Buon lavoro, Presidente Trump. E non è un augurio ironico.

L’ho già ammesso: di politica non capisco granché.
Mi limito a scriverne, raramente e a modo mio, solo quando desidero trattare una delle numerosi interazioni che essa intrattiene con tutti gli aspetti della nostra vita e della nostra società.
Per esempio, ho parlato di pensieri e timori a proposito di Brexit; mi sono divertita a tracciare un piccolo excursus su come alcune donne di potere abbiano vissuto o vivano la moda; ho scritto di un certo tailleur viola indossato da Hillary Clinton.
Interazioni: ho scelto questo vocabolo appositamente e con cura, perché – che ci piaccia o no – la verità è che la politica riguarda tutti noi e che nessuno può (o dovrebbe) disinteressarsene, soprattutto nella sua forma più pura, ovvero come arte o tecnica di governare, far funzionare e far progredire la nostra società.
Dunque, nonostante io non sia un’esperta di tale (spinosa) materia, ho deciso di scrivere il presente post e di condividere la mia opinione semplicemente in veste di cittadina del mondo e in qualità di membro dell’umana comunità.

Opinione su che cosa?
Oggi, 20 gennaio 2017, Donald Trump presta giuramento diventando il 45° Presidente degli Stati Uniti nonché l’uomo più potente del mondo.
Credo di non aver nascosto né la mia poca simpatia verso Trump né le mie perplessità per quanto riguarda la scelta dei cittadini americani di eleggerlo, ma nutro un profondo rispetto della democrazia, dunque accetto la sua elezione – e invito tutti a farlo come primo gesto di civiltà e come presupposto dal quale partire.
Non so come sarà Trump nei panni di Presidente, non so se si rivelerà ottimo o pessimo, così come nessuno può saperlo in quanto non possediamo la cosiddetta sfera di vetro.
Certo, tanti presupposti non mi fanno stare serena e sicuramente ho il (grande) timore che Trump dimostri che i suoi tanti detrattori abbiano ragione, ho il timore che possa mantenere tante delle minacce più o meno velate che ha fatto.
Vedete, in questa fase, arrivati al dunque e archiviata la presidenza Obama, non mi interessano nemmeno più certe polemiche che finora ho magari trovato pittoresche, definiamole così.
Per esempio, non mi interessano le polemiche su chi voglia o meno esibirsi per Trump oppure su chi voglia o non voglia vestire sua moglie Melania. In tal senso, penso solo che ognuno sia libero di fare le proprie scelte in base a coscienza ed etica, personale e professionale, e faccio notare con grande rispetto una piccola contraddizione che ho rilevato leggendo giornali e soprattutto social network: è sciocco affermare (come spesso quasi tutti facciamo) che le persone famose si fanno facilmente comprare dai soldi o dal desiderio di apparire se poi non rispettiamo un loro no quando sanno dirlo, nel bene e nel male, giusto o sbagliato.
Non mi interessa nemmeno giudicare l’operato di Trump come businessman in quanto, da oggi, mi interessa piuttosto il suo operato come uomo di stato – salvo affiorino reati del passato.

L’episodio che invece al momento attira la mia attenzione e che rinnova i miei timori riguarda ciò che potrebbe accadere da oggi in poi è piuttosto lo scontro con Meryl Streep.
Lo scorso 8 gennaio, l’attrice ha ricevuto il premio alla carriera durante la cerimonia dei Golden Globe Awards a Los Angeles: in tale occasione, la Streep ha tenuto un discorso di ringraziamento, parlando di politica, di Donald Trump, di ciò che secondo lei attori, artisti e giornalisti dovranno fare per cercare di non assecondare quelle che, al momento, sembrano intenzioni razziste e xenofobe.
La Streep ha parlato direttamente di Trump pur non citandolo, ricordando la volta in cui, durante la campagna elettorale, aveva imitato e preso in giro Serge Kovaleski, giornalista disabile.
Forse, sarebbe stato quanto meno saggio non replicare: Trump ha invece risposto attraverso Twitter cinguettando «Meryl Streep, one of the most over-rated actresses in Hollywood, doesn’t know me but attacked last night at the Golden Globes».
Per lui, insomma, tutto si riduce al fatto che un’attrice sopravvalutata, over-rated, non lo conosca.
Peccato che il suo avvilente e penoso siparietto (datato 2015) ai danni di Kovaleski sia ampiamente documentato (qui e qui, per esempio).

