Estate 2014: parte 1, la Bretagne et la mer
Com’è strana questa estate che stiamo vivendo, vero?
Parecchi anni fa, Bruno Martino cantava “E la chiamano estate / questa estate senza te”: quest’anno potremmo dedicare gli stessi versi al sole, spesso grande assente di una stagione un po’ anomala.
Eppure, sole o non sole, l’estate resta sempre – probabilmente – la stagione più attesa e lo scriveva anche Ennio Flaiano, in “Diario degli errori”: “Non c’è che una stagione: l’estate. Tanto bella che le altre le girano attorno. L’autunno la ricorda, l’inverno la invoca, la primavera la invidia e tenta puerilmente di guastarla”.
Non posso dargli torto, l’estate è sempre stata la mia stagione preferita, anche se ultimamente tendo a preferire le stagioni intermedie, autunno e primavera, più morbide, perché col tempo mi sto ammorbidendo anch’io e tendo a smussare gli angoli.
Sapete, a proposito d’estate, tempo fa meditavo su un fatto: il mese di agosto sta alla stagione estiva esattamente come la domenica sta alla settimana, si può fare lo stesso parallelo, esiste la stessa proporzione.
Mi spiego meglio: il sabato, in genere, è il giorno carico di aspettative e premesse, poi arriva la domenica e la festa finisce alla svelta, finisce il week-end e ricomincia la settimana lavorativa.
Non per nulla esiste la depressione da domenica sera e scommetto che, almeno una volta, tutti noi l’abbiamo provata.
La stessa cosa vale per l’estate: luglio è sempre carico di progetti per le vacanze e quindi di attesa, poi arriva agosto e tutto passa in un attimo. È come se luglio fosse il sabato, agosto la domenica e settembre il lunedì.
(A proposito oggi è l’ultimo giorno di agosto…)
Personalmente, sono sempre stata una fan del sabato e dunque del mese di luglio: insomma, una da “Il sabato del villaggio”, per scomodare addirittura Giacomo Leopardi.
Come dite? Che il grande poeta era un tantino pessimista? Beh, sì, in effetti…
A ogni modo: quest’anno ero talmente esausta ed ero talmente bisognosa di staccare che ho invece salutato come una manna dal cielo l’arrivo di agosto e l’ho apprezzato, eccome se l’ho apprezzato!
E con il mese di agosto è arrivato il mio amatissimo mare, quest’anno quello della Bretagna, regione francese che amo profondamente e che ho spesso frequentato, soprattutto negli ultimi anni. Mi sono regalata spiaggia e mare, anche se sono stati senza costume, in linea con lo spirito di quest’estate bizzarra e un po’ capricciosa.
Cos’ho fatto? Mi sono guardata attorno, ho camminato, ho osservato le maree, ho ascoltato (spesso il silenzio), ho scrutato l’orizzonte, ho raccolto conchiglie, ho letto (avete letto il mio post sul libro di Florisa Sciannamea?), ho preso appunti distratti, ho dormicchiato e mi sono persa, a volte senza pensare a niente.
“Il mare in Bretagna è ruvido ma non graffia: è come un gattino selvatico che allunga la zampa ma non tira fuori le unghie. È un discorso molto intimo e privato, un dialogo a due tra te e lui. Ti entra dentro e ti fa venire nostalgia di una vita che potresti avere e che non hai.”
Così ho scritto venerdì 8 agosto sul mio iPad a Binic, seduta di fronte al mare. Ho scoperto solo in seguito che proprio da questa cittadina i pescatori partivano affrontando le insidie dell’Atlantico per pescare il merluzzo: vedete, non ho torto circa la ruvidità.
Tra l’altro, riferendosi alla Bretagna, non si dovrebbe parlare di mare bensì di oceano (anche se, precisamente, siamo ne La Manica) e quindi è un concetto ancora più grandioso nella sua vastità, perché l’oceano bagna terre diverse e lontane e unisce popoli da una sponda all’altra.
