Qualche mia idea a proposito di essere – o non essere – un buon docente…

Oggi vorrei raccontarvi due storie.
Sono aneddoti personali e riguardano il rapporto avuto con un paio di docenti incontrati durante i miei percorsi da studentessa.

Quand’ero alle elementari e alle medie, la matematica mi piaceva.
Non quanto le materie letterarie che sono da sempre la mia grande passione, ma anche la matematica mi incuriosiva e mi affascinava.
L’idillio tra noi si spezzò alle scuole superiori, esattamente in quarta, quando alla mia classe fu assegnato un professore terribile, un po’… nazista (passatemi il termine), uno di quelli a cui cambiavano sezione ogni anno per via delle proteste di genitori e studenti.

Il nazistoide aveva regole ferree e un po’ assurde: sul banco non dovevamo avere nulla se non una biro, il quaderno e il libro.
Se solo vedeva, per esempio, un innocente portapenne, lo stesso volava giù dalla finestra.

A una riunione con genitori (preoccupati) e studenti (arrabbiati), enunciò la propria teoria che voleva che lui fosse un genio (incompreso, probabilmente) e noi dei poveri stupidi.
Ci fu una sollevazione generale e io chiesi la parola: non ricordo di preciso cosa dissi, ma ricordo che espressi il mio pensiero a proposito di quella sua farneticante teoria e ricordo che alla fine erano tutti in piedi ad applaudirmi, i miei compagni, i genitori e anche diversi insegnanti, per esempio quella di inglese che con foga e lampi di rabbia nei suoi occhi azzurrissimi continuava a ripetere «sia messo a verbale che non sono affatto d’accordo con il professor X», riferendosi alla pessima opinione che lui aveva di noi studenti e sottolineando il concetto con un dito ossuto risolutamente sollevato in aria.

Ricordo anche e soprattutto gli occhi, gelidi, del professore che mi fissavano…
E indovinate un po’: io che, fino all’anno prima, avevo 8 in matematica… passai al 5.
Il prof me la giurò, neanche a dirlo, e pensò bene di darmi una lezione circa autorità e potere secondo la sua visione (distorta) che prevedeva più che altro il loro abuso.

Fui rimandata a settembre con una pagella piena di 8 e il suo 5, nonostante le proteste di altri professori: mi fece perdere la borsa di studio e passai l’estate a studiare.
I miei erano dalla mia parte, ovviamente, e infatti non fui punita perché ben sapevano quale fosse la verità ma, essendo genitori in gamba che volevano il mio bene nonché ottimi educatori, furono irremovibili: ero stata rimandata e dovevo comunque assumermi le mie responsabilità.
Non volevano certo insegnarmi a stare zitta, volevano però che imparassi a fare fronte alle conseguenze delle mie scelte.
E credo che, quell’anno, mamma e papà furono orgogliosi più di quando prendevo la borsa di studio, anche se davanti a me non sminuirono mai la scuola come istituzione, errore che invece fanno oggi molti genitori.

Quanto al professore… lui pensava di avermi punita, di avermi dato una lezione, di avermi insegnato l’ubbidienza, la disciplina e la necessità di abbassare la testa davanti a chi detiene il potere ed esercita l’autorità.
In realtà non è ciò che ho imparato attraverso il suo perverso giochetto di potere (a settembre fui peraltro promossa da lui stesso ormai soddisfatto), ma ho comunque imparato ben quattro lezioni.

La prima è che nella vita c’è sempre un (o una) prepotente o un (o una) arrogante, che sia un docente o un capo o chiunque altro, che vuole dare lezioni circa cosa siano potere e autorità – secondo loro, chiaramente.

La seconda è che c’è sempre un prezzo da pagare per tenere testa a queste persone e che questo prezzo si paga in vario modo e in prima persona.

La terza è che compresi che potevo avere la forza e il coraggio di tenere alta la testa e di pagarne il prezzo. Lo feci per la prima volta quell’estate e ho continuato a farlo tante volte, sempre accettando di pagare lo scotto in prima persona.