Perché tale episodio è oggi al centro della mia attenzione?
Perché rappresenta il nucleo delle mie paure verso la presidenza Trump e perché spero che NON sia rappresentativo del tipo di governo che lui vorrà instaurare.
Già, spero che NON lo sia: gongolare sperando che invece sia così solo per poter dare ragione a un’antipatia sarebbe molto sciocco.
Perché, considerato quanto tengo al nostro mondo e quanto tengo alla vita e alla sua continuità, non sono tra coloro che augurano il peggio al neo Presidente pur non schierandomi tra i suoi sostenitori.
Non sono tra coloro che gli augurano di fallire, perché augurarglielo sarebbe augurarlo a noi stessi, in quanto il suo destino – da oggi in poi – sarà indissolubilmente legato a quello di ciascuno di noi, proprio per quell’essere tutti membri della stessa umana comunità.

Dunque preferisco pregare qualsiasi divinità possa esistere affinché assista Donald Trump illuminando il suo percorso, percorso che avrà un’enorme influenza e un peso decisivo sui nostri.
Prego affinché Mr. Trump voglia imparare a fare il Presidente, sul serio, come d’altro canto l’hanno imparato altri prima di lui.
Prego affinché riceva in dono l’umiltà necessaria per lasciarsi aiutare.
Prego affinché comprenda che la libertà di parola, d’opinione e di critica (come nel caso di Meryl Streep) sono diritti e sono conquiste che soprattutto un Presidente deve saper rispettare non solo per essere amato, ma anche e soprattutto per fare bene il proprio mestiere.
Prego affinché comprenda che dalla critica, dalle opinioni altrui e perfino dalla satira (come il tweet e la vignetta che ho scelto per illustrare questo post) si può imparare, che non bisogna rispondere come farebbe un bambino imbronciato (tipo «ho fatto così perché lui ha fatto quello a me») e che è con le eventuali azioni che si dà la migliore risposta. Magari ammettendo i propri errori che tutti facciamo, politici inclusi, mentre comportarsi da ragazzini prepotenti e un po’ bulli, invece, peggiora solo cose e situazioni.
Rispondere a una critica o a una provocazione è estremamente umano, ammettiamolo, ma se certe cose sono al limite tollerabili in un ragazzino di otto anni non lo sono invece se fatte dal Presidente degli Stati Uniti d’America.

Io non so se Trump abbia torto o ragione nella querelle con Kovaleski: magari ha perfino ragione e forse il giornalista ha cambiato versione, ma questo non giustifica né lo scherno né pietosi siparietti. Del nemico occorre avere rispetto, soprattutto se si copre un ruolo pubblico di infinita importanza e potere – a meno che non si intenda essere dei dittatori.
E così io prego affinché il neo Presidente possa comprendere che NESSUNA sua eventuale ragione (e sto nuovamente ammettendo che potrebbe averla, che il giornalista potrebbe essere stato scorretto) potrebbe comunque MAI giustificare in ALCUN modo una presa in giro che – come sostiene Meryl Streep – sa solo di bullismo.

Qualcuno fa notare che anche nel discorso di Meryl Streep esistono incongruenze e inesattezze nonché una chiara posizione di parte (a favore di Hillary Clinton); eppure, trovo che nessuno potrebbe negare che abbia ragione quando raggiunge il nucleo del suo discorso.
«And this instinct to humiliate, when it’s modeled by someone in the public platform, by someone powerful, it filters down into everybody’s life, because it kind of gives permission for other people to do the same thing. Disrespect invites disrespect. Violence incites violence. When the powerful use their position to bully others, we all lose.»
Così come la Streep ha ragione quando incita la stampa a rimanere vigile e attenta: il mio non è che un blog, un piccolo blog, ma in qualche modo è una voce pubblica e dunque faccio volentieri la mia parte e prendo volentieri posizione, non per giudicare bensì per porre interrogativi e lanciare inviti.
Per questo ho scritto questo post.

