Genius Loci, la mostra dedicata a Franco Moschino è ad Abbiategrasso

È un periodo molto particolare. Un periodo di confusione, lo definirei. In vari ambiti e anche nella moda.

È un periodo in cui nella moda, per esempio, si alternano continui e sempre più frequenti cambi di direttori creativi in seno a tanti brand illustri. Anche dal punto di vista culturale vengono proposti prodotti che, anziché fare chiarezza, offrono visioni pasticciate e pasticcione. Giusto per fare un nome: concordo completamente con l’analisi di Giuliana Matarrese (qui) a proposito di The New Look, il biopic di Apple+ che avrebbe potuto (o dovuto) raccontare la vita di Christian Dior.

Insomma, la moda si trova decisamente in stato confusionale, ahimè, sotto tanti punti di vista, ed è sempre più difficile comprendere in quale direzione vada. Specchio dei tempi, direbbe qualcuno. Non è un pensiero infondato e lo condivido.

Ecco, in mezzo a questa confusione che trovo spesso disturbante, restano ben poche certezze. Una di queste è lo studio della storia della moda. E non solo per conoscere il passato, ma anche per cercare chiavi per interpretare il presente e provare a ipotizzare il futuro.

Certo, le risposte non sono purtroppo da cercare in biopic come quello su Dior (che delusione, lo avevo tanto aspettato…). Le risposte possono invece venire da eventi ben organizzati, come tante belle mostre attualmente in corso. Per esempio, quella su Walter Albini a Prato, della quale mi sono recentemente occupata (qui). Oppure quella su Franco Moschino, ovvero la mostra della quale desidero parlare oggi.

A trent’anni dalla morte di Franco Moschino (1950 – 1994), l’associazione culturale Iniziativa Donna ha dato vita a una rassegna che omaggia l’indimenticabile e geniale stilista, svelando il volto inedito dell’uomo dietro il personaggio.

La rassegna si intitola “Genius Loci: Franco Moschino – xxx anni dal kaos” e presenta, come primo passo, una retrospettiva che si concentra, come ben spiegato dagli organizzatori, proprio «sulla figura di Franco».

Quindi, lo sottolineo con forza: l’evento non riguarda il brand (che oggi è parte del Gruppo Aeffe, società proprietaria dei marchi Alberta Ferretti, Philosophy di Lorenzo Serafini e Pollini) bensì Franco Moschino uomo e stilista.

La rassegna gode della direzione creativa dell’architetto Alberto Clementi e della partecipazione della comunità di Abbiategrasso, città di nascita di Moschino.

«Franco simboleggia la necessità di rottura e rivoluzione della società degli Anni Novanta – spiega Nunzia Fontana, Presidente di Iniziativa Donna – e questa sua visione ci ha permesso di dare vita a una rassegna a lui dedicata e in particolar modo a una mostra collocata in due punti cardine della città di Abbiategrasso, suo luogo d’origine, ovvero la Chiesa Santa Maria Vecchia e i Sotterranei del Castello Visconteo. Sarà un anno moschiniano… un anno a trent’anni dal caos».

E se ho iniziato questo articolo parlando di confusione nella e della moda, il caos di Moschino è invece quello bello, quello creativo. Quello capace di generare una stella danzante, per rubare le parole a Friedrich W. Nietzsche.

Classe 1950, Franco Moschino ha sviluppato fin da piccolo un profondo interesse per l’arte e il disegno. Ha frequentato l’Accademia delle Belle Arti di Milano iniziando in contemporanea a disegnare bozzetti e illustrazioni per riviste e case di moda. Nel 1971, ha iniziato la sua carriera con Gianni Versace come disegnatore di bozzetti per una campagna pubblicitaria, disegnando anche per Genny che, all’epoca, era sotto la guida proprio di Versace. Nel 1976, ha invece assunto il primo incarico come stilista presso il brand italiano Cadette prendendo il posto di Walter Albini.

Nel 1983, ha lasciato Versace per aprire la sua azienda e lanciare il suo marchio eponimo: il successo è stato immediato.

Moschino era benvoluto dalla stampa per la sua natura giocosa e per la sua capacità di infrangere le regole della moda. Era, in un certo senso, il portatore dell’eredità di Schiaparelli: il suo lavoro aveva la stessa miscela di arte, surrealismo, fascino irriverente e design innovativo della grande Elsa.