Per la quarta lezione… permettetemi un attimo di suspense: ne parliamo tra un pochino anche perché è qualcosa che ho messo a fuoco in tempi molto più recenti, precisamente da quando anch’io sono una docente.

In versione docente per Accademia del Lusso – aprile 2022
In versione docente per Accademia del Lusso – aprile 2022

Prima vi racconto invece il secondo episodio.

Più o meno in quello stesso periodo, giusto uno o due anni prima, quando frequentavo la prima o forse la seconda superiore, la professoressa di letteratura mi lanciò una sorta di sfida consigliandomi di leggere le opere di Gabriel García Márquez.
La prof in questione è stata delle prime persone a capire quanto fossi costantemente spinta da un’immensa curiosità, da una grande fama di sapere, di conoscere, di mordere la vita: ho sempre pensato che, consigliandomi Márquez, lei abbia voluto mettere alla prova tutto ciò.

Lessi Cent’anni di solitudine tutto d’un fiato e passai subito a un altro romanzo di uno dei più grandi maestri della letteratura latinoamericana nonché vincitore di un Premio Nobel.
A seguire ho letto quasi tutto ciò che Márquez ha pubblicato, dopodiché sempre la mia prof mi consigliò di passare a Isabel Allende e così feci, innamorandomi anche di questa meravigliosa scrittrice e dei suoi intensi personaggi.

Ricordo perfettamente, come se fosse ieri, lo sguardo soddisfatto della professoressa quando ci confrontavamo dopo ogni libro e per questo sostengo che la sua fosse sì una sfida ma tutta in positivo: si capiva che era felice di aver condiviso una grande passione con me e di aver messo un semino nel terriccio fertile della mia allora giovane testolina.
Ha vinto la sua scommessa, ebbene sì, perché da lei ho imparato l’amore per la bella letteratura e so di doverle tanto; ho anche imparato il piacere di condividere ciò che si ama, senza prepotenza o arroganza o sicumera, ma suscitando desiderio di emulazione.

Come vedete, sono due storie che sembrano essere diametralmente opposte eppure in realtà conducono alla stessa lezione che imparai da entrambi, quella che avevo precedentemente lasciato in sospeso: quale tipo di docente essere quando sono passata dall’altro lato della cattedra.

Il primo, il prof di matematica, è il tipo di docente che non voglio affatto essere; la seconda, la prof di letteratura, è invece esattamente il tipo di docente che spero di essere.

Perché non c’è bisogno di essere prepotenti o arroganti né di intimorire: se si è degni di essere considerati autorevoli sono gli altri a riconoscerlo.
Si può essere temuti o si può essere rispettati: come studentessa ho sempre preferito rispettare e, di conseguenza, vorrei questo anche in qualità di docente, non vorrei essere temuta bensì ascoltata, accettata, accolta e rispettata.

Il rispetto non si impone: si guadagna.
E desidero poter essere un bel ricordo, una piccola traccia positiva nella vita di qualcuno, vorrei sapere di aver condiviso e trasmesso una passione e dunque – in fin dei conti – di essere stata scelta.

Ecco, credo che avermi insegnato tutto ciò sia un’immensa vittoria per la mia prof di letteratura e, al contrario, la peggior sconfitta del docente di matematica che, a oggi, ha un posto nei miei ricordi solo come simbolo di tutto ciò che non voglio essere.

Chissà se lui considererebbe ancora quella punizione che mi inflisse come una vittoria.
Io mi permetto invece di reputarlo un grande fallimento: lo pensavo già allora, lo penso ancora di più adesso.

E al contrario mi godo i bellissimi frutti delle mie scelte: i pensieri dei miei studenti, quelli di questo anno accademico in chiusura ma anche quelli di ex studenti che si ricordano ancora di me (c’è un assaggio qui sotto e chiedo scusa se non ho saputo resistere alla tentazione di condividerne alcuni).

