Giorgio Faletti e quel mio odioso sopracciglio alzato

Lo ricordo bene: quando parecchi anni fa qualcuno mi disse che Giorgio Faletti aveva pubblicato un romanzo, alzai un sopracciglio.
Ma, visto che non sono mai stata una persona che si ferma davanti ai pregiudizi, comprai comunque il suo libro e lo lessi.
Mi conquistò, completamente: da allora, ho letto tutto ciò che ha pubblicato, con voracità. I suoi romanzi, lunghissimi, sono macchine perfette, coinvolgenti e avvincenti.
Come purtroppo tutti sanno, Giorgio Faletti è morto il 4 luglio a soli 63 anni (ne avrebbe compiuti 64 il 25 novembre, un giorno prima del mio compleanno), dopo aver lottato con un tumore: sapevo della sua malattia, ma questa notizia mi ha immensamente rattristata perché leggere i suoi libri era un poco come entrare nella sua vita.
Prima di scrivere queste righe, mi sono fatta la stessa domanda che mi ero già posta lo scorso anno, quando mancò Ottavio Missoni: mi ero e mi sono chiesta ancora una volta se fosse opportuno aggiungere la mia voce ai tanti articoli di cordoglio. Alla fine, dopo una settimana, ho deciso di sì e desidero spiegarvi perché.
Non ho intenzione di ricordare quanto Giorgio Faletti fosse bravo ed eclettico, ci hanno già pensato in tanti e l’hanno fatto molto bene: voglio invece raccontare una cosa successa proprio quel triste 4 luglio e che ha fatto nascere in me la necessità di dire grazie e scusa.
Quel pomeriggio, una cara amica ha condiviso un mio articolo, esordendo con «Emanuela è maestra della bella scrittura», aggiungendo che secondo lei «il termine incredibilmente abusato di blogger» è inadatto a definirmi e concludendo con una domanda: «non potrebbe forse essere definita scrittrice?».
A parte il fatto che sono diventata paonazza fino alla radice dei capelli, a parte il fatto che non so se io meriti tanta stima e che mai oserei definirmi scrittrice per rispetto verso i veri scrittori, a parte tutto ciò, devo dirvi che queste parole di Silvia, la mia amica, mi hanno fatto fare alcune riflessioni.
In verità, a me piace definirmi blogger. Credo sia un termine adatto, visto che sono curiosa verso la vita e che cerco di raccontare le sue varie sfaccettature attraverso le esperienze che vivo: questo spazio, in fondo, è un diario virtuale. C’è poi da aggiungere che le definizioni non mi sono mai piaciute, quindi blogger o scrittrice… in fondo, nella sostanza, che differenza fa? A me basta scrivere e considero un onore il fatto che qualcuno abbia tempo e voglia di leggere (grazie).
Appena ho formulato questo pensiero, mi è tornato in mente il sopracciglio alzato di quel giorno lontano, quando così avevo reagito davanti all’idea di Giorgio Faletti in versione scrittore, lui che fino ad allora aveva vestito panni assai differenti: mi sono vergognata di me stessa, sebbene abbia poi saputo andare oltre la prima (stupida) reazione.
Proprio perché detesto pregiudizi e compartimenti stagni, non avrei dovuto lasciar loro spazio nemmeno per un solo istante.
Proprio perché parlo di sostanza e detesto l’apparenza, non avrei dovuto lasciarmi trarre in inganno.
Proprio perché rifiuto di avere una sola pelle, per prima avrei dovuto riconoscere chi era come me.
Come non piacciono a me, credo che le definizioni non piacessero nemmeno a Giorgio. Desidero a questo punto chiamarlo così, per nome, con grande affetto, contrariamente a quanto avevo fatto con Ottavio Missoni che mi incuteva invece una sorta di rispetto reverenziale: anche Giorgio Faletti mi suggerisce rispetto, ma lo sento vicino come fosse un amico proprio grazie ai suoi libri, piacevoli passeggiate nel suo mondo interiore.
È così che quest’uomo poliedrico, oltre alle ore meravigliose passate in compagnia dei suoi romanzi, mi ha fatto un ulteriore regalo impartendomi l’ultima lezione: mi ha ricordato di non ingabbiare mai alcun essere umano in una categoria, nemmeno per l’istante necessario ad alzare un sopracciglio.
Grazie, caro Giorgio. E chiedo scusa per quel mio gesto odioso, banale, insensato e inutile.