E se le case di moda affermate guardavano con un po’ di snobismo e una dose di orrore al suo clamoroso successo, i fan lo adoravano proprio per la sua moda ironica e autoironica. Era tanto stilista quanto commentatore sociale e si dilettava a ridicolizzare gli eccessi degli Anni Ottanta con slogan e proposte che facevano sorridere ma anche riflettere, con buone dosi di trasgressione e irriverenza.

Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo di persona racconta che Franco Moschino era pieno di bellezza umana fatta di autoironia e leggerezza, ma non era superficiale. Aveva grande professionalità. Era un pioniere che ha messo insieme creatività e impegno sociale e creativo.

Anche grazie alla sua battaglia, sono nati centri come l’Hospice di Abbiategrasso che offre ricovero e cure domiciliari nell’ambito delle cure palliative.

Quando sono stata alla conferenza stampa di presentazione della rassegna, ho potuto ascoltare Rossella Jardini, stilista, amica e braccio destro di Franco Moschino.

Jardini gli è stata accanto nel lavoro e nella vita. E ha raccontato con voce rotta dalla commozione i momenti belli e anche quelli dolorosi, come il periodo della malattia.

«Franco mi lasciava un foglio di carta con una giacca a doppiopetto, una gonna a pieghe, un paio di pantaloni da uomo, una camicia bianca – ha raccontato Jardini – e diceva ‘Ora vai avanti tu’. Era sempre un po’ una battaglia, un modo nostro di lavorare. Lui iniziava una frase e io la finivo. Ho fatto un sogno in cui mi diceva ‘Guarda che torno’».

Magari potesse davvero tornare!

Perché se di Albini non ho ricordi diretti in quanto ero solo una bambina quando si spense, di Franco Moschino ho invece un ricordo personale che risale ai suoi ultimi anni nella moda.

È tra gli stilisti che mi hanno affascinata quand’ero giovanissima, attirandomi verso quel tipo di moda che è diventata il grande amore della mia vita. Ovvero la moda intesa come linguaggio e come strumento culturale e sociale.

Franco Moschino intendeva la moda così, come potente veicolo comunicativo, prima che la sua maison finisse poi in mano a Jeremy Scott (2013-2023). Ora la direzione creativa tocca ad Adrian Appiolaza e io torno a sperare. E, ancora una volta, la penso come Matarrese che ha scritto (qui) che ad Appiolaza tocca «il dovere gravoso di risollevare il brand da dieci anni di irrilevanza culturale».

E se pensate che io e Matarrese siamo troppo severe, allora vi dico che Rossella Jardini lo è molto di più di noi. «Jeremy Scott ha ammazzato Moschino, secondo me, e non so che cosa si potesse vendere di quelle collezioni»: così ha risposto Jardini in un’intervista rilasciata a Federico Rocca e pubblicata su Vanity Fair. Se non ci credete, leggete qui. E, per inciso, proprio quella invendibilità sempre più forte ha portato al cambio di direzione creativa. Insomma, qui torniamo alla mia premessa iniziale.

Mentre aspettiamo di vedere come si svilupperà il percorso di Appiolaza, possiamo fare un ripasso della vera epoca moschiniana grazie a “Genius Loci: Franco Moschino – xxx anni dal kaos”. Arrivo un po’ tardi, con questo articolo, ma c’è tempo ancora fino a questa domenica 21 aprile 2024 per visitare la mostra.

Andateci perché la città di Abbiategrasso celebra il proprio concittadino con un racconto fatto di quotidianità grazie a tante testimonianze. Celebra un pioniere eclettico e stravagante che ha riversato nel proprio lavoro tutta la sua creatività. Celebra l’estro e la teatralità umana di un animo geniale che ha fatto della propria vita la sua migliore performance.

E poi, tornando a concentrarci su Franco Moschino, possiamo davvero sperare di archiviare definitivamente l’irrilevanza culturale del periodo Jeremy Scott. E possiamo tornare a parlare di provocazione, quella vera, coraggiosa e non di facciata. Sognando di uscire dalla confusione generale per rientrare nel caos creativo che riesce a far nascere stelle danzanti.

Emanuela Pirré

 

 

Genius Loci: Franco Moschino – xxx anni dal kaos

Fino al 21 aprile 2024
Giovedì: dalle 15.30 alle 19.30
Venerdì, sabato e domenica: dalle 10 alle 12 e dalle 15.30 alle 19.30
Sotterranei del Castello Visconteo (Abbiategrasso, Piazza Castello)
Chiesa di Santa Maria Vecchia (Abbiategrasso, Via Santa Maria)

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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