La mostra che celebra Rosa Genoni – e qualche mia riflessione…

Sono passati 144 anni da quando Rosa Genoni nasceva a Tirano, comune contornato dalle montagne in provincia di Sondrio, e – a mio avviso – racchiudere questa donna straordinaria in una definizione univoca è operazione pressoché impossibile.

La Genoni è stata una persona straordinaria, immersa nel proprio tempo quanto proiettata nel futuro, sempre all’avanguardia e spesso contro corrente.
Musica, letteratura, ideologie, moda, artigianato e tecnologia: ogni forma di pensiero e di creatività diventavano per lei oggetto di studio e di applicazione concreta.
È stata creatrice di moda (e non solo, è stata soprattutto pioniera della moda italiana), insegnante, attivista per i diritti umani.

Chissà che cosa penserebbe Rosa Genoni del mondo di oggi, di un mondo in cui il gender gap è ancora fortissimo, in cui la disparità di opportunità per uomini e donne è ancora fortissima, in cui le donne che occupano ruoli prestigiosi sono ancora troppo poche, in cui c’è disparità di salario a pari mansioni; un mondo in cui a una donna che si presenta a un colloquio di lavoro viene ancora chiesto se intenda fare figli, un mondo in cui qualcuno ancora pensa che ci sia differenza genetica di predisposizioni e di specializzazioni tra uomini e donne.

Chissà cosa ne penserebbe una donna come lei che, nel lontanissimo 1893, era già impegnata per il miglioramento delle condizioni delle lavoratrici (entrando a far parte della Lega Promotrice degli Interessi Femminili); una donna come lei che nel 1905 venne scelta per i suoi meriti dalla Società Umanitaria per tenere lezioni serali e dirigere la sezione di sartoria (ruolo che occupò fino al 1933, anno in cui si dimise per non giurare fedeltà al fascismo); una donna come lei che nel 1928, insieme al marito Alfredo Podreider, inaugurò un laboratorio di sartoria, un asilo nido e successivamente un ambulatorio ginecologico per le detenute del carcere di San Vittore a Milano.

Chissà cosa penserebbe la Genoni del mondo di oggi e dell’attuale condizione femminile…

Sono figlia di una famiglia che mi ha cresciuta senza barriere mentali.
Sono figlia di un padre e di una madre che mi hanno cresciuta non come donna, ma come persona, e che quindi mi hanno educata a pensare che avrei potuto fare qualsiasi cosa e che avrei potuto perseguire qualsiasi scelta e obiettivo, studiare, lavorare, sposarmi oppure no, fare figli oppure no, viaggiare, amare chi avrei voluto.
Sono figlia di una madre (classe 1949) che era giovane quando in Italia fu introdotta la legge sul divorzio (1970) e quando l’anno dopo, il 10 marzo del 1971, venne abrogato l’articolo 553 del codice penale che vietava «la propaganda dei mezzi atti a impedire la procreazione» (e che prevedeva la pena di un anno di reclusione per chi ne faceva propaganda o utilizzo).
Era giovane anche quando nel 1978 arrivò la legge 194, ovvero la legge sull’aborto: a lei e a tutte le donne toccò invece aspettare il 5 agosto 1981 (1981 – lo sottolineo) perché la legge 442 cancellasse finalmente dal codice penale italiano il delitto d’onore e il matrimonio riparatore. Fino ad allora, gli uomini che uccidevano mogli, figlie o sorelle che avessero arrecato ‘disonore’ beneficiavano di uno sconto di pena…

Io sono dunque cresciuta quando – grazie alle generazioni precedenti – divorzio, scelte contraccettive e aborto erano ormai opzioni individuali possibili; sono dunque una persona che mai avrebbe pensato di ritrovarsi a vivere un momento in cui quei diritti che davamo per acquisiti e scontati – ma che forse sono troppo giovani e troppo poco consolidati – sembrano essere messi in discussione.

Esagero?
Non credo (purtroppo).
Non credo a causa dell’elenco di disparità che ho citato in principio.
Non credo seguendo ogni giorno la cronaca e soffrendo per ogni sorella vittima di violenze e soprusi di ogni tipo.
Non credo di esagerare perché osservo e ascolto i miei studenti e vedo quanto siano preoccupati per le questioni di genere, considerandole tutt’altro che chiuse e risolte.
Non credo di esagerare visto che, ogni volta che affronto con loro la storia della moda e del costume, noto che la parte che più li appassiona e coinvolge è quella che riguarda l’emancipazione in senso ampio e le figure che ne sono state protagoniste.
Come Rosa Genoni.

E se credo che la Genoni sarebbe amareggiata nello scoprire cosa ancora accade molto tempo dopo le sue lotte, credo invece che sarebbe lieta di scoprire come la sua figura affascini e appassioni studenti e studentesse che hanno all’incirca 20 anni oggi, nel 2021 – perché questo vuol dire che abbiamo almeno speranze per il futuro.

E allora, alla luce di tutto ciò, per i miei studenti e per tutti coloro che come me credono che occorra fare la propria parte attiva per cambiare le cose e il nostro tempo nell’ottica di un futuro migliore, condivido con immenso entusiasmo la notizia della nuova mostra dedicata a Rosa Genoni, curata ancora una volta dall’infaticabile Elisabetta Invernici, giornalista, storica del costume e consulente filosofica, già curatrice di tanti eventi e della mostra di tre anni fa all’Archivio di Stato di Milano (ne avevo parlato qui).

