Pensieri in ordine (quasi) sparso: io e la (mia) salute…

Lo confesso: per quanto riguarda la salute, sono una persona molto fortunata.
Mi ammalo difficilmente e raramente: credo inoltre di avere una soglia di sopportazione del malessere piuttosto alta.
Quando ero una lavoratrice dipendente, incassavo ogni anno il cosiddetto premio presenza perché i miei giorni di assenza per malattia erano praticamente inesistenti.
Quest’inverno, per esempio, non ho avuto nemmeno un raffreddore, nonostante mio marito mi rimproveri di non coprirmi abbastanza. Non ha torto, in effetti: qualche anno fa, andavo a nuotare alle sette del mattino, prima di andare in ufficio, e uscivo dalla piscina con i capelli ancora bagnati, anche con la pioggia o con la neve. E senza cappello, naturalmente…
A volte, penso che qualcuno mi stia ripagando per tutti gli incidenti che ho subito da bambina. O, forse, quegli incidenti mi hanno temprata rendendomi più forte e donandomi una salute di ferro.
Recentemente, però, in occasione di una visita con il medico sportivo, quest’ultimo mi ha ventilato l’ipotesi di una cosa molto grave.
È stato un fulmine a ciel sereno e sono seguiti diversi controlli nonché visite specialistiche: ho covato tantissima ansia e, ogni volta in cui andavo a fare uno di quegli esami, mi sentivo come un’imputata in attesa di giudizio. Non ho memoria di un’altra volta in cui sia stata tanto in pensiero per la mia salute.
(Nota… folcloristica: nonostante tutto, però, non ho mai rinunciato ad affrontare le cose a modo mio e, anche per andare in ospedale, ho adottato tanta auto-ironia, come quella mattina in cui mi sono presentata con una collana di rossetti, come dimostra il selfie qui sopra, o come un’altra mattina in cui ho scelto una collana fluo. Altri pazienti mi guardavano come se fossi matta, le infermiere – divertite – mi hanno chiesto se i rossetti fossero veri. Sì, lo sono e la collana è un’altra opera di quel genio di Serena Ciliberti, anima di Sayang Ku. Mai perdere l’occasione di supportare il talento! 🙂 )
Tra attese varie e tempi tecnici, il tutto è durato esattamente tre mesi: per come è messa la sanità pubblica in Italia mi è andata benissimo, lo so, ma a me sono comunque sembrati mesi lunghissimi.
Durante questo periodo, ho taciuto la cosa a tutti con pochissime eccezioni: non ho detto nulla nemmeno ai miei genitori, non volevo si preoccupassero. Hanno già avuto la loro dose di preoccupazione quand’ero piccina e quando il fato si è accanito.
Mercoledì ho avuto l’ultimo responso, quello che ha chiuso la faccenda, per fortuna positivamente, ancora una volta. E oggi, potrei riassumere il tutto così: storia di come l’errata e fantasiosa diagnosi di un medico (non aggiungo aggettivi per lui, è meglio…) abbia fatto emergere una reale malattia (uffa, quanta fatica faccio a scrivere questa parola!) che comunque non è in nessun modo collegata all’errore originario.
Sì, perché alla fine qualcosa c’è e, sebbene mi abbiano rassicurata circa il fatto che questa cosa è innocua e che se ne starà lì buona buona senza ulteriori sviluppi, non mi piace affatto l’idea di averla dentro di me. Né è facile farci l’idea, anche se pare che, se non fosse stato per questa disavventura, probabilmente non l’avremmo neanche mai scoperta in quanto asintomatica.
Suppongo che, infine, mi ci abituerò, così come mi sono abituata a convivere con le cicatrici frutto di uno di quei miei incidenti d’infanzia.
