Ciao Emanuele ♥

Esiste un modo corretto di porsi davanti alla morte?
Esiste qualcosa di giusto da fare per affrontare la morte di qualcuno che ci è caro?
Se esiste un modo, uno giusto e univoco, buono e uguale per tutti, io non lo conosco.

Più volte ho espresso rammarico davanti alla dipartita di persone che consideravo modelli o icone; oggi, con immenso e inaspettato dolore, lo faccio per una persona che aveva un ruolo reale e concreto nella mia vita.
Un ragazzo, un amico e un collega che aveva solo 27 anni.

In questi giorni, davanti alla morte di Emanuele che era una persona molto conosciuta e molto apprezzata, ho visto reazioni di tutti i tipi: ognuno ha trovato la propria strada per esprimere dolore, rabbia, incredulità.
Non so se scrivere sia un modo giusto, ma so che è il mio modo e che è sincero.
Non potevo certo far andare via una persona per me importante nel silenzio: ecco, questo sì mi sarebbe sembrato proprio ingiusto perché le parole sono il mezzo attraverso il quale esprimo gioia, ma anche quello attraverso il quale cerco di gestire i sentimenti che mi soffocano.

Da giorni, Emanuele caro, cerco, ritrovo e riconosco le tante tracce che hai lasciato nella mia vita…

Prima di tutto, avevamo in comune il nome che deriva dall’ebraico Immanuʻel e che significa Dio è con noi.

Poi, ho trovato un sacco di foto che, nel tempo, mi avevi scattato.
Nelle tue foto mi ritrovavo sempre, mi riconoscevo. Mi piaceva come tu mi vedevi.
E questo, per fortuna, te l’avevo detto, per fortuna, sì, visto che spesso ci si pente di ciò che non si è detto a coloro che amiamo – naturalmente quando è troppo tardi.

Ho fatto invece fatica a trovare una foto che ci ritraesse insieme nonostante le tante occasioni condivise.
Buffo, vero? Alla fine, però, ne ho trovate alcune.
Ne ho scelta una e ho sorriso pensando a quanto tempo fosse passato da allora, da quella serata, da noi due congelati per sempre in quella immagine.
Chi ci pensava, allora, a tante cose che sono poi successe in questi anni…

Ho ritrovato i nostri messaggi, da quelli e-mail ai messaggi privati su Facebook.
Ne ho trovato uno che mi aveva fatto commuovere quando me lo mandasti e che mi ha fatto piangere di nuovo ora.
Diceva così: «sto sfogliando la rivista xxx e sono davvero contento di leggere la tua rubrica ♥ brava, brava, brava».
Non mi hai mai fatto mancare il tuo apprezzamento e il tuo incoraggiamento qualsiasi cosa facessi: sono certa che ora rideresti per essere finito qui nel blog, così, e credo che ti verrebbe in mente qualche battuta delle tue.
Sai una cosa? Non piace per niente neanche a me, un po’ come il significato del nostro nome che ora suona un po’ beffardo, non trovi?

Ho rivisto i tuoi like sotto foto, stati, articoli e anche sulle pagine che entrambi frequentavamo: ora tutti quei like fanno male perché ricordano che non ce ne saranno altri.
A proposito…
Continuo ad andare sulla tua bacheca Facebook: non mi stupisco nel vedere decine e decine di messaggi, non mi è certo difficile credere che tanti ti volessero bene e ti stimassero, perché sono gli stessi sentimenti che provo io.
Non riuscivo, invece, a digitare il tuo nome su Instagram: la paura che il dolore avesse la meglio nel veder tante tue foto insieme, una dietro l’altra, mi bloccava.
Sono un coniglio, sì.
Poi, venerdì ci sono andata e non ho parole per esprimere ciò che ho provato.

Sei presente in tanti modi, insomma, e pensare che non sei più qui, fisicamente, che non ti vedrò né ti parlerò più… è così irreale e assurdo.

Abbiamo condiviso l’amore per moda e comunicazione. Abbiamo condiviso perplessità e confidenze.
Sono felice per le risate che ci siamo fatti.
Mi dispiace per tutte le volte in cui, anziché ridere, ti ho ammorbato con dispiaceri, preoccupazioni, lamentele.
Sarebbe stato meglio ridere una volta di più e piagnucolare una volta di meno perché, ora, tempo per piangere ce n’è e ce ne sarà fin troppo.
L’ho fatto in questi giorni, lo farò ancora ma non voglio farlo adesso, in questo momento, perché non ti saluterò tra le lacrime, anche se mi hai dolorosamente ricordato quanto la nostra esistenza sia davvero appesa a un filo. Un filo sottile.

Questo vuole essere un omaggio a un ragazzo che amava la vita e che era pieno di vita e allora ti dico ciao con un sorriso e con le parole più belle che conosca, da uno scritto di Henry Scott Holland.
Si intitola Death is nothing at all.

Ciao Emanuele, ciao e non addio perché questo è solo un arrivederci – lo so.
Ciao Ema, come ti chiamavano molti.
Ciao Manu, come ti chiamavano altri, sottoscritta inclusa. Così come anch’io vengo chiamata a mia volta.
E credo che, d’ora in poi, questo nomignolo mi parlerà per sempre di te.

Manu

 

Perdonami, Manu, se non ho preso la foto che tu avevi scelto per il tuo profilo Facebook, ma lì eri un po’ imbronciato, invece in questa c’è quel tuo sorriso meraviglioso che tutti amavamo…
Perdonami, Manu, se non ho preso la foto che tu avevi scelto per il tuo profilo Facebook, ma lì eri un po’ imbronciato, invece in questa c’è quel tuo sorriso meraviglioso che tutti amavamo…
Noi, in un giorno lontano del 2012. Vicini, tu con quel tuo sguardo tra il sorpreso e il divertito, io con le mie espressioni buffe e la vistosa collana gialla…
Noi, in un giorno lontano del 2012. Vicini, tu con quel tuo sguardo tra il sorpreso e il divertito, io con le mie espressioni buffe e la vistosa collana gialla…

 

La morte non è nulla. Non conta.
Io me ne sono solo andato nella stanza accanto.
Non è successo nulla.
Tutto resta esattamente come era.
Io sono io e tu sei tu e la vita passata che abbiamo vissuto così bene insieme è immutata, intatta.
Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora.
Chiamami con il vecchio nome familiare.
Parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce.
Non assumere un’aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme.
Sorridi, pensa a me e prega per me.
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima.
Pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto.
È la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza.
Cos’è questa morte se non un incidente insignificante?
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo.
Va tutto bene; nulla è perduto.
Un breve istante e tutto sarà come prima.
E come rideremo dei problemi della separazione quando ci incontreremo di nuovo!

(Henry Scott Holland, Death is nothing at all)

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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