La mostra si tiene ad Abbiategrasso dal 17 al 27 giugno 2021 nei sotterranei del Castello Visconteo: si intitola “Rosa Genoni (1867-1954), l’Operaia della moda: genio ed emancipazione” e presenta l’omaggio di artigiani creativi a colei che possiamo considerare la prima stilista italiana.

Trovate tutti i dettagli qui sotto.

Manu

 

 

Mostra
Rosa Genoni (1867-1954), l’Operaia della moda: genio ed emancipazione
L’omaggio di Artigiani creativi alla prima stilista italiana
A cura di Elisabetta Invernici

La mostra “Rosa Genoni (1867- 1954), l’Operaia della moda: genio ed emancipazione” è stata pensata dall’Associazione abbiatense Iniziativa Donna con la cura di Elisabetta Invernici per sottolineare la ricorrenza dei venticinque anni del gruppo fondato nel 1995. L’attività di Iniziativa Donna, negli anni, non ha solo promosso l’emancipazione e il mondo femminile, ma è stata artefice di appuntamenti importanti nel campo della cultura, dell’arte, della politica, collaborando con le amministrazioni comunali e il mondo associativo locale nonché con ONG per la realizzazione di progetti di cooperazione internazionale.
Rosa Genoni rappresenta molto bene lo spirito che muove il gruppo: anche Genoni agisce in modo trasversale, non si limita all’abito, ma coinvolge contesti editoriali ed espositivi, il mondo della formazione, si impegna nella politica e in prima fila nelle campagne sindacali delle sarte milanesi degli Anni Novanta dell’Ottocento. Si batte per la riduzione dell’orario del lavoro conquistando il tempo da dedicare alla formazione professionale e culturale. Sarà sempre per la pace internazionale.
La stilista, arrivata dalle montagne della Valtellina, costruirà grazie al talento, alla costanza, al coraggio (e a una grande visione della potenzialità dell’artigianato nel “comparto tessile italiano”) collezioni di modelli per la moda nazionale attingendo alla storia dell’arte e al costume popolare, imponendosi, a livello internazionale, sul monopolio della moda francese. Grande successo avrà il suo padiglione all’Esposizione Internazionale del Sempione svoltasi a Milano nel 1906.
Insegnerà per ventotto anni, fino al 1933, passando dalla sartoria alla storia del costume alla Società Umanitaria di Milano, applicando un innovativo metodo di insegnamento: la didattica visiva.
Tra le grandi questioni sollevate dal dibattito sull’arte applicata nel corso dell’Ottocento, c’è anche quello della funzionalità: per Rosa Genoni l’abbigliamento deve mantenere peculiarità meramente femminili per diventare strumento di espressione della donna e adeguato alla loro vita quotidiana. L’ispirazione all’antico si concretizza con un abito né troppo aderente né troppo ampio, drappeggiato con grazia: nasce l’abito Tanagra (ispirato alle terracotte di Tanagra, le korai della Grecia antica) che Rosa indossa al congresso del 1908.
Rosa Genoni ha fatto da ponte tra due secoli e ha traghettato l’esperienza ottocentesca attraverso le arti decorative nel Novecento e soprattutto nella moda come esperienza consapevole. Rosa aveva riconosciuto che la moda non necessariamente opprime le donne, anzi, al contrario può veicolare e manifestare i loro ideali. Il suo appello invita ogni donna a guardare all’abito come espressione creativa funzionale allo sviluppo identitario personale e nazionale.
Pionieristica – come già accennato – anche nella didattica, i suoi volumi “Storia della moda attraverso i secoli” e “Per una moda italiana” sono il frutto dell’abitudine consolidata al rapporto diretto con l’opera d’arte: politica, economia, cultura, educazione si intrecciano nella costruzione di un sistema del Made in Italy consapevole della propria identità storica, ma aperto al futuro.
La sua è dunque una vicenda da conoscere e che rende omaggio a una grande protagonista della storia italiana.

Sotterranei del Castello Visconteo di Abbiategrasso
Apertura e orari:
17 e 24 giugno dalle 16 alle 19
18/19/20 e 25/26/27 giugno dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19
Per piccoli gruppi sarà possibile prenotare la visita anche nei periodi di chiusura.
Info e appuntamenti: 3515920238

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

Glittering comments

Laura
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Bellissimo articolo, concordo su tutte le tue riflessioni e mi hai sconvolto con il delitto d’onore e la sua abolizione,solo, nel 1981!!!😱😱😱 Non lo sapevo…

Ma è la stessa bellissima mostra che hanno fatto all’archivio di stato?
Un bacione grande grande.❤😘

Manu
Reply

Proprio così, mia cara Laura: solo nel 1981…
Spesso pensiamo che certi diritti siano ormai non solo acquisiti ma anche ben consolidati, ma invece non è così.
Talvolta guardiamo con forte senso critico (e disprezzo) ad altri Paesi e culture che consideriamo arretrate ed è giusto, per carità, lo sono (o almeno così la penso io) ma dovremmo anche ricordare che anche noi, solo da poco tempo, abbiamo abbandonato alcune pratiche e leggi barbare…
D’altro canto, le donne italiane hanno votato per la prima volta in un’elezione politica solo dopo la Seconda Guerra Mondiale… ecco perché sostengo che non bisogna abbassare la guardia! Tutto troppo giovane e fresco.

No, non è la stessa mostra fatta all’Archivio di Stato, è un nuovo progetto.
Se hai occasione… c’è tempo fino a domenica (27 giugno).

Un abbraccio e grazie,
Manu

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