Pensieri di un sabato pomeriggio in diretta dal divano di casa mia…

Sabato pomeriggio.

Enrico, mio marito, e io siamo rientrati da poco e siamo comodamente sdraiati sul divano della nostra casa.

Nell’aria suona la voce calda di Tracy Chapman, da un suo omonimo disco datato 1988: Enrico, che è un grande appassionato di musica e di vinili, l’ha trovato in una fiera specializzata dove ha trascorso la mattinata. A diffondere la musica è il sistema stereo che, come ogni vero appassionato, ha messo insieme lui nel tempo, pezzo dopo pezzo, anno dopo anno, pazientemente, e di cui è molto orgoglioso, giustamente.

Mentre Enrico si perdeva tra i vinili, anch’io mi sono dedicata a una delle mie passioni, quella per la camminata sportiva: mi sono regalata un bel giro in una giornata davvero spettacolare, uno straordinario anticipo di primavera con temperatura insolitamente tiepida per essere inizio febbraio. Pare che da domani torni il freddo ma non importa, oggi è stato bellissimo e io mi sono goduta a fondo ogni singolo istante dei miei 10 chilometri.

Il tempo era talmente tiepido che, una volta ricongiunti, abbiamo pranzato all’aperto, al sole, in un posto che entrambi amiamo molto: è a pochi minuti da Milano eppure sembra di essere in aperta campagna, c’è tanto verde e i cani sono i benvenuti, ci sono quattro zampe che scodinzolano e zampettano dappertutto portando un’allegra confusione.
Noi non abbiamo un cane, anche se ne vorremmo tanto uno, e intanto ci godiamo un po’ quelli degli altri: oggi uno ha pure provato a rubarmi una fetta di prosciutto dal piatto…

Ora siamo qui, come dicevo, sul divano, con la musica e lo sguardo distratto sulla libreria (⬆️) che occupa la parete di fronte a noi, con gli scaffali colmi di libri, un’altra nostra grande passione condivisa…

Un sabato semplice, insomma.
Normale.
Niente di eccezionale né di straordinario.

Eppure mi sento fortunata. Tanto fortunata.
Anzi, d’un tratto, mi ritrovo a pensare che in realtà siamo proprio dei privilegiati.

Abbiamo una casa. Calda, accogliente.
Possediamo libri, dischi, uno stereo.
Possiamo concederci piccoli piaceri e svaghi.
Abbiamo pranzato fuori.
Abbiamo la salute e il tempo per poter fare queste e altre cose.

E quando penso e scrivo che ‘siamo dei privilegiati’ non mi riferisco soltanto a me ed Enrico.

Lo penso di chiunque sia in grado di leggere queste mie parole, e dunque possieda un pc o un tablet o uno smartphone nonché del tempo libero, lo penso di chiunque stia trascorrendo come noi un sabato oppure un’altra giornata ‘semplice’, fatta di cose e momenti cosiddetti normali.

Perché penso che se queste sono cose normali, semplici, niente di straordinario né di eccezionale, allora dovrebbero essere appunto la normalità, ovvero dovrebbero averle tutti. Ma proprio tutti.

E invece non è così.
Non è così e lo sappiamo fin troppo bene.

I telegiornali rendono conto ogni giorno di storie spaventose.

Come quella della mamma che, pochi giorni fa, nella traversata su un mezzo di fortuna tra Africa ed Europa, ha perso il suo bambino, un neonato, per poi morire a sua volta. Di freddo.
Inseguiva il sogno di una vita normale per sé e il piccolo.

C’è una guerra che va avanti da un anno, nella nostra stessa Europa, tra morte, stenti, violenze di ogni genere.

Ci sono donne – donne come me – che, anziché poter scegliere di fare una camminata e pranzare ridendo, sono schiave di regimi violenti e totalitari che non lasciano loro nemmeno la libertà di sperare e sognare.

Una ragazza si è appena tolta la vita nel bagno di un’università.
Si sentiva una fallita. A 19 anni.
E si sentiva così sola, così disperata, così senza via d’uscita da non vedere altra soluzione se non la morte.

Negli stessi giorni un ragazzo è stato ammazzato per sbaglio, gli inquirenti ne sono ormai certi, confuso per un altro coetaneo che ‘doveva’ essere giustiziato per un regolamento di conti tra malavitosi.
Morire per sbaglio, a vent’anni…

Povertà, fame, disperazione, violenza, ignoranza, negazione della libertà, solitudine: questa è la quotidianità, la normalità di troppi esseri umani.

Ecco perché affermo che persone come noi – io, voi – siamo dei privilegiati.

Avere una casa, poterci assicurare cibo per il corpo e per lo spirito, poter leggere e studiare, garantire cura e benessere a noi stessi e a chi amiamo, avere tempo per il lavoro e altro per lo svago, scegliere liberamente come e con chi trascorrere quel tempo, poter coltivare la salute per poter fare queste e molte altre cose, poter essere ascoltati, accolti, consigliati, consolati: dovrebbero essere tutte cose assolutamente normali e invece sono privilegi perché non riguardano tutti gli esseri umani.

Se io fossi afghana o iraniana, se fossi africana o ucraina, se anziché essere nata in Italia fossi nata in uno dei tanti Paesi nel mondo in cui c’è fame e non c’è libertà, a maggior ragione se si è donne, non potrei fare la maggior parte delle cose che faccio. In alcuni casi non saprei nemmeno leggere o scrivere, visto che sono privilegi tuttora negati a molte bambine e bambini nel mondo.

È per tutti questi motivi che credo che sia obbligatorio renderci conto di essere dei privilegiati e che sia necessario non sprecare questa condizione.

Credo anche che uno dei modi per non sprecarla sia pensare a come possiamo rendere un po’ più utile e meno esclusivo questo nostro privilegio, pensare a come metterlo al servizio degli altri con l’obiettivo, la speranza e il sogno di fare qualcosa affinché i privilegi non restino tali e non restino sempre e solo per pochi.

È solamente il mio pensiero, questo; è solamente la mia visione.

E io ci provo a non essere semplicemente una privilegiata.
Perché non voglio essere solo questo.

Manu ❤️

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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