Senza Mare di Marina Spironetti: sostegno al talento e… buone vacanze :-)

Dal libro Senza Mare di Marina Spironetti

Quelli da marzo a oggi sono stati – per me e penso per noi tutti – mesi pesanti, impegnativi (per usare un eufemismo…), carichi di pensieri e di ansie.
Certo, a portare il fardello più grande sono coloro che si sono ammalati di COVID-19, coloro che hanno perso una o più persone care, coloro che oggi non hanno più un lavoro: a loro va tutto il mio rispetto e davanti a loro chino la testa.
Eppure, senza voler fare alcun paragone (sarebbe ignobile..), sostengo che tutti abbiamo perso qualcosa perché nessun italiano (o meglio nessun italiano degno di essere considerato tale) dimenticherà mai la sofferenza di un intero Paese e di tanti, troppi nostri connazionali – senza contare ciò che è successo e succede in tutto il mondo.

Personalmente, ammetto di essere molto provata e di aver vissuto, oltre all’ansia per i miei cari, tante altre paure.
Ho sperimentato la paura di vedere la mia Milano vuota, deserta, con tutte le saracinesche abbassate come mai mi era capitato di vederla nemmeno da piccina in agosto, quando allora d’estate la città si svuotava completamente.
Ho sperimentato il terrore per il futuro, l’assenza di progetti e di prospettive.
Ho raccontato in diverse altre occasioni (per esempio qui…) come la proiezione verso il futuro sia per me una condizione di vita fondamentale – nonostante io sia una persona che sa godersi il presente – e dunque il timore che quelle saracinesche potessero non rialzarsi più mi ha dato tanta preoccupazione, mi ha fatto molto soffrire, mi ha procurato quintali di ansia così come la difficoltà di immaginare e progettare un dopo.

Appena finito il lockdown, ho cercato di tenere a bada l’ansia grazie al contatto con la Natura.
Grazie ai miei balconi riempiti di fiori (con colazioni e pasti consumati lì con mio marito) e grazie a lunghe camminate e corse in campagna (io che sono… ero… una fan accanita della palestra preferisco ora l’allenamento open air); grazie a un soggiorno al mare (il mio amatissimo mare) e grazie a qualche giorno in montagna (che non è il mio elemento naturale e che eppure mi accoglie sempre con generosità).
Mentre la mia adorata città e tutto il Paese provano pian piano a uscire dall’emergenza e a rialzare le saracinesche, mentre anch’io come milanese e come italiana faccio la mia parte e provo a mia volta faticosamente a rialzarmi, mentre mi impegno a guardare verso il futuro, a immaginarlo e a riscriverlo per me e non solo per me, mentre accade tutto ciò… devo ringraziare la Natura dalla quale traggo forza, ispirazione e speranza.

Ora sento che resistere a questi mesi e resistere allo sconforto mi ha risucchiato molte energie.
Sento che quest’anno più che mai è giunto il momento di prendermi una pausa e di farmi cullare dalla Natura e dagli affetti che pian piano riusciamo a ritrovare, pur ancora con tante necessarie precauzioni.

Però, prima di prendere una pausa e di farla prendere a questo spazio, ho deciso di scrivere il presente post per chiudere nello stile che dal 2013 appartiene costantemente a A glittering woman: voglio dare il mio piccolo sostegno a una persona di grande talento impegnata nella continua ricerca della bellezza.

Sono particolarmente felice del fatto che questa persona sia una donna: credo profondamente e fortemente nella necessità di sostenere tutte le persone di talento e di buona volontà indipendentemente dal loro genere ma, naturalmente, mi fa particolarmente piacere poterlo fare con una sorella – perché tali desidero considerare tutte le donne capaci e che hanno voglia di fare, in qualsiasi ambito, personale e professionale.

Eccomi allora a parlarvi di Senza Mare, un lavoro di ricerca fotografica di Marina Spironetti con la prefazione di Paolo Fresu, celebre trombettista e flicornista: il volume – 160 pagine con testi in sardo, italiano e inglese – si incentra sulle maschere rituali e sui costumi dell’entroterra sardo, con particolare attenzione al territorio della Barbagia.

«Iniziato nel 2016 e sviluppatosi nell’arco di circa quattro anni – racconta Marina Spironetti – questo progetto nasce dal mio desiderio di raccontare l’unicità del territorio barbaricino e dell’entroterra in genere noché il profondo attaccamento del suo popolo a tradizioni secolari e, in alcuni casi, addirittura millenarie; vuole essere un archivio visivo di un’estetica profondamente sarda e, su un piano personale, un viaggio di scoperta e di riappropriazione delle mie radici, sarde per parte di madre.»

A spiegare – molto bene – il titolo dato al volume è ancora una volta Marina.

