Il nuovo Mudec Photo ospita Steve McCurry e la (emozionante) mostra Animals

Sabato 15 dicembre è stato un giorno speciale: non capita tutti i giorni di avere la fortuna – e l’onore immenso – di conoscere uno dei miti della propria adolescenza e giovinezza.

Nei miei anni da giovane donna idealista e fiduciosa, le foto incredibili di Steve McCurry (che io ammiravo sulle copertine e tra le pagine patinate di riviste del calibro di National Geographic) riuscivano a farmi sognare di viaggi, scoperte e geografie soprattutto umane, perché – come è stato giustamente definito – lui è uno straordinario esploratore del genere umano.
Gli scatti mozzafiato e i ritratti fenomenali fanno di McCurry un maestro del colore e dell’umanità: nessuno come lui sa raccontare le sfumature umane e tutto ciò lo rende uno dei più grandi fotografi di tutti i tempi.

È un onore immenso aver potuto tenere e stringere per un istante la mano che ha scattato infiniti capolavori e – per inciso – desidero dire che, come tutti i veri grandi che ho avuto la fortuna di incontrare, anche Steve McCurry è una persona squisita.

Com’è stato possibile tutto ciò, dove e come ho conosciuto il celeberrimo fotografo?
Ora ve lo racconto.

L’occasione mi è stata offerta grazie all’inaugurazione di MUDEC Photo, il nuovo spazio espositivo dell’omonimo Museo delle Culture dedicato alla fotografia d’autore, uno spazio che ne completa l’offerta.

Del Mudec ho parlato spesso: nato nel 2015, vanta una collezione permanente – anima del museo – di circa ottomila reperti tra opere d’arte, oggetti d’uso, tessuti e strumenti musicali e ha già al suo attivo più di quindici grandi mostre, oltre un milione e mezzo di visitatori e un modello di governance tra pubblico e privato che rappresenta un’eccellenza italiana riconosciuta anche all’estero.

MUDEC Photo è un progetto che coniuga la più alta ricerca e indagine artistica con la capacità di narrazione innata tipica della cosiddetta ottava arte: negli intenti, due grandi mostre temporanee all’anno e una serie di attività legate al mondo della fotografia animeranno lo spazio.

Il Comune di Milano-Cultura, MUDEC e 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE, in collaborazione con SUDEST57, hanno deciso di affidare al genio e alla sensibilità del grande fotografo statunitense Steve McCurry l’apertura di MUDEC Photo presentando al pubblico Animals, un progetto espositivo appositamente creato per il Museo: curato da Biba Giacchetti, rimarrà aperto al pubblico fino al 31 marzo 2019 (AGGIORNAMENTO – PROROGATA AL 14 APRILE 2019).

Il termine fotografia deriva dalla congiunzione di due parole greche: luce (φῶς | phôs) e grafia (γραφή | graphè) e dunque si può parafrasare in scrittura di luce: Steve McCurry onora in pieno questa definizione perché le sue foto sono veri racconti fatti di luce, colore, occhio attento, cuore.

Nella mostra presentata al MUDEC, gli animali sono i protagonisti di una sessantina di scatti tra famosi e meno conosciuti: raccontano a noi visitatori le mille storie di vita quotidiana che legano indissolubilmente l’animale all’uomo e viceversa in un affresco corale dell’interazione e della condivisione, che tocca i temi del lavoro e del sostentamento che l’animale fornisce all’uomo, delle conseguenze dell’agire dell’uomo sulla fauna locale e globale, dell’affetto che l’uomo riversa sul suo pet, qualunque esso sia.

Il progetto Animals ha origine nel 1992 quando il fotografo Steve McCurry si reca in missione nei territori di guerra nell’area del Golfo per documentare il disastroso impatto ambientale e faunistico nei luoghi del conflitto.

McCurry torna con alcune delle sue più celebri immagini, come i cammelli che attraversano i pozzi di petrolio in fiamme e gli uccelli migratori interamente cosparsi di petrolio: con quel reportage vince nello stesso anno il prestigioso Word Press Photo e il premio viene assegnato da una giuria molto speciale, la Children Jury, composta da bambini di tutte le nazioni (e questo testimonia quanto sia giusto definirlo come un maestro dell’umanità).

IN ALTO: Steve McCurry, Al Ahmadi, Kuwait, Anno 1991 (Credito fotografico © Steve McCurry) / IN BASSO: Steve McCurry, Porbandar, India, Anno 1983 (Credito fotografico © Steve McCurry dal suo libro <em>Monsoon)</em>
IN ALTO: Steve McCurry, Al Ahmadi, Kuwait, Anno 1991 (Credito fotografico © Steve McCurry) / IN BASSO: Steve McCurry, Porbandar, India, Anno 1983 (Credito fotografico © Steve McCurry dal suo libro Monsoon)

Da sempre e in tutti i suoi progetti, Steve McCurry pone al centro dell’obiettivo le storie legate alle categorie più fragili: ha esplorato, con una particolare attenzione ai bambini, la condizione dei civili nelle aree di conflitto; ha documentato le etnie in via di estinzione e le conseguenze dei cataclismi naturali; da quel servizio del 1992 ha infine aggiunto, ai suoi innumerevoli sguardi, quello empatico verso gli animali.