Voglio salutarti con una frase che mi appuntai anni fa e che lessi proprio in un tuo libro.
Questa frase è presente da tempo sul mio profilo Facebook tra le citazioni che amo e ora mi sembra straordinariamente significativa, quasi una premonizione.

«La vita è vita e, in quanto tale, è un avvenimento a rischio.
Non è possibile mettere un preservativo, come si fa in altre occasioni. 

D’altronde, quando sei in moto e ti prude la testa, non dà nessun sollievo grattare il casco.»

(Giorgio Faletti – Pochi inutili nascondigli)

Credo che tu non abbia mai usato un preservativo per la vita: l’hai vissuta al massimo, anzi, hai vissuto molte vite, dimostrando che una persona può fare tante cose diverse tra loro e che può cambiare pelle molte volte, proprio come piace fare anche a me.
Alla faccia dei pregiudizi.
Perché, alla fine, le uniche cose che contano sono i fatti.

Manu

 

 

 

 

Se, come me, cercate tracce di Giorgio Faletti, qui trovate il sito e qui la pagina Facebook che lo ricordano e rendono omaggio ai sogni che ha vissuto.

E poi… cercatelo soprattutto nei suoi bellissimi libri.

 

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

Glittering comments

Giusy M.
Reply

Che bello averti scoperta per caso su FB! Questo post mi è piaciuto tantissimo, l’insegnamento che ti ha lasciato è molto importante. Io non ingabbio mai in etichette le persone e il tuo post è un’altra testimonianza che faccio bene. Proprio come venire qui e leggerti, senza pregiudizi, per scoprire che mi piace come scrivi. 🙂
Buona domenica!

Manu
Reply

Ciao Giusy 🙂
Il piacere è reciproco, sono felice di conoscerti e sono felice del fatto che le mille strade del web abbiano fatto sì che ci potessimo incontrare.
Grazie per le tue parole: nonostante io sia in genere libera da pregiudizi ed etichette, purtroppo mi è capitato di cadere nella trappola di un giudizio affrettato. Certo, siamo esseri umani e capita di sbagliare, ma è importante capirlo e ammetterlo.
Su Giorgio Faletti mi ero ricreduta da moltissimo tempo ed ero una sua grande fan, come ho raccontato, eppure la sua triste e prematura scomparsa ha fatto riaffiorare quel vecchio gesto che ora mi addolora più che mai. Dicono che chiedere scusa sia sempre un gesto troppo tardivo, perché ormai il danno è fatto e perché un vaso che è stato rotto non può più tornare come prima, si può solo riparare: sono d’accordo, tuttavia credo che scusarsi serva anche per il futuro, proprio per cercare di non ripetere l’errore.
E ora sono così fortunata che tu, senza pregiudizi, sei venuta a leggere questo post: vedi, questo è un altro prezioso dono.
Grazie di cuore, ancora una volta, perché anche “grazie”, così come “scusa”, è una parola che non si dice mai abbastanza.
Manu 🙂

Sabrina
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Come sempre straordinaria, trasparente, coinvolgente e disarmante. Il sopracciglio l’abbiamo alzato in tanti, forse tutti. Perché non siamo abituati alle persone che si reinventano, che hanno il coraggio e la forza di cambiare e mettersi costantemente in discussione, perché fino a quando non lo proviamo sulla nostra pelle tutto quello che non conosciamo è ‘sbagliato’, ‘impossibile’. Grazie Manu.