«In questi anni ho soggiornato in Barbagia in diverse occasioni, sempre in inverno, la stagione più lontana dal turismo e dall’immagine da cartolina che spesso si ha dell’isola, a sottolineare una terra “altra”, antica, lontana – geograficamente e storicamente – dal mare.»

Ecco perché senza mare.

«Il progetto si articola in due parti, dedicate rispettivamente alle principali figure del carnevale – i Mamuthones di Mamoiada, i Boes e Merdules di Ottana, Sos Thurpos di Orotelli, Sa Maschera a Gattu e sos Maimones di Sarule, i Tumbarinos di Gavoi e Su Battileddu a Lula – e al costume tradizionale femminile, attraverso il quale raccontare la ricchezza e la forza dell’universo femminile sardo.»

Ciò che mi colpisce e mi piace nel progetto di Marina Spironetti è il suo approccio.

«L’approccio che ho scelto per ritrarre i miei soggetti è stato volutamente diverso rispetto a quello dell’iconografia tradizionale: molte delle immagini di maschere e costumi sardi sono infatti scattate durante eventi religiosi o manifestazioni folkloristiche che del mito rappresentano la recente spettacolarizzazione e che in questo libro rappresentano una minima parte. Ho ricercato piuttosto un contatto diretto e personale con i soggetti delle mie foto, entrando nelle loro case e conoscendone le storie e le famiglie, creando quella fiducia reciproca che ritengo necessaria per andare in profondità e raccontare qualsiasi storia. Questo mi ha permesso di creare una narrazione visiva dal punto di vista dell’osservatore attivo, dell’insider.»

«Le donne e gli uomini che appaiono nelle pagine di questo libro sono stati fotografati in un ambiente a loro familiare – dalla casa e dal paese, luoghi del noto e degli affetti, alla durezza della campagna – combinando approccio documentaristico e ritratto in posa per rappresentare l’identità simbolica di ciascuno di essi.»

Questo approccio mi piace molto, lo ribadisco, mi piace che Marina abbia evitato la spettacolarizzazione per ricercare l’intimità e il significato profondo: io stessa (in maniera molto più superficiale, per carità) sono andata a cercare di ricostruire il rapporto sfaccettato tra uomo e maschera (qui) in un momento in cui ci troviamo a convivere con le mascherine protettive.

A questo punto, permettetemi di raccontarvi qualcosa di più a proposito di Marina Spironetti.

Classe 1974, dopo la laurea in Lingue e Letterature Straniere, ha iniziato a lavorare come giornalista: ha studiato fotogiornalismo presso il London College of Communication e dal 2005 al 2008 ha lavorato come corrispondente per l’agenzia italiana Eidon Press per la quale ha coperto i maggiori eventi politici da Londra e dal Regno Unito.

Rientrata in Italia nel 2013, Marina collabora regolarmente con riviste italiane e internazionali: i suoi interessi spaziano dalla fotografia di ritratto a quella di viaggio, ma sempre con una particolare attenzione all’elemento umano tanto che molti dei suoi progetti personali hanno come oggetto la documentazione di tradizioni e culture che stanno scomparendo.

Del 2015 è il suo progetto Exposed – 184 creativi per Milano, 184 ritratti di artisti e creativi che hanno scelto il capoluogo lombardo per vivere e lavorare, esposto alla Fabbrica del Vapore durante Expo 2015.

Le sue immagini sono state esposte in mostre personali e collettive ed è stata fra i vincitori del premio Travel Photographer of the Year per tre anni consecutivi (2016-2017-2018).

È per tutti questi motivi che definisco Marina Spironetti persona di grande talento e sensibilità (io la seguo da tempo attraverso il suo profilo Instagram) e dunque ho voluto parlare di Senza Mare sperando che chi legge questo blog sia come me sensibile al talento e alla bellezza, anche perché il volume ha bisogno dell’aiuto di noi tutti: per far sì che il progetto veda la luce, Marina ha scelto Crowdbooks, piattaforma specializzata nel crowdfunding di libri.

Non mi resta allora che lasciarvi qualche link: quello per pre-ordinare il libro sulla piattaforma (a rischio zero, come potrete leggere), quello del video di presentazione (che sono certa vi conquisterà qualora le mie parole vi abbiano convinti parzialmente) e quello al sito di Marina Spironetti.

Mentre scrivo, l’obiettivo è stato raggiunto al 52%: mi piace pensare che noi, voi e io, possiamo apportare il nostro contributo affinché il libro possa essere pubblicato e affinché talento, capacità, bellezza vincano.

Spero che questo post, questa idea e questa proposta che lancio vi accompagnino durante il break estivo: a me è sembrato il modo più coerente per augurarvi buone vacanze.

Manu

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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