E anche per questi frutti… ringrazio una volta di più la prof di letteratura, con affetto, stima, gratitudine e imperitura memoria

Manu

 

«Ci tenevo a scriverle due parole in quanto le sue per me sono state estremamente importanti e trovo che anche lei debba sentirsi dire quanto svolge bene il suo lavoro. Innanzitutto la ringrazio per il bellissimo voto, sono felice che il mio lavoro le sia piaciuto. In secondo luogo la voglio ringraziare perché mi ha davvero appassionato con il suo sapere e credo di aver trovato in lei il miglior metodo di insegnamento che abbia mai provato. Sempre ottimista, che spinge al costante miglioramento e mai demoralizzante. Oltre ad essere una persona sempre interessata al sapere e aperta al dialogo, è stato molto bello e interessante avere scambi di diverse visioni su svariati temi con lei. Ho aspettato il voto per scriverle perché non volevo in nessun modo influenzarlo, ma adesso ci tenevo davvero tanto a scriverle quanto è brava nel suo lavoro e quanto è stato importante per me il suo corso.» (C.S. – cosa posso dire se non che ho quasi pianto leggendo questi pensieri…)

«Grazie ancora per tutte le nozioni che ci ha insegnato e per la passione per la storia della moda e per l’editoria che ci ha trasmesso. È stato un vero piacere frequentare questo corso.» (A.P. – grazie a te, sapere che anche tu amerai la storia della moda e il mondo dell’editoria è una gioia immensa)

«È stato un onore conoscere una persona come lei. Le auguro il meglio.» (V.S. – ed è un onore per me poter percorrere un pezzo di strada con voi)

«Sa sempre dire le parole giuste! Mi ha insegnato e continua a insegnarmi tanto, anche solo guardando ciò che scrive nei post e le foto che posta… come un inno alla bellezza!» (F.C. – ex studentessa che mi commuove continuando a ricordarsi di me anche a distanza di tempo)

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

Glittering comments

Cristina Straforini
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Ciao Manu, è tanto che non siamo in contatto ma ti penso spesso. Tante cose so successe nel frattempo: una bruttissima (ho perso.mio fratello causa covid nel.marzo 2020 e ancora il dolore è enorme) e altre belle: il matrimonio di.mii figlio e mia nuora ed ora il prossimo arrivo di in nipotino. Ho un monile che tu mi hai regalato: una spilla con una pietra che tengo molto cara come cara mi sei tu nel cuore. Volevo solo dirti che io non ti ho conosciuta come insegnante ma non avevo alcun dubbio tu saresti stata un’ottima docente o qualsiasi cosa tu volessi essere perché prima di tutto sei una bellissima persona e, questo è ciò che fa di te tutto il bello che c’è. Ti abbraccio forte. Cri

Manu
Reply

Cri cara Cri… che bello ritrovarti qui!

Ricordavo, sai, della dolorosa scomparsa di tuo fratello.
Me ne avevi parlato in novembre 2020, quando ti eri ricordata del mio compleanno (sei sempre un tesoro).
Non oso immaginare quanto sia straziante la perdita di un fratello: ci si aspetta che un fratello o una sorella ci accompagnino lungo tutta la nostra esistenza, quando anche i genitori ci lasciano, dunque una scomparsa tanto prematura e innaturale è inaccettabile, difficile – se non impossibile – da metabolizzare.
Niente e nessuno potranno mai prendere il posto vuoto che ha lasciato nel tuo cuore, eppure spero che tuo figlio, tua nuora e il nipotino in arrivo possano essere affetti che ti facciano compagnia e ti regalino conforto e molti sorrisi.

Grazie per le tue parole gentili, affettuose e piene di stima: sono sentimenti che ricambio in pieno, lo sai.
E mi fa piacere anche che tu serbi la spilla 🙂

Ti abbraccio anch’io forte forte,
Manu

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