Tutto ciò mi affascina ancor di più, se possibile.
E proprio l’oceano con le sue maree in Bretagna rivendica con forza il suo ruolo da protagonista e influenza la vita e le scelte dell’uomo. Non solo: considerata la sua posizione all’estremità occidentale dell’Europa, la Bretagna ha un’aria da luogo alla fine del mondo.
L’ultima sera, davanti al mare di Binic (di nuovo, sì, lì è iniziato e finito tutto), mi è montata dentro una gran tristezza e dovete sapere che, quando divento triste, sono ancora più goffa del solito: i piedi si sono fatti pesanti e ho iniziato a farfugliare che mi ero dimenticata di raccogliere le conchiglie che mi aveva chiesto Valentina, una mia cara amica. Che poi era vero, nel senso che non le avevo ancora raccolte e che lei me le aveva chieste.
“Ogni volta che lascio il mare è come se mi strappassero un pezzo di cuore”, ho detto a Enrico, in mezzo a qualche lacrima che iniziava a scendere. E allora lui, con quella sua tenerezza semplice e pratica che sempre lo distingue, mi ha detto “dai, andiamo a raccogliere le conchiglie per la tua amica”.
È finita con noi due chini sulla spiaggia a cercare conchiglie da mettere in un sacchetto improvvisato, io a bagnarmi il bordo del vestito, a riempirmi i piedi di sabbia umida e fredda, tirando su con il naso e cercando di respirare a pieni polmoni quell’ultimo pezzetto di mare. E prendendomi il tempo necessario per l’addio. Temporaneo. Perché tornerò. Torno sempre al mio adorato mare.
Quand’ero bambina e ragazzina, facevo la stessa cosa, piangevo ogni volta che tornavo dalle vacanze o da un viaggio. Mia mamma mi rimproverava, mi diceva “sembra che a casa tua tu abbia l’inferno”.
Io ci rimanevo ancora più male ed ero incapace di spiegarle che non piangevo per il dispiacere di essere tornata o perché non stavo bene in quella che era allora la mia casa, ma perché, già allora, mi ero innamorata del concetto del viaggio.
Ora che sono grande e che ho fatto pace con le parole e con i miei sentimenti spesso intricati o aggrovigliati, mi piacerebbe spiegarle che, se ancora qualche volta mi capita di piangere al termine di un viaggio e soprattutto quando lascio il mare, è solo perché vuol dire che quel viaggio è stato davvero bello e che mi è entrato dentro, diventando una parte di me. E non importa quanto vicino o lontano sia stato.
Casa – per me – oggi vuol dire stare con colui che amo. E quindi mi sento a casa ovunque, se c’è lui: se piango è solo perché sento già nostalgia per il posto che sto per lasciare.
Ripenso a una frase detta da Enrico alla sottoscritta un paio di giorni prima di partire: “da ora e fino a fine agosto devi solo pensare alle galette, alle ostriche, alle cozze e ai gabbiani”. Così è stato, in effetti.
Amo Enrico, amo il mare, amo i luoghi che abbiamo visitato e che finiranno nella mia personalissima collezione di quelli che porto nel cuore.
È un mondo meraviglioso, ha ragione Sabrina, un’altra mia cara amica.
Manu
P.S.: La Bretagne et la mer, ovvero la Bretagna e il mare. Perché il titolo in francese? Perché mi piace evidenziare che, in tale lingua, il mare si declina al femminile 🙂
Le foto che mi ritraggono sono opera di Enrico. Tutte le altre sono miei scatti.
Se vi ho incuriositi e se volete approfondire, nonché qualche mio piccolo suggerimento:
Qui trovate il sito ufficiale della Francia; qui la parte dedicata alla Bretagna.
Qui trovate il sito ufficiale del Turismo in Francia, qui la pagina Facebook, qui Twitter, qui Instagram e qui il canale YouTube. Qui la pagina dedicata alla Bretagna sul sito.