Animali come via alla sopravvivenza (gli animali da lavoro), animali talvolta sfruttati come unica risorsa per fare fronte a una condizione di miseria, animali amati e riconosciuti come compagni di vita; tutto viene raccontato da McCurry con una forte empatia e lo spirito da instancabile esploratore del genere umano e delle sue relazioni.

Per creare la mostra Animals, autore e curatrice hanno lavorato all’unisono addentrandosi nell’immenso archivio del fotografo per selezionare una collezione di immagini che raccontassero in un unico affresco le diverse condizioni degli animali: il percorso della mostra lascia a noi visitatori la massima libertà, pur fissando un’invisibile mappa articolata su diversi registri emotivi, in grado di alternare le immagini più impegnative ad altre di grande leggerezza e positività.

Ci sono immagini dure che mostrano che, quando la Natura si scatena, segna e cambia definitivamente la morfologia del territorio; ci sono immagini di animali che ci raccontano in realtà storie di sopravvivenza umana; ci sono racconti più leggeri, poetici o simpatici o curiosi o bizzarri o ironici, come i ritratti di animali, fieri protagonisti in simbiotica posa con i loro padroni (ora un cane fashionista tinto di rosa a Hollywood, ora un serpente a guisa di collana in un supermercato americano); è una vera e propria arca di Noè, insomma, che entra nell’obiettivo di McCurry per raccontare la straordinaria identità di legami – più o meno sentimentali – a tutte le latitudini.

Steve McCurry ci offre dunque un viaggio nella contiguità tra esseri umani e animali, ci parla di relazioni e di conseguenze; le sue immagini indelebili sono prive di tempo e – come accade a chi viaggia instancabilmente per raccontare storie – anche lui sembra mostrare nostalgia per un mondo in continua e pericolosa trasformazione e che può suo malgrado solo limitarsi a documentare (anche se McCurry ha in realtà deciso di andare oltre il suo ruolo di testimone e nel 2004 ha fondato Imagine Asia).

La mostra è un’altalena continua di sentimenti.
È un viaggio emozionante che, naturalmente, consiglio vivamente.
Io mi sono commossa fino alle lacrime, mi sono indignata, ho scosso la testa, mi sono intenerita, ho sorriso.

Questa è la magia di McCurry: ciascuno di noi vedrà la sua personale mostra e interagirà diversamente con le immagini, libero di andare, sostare e tornare, identificando un suo personale percorso.

«Animals ci invita a riflettere sul fatto che non siamo soli in questo mondo – spiega la curatrice Biba Giacchetti – ma che siamo in mezzo a tutte le creature viventi attorno a noi. Ma soprattutto lascia ai visitatori un messaggio: ossia che, sebbene esseri umani e animali condividano la medesima terra, solo noi umani abbiamo il potere necessario per difendere e salvare il pianeta.»

Una persona che stimo ha scritto il seguente commento sotto una delle tante foto della mostra che ho condiviso in Instagram: «se l’uomo ha il potere di salvare il pianeta, gli animali non hanno fatto nulla per distruggerlo».

Credo fortemente nel valore assoluto della condivisione: sono pertanto felice che la mia volontà di condividere questa splendida mostra abbia portato a un commento così sagace, intelligente, sensibile, profondo.

È un commento che sottoscrivo perché è vero, uomini e animali si assomigliano: entrambi lottano ed entrambi si trovano ad affrontare sofferenze e difficoltà.

Ma se tutti, uomini e animali, abbiamo lo stesso scopo – la continuità delle specie – diverse sono invece le responsabilità: gli umani hanno cambiato profondamente la Terra e ora sta dunque a noi salvarla e salvare non solo noi stessi, ma anche gli animali che hanno subito i nostri deliri di onnipotenza.

È dunque con queste parole che desidero concludere, aggiungendo un mio personale augurio a chi visiterà Animals: buon viaggio attraverso gli occhi e l’anima di Steve McCurry, un fotografo così bravo ed empatico da riuscire a raccontare il mondo che è attorno a tutti noi.

Manu

 

 

Steve McCurry – Animals

Mudec – Museo delle Culture
Via Tortona 56, Milano

Qui trovate il sito del Mudec, qui la pagina Facebook, qui l’account Twitter e qui quello Instagram.