Insomma, ho preso una bella paura e questo mi ha fatto riflettere su un paio di cose in particolare.
Prima riflessione: come ho scritto in principio, la salute è una fortuna, un privilegio, un dono. Avere salute non è un merito così come non averne non è una colpa, almeno in principio, almeno ai blocchi di partenza.
Le cose, poi, cambiano strada facendo, perché ci sono persone intelligenti che, avendo ricevuto tale dono, ne fanno tesoro e sono bravi ad averne cura; ci sono persone poco furbe, distratte o ingrate che lo sprecano o non lo rispettano; ci sono persone che non sono state molto fortunate ma che sanno ottimizzare e moltiplicare quel poco che hanno avuto.
Io sto in mezzo, tra i virtuosi e quelli che lo sono meno. Appartengo alla seconda categoria – quella dei poco furbi – quando esco dalla piscina con i capelli bagnati, per esempio, oppure quando non ammetto di essere stanca e rifiuto di fermarmi a riposare.
Mi rendo conto di quanto abbia contato sulla mia salute in questi anni: data per scontata o buttata via no, mai, questo no, ma a volte ne ho approfittato. L’ho considerata qualcosa su cui fare affidamento, un capitale sempre disponibile: sapevo che quel fronte non mi dava pensieri o problemi. Il ragionamento più o meno conscio era «tanto sto sempre bene» e così, alla fine, ho in realtà remato contro me stessa. Con poca furbizia.
Per fortuna (?), arriva qualcuno (un medico un po’ incompetente, stavolta l’ho scritto) o qualcosa (una prognosi inaspettata) in grado di far traballare le nostre (stupide) certezze e di scompaginare le nostre (sciocche) convinzioni: mai come oggi sono grata e conscia della salute – e della fortuna – avuta in tutti questi anni.
Seconda riflessione: le cose che capitano alle persone attorno a noi e soprattutto a coloro che amiamo a volte non bastano a farci comprendere la misura della nostra fragilità di esseri umani. Sentirsi invincibili è un attimo.
Lo dico perché ho visto diverse persone ammalarsi attorno a me, alcune anche estremamente vicine, eppure sembrerebbe che questo non mi abbia insegnato granché: ho dovuto scottarmi in prima persona, ho dovuto temere che fosse giunto il momento di rendere conto di certi comportamenti.
Ecco, ho condiviso i miei pensieri e aggiungo un’altra cosa: mi sono chiesta se scrivere e soprattutto se pubblicare questo post.
Poi mi sono detta che è proprio questa attitudine da Wonder Woman, questa attitudine a mostrarmi invulnerabile ad avermi condotta dove sono oggi, nel bene (essere indipendente) e nel male (nascondere piuttosto scrupolosamente ogni mia possibile debolezza per non annoiare il mio prossimo, per non far ricadere su nessuno questioni che reputavo solo mie, per non far preoccupare coloro che amo).
Beh, forse è giunto il momento di cambiare, almeno un po’: tengo l’istinto di indipendenza che è una gran bella cosa, ma magari evito di estremizzarlo e – talvolta – di fraintenderlo.
Scrivere è il modo attraverso il quale metabolizzo gioie e dolori; rendere il tutto pubblico attraverso il blog è diventato il canale espressivo che ho adottato da circa tre anni, mese più mese meno. Quindi, ho deciso che ci stava anche questo post che, in un certo senso, chiude un percorso.
E dopo questa esperienza, la prossima volta che non mi sentirò in forma, forse riuscirò finalmente a fare un vero favore a me stessa: fermarmi e riposare.

