Albrecht Dürer a Palazzo Reale a Milano: il Rinascimento è moderno

Oggi, mercoledì 21 febbraio, è iniziata ufficialmente la Milano Fashion Week: come sempre, mi sono dotata del calendario ufficiale emesso da Camera Moda che, in una specifica sezione, indica anche tutti gli eventi culturali in corso in città, nella speranza di dare una panoramica completa soprattutto a chi viene da altre città e dall’estero.

Questa volta, gli eventi segnalati sono cinque: la mostra su Rosa Genoni all’Archivio di Stato, quella sugli outfit del Novecento a Palazzo Morando, la monografica dedicata a Rick Owens alla Triennale, la mostra su Frida Kahlo al Mudec e infine quella su Albrecht Dürer a Palazzo Reale.

Sono molto orgogliosa del fatto che due di questi eventi figurino tra le pagine virtuali di A glittering woman (la mostra su Rosa Genoni e la mostra su Frida Kahlo) e sono felice di aggiungere ora un terzo prezioso tassello: ieri, infatti, prima di buttarmi a capofitto nella settimana della moda, sono stata a Palazzo Reale per l’anteprima stampa della bellissima mostra dedicata a Dürer, pittore, incisore, matematico e trattatista considerato il padre del Rinascimento tedesco.

Proprio da oggi, 21 febbraio, e fino al 24 giugno 2018, Palazzo Reale di Milano presenta Dürer e il Rinascimento tra Germania e Italia, una grande mostra che racconta l’apice del Rinascimento tedesco nel suo momento di massimo fulgore e di grande apertura verso l’Europa, grazie a un’importante selezione di opere del pittore Albrecht Dürer (Norimberga, Germania, 21 maggio 1471 – 6 aprile 1528) insieme ad alcuni grandi artisti tedeschi e italiani suoi contemporanei.

La mostra è curata da Bernard Aikema, professore di Storia dell’Arte Moderna all’Università di Verona, con la collaborazione di Andrew John Martin, ricercatore in Storia dell’Arte e Rinascimento Tedesco: offre la possibilità di ammirare circa 130 opere tra cui 12 dipinti di Albrecht Dürer, 3 acquerelli e circa 60 tra disegni, incisioni, libri, manoscritti, rivelando così il carattere innovativo della sua arte dal punto di vista non solo tecnico.

Le opere del maestro di Norimberga sono affiancate da alcuni lavori significativi di artisti tedeschi suoi contemporanei (come Lucas Cranach, Albrecht Altdorfer, Hans Baldung Grien, Hans Burgkmair, Martin Schongauer) nonché dalle opere di grandi pittori, disegnatori e artisti grafici italiani che hanno lavorato fra Milano e Venezia (come Tiziano, Giorgione, Andrea Mantegna, Leonardo da Vinci, Giovanni Bellini, Andrea Solario).

Dürer e il Rinascimento tra Germania e Italia riunisce a Milano opere provenienti da più di 40 prestatori italiani e internazionali da Austria, Germania, Olanda, Portogallo, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti: si ha quindi la possibilità di fare un vero e proprio viaggio virtuale nei più prestigiosi musei per conoscere a fondo quell’età d’oro della storia dell’arte che, ancora oggi, è considerata irripetibile e che risulta straordinariamente moderna.

L’esposizione rivela anche il quadro dei rapporti artistici tra nord e sud Europa tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, il dibattito religioso e spirituale che diventa substrato culturale delle opere di Dürer, il suo rapporto con la committenza attraverso l’analisi della ritrattistica, dei soggetti mitologici, delle pale d’altare; la sua visione della natura e dell’arte tra classicismo e anti-classicismo, la sua figura di uomo e le sue ambizioni d’artista.

Il percorso espositivo si snoda infatti in 6 sezione tematiche che non seguono un criterio cronologico ma piuttosto – appunto – tematico, per andare a definire una sorta di geografia dell’arte, così come l’ha definita il curatore Bernard Aikema durante la conferenza stampa alla quale ho assistito.

Si parte con Dürer, l’arte tedesca, Venezia, l’Italia (Dürer avrebbe visitato Venezia due volte, attorno al 1495 e nel 1505-1507) e si prosegue con la sezione Geometria, misura, architettura (Dürer seppe esprimere, in vari scritti ma anche nelle sue opere, un nuovo concetto dell’arte, basato sui principi dell’imitazione della natura e sulla teoria artistica).

Ci si sposta quindi nella sezione La natura (il contributo degli artisti tedeschi si è rivelato fondamentale nella rappresentazione della natura da parte di Dürer alla pari di quello di Leonardo da Vinci e di altri pittori e disegnatori nord-italiani) e poi ci si concentra su La scoperta dell’individuo (la mostra dà una visione di come, attorno al Cinquecento, si sia sviluppata la scoperta dell’individuo attraverso il ritratto).

