Perché io non sto né con Dolce & Gabbana né con Elton John

Credo che molti, leggendo il titolo, abbiano già capito di cosa io desideri parlare oggi, tuttavia riassumo i fatti a beneficio di chi – magari – era in vacanza e si è perso la polemica planetaria.
Planetaria, sì, quindi credo si sia salvata solo la nostra astronauta Samantha Cristoforetti che attualmente si trova nella Stazione Spaziale Internazionale: forse, standosene lassù, si è risparmiata il tutto (a proposito, avete visto le sue foto pazzesche dell’eclissi solare di venerdì?).

Venendo a noi: Domenico Dolce e Stefano Gabbana, anime dell’omonima maison Dolce & Gabbana, hanno rilasciato un’intervista al settimanale Panorama.

Nell’intervista, i due stilisti hanno parlato della loro infanzia, del rapporto coi genitori, del legame affettivo tra di loro, dell’amore, della famiglia e dei figli, inclusa la seguente dichiarazione di Domenico.
“Non abbiamo inventato mica noi la famiglia. L’ha resa icona la Sacra Famiglia, ma non c’è religione, non c’è stato sociale che tenga: tu nasci e hai un padre e una madre. O almeno dovrebbe essere così, per questo non mi convincono quelli che io chiamo i figli della chimica, i bambini sintetici. Uteri in affitto, semi scelti da un catalogo. E poi vai a spiegare a questi bambini chi è la madre. Ma lei accetterebbe di essere figlia della chimica? Procreare deve essere un atto d’amore, oggi neanche gli psichiatri sono pronti ad affrontare gli effetti di queste sperimentazioni.”

In effetti, la posizione (quella di Dolce, Gabbana ha rilasciato in realtà dichiarazioni un po’ diverse) era chiara fin dal titolo in copertina: “Viva la famiglia (tradizionale)”.

Ve lo dico chiaro e tondo: quella dichiarazione mi ha creato un senso di disagio.
Questo non perché la mia idea sia diversa: nonostante io pensi che famiglia sia ovunque ci siano due o più cuori che battono all’unisono, sono tranquillamente in grado di gestire un’opinione differente.
Il disagio è subentrato alla definizione “bambini sintetici” e lì ho pensato che Domenico fosse andato decisamente oltre: è orrendo liquidare e bollare così degli esseri viventi, sintetici, e quanto mi fa male quel tradizionale tra parentesi che dice un sacco di cose ed esclude un mondo.
Badate che ho scelto la parola disagio accuratamente: la mia non è una condanna, è un dolore che ha tanti perché.

In molti, ovviamente, non hanno mandato giù la cosa.

Tra tutti, il più agguerrito è stato Elton John che ha pubblicato un post di fuoco sul suo profilo Instagram.
“Come osate definire i miei bellissimi bambini “sintetici”? Dovete vergognarvi per avere puntato il dito contro la fecondazione assistita, un miracolo che ha permesso a moltissime persone, eterosessuali e omosessuali, di realizzare il loro sogno di avere figli. Il vostro pensiero arcaico è superato, proprio come la vostra moda. Non indosserò mai più nulla di Dolce & Gabbana. #BoycottDolceGabbana”

Ecco, fino a un certo punto sono stata d’accordo con lui.
Poi, anche il cantautore è pericolosamente andato oltre promuovendo la crociata di boicottaggio con tanto di hashtag dedicato.

Il post di Elton John contro Dolce & Gabbana
Il post di Elton John contro Dolce & Gabbana

L’opinione pubblica si è subito divisa in due, chi dalla parte di Dolce & Gabbana e chi dalla parte di Sir Elton, e la rete è stata invasa da cinguettii, stati, post, articoli, dai blog ai giornali, da Facebook a Twitter passando per Instagram: solo il post del cantautore ha ricevuto quasi 25.000 like e circa 4800 commenti (ho controllato oggi).

Sentivate la mancanza della mia opinione, vero?
Naturalmente sono ironica (anzi, auto-ironica) e come la penso si è già più o meno capito, tuttavia vorrei concentrarmi su alcuni punti.

Punto 1: difendo la libertà di parola. Sempre. Quindi penso che tutti e tre avessero la libertà di esprimersi e di avere il loro personale punto di vista, qualsiasi esso sia.

Punto 2: mi piacerebbe però che chi decide di avvalersi di tale preziosa libertà lo facesse con un pizzico di sensibilità.

Punto 3: chi dichiara pubblicamente la propria opinione deve farsi carico delle conseguenze, nel bene e nel male.