Ecco, io spero che lei, Mr. Trump, comprenda davvero il potere che le è stato dato e che cessi di manifestare certi atteggiamenti per essere il Presidente di tutti: ci sarebbe forse qualcosa di più potente di questo?

Lo spero per lei, lo spero per noi tutti, perché non possiamo aspettare quattro anni e il prossimo Presidente. Non possiamo solo sperare di sopravvivere fino ad allora.
Tutti sappiamo quanto ci sarebbe bisogno non di odio ma di pace, non di separazione ma di condivisione, non di nuovi muri ma di incontri. Di comprensione reciproca, di convivenza nella quale le differenze possano coesistere ed essere rispettate. Valorizzate.
Non smetto di avere speranza. Non smetto di avere sogni.
Dunque la invito a provare a far cambiare idea a tutti quelli che pensano che lei sarà un pessimo Presidente: questa sì che sarebbe una vittoria dal sapore epico! Perché far dire ai suoi oppositori «mi sbagliavo» varrebbe più di milioni di voti, più di un tweet.
Io spero tanto che lei possa farmi dire «mi sbagliavo», ne ho una voglia folle proprio perché vorrei dare una chance concreta a speranze e sogni.
Mi sorprenda, vada oltre le mie aspettative e ben oltre i miei timori. Così e solo così si mettono a tacere e si spengono critica e satira, questo è l’unico modo accettabile.

E dunque, in definitiva, le auguro buon lavoro, Presidente Trump. Senza alcuna ironia.

Manu

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

Glittering comments

Madame La Gruccia
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Ciao Manu,
esprimi i timori e le speranze di molta gente, in questo post. E lo fai nel modo che ti contraddistingue, con delicatezza ed eleganza.
Ti confesso, quando penso o parlo di Trump, viene fuori la parte peggiore di me. Una parte che non mi piace. Allora voglio accendere una piccola speranza “serena”, e unirla a quella di tutte le donne che hanno protestato contro di lui. E voglio sperare nel buon senso delle donne che gli sono più vicine, nel grande potere che abbiamo di essere a nostro modo potenti e di cambiare le cose.
Non perchè penso che le donne siano migliori degli uomini nel ribaltare le sorti del mondo, ma perchè le donne, abbiamo visto, se si uniscono, riempiono una città con la loro voce, e la fanno sentire. Forte, oltre ogni confine.

Un bacio!
Angela
http://www.madamelagruccia.blogspot.it

Manu
Reply

Carissima Angela,
Desidero condividere proprio con te un pensiero che ho avuto stamattina, dedicandomi alla consueta rassegna stampa che, naturalmente, in questo lunedì si è concentrata fortemente sul post cerimonia di giuramento e sulle manifestazioni di protesta.
Ciò che ho pensato è che Trump sembra proprio fare di tutto per riuscire antipatico (un esempio? questo) e per far emergere la parte peggiore di noi, quella che – giustamente! – hai citato tu. Ecco, insomma, volevo dirti che non sei l’unica a provare quel sentimento, anzi, al contrario.
Sembra proprio che più ci si sforzi per dare una chance a Mr. President e più lui si diverta invece a risultare insopportabile e odioso. Devo ancora capire se è un atteggiamento studiato (e lo temo) o se gli viene istintivo (non è che sia un’ipotesi migliore).
Occorrerà davvero avere tanto auto-controllo nonché un’enorme pazienza per non perdere la testa e per non cedere a quella nostra parte peggiore. E sai un’altra cosa? Sono d’accordo con te, possono essere le donne a fare la differenza, anche e soprattutto quelle più vicine a lui.
Perché noi donne siamo maestre quanto a speranza e pazienza, arti che abbiano imparato grazie a migliaia di anni di storia nonché di supremazia maschile. E questo, oggi, ci dà un vantaggio che non sarà certo il caro Trump a demolire.
In definitiva, sottoscrivo dunque il tuo pensiero: le donne non sono migliori degli uomini ma, mentre a fare la voce grossa sono buoni in tanti, spesso vince nel tempo chi dimostra pazienza, costanza, perseveranza. Siamo tutte figlie di Penelope e dunque… vedremo.
Io, intanto, mi schiero con te e con tutte le donne di ogni parte del mondo, affinché i nostri diritti non siano più calpestati.
Ti mando un bacio anch’io,
Manu