Si passa ad Albrecht Dürer incisore, Apocalisse e cicli cristologici (la quinta sezione analizza un aspetto particolarmente discusso, quello sui vari atteggiamenti del pittore e dei suoi contemporanei nei confronti del dibattito religioso e spirituale dei suoi tempi) e si approda infine a Il Classicismo e le sue alternative (l’ultima sezione propone una riflessione sul sistema estetico che ha caratterizzato il periodo storico, periodo in cui l’egemonia del classicismo era controbilanciata da correnti opposte che prediligevano temi e forme anticlassiche o a-classiche).

L’artista di Norimberga è dunque un ottimo rappresentante di quello che è stato un momento di massima apertura culturale e di grandi cambiamenti, caratterizzato dall’intensa diffusione di nuove idee filosofiche, da un rinnovato approccio scientifico e dallo sviluppo di un’inedita idea di cultura senza confini, a partire proprio da quelli geografici: ecco perché sostengo la sua modernità oltre a quella del periodo nel quale si è mosso.

Ma oltre all’indiscutibile bellezza e importanza delle opere in mostra, desidero darvi anche alcuni motivi non convenzionali per visitare la mostra su Dürer nonché alcune curiosità sulla sua vita.

Parto per esempio raccontando che il grande pittore fu uno dei diciotto figli (di cui solo tre sopravvissero all’infanzia) dell’orefice Albrecht Dürer il vecchio e della moglie Barbara.

Dürer è stato anche un buon imprenditore con un grande senso per gli affari e la consapevolezza del valore delle sue opere: disegnava e produceva stampe di soggetti popolari per rispondere al gusto di un vasto pubblico.

Sapeva inoltre come utilizzare motivazioni artistiche a uso commerciale e ne è un esempio il suo autoritratto datato 1500: l’artista, allora ventottenne, raffigurò sé stesso visto di fronte, con uno sguardo che punta direttamente allo spettatore e i capelli sciolti sulle spalle. Il richiamo iconografico alla figura di Gesù Cristo voleva sottendere la considerazione che lui, come tutti gli uomini, era fatto a immagine di Dio, ma in realtà c’era anche una motivazione di tipo promozionale: era come se dicesse «se sono in grado di dipingere me stesso a somiglianza del figlio di Dio, immaginate cosa potrei fare per voi».

Dürer era preoccupato dei falsi: per proteggere i suoi lavori creò, di fatto, il primo marchio di fabbrica, un monogramma – una D tra le gambe di una grande A – che apponeva a tutte le sue stampe e ai suoi dipinti.

Come ci ha raccontato il curatore Bernard Aikema durante la conferenza stampa, il pittore ottenne anche il primo copyright con una concessione speciale dell’imperatore Massimiliano, in base alla quale a nessuno sarebbe stato concesso di stampare o vendere falsi delle sue incisioni.

E dopo la sua morte, Dürer assunse addirittura lo status di santo; nel XIX secolo, le celebrazioni in suo nome divennero di moda tanto che nel 1840 una sua statua monumentale fu eretta a Norimberga con l’iscrizione «Padre Dürer, dacci la tua benedizione, così che anche noi possiamo onorare l’arte tedesca. Sii la nostra stella cometa sino alla morte».

In conclusione, credo di poter affermare che Albrecht Dürer non è stato solo uno dei grandi protagonisti del Rinascimento in Europa.

Come se già questo non fosse del tutto sufficiente, è stato anche un artista in senso estremamente moderno (qualcuno oserebbe definirlo rock o pop..), era attento alla realtà, all’uomo e al suo rapporto con tutto ciò che lo circonda, città compresa.

Attraverso disegni, incisioni, grafica e dipinti, il suo segno acquisì la stessa notorietà di un brand contemporaneo: i suoi soggetti, fantastici o realistici, possedevano – e possiedono tuttora – l’ampia riconoscibilità tipica delle icone moderne.

Tant’è che, proprio in occasione della mostra che vi ho presentato, i disegni dell’artista sono stati di ispirazione per creare dei segnali stradali che verranno riprodotti mediante stencil sui marciapiedi antistanti le metropolitane e in zone di forte passaggio, dal centro alla periferia della città, con un intervento di street art in cui la città e la comunità vengono coinvolte attivamente nella mostra in programma: dunque… teniamo gli occhi aperti!

Manu

 

 

 

Dürer e il Rinascimento tra Germania e Italia

Palazzo Reale, Piazza del Duomo 12, Milano

21 febbraio – 24 giugno 2018

Orari
Lunedì 14:30 – 19:30
Martedì – mercoledì – venerdì – domenica 9:30 – 19:30
Giovedì – sabato 9:30 – 22:30

Ingresso singolo intero con audioguida gratuita 12,00 €

Tutte le info sulla mostra: qui

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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