Punto 4: la vita è un percorso e si dice che solo gli stolti nascano e muoiano con le stesse idee, tuttavia mi piacerebbe che, quando a cambiare radicalmente sono valori che possiamo definire portanti, ciò fosse motivato con chiarezza.

Mi riferisco, in questo caso, alle dichiarazione completamente diverse – se non diametralmente opposte – rilasciate da Domenico e Stefano nel 2005 a Vanity Fair (gruppo editoriale Condé Nast).
Cosa è successo nel frattempo, visto che allora i due dichiaravano di desiderare di essere padri?
Stefano lo desidera ancora, mentre Dolce, oltre alla parole già riportate qui sopra, ha aggiunto “Sono gay, non posso avere un figlio”: sicuramente avrà ottime ragioni per aver cambiato idea e sarebbe stato carino spiegarle anche a noi, visto che molti ricordano l’intervista del 2005 e visto che, in entrambi i casi, le dichiarazioni sono state pubbliche.

Dolce & Gabbana 2005 versus 2015…
Dolce & Gabbana 2005 versus 2015…

Punto 5: mi permetto di ribadire che definire “bambini sintetici” i figli nati dalla fecondazione assistita vada un po’ oltre.

A mio avviso, non è esprimere una semplice opinione: assomiglia (terribilmente) ad emettere un giudizio ed è questo che non mi piace, perché c’è una bella differenza tra un’opinione e un giudizio.
Non mi è dunque difficile percepire il peso dell’offesa per tutti coloro che hanno avuto figli in questo modo: direi che rimanerci male è umano.
Domenico è assolutamente libero di pensarla come vuole; i padri e le madri di “bambini sintetici” sono però altrettanto liberi di sentirsi offesi. E di esprimerlo, a loro volta.
Dai, con quel “sintetici” Dolce ha pisciato fuori dal vasino – come si suol dire.

(Ogni tanto il cervello fa strani collegamenti e così mi viene in mente quella scena del film “Il diavolo veste Prada” in cui Andy Sachs, neo-segretaria inesperta che lavora per la temibile Miranda Priestly, influentissima direttrice della più prestigiosa rivista di moda, risponde al telefono e, sentito il nome Dolce & Gabbana, sussurra “Mi può fare lo spelling di Gabbana, per favore?”)

Punto 6: ovviamente, allo stesso modo e per le stesse ragioni, non difendo nemmeno Elton John, perché anche invitare a boicottare Dolce & Gabbana va oltre la normale espressione di un’opinione.

Ammetto anche questo, infatti, la sua reazione è stata spropositata.
Ho detto qui sopra che i padri e le madri di “bambini sintetici” hanno tutti i diritti di sentirsi offesi e di esprimerlo: vorrei, però, che lo facessero in un modo tale da non mettersi a loro volta dalla parte del torto.

Trovo inoltre che usare questa occasione per fare un attacco al lavoro dei due stilisti sia inopportuno: se una persona non vorrà comprare i loro abiti perché ne fa una questione etica va benissimo, ma nessuno deve suggerirlo pubblicamente e platealmente. Ognuno deciderà con la propria testa.

A Dolce & Gabbana dico di stare tranquilli, perché tanto il boicottaggio non funzionerà, come non ha funzionato per Moncler, quando molti erano scandalizzati per le povere oche spiumate eppure le vendite dei giacconi non sono affatto calate (ho controllato anche questo).

E comunque non mi sentirei proprio di augurare che il boicottaggio funzioni, anche perché a pagare le conseguenze sulla propria pelle non sarebbero solo i due stilisti ma anche e soprattutto tutti coloro che lavorano per l’azienda e che non hanno alcuna colpa.

Punto 7: consiglio vivamente a Dolce & Gabbana nonché a Elton John di continuare sì a esporre le proprie opinioni pensandoci, magari, un po’ di più.
(Vedere punti 1 e 2, tutti hanno diritto a un’opinione, sarebbe bello usufruire di tale diritto soppesando bene il valore delle parole usate)

Dalla sfilata Dolce & Gabbana autunno – inverno 2015-16
Dalla sfilata Dolce & Gabbana autunno – inverno 2015-16

Vorrei dire un’altra cosetta a proposito di Dolce & Gabbana.

