MFW, Stella Jean Uomo SS 16 e le mie riflessioni

È da poco terminata la kermesse di Milano Moda Uomo e a me tocca ammettere che, stavolta, ho accettato pochissimi inviti.

Credo sia dipeso dal fatto che preferisco stare un po’ alla finestra come spettatrice perché, francamente, devo ancora digerire la nuova direzione che la moda maschile sta prendendo.

Ma come – direte voi – ti occupi di moda e non comprendi i nuovi trend? Ebbene sì, nonostante dovrebbero essere il mio pane quotidiano, come si suol dire, in certe cose in realtà sono lenta come un bradipo – con tutto il rispetto per i bradipi, ovviamente.

Ciò che devo ancora digerire è la moda genderless o no sex, chiamatela come preferite, quella che propone capi neutri (neutri si fa per dire) indossabili sia da uomini sia da donne, senza grosse distinzioni.

Durante i cinque giorni dedicati alle tendenze uomo per la prossima primavera / estate 2016 si sono visti capi che spesso sembrano usciti più dal guardaroba femminile (per questo scrivo “neutri si fa per dire”): mi domando se e quanto tutto ciò sia una provocazione.

Da molto tempo – dicono gli stilisti – la donna può tranquillamente rubare capi nell’armadio del proprio uomo (io lo faccio da sempre, prima col mio papà e ora con mio marito): perché – si domandano – l’uomo non può fare altrettanto col guardaroba femminile?

E così, per la prossima bella stagione, parecchi designer hanno deciso di allungare le camicie, accorciare i pantaloni, osare pizzo e ruche, accendere le fantasie, alleggerire i tessuti quasi fino a farli diventare trasparenti.

Da una parte, ovviamente, l’inversione di rotta mi fa felice: essendo una persona che lotta contro limiti e barriere, una maggiore libertà di espressione e di sperimentazione mi fa piacere. Sapete come la penso: la moda è creatività, arte, talento e capacità di osare ed essendo soprattutto un linguaggio deve necessariamente adattarsi ai tempi, evolversi e usare codici sempre aggiornati.

Dall’altra parte, però, nasce un grande “ma”: tutto (o quasi) bello e divertente da vedere in passerella, ma quante di queste proposte entreranno nei negozi e poi nei guardaroba e non solo dei fashion addicted? Io ho provato a immaginare la maggior parte degli uomini che conosco abbigliati come da proposte di Milano Moda Uomo e la risposta è stata “mah, non credo lo faranno, non credo acquisteranno né indosseranno tali proposte”.

Tuttavia, il cambiamento non si arresta e lungi da me l’idea di provarci: a me serve un po’ di tempo, lo ribadisco, ma mi pongo in osservazione con mente aperta e ricettiva.

Forse, le scelte radicali, fuori schema, di rottura col passato sono necessarie: forse l’uomo ha voglia di liberarsi dai formalismi e ha voglia di sperimentare canoni stilistici in forte antitesi rispetto alla tradizione.

A mio avviso, avremo una risposta nei prossimi anni (e non aspettiamoci che la rivoluzione avvenga da un giorno all’altro): in attesa di interiorizzare io per prima, vi propongo la collezione che secondo me è una perfetta via di mezzo per guardare avanti senza rinnegare ciò che è stato.

Mi riferisco alla collezione primavera / estate 2016 di Stella Jean.

Stella Jean Uomo SS 2016
Stella Jean Uomo SS 2016

Il fatto che Stella Jean sia una delle mie preferite nella nuova generazione di creativi e che adori la sua moda donna non è un mistero: il 23 giugno, ho avuto per la prima volta l’opportunità di veder sfilare le sue proposte per l’uomo.

La donna e l’uomo immaginati dalla stilista sono cittadini del mondo: come Stella stessa dichiara, il suo uomo può alloggiare al Chelsea Hotel, storico hotel di New York, ma contemporaneamente indossa l’artigianalità delle righe del Burkina Faso e delle stampe ikat (un antico procedimento per la tintura dei filati) in una nuova realtà che racchiude gli estremi del globo non solo dal punto di vista geografico ma anche e soprattutto dal punto di vista antropologico.

Il viaggio è fondamentale nel lavoro della stilista italo-haitiana, viaggio inteso anche come esperienza e come infinita rete di comunicazioni e di scambi, di percorsi spesso sovrapposti e ingarbugliati: gli uomini Stella Jean portano l’impronta di questi tracciati e si vestono di righe che si rincorrono su una solare e un po’ irriverente palette cromatica.

I tessuti nascono da mani laboriose, quelle – appunto – delle donne dei villaggi del Burkina Faso, in nome della valorizzazione di eccellenze locali che si proiettano nel sistema globale della moda, una lotta che la stilista porta avanti da sempre.

Stella Jean Uomo SS 2016
Stella Jean Uomo SS 2016

L’equilibrio degli opposti è la chiave di lettura del suo racconto: il parka – simbolo metropolitano – incontra i sandali – che rappresentano la terra e il villaggio – così come la giacca o il trench – e il loro immediato rimando ad un contesto urbano – prendono vita in unione con i bermuda.

