Transformers Art a Milano per difendere ambiente e speranza

Quando io e mia sorella eravamo piccine ci veniva permesso di guardare pochissima televisione: mia mamma esigeva che prima facessimo fronte ai nostri impegni scolastici e comunque, anche una volta terminati i compiti, continuava a preferire che ci dedicassimo ad altre attività quali il gioco oppure lo sport.

Vi confesso che oggi sono felice della scelta di mia mamma: guardo la televisione raramente in quanto non mi diverte né mi incuriosisce particolarmente e ho sempre preferito la lettura, per esempio. E sapete perché, oggi, trovo la televisione meno interessante del web? Perché permette un livello di interazione a mio avviso troppo basso: qualcuno dà e qualcun altro – noi spettatori – riceve senza possibilità di intervento o di inversione dei ruoli. Trovo sia un intrattenimento un po’ passivo, insomma, e a me piace invece ciò con cui posso interagire.

Tornando alla mia infanzia: tra i pochi programmi che io e mia sorella potevamo guardare figuravano i programmi per i bambini, alcuni selezionatissimi programmi di prima serata (quando la prima serata era davvero tale e iniziava presto) e, naturalmente, i cartoni animati. Non tutti, in verità.

Ricordo, però, che mi era consentito guardare Ufo Robot alias Goldrake, uno dei primissimi cartoni animati di genere fantascientifico e forse tale permesso era merito di mio papà che è sempre stato un appassionato delle avventure spaziali e futuristiche. Fu con lui che mi appassionai anch’io al genere e fu sempre con lui che, qualche anno dopo, iniziai a guardare film e telefilm ambientati in quel futuro immaginario che da sempre ha affascinato scrittori e registi: amerò per sempre la saga di Star Wars, riguarderò sempre con piacere Star Trek, soprattutto i vecchi episodi.

(Altro inciso: immaginate la mia gioia quando, alcuni mesi fa, per lavoro, ho avuto l’immenso onore di conoscere di persona il grande Luigi Albertelli. Importantissimo paroliere e autore televisivo, Albertelli è colui che ha scritto innumerevoli, bellissime e indimenticabili canzoni per tanti interpreti e ha fatto felici anche i bambini come me scrivendo le sigle di Ufo Robot, Capitan Harlock, Daitan III.)

La mia passione per fantascienza e robot si è nutrita anche con i Transformers: negli Anni Ottanta, con la serie animata e il primo film; poi, in tempi più recenti, a partire dal 2007, con la prima pellicola d’azione diretta da Michael Bay che ha poi avuto ben quattro sequel, l’ultimo dei quali in arrivo il prossimo giugno.

Per chi non fosse appassionato del genere, racconto brevemente che i Transformers sono dei robot senzienti in grado di cambiare aspetto in molti modi: originari del pianeta Cybertron, possono passare inosservati sulla Terra grazie al loro aspetto di veicoli (soprattutto automobili e camion, ma anche aerei, treni, navi), trasformandosi poi in robot antropomorfi spigolosi e coloratissimi.

Oggi, quei robot vivono una nuova trasposizione a opera di un giovane artista montenegrino di nome Danilo Baletic: il suo progetto si intitola Transformers Art e dà il nome a una mostra che porta per la prima volta in Italia le sue gigantesche creazioni fatte con rottami di auto, camion e altro ancora.

I miei scatti all’anteprima stampa di giovedì 2 marzo: sopra, la locandina della mostra e, sotto, l’artista Danilo Baletic con uno dei suoi <em>Transformers Art</em>
I miei scatti all’anteprima stampa di giovedì 2 marzo: sopra, la locandina della mostra e, sotto, l’artista Danilo Baletic con uno dei suoi Transformers Art

Da venerdì 3 marzo fino a lunedì 1° maggio, il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di via San Vittore 21 a Milano ospita nel proprio parco – e dunque in una suggestiva collocazione open air – ben otto sculture metalliche realizzate dall’artista con materiali recuperati nelle discariche con il preciso intento di attirare l’attenzione sul tema dei rifiuti come risorsa.

Le sculture sono alte dai tre agli otto metri e arrivano a pesare anche 4 tonnellate: hanno tutte un nome che prende ispirazione dalla vera vita dell’artista, per esempio il nome di un amico purtroppo scomparso in un incidente d’auto.

Per costruire le sue opere, Danilo ha usato tubi, teste di sterzo, sospensioni, bulloni, collettori di aspirazione, tetti di automobili, fari, targhe, cerchi in lega, cinghie di trasmissione, serbatoi, parti di lavatrici e molto altro ancora.

Giovedì 2 marzo sono stata invitata all’anteprima stampa della mostra che – complice anche uno spettacolare e perfetto cielo blu – mi è piaciuta al punto tale da decidere di parlarne: il progetto di Danilo mi intriga non solo per la mia attrazione verso i robot e verso i Transformers, ma anche per le sue molteplici implicazioni che vi spiegherò.

Inoltre, per il Museo della Scienza (un luogo che amo molto) questa è una nuova occasione per mettersi ancora una volta in gioco portando nei propri spazi un’esposizione particolarmente curiosa e originale: la Transformers Art richiama infatti l’attenzione su molti dei temi già affrontati in varie occasioni, dalla sostenibilità alla robotica, dal rapporto uomo-macchina al riutilizzo creativo dei materiali.

