Eugene Cernan, l’Uomo dello Spazio, al Museo Da Vinci

Era il 7 dicembre 1972 quando il vettore Saturn V venne lanciato da Cape Canaveral per compiere la missione Apollo 17.

A bordo, c’era l’equipaggio formato dai due piloti, Ron Evans e Harrison Schmitt, e dal comandante, Eugene Cernan.

Non ho memoria diretta di quel lancio, ma ne ho letto sui libri e, se anche solo un mese fa mi avessero detto che avrei conosciuto e ascoltato di persona la testimonianza di Eugene Cernan circa le sue avventure nello Spazio, credo che avrei riso di gusto e che mi sarei chiesta divertita dove e come le nostre strade avrebbero mai potuto incrociarsi, lui, temerario Uomo dello Spazio, e io, piccola sognatrice.

E dire che dovrei aver imparato che non bisogna mai dire mai: lo scorso 28 ottobre, mi sono ritrovata in una sala gremita ad ascoltare proprio questo individuo straordinario, completamente affascinata dal suo carisma.

L’occasione di incontrarlo mi è stata data grazie alla serata di inaugurazione dell’Area Spazio, nuova esposizione permanente del Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci interamente dedicata allo Spazio e all’astronomia.

L’area è pensata come un viaggio interattivo tra oggetti, luoghi, personaggi, curiosità e tecnologie relative all’esplorazione del cosmo: Eugene Cernan è stato ospite d’onore della serata insieme a Claudie Haigneré, la prima donna astronauta europea, ex ministro in Francia e oggi presidente di Universcience, importante istituzione culturale preposta alla scienza e alla scoperta.

Devo dirvi che, quanto a sogni ed energia, Cernan, anzi, il comandante Cernan, classe 1934 e quindi 80 anni compiuti, potrebbe tranquillamente dare i punti anche a gente che ha un quarto della sua età: ci si potrebbe forse aspettare qualcosa di diverso da un uomo con un curriculum come il suo?

La sua prima missione nello spazio risale al 1966: nel maggio 1969 ha preso parte ad Apollo 10, la missione preparatoria per lo sbarco sulla Luna, dopodiché è stata la volta di Apollo 17 nel 1972.

È l’ultimo uomo ad aver lasciato la Luna: proprio Apollo 17 è rimasto a tutt’oggi il più recente viaggio con equipaggio umano.

Eugene Cernan al Museo Leonardo da Vinci
Eugene Cernan al Museo Leonardo da Vinci
Eugene Cernan con Claudie Haigneré e Fiorenzo Galli, Direttore Generale del Museo
Eugene Cernan con Claudie Haigneré e Fiorenzo Galli, Direttore Generale del Museo
Eugene Cernan taglia il nastro della nuova area Spazio
Eugene Cernan taglia il nastro della nuova area Spazio

Eugene Cernan detiene diversi primati in campo spaziale.

È una delle uniche tre persone ad aver viaggiato due volte dalla Terra alla Luna, uno dei soli dodici uomini ad aver camminato sulla superficie lunare e l’unico ad aver effettuato due volte la discesa verso la Luna, prima con Apollo 10 e poi con Apollo 17: in tutto, ha trascorso più di 23 giorni della sua vita nello Spazio.

Nel 1999 ha pubblicato il libro The Last Man on the Moon con il quale ha descritto le sue esperienze.

Non so cosa ne pensiate voi in proposito, ma io posso dire di essere cresciuta con il mito della scoperta e dell’ignoto.

Ho divorato i libri di Jules Verne, uno dei padri della fantascienza moderna: i suoi romanzi – da Viaggio al centro della Terra a Ventimila leghe sotto i mari passando per Dalla Terra alla Luna, scritto nel 1865, più di 100 anni prima dell’allunaggio del 1969 – mi tenevano con il fiato sospeso, mi trasportavano in mondi lontani e mi facevano sognare.

Ricordo mia mamma che mi chiamava invano per andare a cena e io che sbuffavo per l’impazienza di terminare il capitolo…

In seguito, è toccato a Isaac Asimov e a diversi dei suoi romanzi e racconti con i quali ha immaginato la storia futura dell’umanità.