Manu
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Che belle cose hai scritto, cara Sabrina. Verità importanti e sulle quali riflettere.
Cito: “fino a quando non lo proviamo sulla nostra pelle tutto quello che non conosciamo è ‘sbagliato’, ‘impossibile’”. Ecco, questa tue parole bisognerebbe tatuarsele in fronte.
Sai cosa mi pesa di più? Rendermi conto di essere caduta in un errore che detesto, anche perché spesso ne sono stata vittima a mia volta da parte di altri, quindi so quanto sia fastidioso e quanto si soffra. Eppure, occorre accettare la propria umanità, vero? E la propria parte oscura. Anche questo è un modo di crescere.
Per me la scrittura è sempre stata anche un fatto terapeutico e, ancora una volta, è stato così: sono felice di aver scritto il post e di aver confessato la mia debolezza e non per mettere a tacere la mia coscienza, per darle un contentino, bensì perché leggere “il sopracciglio l’abbiamo alzato in tanti, forse tutti” mi fa sentire meno sciocca. E soprattutto meno sola o meno sbagliata.
Se poi penso che anch’io sto cercando di reinventarmi (e non è la prima volta che lo faccio, quindi non ho nemmeno la scusante del non aver provato sulla mia pelle) e che quindi sono nella stessa posizione… beh, lasciamo perdere, altrimenti mi torna la voglia di darmi dell’idiota!
Grazie e un grandissimo, forte abbraccio.
Manu 🙂

annalisa
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Non sarai una scrittrice ma hai scritto molto bene! Condivido ogni tuo pensiero e ti ringrazio.

Manu
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In verità sono io a dirti grazie con tutto il cuore, cara Annalisa.
Sono felice di non essere sola, sai?
Un grande saluto e un sorriso,
Manu

florisa
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ciao manu..sono capitata per caso sulla tua pagina e mi sono fermata sul “Tuo sopracciglio alzato”..e non mi sono più sentita sola nel provare l’imbarazzo di averlo fatto anche io anni fa.E’ bastato che qualcuno mi regalasse “Io uccido”per essere travolta completamente da Giorgio.Mi era simpatico all’epoca di Vito Catozzo e Suor Daliso,ma niente di più e mi aveva emozionato con il suo “MINCHIA::”,ma in quella occasione avevo pensato ad un exploit temporaneo nel mondo dei sentimenti…Che sciocchezze si possono pensare e quanta supponenza in chi (come me)pensava di essere priva di pregiudizi .Questo mio “sopracciglio alzato” mi ha fatto vergognare proprio in questi giorni nonostante io abbia letto tutti i libri di faletti e le mie opinioni nei suoi confronti siano negli anni cambiate radicalmente.Artista vero che ha saputo far ridere,sorridere e piangere..ammirazione immensa anche come uomo (impossibile secondo me scindere l’uomo dall’artista) ..avrei voluto farmi perdonare da lui per quel frettoloso giudizio sopraccigliare…non è stato possibile,ma anche io come te lo ringrazio per l’indiretta lezione che mi ha impartito e sono profondamente addlorata per la sua assenza su questa Terra.Grazie manu..mi sento meno terribile da quando ho letto il tuo articolo
un abbraccio virtuale Florisa

Manu
Reply

Cara, cara, cara Florisa!
(che bel nome, tra l’altro!)
Posso dirtelo? Sì, lo dico: mi sono emozionata.
Che bello il tuo ricordo e il percorso che ricostruisci. Quanto capisco quando usi la parola “supponenza” (così mi sono sentita, supponente, e lo detesto, perché non è un atteggiamento che di solito mi appartiene), quanto capisco la tua vergogna (l’ho provata anch’io), quanto condivido la tua idea che l’uomo non si possa scindere dall’artista.
Condivido anche quando scrivi “avrei voluto farmi perdonare da lui per quel frettoloso giudizio sopraccigliare”: piacerebbe anche a me e anche per questo sono tanto addolorata, perché so di essere arrivata tardi. Ecco perché non si dovrebbe mai rimandare un “grazie” o uno “scusa”, perché poi non c’è più rimedio, se non quello di sentirsi accomunati e meno terribili attraverso un omaggio, purtroppo postumo.
Ti ringrazio di cuore, cara Florisa, perché lo scambio è reciproco e perché grazie a te anch’io mi sento meno terribile, meno sbagliata, meno sola. E anche di questo dobbiamo dire grazie a Giorgio, per averci fatte incontrare 🙂
Ti abbraccio con tanta forza, come se fosse non solo virtuale.
Manu 🙂

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