo la ricerca, il bisogno di equilibrio, di stabile coscienza di sé. L’architettura olfattiva di Luce inizia con note di testa fatte di foglie di betulla e cedro e dell’odore della pelle: sono l’ultimo legame con Notturno. “La volontà di essere Luce sta nelle note di cuore, patchouli, tabacco e sandalo, ad oriente, dove un maestro mi disse di guardare, tra infinite acque e silenziosi edifici. E come lente parole, arriva il fondamento della base, ambra, vaniglia e benzoino, lo spazio, il silenzio, la Luce”.

La mia prima sensazione circa il lavoro di Meo – quando parlavo dell’importanza degli odori, dei ricordi ad essi legati e del loro potere evocativo – era dunque corretta. Lo dichiara lui stesso: “i ricordi e le sensazioni sollevate dalle persone che ho incontrato lungo la strada, la poesia della vita e la potenza di una memoria involontaria evocata da una fragranza, sono il significato del mio lavoro”.

Per me la memoria è importante, i ricordi sono importanti: sono preziosi e li custodisco gelosamente, mi fanno stare bene. Li coccolo, nonostante ami il futuro: senza memoria siamo nessuno e non abbiamo radici.

Credo profondamente che – se vissuti nella maniera corretta – i ricordi ci insegnino come andare avanti. E condivido anche il concetto dello scorrere e del confluire delle culture, adoro i viaggi e li considero esperienze che ci cambiano dentro.

Non posso quindi che amare il mondo di Meo: ne sono irrimediabilmente affascinata. Ritorno ai miei cartoncini tester, cercando le tracce dei pensieri e delle sensazioni che queste essenze speciali e originali hanno evocato in me.

Ogni cosa torna al suo posto,

tutti i segni della vita,

ogni profumo torna alla sua memoria

Meo Fusciuni

Per conoscere meglio Meo Fusciuni: chiedetegli l’amicizia su Facebook, qui, o scrivete a meofusciuni@libero.it

Manu

Ringrazio Federica Castellani per le foto qui sopra nel testo

 

 

Le mie foto al White lo scorso 21 settembre

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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