PERIODO DI APERTURA
Dal 16 dicembre 2018 al 31 marzo 2019 / AGGIORNAMENTO – PROROGATA AL 14 APRILE 2019

ORARI MOSTRA
Lunedì 14.30 – 19.30
Martedì – mercoledì – venerdì – domenica 9.30 – 19.30
Giovedì – sabato 9.30 – 22.30

APERTURE STRAORDINARIE
Lunedì 24 dicembre (Vigilia di Natale) 9.30 – 14.00
Martedì 25 dicembre (Natale) 14.30 – 19.30
Mercoledì 26 dicembre (Santo Stefano) 9.30 – 19.30
Lunedì 31 dicembre (San Silvestro) 9.30 – 14.00
Martedì 1 gennaio (Capodanno) 14.30 – 19.30
Domenica 6 gennaio (Epifania) 9.30 – 19.30

Da oltre trent’anni, Steve McCurry (classe 1950) è considerato una delle voci più autorevoli della fotografia contemporanea.
La sua maestria nell’uso del colore, l’empatia e l’umanità delle sue foto rendono le sue immagini indimenticabili.
Ha ottenuto innumerevoli copertine di libri e di riviste, ha pubblicato svariati libri e i suoi lavori sono stati esposti in moltissime mostre in tutto il mondo.
Nato in un sobborgo di Philadelphia, McCurry studia cinema e storia alla Pennsylvania State University prima di lavorare in un giornale locale.
Dopo molti anni come freelance, McCurry compie un viaggio in India, il primo di una lunga serie: con poco più di uno zaino per i vestiti e un altro per i rullini, si apre la strada nel subcontinente, esplorando il Paese con la sua macchina fotografica.
Dopo molti mesi di viaggio, si ritrova a passare il confine con il Pakistan: là, incontra un gruppo di rifugiati dell’Afghanistan che lo aiutano a entrare clandestinamente nel loro Paese, proprio quando l’invasione russa stava chiudendo i confini a tutti i giornalisti occidentali.
Riemergendo in abiti tradizionali e con una folta barba dopo avere trascorso settimane tra i Mujahidin, McCurry porta al mondo le prime immagini del conflitto in Afghanistan, dando finalmente un volto umano ai titoli di giornale.
Da allora McCurry ha continuato a scattare fotografie mozzafiato in tutti i continenti: i suoi lavori raccontano di conflitti, di culture che stanno scomparendo, di tradizioni antiche e di culture contemporanee, ma sempre mantenendo al centro quell’elemento umano e quell’empatia che hanno reso così potente la sua immagine più famosa, il ritratto della ragazza afgana apparso sulla copertina della rivista National Geographic del numero di giugno 1985.
McCurry ha ottenuto alcuni tra i più importanti premi di fotografia, tra cui la Robert Capa Gold Medal e il National Press Photographers Award: per quattro volte ha vinto il primo premio del concorso World Press Photo.
Il ministro della cultura francese lo ha nominato cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere e, più recentemente, la Royal Photographic Society di Londra gli ha conferito la Centenary Medal for Lifetime Achievement.
McCurry ha pubblicato molti libri, tra cui The Imperial Way (1985), Monsoon (1988), Portraits (1999), South Southeast (2000), Sanctuary (2002), The Path to Buddha: A Tibetan Pilgrimage (2003), Steve McCurry (2005), Looking East (2006), In the Shadow of Mountains (2007), The Unguarded Moment (2009), The Iconic Photographs (2011), Untold: The Stories Behind the Photographs (2013), From These Hands: A Journey Along the Coffee Trail (2015), India (2015), On Reading (2016), Afghanistan (2017).
Qui il suo sito, qui la sua pagina Facebook, qui il suo account Instagram.

 

 

Io e la mostra: il mio racconto in immagini in occasione dell’anteprima del 15 dicembre,
dall’incontro con il Maestro McCurry all’allestimento presso il nuovo MUDEC Photo
passando per alcune immagini che mi hanno particolarmente colpita…

 

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Io e il MUDEC – i miei articoli:
Mostra Banksy su ADL Mag qui
Mostra Etro qui
Mostra Modigliani qui
Mostra Frida Kahlo qui
Mostra Klimt su ADL Mag qui

 

 

 

 

Questo articolo è dedicato ad Antonio Megalizzi,
un giovane uomo animato dai miei stessi ideali,
quelli che nutro fin da ragazzina
e che ho conservato con forza e non senza fatica fino a oggi.
Antonio è stato tradito
ma non dai suoi ideali, come hanno scritto in tanti.
Gli ideali non tradiscono,
sono gli esseri umani a tradirsi tra loro e a tradire i grandi sogni.
Eppure, ciò che i peggiori esseri umani non sanno
è che gli ideali – per quanto traditi – non muoiono:
al contrario, vengono portati avanti da altri sognatori.
E allora, Antonio, tu continuerai a vivere
finché il tuo sogno sarà fatto vivere da altri.
Sottoscritta inclusa, nel mio piccolo.
Manu

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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