Stella pensa all’uomo che desidera più leggerezza e che non disdegna un certo esotismo: notate come, nella stagione delle vacanze, la cravatta è completamente bandita mentre la giacca si fa morbida e il nuovo completo bermuda-blazer si porta con la t-shirt più che con la camicia.

Guardatevi attorno, i primi uomini che indossano questi outfit camminano già per le strade delle nostre città.

La rivoluzione è iniziata anche se quella di Stella Jean è un po’ differente e non c’entra più di tanto con la moda genderless o no sex di altre passerelle.

In compenso, io continuo ad avere voglia di pescare nel guardaroba maschile, soprattutto quando è di questo tipo.

Manu

 

 

 

Ringrazio Studio Re per le foto (credit: SGP/Max Montigelli)

 

 

 

Per maggiori informazioni e per approfondire:

Qui il sito di Stella Jean, qui la pagina Facebook, qui Twitter e qui Instagram

La sezione New Talents del sito della Camera Nazionale della Moda dove potete trovare anche Stella Jean: qui

Qui il mio racconto della collezione donna primavera / estate 2015 di Stella Jean e qui quello della collezione donna autunno / inverno 2015 – 2016.

 

 

 

Vi lascio con un piccolo regalo che desidero condividere con voi.

All’interno della cartella stampa, ho trovato questo racconto che mi è molto piaciuto e che rappresenta alla perfezione lo spirito della collezione Stella Jean: l’ho copiato per voi.

“Come ogni mattina Ernest a passo svelto uscì dal silenzioso cortile dell’austero stabile dove viveva da tre anni. Salutò il custode con mezzo sorriso sghembo, un cenno del capo e si tuffò nell’ululante traffico metropolitano. Mentalmente si proiettò nella sala riunioni del suo ufficio all’undicesimo piano del palazzo di vetro azzurro nel cuore della città, dove di lì a poco avrebbe incontrato i manager della società per la trattativa dell’anno, quella per cui aveva speso giorni e notti di lavoro.

Vestiva un rigoroso e rassicurante completo con limpida camicia bianca, unico guizzo creativo la pochette in seta color arancio, regalo di Anne. Gli era sembrato un giusto equilibrio tra sobrietà, freschezza, gioventù.

Lungo la strada che aveva deciso di percorrere a piedi (quello sarebbe stato l’unico esercizio fisico che la giornata gli avrebbe concesso), a un tratto, nella folla di teste ondeggianti, gli sembrò di intravedere quella di Baba. Fu come se un lupo siberiano gli avesse morsicato il cuore. Sentì dolore e freddo. Guardò l’ora – era in largo anticipo – si spinse più avanti per rincorrere la sagoma colorata, ma qualcosa lo strinse alla gola. Rallentò il passo e sentì un soffio potente, prolungato, che lo sospinse verso il viottolo laterale, si accasciò sul muro stinto del Chelsea Hotel, tra la Seven e l’Eight Avenue, e la porta della stanza 16 si aprì dietro di lui. Un istante dopo, scivolò giù nella botola rigata. ”Ernest come stai? Ti vedo pallido”. Baba ora dondolava nell’altalena di fortuna issata tra due baobab. Il cielo era basso e i colori saturi delle vesti di fresco cotone erano attorcigliati con sapienza ancestrale su quelle morbide forme. Mani operose lavoravano a telaio, estraendone di volta in volta righe orizzontali, righe verticali, righe interrotte dagli spazi ikat.

Baba prese per mano Ernest e lo guidò verso l’oasi poco distante. “Dammi la giacca che la stendiamo a terra e rimboccati i pantaloni”. Ernest si aprì la camicia e sentì il calore sul petto, si sedette, si rinfrescò, bevve un tè alla menta. Era lì dove non aveva mai osato tornare, per paura di restare. Voleva rapire emozioni e sensazioni, fissarle e farle germogliare nel luogo segreto della sua anima, ed eleggere quello spazio destrutturato, dilatato, di non luogo, al suo ovunque. Intanto erano accorsi i bambini del villaggio vicino e gli gironzolavano intorno ripetendo in burkinabé “È tardi! È tardi!”. Videro la giacca, ne tirarono i lembi. Ernest si sollevò per consentire al più piccolo di indossarla. Nel suo abito troppo lungo e troppo largo, il bimbo invitò Ernest a seguirlo. Il loro passaggio fu salutato da un groviglio di righe sinuose danzanti sulla distesa dai cromatismi sfrontati… zebre, poi antilopi e ancora gazzelle. La prima capanna, l’odore del mais. E il gruppo di donne continuava a filare sfavillanti caleidoscopi di colore. Il bimbo si tolse la giacca e la pose su una di quelle intense stoffe primitive.

Il piccolo miracolo racchiuso nel gesto scaldò il cuore di Ernest.”

Questo è il mondo di Stella Jean, questa è la sua magia, dal Chelsea Hotel al Burkina Faso.

Senza barriere. Senza confini.

Come una novella Alice nel Paese delle Meraviglie.

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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