Ecco perché dico che vedo Eugene Cernan come un uomo straordinario: ha vissuto sulla sua pelle avventure che sanno di leggenda e che in tantissimi (sottoscritta inclusa) hanno sognato guardando la Luna per poi cercarla nei libri.

Non solo: l’ha fatto in un’epoca in cui tutto ciò era cosa da autentici pionieri o da folli, come pensavano – e pensano – molti.

Per me è come se avessi incontrato Nemo, il mitico comandate del sottomarino Nautilus immaginato da Verne.

Così come mi ha riempita d’orgoglio sentire uscire dalla bocca dell’intrepido astronauta i nomi dei nostri Leonardo da Vinci e Galileo Galilei, citati come esempi e punti di riferimento per tutti gli esploratori dei misteri del cosmo: in tempi incerti come il nostro, fa piacere sentire lodare la sempiterna (e a volte bistrattata da noi stessi) cultura italiana.

Durante la serata della quale sono stata emozionata testimone, Eugene Cernan e Claudie Haigneré hanno condiviso racconti e punti di vista attraverso il confronto con Fiorenzo Galli, Direttore Generale del Museo, e con Giovanni Caprara, giornalista scientifico, presidente di Italian Space Society e curatore della nuova Area Spazio.

Quando quest’ultimo ha chiesto a Eugene Cernan “partiresti per la prossima frontiera spaziale, i viaggi verso Marte?”, la risposta dell’astronauta è stata immediata e senza indugi: “partirei anche domattina”.

E c’è da credere a quest’uomo che ci ha detto con forza ed entusiasmo che se si crede in ciò che si fa nulla è impossibile: nessuno più di lui che è stato sulla Luna può testimoniarlo, con tanto di risposta implicita a chi allora l’ha considerato un pazzo e a chi credeva impossibile un obiettivo tanto ambizioso.

Già, perché Eugene Cernan ha detto un’altra cosa che mi è piaciuta: il vero valore dei suoi viaggi è stato quello di tornare indietro per poterli condividere.

Oltre all’enorme valore della condivisione, trovo meravigliosa la fiducia incrollabile che l’ha portato a partire con la precisa intenzione di tornare: lui e i suoi compagni non erano semplicemente dei folli disposti a tutto, la loro visione era quella di esplorare lo Spazio per poterne riportare un pezzetto a tutti noi.

E il pezzetto Eugene Cernan l’ha riportato anche fisicamente: all’interno della nuova Area Spazio è infatti esposto l’unico frammento di roccia lunare presente in Italia e raccolto nel 1972 proprio da lui durante la missione Apollo 17.

Il sasso lunare fu poi donato dal presidente Richard Nixon all’Italia come segno di fratellanza tra i due Paesi: oggi trova la sua casa a Milano, grazie alla campagna di crowdfunding Conquistiamoci la Luna e al club Luna al Museo, iniziative che sono riuscite a raccogliere i fondi necessari all’acquisizione senza gravare sull’amministrazione pubblica (e mi piace sottolinearlo).

Dopo la bellissima conferenza, sono andata a visitare l’Area Spazio e sono andata a cercare il frammento di Luna: sono rimasta a guardarlo in silenzio, incantata ed emozionata, brillante nel buio, un pezzetto così vicino di un luogo tanto lontano dove non andrò mai, molto probabilmente, ma che un uomo come Eugene Cernan ha portato fin qui per tutti noi.

Un po’ mi mancano le parole per descrivere cosa ho provato in quel momento, lo ammetto, e dunque vi prego, colmate questa mia mancanza andando a vederlo di persona: spero che darà anche a voi l’emozione che ha dato a me.

Condivido il rammarico espresso dal grande astronauta per il rallentamento dell’esplorazione spaziale così come condivido, ovviamente, la sua speranza che possa continuare presto con nuove missioni umane oltre la Stazione Spaziale Internazionale, tornando sulla Luna e – in prospettiva – arrivando fino a Marte.

Non saremo né io né Eugene Cernan ad andarci, ma chissà che non sia qualcuno che legge queste righe, così come io leggevo del grande astronauta sui libri?