Manu

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

Glittering comments

angela pavese
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Adesso ho capito tutto.
Io avevo percepito che c’era qualcosa sai? In questi ultimi mesi ci siamo viste almeno tre volte e basta mi fermo qui.
Se no tu mi fai piangere sempre con i tuoi racconti veri.
Buona giornata bella bimba!

Manu
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… E tu fai piangere me, Angela cara.
Ma noi siano persone solari e dunque, una volta mandata giù l’emozione, asciughiamo le lacrime, ci stampiamo in volto un bel sorriso e andiamo avanti. Giusto?
Ti abbraccio forte,
Manu

florisa
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cara manu per fortuna tutto sembra risolversi e anche questa volta imparerai a fare gli sberleffi a questo tuo non più sconosciuto ospite che ti porti dentro da chissà quanto. Ecco..gli sberleffi servono..servono a destabilizzare la paura e i mostri che vorrebbero spaventarci e non farci più vivere. Noi non lo permetteremo ..non è nella nostra natura di Wonder Woman pret-a porter. Io ne ho ancora uno e quello che ho sfrattato si sta vendicando facendomi molto soffrire fisicamente, ma io non glielo faccio credere . oggi imbottita di antidolorifici e con i capelli lavati e messi in piega (da me..e ti lascio immaginare) guiderò una squadra di giovani stilisti che vede in me la madonna che li aiuterà a renderli visibili..Mi auguro anche io di vedere la madonna da qualche parte, intanto ho preparato tutto:la scaletta delle uscite, le musiche, trucco e parrucco, le motivazioni dei premi , l’elenco delle persone che potranno entrare nel back stage e il mio vestitino con tanto di collane exvoto. Spero di farcela soprattutto di non tossire e non disturbare, ma ho anche pensato se questo dovesse succedere ad un episodio di qualche anno fa. Ero andata ad assistere alla Butterfly e durante la famosa scena del coro a bocca chiusa si sentì per tutta la durata del brano il miagolio ( oltretutto a tempo) di un gatto che chissà come era entrato in teatro e si era nascosto fra le quinte. Alla fine del brano il direttore d’orchestra buttò nervosamente la bacchetta per aria e sparì per qualche minuto. Ci furono applausi a scena aperta per…IL GATTO!!! spero facciano altrettanto con me..cercherò di andare a tempo tossicchiando musicalmente. Un bacione grande amica capovolta

Manu
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Florisa, Florisa, Florisa: se non ci fossi bisognerebbe inventarti!
Nel tuo scritto c’è un tale concentrato di emozioni e colpi di genio…
Wonder Woman prêt-à-porter: ma da dove tiri fuori queste definizioni? Caspita, è assolutamente perfetta!
Poi: avrei voluto farmi piccola piccola ed essere con te al tuo evento di presentazione di giovani stilisti. So che – sicuramente – è stato tutto perfetto (incluso il tuo abito e le collane ex-voto) e quei giovani fanno bene a guardare a te come a una fonte di speranza, perché tu hai conoscenza e passione.
E infine cito una tua frase: “Gli sberleffi servono… servono a destabilizzare la paura e i mostri che vorrebbero spaventarci e non farci più vivere”. Cosa potrei aggiungere? Nulla, è perfetto così.
Ti bacio anch’io e ti stringo forte,
Manu
P.S.: stanotte mi piacerebbe sognare il gatto canterino appassionato di Madama Butterfly. So che mi sveglierei col sorriso 😉

Cristina
Reply

Cara Manu,
Leggo volentieri le tue riflessioni e mi soffermo sul passaggio che evidenza la necessità di provare in prima persona l’evento malattia per metabolizzare il fatto che non siamo invincibili.
Sia per vicende personali e professionali ho sempre dovuto confrontarmi con la sofferenza umana che rende fragili, vulnerabili ma che anche in grado di cambiarci nel profondo, di provocare una metamorfosi nel nostro modo di percepire gli eventi.Almeno per quanto mi riguarda l’esperienza del mio tumore ha portato a questo..non dico di essere oggi una persona migliore ma sono sicuramente più consapevole!
Come dici tu la salute non è un merito ma un enorme privilegio che a volte non siamo in grado di riconoscere.
Un abbraccio
Cri