P.S.: chiudiamo con una speranza? Dopo il primo tweet che ho linkato qui sopra, Mr. President ha cinguettato questo. Che ci sia stato un intervento femminile? 😉

Sara
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Sarà anche che non te ne intendi di politica però scrivi proprio bene!

Manu
Reply

Ciao Sara e… grazie!
Grazie perché mi hai strappato una risata, nel miglior modo e senso possibili: la tua esclamazione così diretta mi ha regalato un immediato buonumore, una frizzantissima euforia. Evviva chi è capace di regalare gioia al proprio prossimo.
Comunque, io ho un vantaggio, lo ammetto: questo spazio è mio, ne sono editrice/direttrice/redattrice e dunque posso farne ciò che voglio – ovviamente rispettando gli altri e la loro dignità. Scrivere in libertà, senza imposizioni, dà un vantaggio non indifferente 😉
Un saluto pieno di gratitudine e… ti aspetto ancora, allora.
Manu

Marco G.
Reply

Ciao, hai letto del MuslimBan?
Cosa ne pensi?
Grazie, Marco

Manu
Reply

Ciao Marco e per prima cosa grazie per essere qui.
Sì, ho letto. E mi sono disperata.
Pare davvero che questo uomo (Trump) ce la metta tutta per deludere e abbattere qualsiasi speranza, per rendere vano ogni augurio o auspicio.
Mi chiedi cosa ne penso e forse l’avrai già capito dalle mie prime parole: penso il peggio possibile del MuslimBan, per questo mi sono disperata. Perché penso che questa non sia la strada giusta.
Bloccare immigrati e rifugiati negli aeroporti, respingerli o cacciarli dagli Stati Uniti non è umano, non è intelligente, non è americano, perché gli Stati Uniti hanno sempre accolto, è un atteggiamento che ha sempre fatto parte del loro DNA, del loro pensiero e della loro cultura.
Il MuslimBan inasprisce gli animi, crea incomprensioni e accentua la distanza, ovvero tutto il contrario di ciò che auspico: certo, c’è bisogno di regole e controlli, non vi è dubbio, ma non di un’esasperata e cieca chiusura.
Purtroppo, sono d’accordo con un’analisi molto dura che ho letto stamattina: si tratta delle parole di Tiziana Ciavardini, giornalista e antropologa, su Il Fatto Quotidiano.
Riprendo uno dei passaggi più significativi: ”(… ) uno dei suoi primissimi provvedimenti è un decreto che vieta l’ingresso negli Stati Uniti agli immigrati provenienti da paesi a maggioranza islamica. Sarà del tutto vero? Ecco i Paesi imputati dal tycoon: Iraq, Iran, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen. E il Marocco (alleato di Israele), l’Arabia Saudita e le petromonarchie perché sono assenti da questa lista? Trump è un uomo d’affari, un capitalista e che capitalista, quindi risponde alla legge ‘il profitto prima di tutto’. Sono sicura che dietro l’ostentata falsa islamofobia di Trump, si nascondano ricchi affari con i cinici e spietati Emiri del Golfo.”
Ho scritto che purtroppo sono d’accordo con la Ciavardini: scrivo purtroppo perché la sua è una presa di posizione molto dura, eppure temo che contenga tanta verità…
E dunque lo ribadisco, sono estremamente preoccupata.
Grazie ancora, Marco, e buona giornata.
Manu

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