Mi consolerò comunque con l’Area Spazio: mi riservo di tornarci con calma e di gustarmi tutte le possibilità interattive che offre.

Sapete cosa mi sarebbe piaciuto chiedere al comandante Cernan se avessi avuto l’opportunità di parlargli a quattr’occhi, a parte, ovviamente, chiedergli di raccontarmi all’infinito tutti i dettagli delle sue missioni spaziali?

Gli avrei chiesto cosa leggeva da ragazzino.

Ho la sensazione che la risposta sarebbe stata Jules Verne. O forse mi piace pensarlo.

Manu

 

 

P.S.: Volevo raccontarvi un’ultima cosa che apparirà come una sciocchezza, soprattutto dopo tanti grandi nomi, eppure dice molto della mia passione per lo Spazio. L’anno scorso, intercettai in un mercatino un anello fatto con un dollaro americano datato 1971 ed emesso come omaggio al primo allunaggio del 20 luglio 1969: mostra un’aquila che si appoggia sulla Luna tenendo tra le zampe un ramoscello di ulivo. L’aquila simboleggia gli Stati Uniti nonché l’Eagle, il modulo lunare che portò Neil Armstrong e Buzz Aldrin sulla Luna, mentre il ramoscello simboleggia l’intenzione pacifica della missione nonché l’iscrizione che è stata lasciata su una placca: We Came in Peace For All Mankind,  ovvero Siamo venuti in pace per tutta l’umanità. Inutile specificare che tale anello è diventato mio. In fondo, l’ho ammesso in principio: sono solo una minuscola navigatrice, una piccola sognatrice innamorata della vita.

 

 

 

Per chi vorrà visitarla:

L’Area Spazio al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano è un’esposizione permanente che racconta quattro secoli di ricerca astronomica e spaziale, da Galileo ai giorni nostri con uno sguardo anche al futuro.

È divisa in due nuclei principali, Osservare lo Spazio e Andare nello Spazio, e i temi sono presentati secondo una modalità interattiva e fortemente suggestiva.

La prima parte dell’esposizione racconta l’osservazione dello Spazio dalla Terra con un particolare focus sugli strumenti e sulle attività dell’astronomo del passato e della contemporaneità. Si entra poi in contatto con le tecnologie che permettono di esplorare lo Spazio e migliorare la conoscenza del cosmo e della Terra nonché consentono di attivare servizi indispensabili per la vita di tutti i giorni (per esempio le telecomunicazioni). Viene introdotta inoltre la dimensione umana della conquista dello Spazio: da un lato i personaggi, gli oggetti, l’avventura e il sogno, dall’altro l’esperienza dell’ISS (International Space Station) e la professione dell’astronauta. Poiché i viaggi nello Spazio sono parte dell’immaginario collettivo (come ho raccontato io stessa), non mancano riferimenti alla letteratura, al cinema e perfino ai videogiochi.

Sono esposti alcuni pezzi imponenti, tra cui uno dei tre stadi del lanciatore Vega, il satellite San Marco per lo studio dell’atmosfera, il satellite Sirio per le telecomunicazioni nonché alcuni straordinari oggetti legati alle missioni lunari, tra cui la rarissima tuta Krechet che avrebbe dovuto essere indossata dai cosmonauti russi nel progetto poi abbandonato di sbarco sulla Luna. È inoltre riprodotta una porzione della Stazione Spaziale Internazionale.

Lungo il percorso di visita, 27 postazioni multimediali consentono di approfondire la conoscenza dello Spazio e la storia dell’astronomia e di simulare in modo realistico l’osservazione e l’esplorazione del cosmo.

Qui trovate il sito del museo e qui l’area dedicata alla nuova sezione, qui la pagina Facebook, qui Twitter e qui il canale YouTube.

Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci

Via San Vittore 21, Milano

Orari: da martedì a venerdì 9:30 – 17:00 | sabato e festivi 09:30 – 18:30

 

 

 

 

*** Tutte le foto sono miei scatti
con la sola eccezione delle prime tre per le quali ringrazio l’ufficio stampa del museo ***

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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