Lucio Costa, quando la moda racconta qualcosa di bello e speciale

Ci sono momenti in cui è necessario avere l’intelligenza e l’umiltà di fare un passo indietro.

Perché oggi esordisco con questa affermazione? Ora ve lo spiego.

Lo scorso 23 settembre, durante Milano Moda Donna, ho avuto il grande piacere di partecipare a un evento speciale dedicato a Lucio Costa.

Si è trattato di un momento suggestivo pensato per parlare di un capitolo interessante della moda italiana e di un protagonista che ha contribuito a scriverne la storia: da una parte, è stato presentato So Lucio!, ovvero il libro dedicato allo stilista prematuramente scomparso; dall’altra, è stato presentato il rilancio del marchio con la nuova capsule collection primavera / estate 2017 disegnata da Roberto Pelizzoni, socio e compagno storico di Lucio Costa.

Il libro presenta il percorso personale e professionale di Lucio Costa attraverso immagini iconiche tratte dalle più importanti riviste di moda, dalle sfilate e dagli scatti fotografici delle sue proposte stilistiche dal 1987, anno del suo debutto internazionale, al 2012, anno della sua scomparsa.

I testi sono di chi ha amato e stimato Lucio, le giornaliste Giusi Ferré, Renata Molho, Gisella Borioli, Cinzia Brandi, Dominique Muret; la presentazione dello spaccato storico e sociale di Milano negli Anni Ottanta è curata dal critico e giornalista Matteo Ceschi.

Alice Gentilucci ha invece coordinato il fashion editing del libro So Lucio! e l’immagine dello shooting con la guest model Soo Joo Park, fotografata da Federico Garibaldi.

Potrei andare avanti citando altri bravi professionisti che hanno collaborato a questo progetto straordinario: straordinario perché racconta un uomo e un professionista che merita di essere raccontato e ricordato; straordinario perché non è poi così consueto – nella moda così come in altri settori – che tante persone si riuniscano con un unico scopo che vada oltre qualsiasi singolo interesse personale.

E, in questo caso, il desiderio è quello di rendere unico protagonista Lucio Costa, desiderio che riconferma quanto lui sia stato una persona speciale in grado di lasciare una grande eredità in termini di affetto e di stima. Leggi tutto

MFW: empatia (poca), metatarsi malconci e tanta bellezza, per fortuna!

Adoro girare la mia città – Milano – a piedi, anche quando si tratta di fare molti chilometri.
Trovo che, se il clima lo consente, muoversi a piedi sia il miglior modo per conoscere il luogo in cui si vive, senza contare i notevoli benefici per salute e spirito.
Datemi un paio di scarpe comode e per me camminare non solo non è un problema, ma è invece una gioia: in questi giorni, poi, Milano gode di un clima perfetto, né caldo né freddo, quel tempo che vorrei durasse tutto l’anno.

Dovete però sapere che mercoledì scorso, primo giorno di MFW (alias Milano Fashion Week alias Milano Moda Donna alias Settimana della Moda di Milano), ho sbagliato la fondamentale scelta delle scarpe.
Ho indossato un modello che di solito è piuttosto comodo, con una leggera zeppa interna: non avevo però immaginato di percorrere quasi 15 chilometri a piedi. Posso quantificarli con tanta precisione perché ho condiviso la giornata con un caro amico (che si chiama Andrea Tisci) il quale aveva un contapassi.
Ecco, diciamo che 15 chilometri a piedi rendono scomoda qualsiasi zeppa non dotata di plateau anteriore, come è il caso di quelle mie scarpe. E, tra l’altro, la cosa peggiore non è nemmeno il fatto di camminare, bensì quello di fare lunghe soste in piedi, fermi sul posto, esattamente come accade durante la MFW per sfilate, presentazioni, incontri ed eventi, con tutto il peso del corpo che grava pericolosamente su metatarso e tallone.
Risultato: mercoledì sera quasi piangevo per il dolore. E per la rabbia, perché ho una certa esperienza e, in realtà, non avrei dovuto farmi fregare come una principiante alle prime armi.

Di conseguenza, giovedì mattina, ho optato per un paio di comodi anfibi: avevo ancora i piedi doloranti, lo giuro, ma il metatarso, almeno, ha ringraziato.
E, comunque, non ho affatto rinunciato a camminare, anzi.
A un certo punto della giornata, però, ho avuto la malaugurata idea di prendere il filobus per recarmi da una sfilata a una presentazione: ero di corsa e tra i due luoghi c’era una certa distanza.
Direte voi: perché, allora, scrivo di aver avuto un’idea malaugurata?
Perché il filobus procedeva un po’ a fatica per via del traffico nonché di alcuni cantieri dovuti a diversi lavori in corso: le fermate erano piene di gente in attesa, la vettura era colma e molti erano spazientiti.
Tant’è che una donna ha chiesto al conducente il motivo di tanta confusione e lui le ha risposto “C’è la Fashion Week, signora”.
E lei, di rimando: “Ah, ecco! Vede, se avessero invece qualcosa di serio da fare”.

Chi legge il blog abitualmente sa quanto io detesti i cliché di ogni tipo, ordine e grado e questa illuminata sentenza è proprio questo, un ottimo (anzi, pessimo) esempio di cliché.
E mi è davvero insopportabile, forse anche perché mi tocca in prima persona, lo ammetto.
Dunque, vorrei dire alcune cosette. Leggi tutto

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