Definizione incriminata a parte, in questi giorni ho letto pareri molto discordanti sulla svolta “famiglia tradizionale” in toto, da #DGfamily (un progetto fotografico che mette insieme scatti provenienti da tutto il mondo) alla sfilata dedicata alle mamme con tanto di presenza di Bianca Balti in dolce attesa.
C’è chi dice che il progetto e la sfilata siano frutto, appunto, dell’opinione rivista in base a un percorso di vita fatto dai due stilisti; c’è chi dice che l’intervista sia una manovra mirata a veicolare la collezione e a catturare una certa fascia di pubblico.
Io dico che non so di quale delle due ipotesi si tratti in quanto non sono né nella loro testa né nel loro cuore: mi auguro per loro che non si tratti della seconda, perché la parola opportunismo, in tal caso, non basterebbe a definire un simile atteggiamento.

E ne ho anche per Elton John.

Il cantante inglese sarebbe infatti stato pizzicato dai paparazzi a Los Angeles con una shopping bag Dolce & Gabbana, a pochi giorni dal boicottaggio.
Le foto sono state pubblicate dal Daily Mail e la domanda nasce spontanea: perché aveva con sé quel sacchetto?
Per risollevare il caso? Per disattenzione? Per incoerenza?
Secondo un’agenzia di stampa (Agi), il suo portavoce avrebbe dichiarato che la foto è un falso: Sir Elton non avrebbe portato la shopper Dolce & Gabbana, bensì una valigetta professionale. La foto sarebbe stata photoshoppata, dice…

Insomma, è un gran brutto pasticcio.

Ecco, per tutti questi motivi, io non sto né con Dolce & Gabbana né con Elton John.

Madonna sul suo Instagram: <em>“Tutti i bambini hanno un’anima, a prescindere da come vengono su questa terra e dalle loro famiglie. Non c’è nulla di sintetico in un’anima! Come possiamo condannare la fecondazione assistita e la maternità surrogata? Ogni anima viene a noi per insegnarci una lezione. Dio ha la mano in ogni cosa, anche con la tecnologia! Siamo arroganti se pensiamo che l’uomo possa fare tutto da solo. Pensare prima di parlare…”</em>
Madonna sul suo Instagram: “Tutti i bambini hanno un’anima, a prescindere da come vengono su questa terra e dalle loro famiglie. Non c’è nulla di sintetico in un’anima! Come possiamo condannare la fecondazione assistita e la maternità surrogata? Ogni anima viene a noi per insegnarci una lezione. Dio ha la mano in ogni cosa, anche con la tecnologia! Siamo arroganti se pensiamo che l’uomo possa fare tutto da solo. Pensare prima di parlare…”

E, in mezzo a tutto questo caos, l’unico del quale mi senta di prendere le parti è Giuliano Federico.

Giuliano Federico era il direttore responsabile di Swide.com, il magazine online pubblicato dalla maison Dolce & Gabbana.
Era perché, pochi giorni fa, ha rassegnato le dimissioni: a rendere pubblico il motivo è stato lui stesso attraverso uno stato su Facebook che riporto integralmente qui sotto.

Tale stato è l’espressione di un’opinione rispettosa e ben motivata, con un buon equilibrio.
Mi permetto di dissentire solo sul punto “credo che gli stilisti debbano fare gli stilisti e parlare con i vestiti”, ma concordo profondamente con lui su un punto ben preciso: “è ora che le persone di pensiero facciano piccoli gesti”.

Gesti coerenti, esatto, e secondo me nemmeno troppo piccoli – in questo suo caso.

Giuliano Federico è l’emblema di alcuni valori nei quali credo: avere il coraggio delle proprie opinioni, pagare in prima persona sulla propria pelle, farsi carico delle conseguenze.
Non ha lanciato crociate né ha proposto di boicottare nessuno: ha deciso per sé stesso e ha deciso che non se la sente di lavorare per un datore che ha espresso idee che non sono compatibili con la sua coscienza.
Non ha chiesto ad altri di agire, ha fatto: ha dimostrato coraggio e coerenza in un’epoca in cui va per la maggiore l’opportunismo.

Si potrà essere d’accordo con lui oppure no, ma resta innegabile il fatto che ha portato su di sé le conseguenze dei suoi pensieri.

Ecco, io sto con Giuliano Federico, coi “bambini sintetici”, con le famiglie di ogni tipo e con le persone di pensiero.

Ovviamente, ciò che ho espresso in questo post rappresenta la mia umile opinione e, in quanto tale, può essere discutibile, può essere attaccata, può piacere o non piacere.
Ma difendo il mio diritto d’espressione.