Io stessa sono stata testimone di un’altra bellissima avventura nata quando il Museo presentò l’androide di Leonardo da Vinci.

Alcune delle creazioni di Danilo nei miei scatti del 2 marzo
Alcune delle creazioni di Danilo nei miei scatti del 2 marzo

Sin dall’antichità, tra gli interessi dell’uomo vi è stato anche quello di creare macchine animate che riproducano il nostro aspetto e i nostri movimenti: in alcuni casi, tali macchine sono state dotate di una forza superiore, investite di poteri che l’uomo non possiede per propria natura.

Questa propensione dell’uomo è una costante soprattutto nella storia della tecnologia moderna: grazie a dispositivi meccanici, idraulici, elettrici ed elettronici, gli automi e i robot odierni sono capaci di ripetere all’infinito movimenti che imitano quelli umani con un elevatissimo tasso di veridicità e somiglianza – torno a citare l’esempio dell’androide di Leonardo da Vinci.

Oltre a crearli, in alcuni casi è come se l’essere umano desiderasse essere protetto da tali automi: i Transformers Art di Danilo Baletic sono stati realizzati dall’artista proprio con l’intento di difendere il nostro pianeta. Il loro compito è quello di aiutarci a capire che l’ambiente in cui viviamo, la nostra Terra, deve essere rispettato.  

Non solo: i Transformers Art ci aiutano anche a capire come dare nuova vita a oggetti e materiali, evitando lo spreco delle preziosissime risorse naturali, essendo essi stessi testimonianza delle possibilità di tale trasformazione.

Danilo e i suoi robot ci stimolano a rispettare e a trasformare ciò che ci circonda, dando una seconda vita ai materiali di scarto: secondo l’artista l’uomo rimuove – più o meno consciamente – il problema dei rifiuti, non si cura dell’accumulo nelle discariche o dell’inquinamento di tutti gli ambienti, non pensa alla sorte di ciò che butta. E continua così fino a quando si trova poi ad affrontare situazioni di emergenza.

Tramite i suoi Transformers Art, Danilo desidera invece sensibilizzare tutti sul tema dell’upcycling (riuso creativo) e del recycling (raccolta differenziata con conseguente conversione) perché rispettare l’ambiente deve essere una priorità di tutti.

E infatti, proprio nell’ottica di questo importante messaggio, la pacifica invasione del Museo da parte dei suoi robot è la prima tappa di un tour mondiale: dopo Milano, il progetto Transformers Art sarà in Danimarca e a Londra e poi viaggerà dall’Europa all’Asia passando per gli Stati Uniti.

Buon viaggio, amici miei, miei eroi: stavolta la vostra missione è davvero impegnativa.

Già, perché Danilo desidera più di ogni cosa inviare un messaggio alle generazioni future, per educarle, sensibilizzarle, per far capire loro che bisogna prendersi cura dell’ambiente: da tutto ciò nasce ancora di più il desiderio di vedere una trasformazione profonda nella società in cui viviamo, una presa di responsabilità verso l’ambiente, sì, ma anche l’uno verso l’altro.

Secondo Danilo questo è solo l’inizio, perché è ancora possibile recuperare il tempo perduto: racconta che ogni volta in cui osserva i bambini che sorridono ai piedi delle sue sculture pensa «se posso dare un sorriso a un bambino, anche solo per un giorno, io e i Transformers Art abbiamo iniziato ad avere successo».

I bambini sono le forze trainanti della vita – sostiene con grande convinzione – mentre noi adulti abbiamo spesso perso la speranza: forse, l’unica soluzione è quella di mettere il costume dei nostri eroi preferiti per cambiare qualcosa.

Come dargli torto?

Anche la bambina che è ancora in me e che guardava i suoi primi robot con gli occhi spalancati per lo stupore spera che tutto ciò sia possibile.

Manu

 

 

 

Per chi vorrà vivere l’esperienza della Transformers Art:

Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci

Via San Vittore 21, Milano

Orario invernale: da martedì a venerdì 9:30-17 | sabato e festivi 9:30-18:30

Qui trovate il sito del Museo, qui la pagina Facebook, qui Twitter, qui Instagram e qui il canale YouTube

Nei primi weekend di apertura al pubblico di Transformers Art, il Museo proporrà ai visitatori alcune attività interattive speciali per bambini e adulti ispirate proprio all’esposizione: potete dare un occhio qui

Qui, invece, trovate il sito di Danilo Baletic e del suo progetto Transformers Art

Danilo Baletic è nato a Titograd (oggi Podgorica, la capitale del Montenegro) nel 1992 ed è attualmente uno studente della facoltà delle arti presso l’Università Donja Gorica. Ha ottenuto il titolo di campione dei Balcani ed europeo di karate ed è un fan di fumetti: nel 2012, ha creato il suo primo Transformers Art realizzato con rifiuti metallici e nel corso degli anni ha prodotto un totale di 10 robot giganti. Tra di essi Megatron, al momento la scultura più alta al mondo realizzata da un artista contemporaneo.

L’idea dei Transformers Art è nata in Danilo camminando in una discarica e osservando ferraglia e spazzatura: tutto ciò gli è parso da subito zlato, la parola montenegrina per oro. Ha così iniziato a raccogliere questo potenziale tesoro ed è nata in lui la volontà di trasformarlo per arrestare l’inquinamento, il degrado e anche la perdita di speranza.

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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