Yezael by Angelo Cruciani: Pink Power sulla SS 2016

Molte persone sostengono che il bello di avere un’idea risiede anche nella possibilità di poterla cambiare o di vederla evolvere.
Ho passato metà della mia vita – la prima, quella da adolescente impetuosa – a essere ciò che oserei definire un’integralista delle opinioni; ora, nella seconda fase – quella di donna ormai matura, almeno dal punto di vista anagrafico – sto in effetti riscoprendo la bellezza che non conoscevo fin quando sono stata solita dividere ogni cosa tra bianco e nero senza vedere le sfumature.
Per questo, oggi, quando ascolto le opinioni di qualche giovane testa impetuosa esattamente quanto lo era la mia, cerco di non prendermela per sentenze a volte taglienti se non offensive; cerco di sorridere e lo faccio con un filo di imbarazzo, rendendomi conto solo ora di quanto, probabilmente, all’epoca sono apparsa come un giovane, inesperto e cocciutissimo mulo.
Eppure, a discolpa mia e di quei giovanissimi che sono come me, posso citare una frase che mi ripeteva spesso mia mamma quando, paziente, ascoltava le mie idee intemperanti: il fuoco non scotta fino a quando sono gli altri a dirtelo. Ovvero, per capire certe cose devi provarle sulla tua pelle.

Perché questo esordio?
Perché oggi vi parlo di moda uomo e questo è un argomento sul quale il mio pensiero è costantemente in evoluzione. È un territorio sul quale mi riservo la facoltà di cambiare idea.

Mi spiego meglio.

Ricordo di aver scritto in un post – a proposito di Julian Zigerli e Alessandro Dell’Acqua – di non apprezzare le mezze misure applicate al guardaroba, soprattutto a quello maschile.
A me piace quel tipo di moda che continua la grande tradizione sartoriale oppure apprezzo la moda d’avanguardia e chi osa; ciò che sta in mezzo, per come la vedo io, è solo noia.
Visto che penso che la moda sia linguaggio e comunicazione, credo che stare a metà tra le due scelte crei un territorio in cui regna la confusione: detesto quando una collezione comunica un senso di pretenziosità immotivata, così come detesto se trasmette un messaggio del tipo vorrei ma non oso.
Ciò che è certo è che occorre coraggio per entrambe le opzioni: se si segue la strada tracciata dai grandi sarti, si accetta un confronto che può risultare rischioso; se si decide di rompere con la tradizione, si tenta di scrivere nuovi codici che spesso risultano di non facile comprensione, soprattutto nell’immediato. Leggi tutto

È tempo di rinascita in casa Samas

Amo da sempre miti e leggende, forse perché sono una sognatrice.

Tra i miti che più mi affascinano, c’è quello della fenice e della sua rinascita dalle proprie ceneri: mi piace l’idea intrinseca, qualcuno o qualcosa capace di risollevarsi perfino quando sembra non esserci più speranza.

Oggi, oltre al concetto di rinascita personale, si fa strada quello di rinascita aziendale: sono felice di vedere che, finalmente, anziché limitarci esclusivamente a consumare rapidamente, si inizi piuttosto a pensare a come dare una seconda possibilità a ciò che è stato un successo.

L’idea di rilanciare un brand mi piace quanto quella di dare opportunità alle realtà emergenti: in entrambi i casi, si parla di talento, quello che risorge e quello che nasce vergine. E siccome penso che il talento non vada sprecato né buttato via, mai e in nessun caso, apprezzo decisamente il fatto che esistano persone in grado di mettere mano a un’azienda di valore facendo sì che storia ed eredità non vadano perse.

Ecco perché ho deciso di raccontarvi del rilancio del brand Samas: nato nel 1959 a Chiuro, in Valtellina, si è fatto conoscere specializzandosi in abbigliamento sciistico. Leggi tutto

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