Manu 

 

 

Per tutto ciò che non ho detto io e per dare voce a diversi punti di vista, ecco alcuni link utili nonché articoli e post che ho trovato interessanti:

L’articolo con l’intervista completa a Domenico Dolce e Stefano Gabbana

Il post di Elton John su Instagram

Il post di Madonna su Instagram

Lo stato di Giuliano Federico su Facebook

L’articolo di Chiara Lalli, bioeticista, su Internazionale

Il post di Elisa Bellino su The Ladycracy

Il post di Maria Katia Doria sul suo omonimo blog

Il post di Nina Segatori su Cheeky by Ninalicious (con un’interessante teoria, quella del “bullismo di lusso”)

Lo stato della mia amica e collega Sandra Bacci su Facebook

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

Glittering comments

Federica
Reply

La tua prosa educata è veramente magica.
Sai scrivere le cose in modo educato e con cognizione di causa, elemento che poche pochissime persone usano.
Lanciare messaggi positivi in questo mare di tuttologi è opportuno e doveroso. Ne vorrei leggere di più di articoli come i tuoi.

Manu
Reply

Federica carissima,
sappi che sono diventata rossa fino alla radice dei capelli: grazie, di vero cuore.
Per una decina di giorni, sono stata ad ascoltare: ho letto di tutto, ho ascoltato le opinioni più disparate, sono passata da un social network all’altro. A questo punto, ho deciso di tirare le somme partendo dalla primissima impressione a caldo (che non può cambiare nemmeno pensando e ripensando).
Sai, ieri ho letto una frase, non rammento neanche più dove: “il mondo verrà cambiato dal vostro esempio, non dalla vostra opinione”. Premetto che non ho mai pensato di cambiare il mondo e sono parzialmente d’accordo con questa affermazione perché, se è vero che un’opinione non può cambiare il mondo, credo che sia dallo scambio di esse che nascono nuove idee e dunque il seme per cambiare le cose.
Giuliano Federico ha ragione: è ora che ognuno faccia la sua parte, piccola o grande che sia. E questo ci riporta a quella frase che ho letto 😉
Ti abbraccio e ti auguro una fantastica settimana,
Manu

smilingischic
Reply

E io sto con te.
Come sempre.
In linea completa, parola per parola, che quasi mi commuovo. Anzi senza quasi.
Grazie … a nome di chi si è sentito offeso.
un abbraccio forte.

Manu
Reply

Guarda che ora mi commuovo anch’io, amica mia.
Sì, perché sapere che tra noi esiste una sintonia intellettuale ed emotiva così grande e profonda è cosa che mi commuove.
E desidero dirti un’altra cosa.
Molte persone si sentono più o meno offese a seconda di quanto un fatto le tocchi personalmente: per me non è così, mi sento coinvolta in ogni cosa che – secondo me – va a toccare i diritti e la dignità di qualsiasi essere umano.
Sebbene io non abbia mai desiderato figli, sebbene non ne abbia avuti e sebbene, quindi, la fecondazione assistita non sia una questione che mi tocchi direttamente, non mi piace il modo in cui è stata trattata e non mi piace che un qualsiasi bimbo possa essere definito “sintetico”: su questo punto concordo con Madonna, “non c’è nulla di sintetico in un’anima” e, fino a prova contraria, ogni essere che cammina su questa terra è dotato di un’anima, qualsiasi senso etico, morale, umanistico o religioso si voglia dare a quella fiammella di vita che arde in noi. Ne siamo dotati indipendentemente dal modo in cui siamo venuti al mondo, provetta di vetro inclusa.
Dunque, non serve, secondo me, essere madre o padre o aspirare a questi ruoli per sentirsi offesi da una dichiarazione che va contro questi concetti fondamentali: ogni persona – secondo me – dovrebbe sentirsi offesa.
Io mi sono sentita offesa, principalmente come essere umano e subito dopo come libera pensatrice: a maggior ragione, rispetto la sofferenza ancor più grande di chi, in questo problema delicatissimo, si è trovato coinvolto in prima persona.
Non manderò mai giù l’elogio alla famiglia solo se “tradizionale”, perché quell’aggettivo, oggi, lascia fuori ed esclude troppe, troppe, troppe persone: tutto il mio rispetto a chi la pensa diversamente, lo ribadisco ancora una volta, tuttavia io non taccio e lotterò per difendere ciò in cui credo.
Ti abbraccio fortissimo,
Manu

Paolo
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PERFETTA.

Manu
Reply

Mi fai arrossire, caro Paolo.
Non so se sono perfetta (anzi, credo proprio di non esserlo, in realtà), ma so una cosa: averti qui è un grande piacere e un grande onore.
Grazie di vero cuore e a presto,
Manu

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