Qui trovate Tourisme Bretagne, il sito ufficiale del turismo in Bretagna: il link è per la versione in italiano, ma il sito è in ben 7 lingue (bretone incluso, ovviamente).
Qui trovate la pagina Facebook Fans de Bretagne.
Qui trovate il sito della cittadina di Binic.
Qui trovate il sito della cittadina di Cancale.
Qui trovate il sito di Cap Fréhel.
Qui trovate il sito della cittadina di Dinard.
Qui trovate il sito della cittadina di Erquy.
Qui il sito della cittadina di Paimpol.
Qui trovate il sito della cittadina di Perros-Guirec col porto di Ploumanac’h.
Qui trovate il sito della cittadina di Pléneuf-Val-André.
Qui trovate il sito della cittadina di Saint-Malo.
Qui trovate il sito della cittadina di Saint-Quay-Portrieux.
Nella cittadina di Binic, abbiamo mangiato bene alla Crêperie de l’Ic: non ha un sito, ma la trovate al 36 di Rue Joffre. La specialità sono le galette, ovvero le crêpe salate, ma ci sono, ovviamente, anche quelle dolci.
Nella cittadina di Erquy, abbiamo mangiato bene al Restaurant Madloc’h: non è sul mare, ma ha un fresco giardino, tranquillissimo, e la loro cucina attenta e sublime (il moelleux au chocolat, qui, è divino) conquista il cuore.
Nella cittadina di Perros-Guirec, precisamente al porto di Ploumanac’h, abbiamo mangiato bene al Restaurant Le Mao: anche loro non hanno un sito, ma li trovate al 147 di Rue St Guirec. Un bel giardino in stile zen e ottimi piatti di pesce, soprattutto crostacei e coquillages.
Nella cittadina di Pléneuf-Val-André, abbiamo mangiato bene al Restaurant La Croisette: un buon pranzo domenicale a base di cozze e patatine fritte.
Nella cittadina di Saint-Quay-Portrieux, abbiamo mangiato bene al Bistrot La Marine: uno dei migliori burger di pesce di tutta la mia vita! Per non parlare del fish & chips provato da Enrico.
Il consorzio La Belle-Iloise è stato fondato nel 1932 e da allora fa vendita diretta di preparazioni a base di sardine, tonno, sgombro lavorati rigorosamente nei propri stabilimenti secondo tradizione. Prodotti ottimi dei quali noi abbiamo spesso approfittato per gustosi pic-nic sulla spiaggia! Hanno tanti negozi in varie cittadine.
E ancora il mio post sul libro di Florisa Sciannamea che tanta compagnia mi ha tenuto sulle spiagge in Bretagne: qui
… to be continued!
(prossima puntata: la Bretagna oltre il mare)
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Manu
Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.
Glittering comments
Che difficoltà il commento a questo articolo, cara Manu. Perché ho paura di ripetere sempre le stesse cose, e risultare monotona, noiosa o ripetitiva. Perché chi come noi lavora con le parole e le emozioni talvolta si ingarbuglia e sa che rischia di inciampare. E perché l’Universo ha fatto le lacrime per questo, per commuoversi quando senti quella roba dentro che fa le capriole e che non vuole parlare, ma uscire prepotentemente. A me questo post ha fatto commuovere. E vedermi nominare alla fine mi ha regalato un sorriso caldo come l’abbraccio di un’Amica. E’ un mondo meraviglioso.
Mamma mia quanto hai ragione… “Chi come noi lavora con le parole e le emozioni talvolta si ingarbuglia e sa che rischia di inciampare”: proprio così! Buffo, vero?
Quindi mi godo l’abbraccio che spero di poterci dare presto di persona. E non aggiungo molto altro.
Una cosa, però, voglio dirla, sì.
Sono felice di conoscerti e sono orgogliosa della mia Amica giornalista che scrive di cose molto più serie di quanto faccia io e che, eppure, con la grandezza che distingue solo chi è oltre, non risparmia parole d’apprezzamento agli altri. Secondo me, anche questo è meraviglioso.
Manu 🙂