Louis Vuitton e NBA, la partnership e il baule per il Larry O’Brien Trophy

Louis Vuitton e la National Basketball Association (NBA) hanno annunciato una collaborazione pluriennale e la creazione del primo cofanetto rigido per contenere il Larry O’Brien Trophy, ovvero il trofeo assegnato dalla NBA.

L’annuncio è importante perché la collaborazione rappresenta il primo accordo che Louis Vuitton, Maison francese fondata nel lontano 1854, stringe con una lega sportiva nord-americana, anch’essa con un cammino storico iniziato nel 1946.

Realizzato a mano nel laboratorio LV di Asnières alle porte di Parigi, il cofanetto (che porta avanti la celeberrima expertise della Maison nell’ambito dei bauli) è rivestito dall’ormai iconica tela Monogram ed è decorato con le tradizionali rifiniture in ottone.

Il cofanetto, naturalmente realizzato su misura, ospiterà il Larry O’Brien Trophy con cui sarà premiata a giugno la squadra vincitrice del campionato NBA.

A raccontare la partnership è Michael Burke, Presidente e CEO di Louis Vuitton.

«Louis Vuitton e NBA sono icone e leader nel loro settore, dunque l’unione delle due promette momenti che daranno vita a ricordi storici. Louis Vuitton è stata a lungo associata ai trofei più ambiti del mondo e con questa collaborazione la tradizione continua: la vittoria viaggia in Louis Vuitton.»

Letteralmente, direi, e a fargli eco è Mark Tatum, Deputy Commissioner e Chief Operating Officer di NBA.

«Le finali NBA sono ricordate per giocatori iconici e performance memorabili che culminano con la presentazione del Larry O’Brien Trophy. La tradizione, il patrimonio e l’identità di Louis Vuitton creano una sinergia naturale con NBA e questa collaborazione è un modo speciale e unico per mostrare il nostro trofeo a tutti i fan del mondo.»

La partnership è stata annunciata in vista della NBA Paris Game 2020: presentata da beIN SPORTS, network globale di canali sportivi, la competizione si è tenuta venerdì 24 gennaio presso l’AccorHotels Arena di Parigi e ha visto le squadre degli Charlotte Hornets e dei Milwaukee Bucks giocare per la prima volta una partita di regular season in Francia, patria di Louis Vuitton.

NBA e Louis Vuitton scriveranno dunque insieme nuove storie legate a uno dei più simbolici trofei dello sport.

Inoltre, come parte della collaborazione con NBA, Louis Vuitton creerà un’annuale capsule collection in edizione limitata.

I dettagli verranno annunciati prossimamente.

Se vi state chiedendo perché ho deciso di parlare anch’io di questa notizia – peraltro pubblicata negli ultimi giorni dalle più importanti testate di moda, sport e lifestyle – vi accontento volentieri dandovi tre motivi: perché sono intellettualmente curiosa e ho imparato qualcosa di nuovo, perché si parla di due realtà importanti e storiche ognuna nel proprio settore (e seguo una delle due, Louis Vuitton, da moltissimo tempo studiandone percorso e prodotti), perché mi piacciono le collaborazioni che legano mondi solo apparentemente lontani tra loro.

Ciò che ho imparato è che cosa sia esattamente il Larry O’Brien Championship Trophy, ovvero il trofeo consegnato dalla National Basketball Association alla squadra vincitrice del torneo alla fine di ogni stagione.

Fu creato per le NBA Finals del 1977 e nel 1984 prese il nome attuale in onore di Larry O’Brien, politico e commissario della NBA, per il suo lavoro a favore della pallacanestro.

Il Larry O’Brien Trophy è alto poco più di 61 centimetri, pesa 6.57 kg ed è realizzato con una combinazione di lega d’argento, vermeil (argento dorato) e oro 24 carati: la forma ricorda un pallone da basket che entra in un canestro ed è realizzato dalla Tiffany & Co. (quella Tiffany) la quale ne crea annualmente una copia fedele.

Il valore dell’opera raggiunge i 13.500 dollari e il nome della squadra vincente – assieme all’anno del successo – viene inciso sul supporto inferiore dove sono inoltre presenti la scritta The Larry O’Brien Trophy e, naturalmente, il logo della NBA.

Per quanto riguarda la mia stima verso Louis Vuitton, mi fa piacere condividere un pensiero nel quale credo profondamente e al quale ho dato forma giusto pochi mesi fa, iniziando a scrivere un articolo per ADL Mag.

«Esistono brand che hanno la preziosa capacità di guardare al futuro riuscendo a valorizzare il proprio passato: Louis Vuitton possiede senza dubbio tale abilità, forte di una tradizione lunga ben 165 anni.»

Proprio in quel pezzo spiegavo infatti come, da tempo, la Maison offra live experience e mostre per condividere il proprio savoir faire: in quei giorni (20 settembre – 20 ottobre 2019) era Milano a ospitare l’esposizione Time Capsule, vero e proprio viaggio nella storia del celeberrimo marchio francese.

Nella tappa milanese di quella che è una mostra itinerante, il mondo Louis Vuitton è stato raccontato attraverso l’esposizione di oggetti e documenti accuratamente selezionati e che provengono dagli archivi della Maison partendo dal 1854, anno di fondazione, per arrivare fino a oggi.

Sono stata alla mostra due volte, la prima in solitaria e la seconda con gli studenti di una delle mie classi in Accademia del Lusso: a loro e nel mio articolo per ADL Mag ho raccontato come un viaggio aristocratico nel Settecento poteva prevedere decine di bauli stipati in più carrozze.

È però nell’Ottocento che la diffusione dei trasporti a vapore – navi e treni – favorisce la definitiva affermazione dei viaggi turistici: è in tale contesto che entra in scena Louis Vuitton che nel 1835, a soli quattordici anni, lascia la sua città d’origine con l’idea di raggiungere Parigi.

Inizia a lavorare nella capitale come apprendista presso Romain Maréchal, produttore di scatole e casse: nel 1854, fonda la sua azienda e apre il primo negozio nel quale vende bauli da viaggio che attirano ben presto l’attenzione dell’alta società, tanto da diventare ‘emballeur’ preferito dell’imperatrice Eugenia, moglie di Napoleone III.

Nel 1858, l’intraprendente Vuitton inventa il primo baule piatto e l’anno dopo, nel 1859, apre un laboratorio ad Asnières-sur-Seine, alle porte di Parigi; nel 1875, crea un’altra meraviglia, ovvero il baule armadio.

Ancora oggi, ad Asnières, la Maison crea accessori da viaggio su misura e l’atelier è visitabile (guardate qui).

Fin dai primi anni della sua attività, a causa del successo, Louis Vuitton deve proteggersi dai tentativi di imitazione: nel 1888, per distinguere i suoi bauli, introduce la tela Damier, caratterizzata da una sorta di scacchiera. La tela Monogram – con motivi floreali, forme geometriche e la sigla LV, scelta anche per il Larry O’Brien Trophy – nasce invece nel 1896, disegnata dal figlio Georges in omaggio al padre Louis che scompare purtroppo nel 1892.

Paradossalmente, il motivo Monogram è diventato uno tra i più imitati al mondo ma, come insegnano gli esperti di marketing, le imitazioni sono in fondo il segno del successo di un marchio e dei suoi prodotti – nonché «la più sincera delle adulazioni», come scrisse Charles Caleb Colton.

Nel 1890, Georges brevetta il lucchetto con serratura a cilindro multiplo che diventa uno dei segni distintivi della Maison; nel 1897, anticipa lo sviluppo dell’autovettura svelando il primo prototipo di baule per l’auto e nel 1901 è la volta della borsa Steamer, antesignana delle borse morbide.

È invece datata 1930 la nascita della Keepall, la più leggendaria di tutte le borse da viaggio firmate Louis Vuitton.

La storia continua e la Maison Louis Vuitton onora il proprio fondatore ogni giorno, continuando incessantemente ad affrontare nuove sfide: la partnership globale con NBA e l’esclusivo travel case ufficiale per il Larry O’Brien Trophy sono l’ennesima dimostrazione di questa continua propensione.

Con i suoi bauli, Louis Vuitton ha fatto viaggiare molte categorie di oggetti: non mi sorprende affatto che, oggi, faccia viaggiare un prestigioso trofeo sportivo come il Larry O’Brien Trophy.

Manu

 

 

Photos courtesy of Louis Vuitton Press Office

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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