Manu
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Oh, Cri, lo confesso: sono rimasta senza parole.
Ti ringrazio molto per avermi donato la tua personale esperienza e ti dico di aver provato una fitta di dolore alla parola “tumore”.
Ci siamo incrociate grazie alle infinite strade del web e, giorno dopo giorno, qui e su Instagram, conosciamo piccoli pezzi l’una dell’altra: ti apprezzo, moltissimo, e aver letto di questa tua esperienza forte mi ha dato un dispiacere.
Di te mi sono fatta l’idea di una persona forte, energica, positiva: non mi sbagliavo. Stupido tumore, non aveva possibilità di abbatterti.
Concludo esprimendo la tua stessa speranza: se la salute è un dono che a volte – scioccamente e colpevolmente – non siamo in grado di riconoscere, spero almeno che dopo le nostre esperienze (più o meno forti) saremo persone più consapevoli. Tu lo sei, di sicuro, io mi impegnerò a esserlo.
Un abbraccio immenso,
Manu

Paola
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Hai fatto bene a raccontarti così Emanuela, le tue riflessioni sono sempre profonde. E mai gratuite. Buona vita!

Manu
Reply

Grazie, Paola, con tutto il cuore.
Hai usato aggettivi – “profonde e mai gratuite” – che mi riempiono di gioia e gratitudine nei tuoi confronti: ti sono grata per aver capito che ciò che scrivo non vuole essere fine a sé stesso, giusto per fare una vetrina di me e della mia vita, ma è condiviso nella speranza che abbia un senso comune e che possa portare riflessioni, confronto, dialogo.
Buona vita a te, ricambio volentieri questo augurio meraviglioso.
Manu

PATRIZIA
Reply

23-03-2017
Ieri sera ti ho “scoperto” su Instagram e ,ovvio, mi hai subito colpito . Comunichi molto con il tuo stile così personale e libero . Da qui la voglia di conoscerti di più e curiosare sul tuo sito … La prima cosa che ho letto e’ questa tua riflessione ed è stato un essere catapultata in quel medesimo stato d’animo… in quel periodo in cui anch’io mi son trovata di fronte al nemico.. la bestia , lo chiamo io. Ne ho parlato anch’io pochissimo…forse con quattro persone al massimo mentre dopo , a cose risolte dopo un’operazione, ne ho parlato con tante donne ma solo per fornire delle informazioni su come muoversi e per evitare di passare attraverso la melma dell’incompetenza come è capitato a me. Questa esperienza mi ha indotto a fare le stesse tue riflessioni… e concordo pienamente sul fatto che l’attitudine da Wonder Woman e’ quella che ci salva , sempre, anche nei momenti davvero bui perchè ci regala l’arma del “distacco” ,anche un pò incosciente se vuoi, dalle cose negative per tenere lo sguardo sempre puntato sulle nostre passioni e sui nostri obiettivi. Un sorriso e un saluto . Patrizia G. (p.s. è molto bello leggerti !)

Manu
Reply

Patrizia carissima,
Per prima cosa permettimi di dirti che è un piacere conoscerti, sebbene virtualmente, diciamo così: è sempre un grande piacere nonché un onore accogliere una nuova amica qui in questo spazio.
A glittering woman nasce per questo, per uno scambio reale, autentico, sincero e dunque mi emoziono profondamente ogni volta in cui qualcuno coglie tale spirito e, a sua volta, mi apre il suo cuore e racconta parte del suo percorso: lo reputo un enorme privilegio che mi accordate.
Dunque ti ringrazio immensamente per la fiducia che mi hai dato raccontando la tua esperienza tosta: sono ancora più felice di conoscerti e ti dico BRAVA, a caratteri cubitali, per il tuo coraggio e per il tuo altruismo nel condividere facendo sì che altre donne evitino quella melma nella quale ti sei purtroppo trovata tuo malgrado.
Reputo molto bella anche la tua visione dell’attitudine da Wonder Woman come arma che garantisce una sorta di distacco; sì, mi piace! Hai ragione, forse è un po’ incosciente, almeno a volte, ma – come dici benissimo tu – ci aiuta ad allontanare la negatività e a focalizzarci su passioni e obiettivi.
Grazie anche per i complimenti circa lo stile personale (felice che arrivi questo!) e sul fatto che sia bello leggermi… mi fai davvero felice, credimi!
Bene, allora spero ci incontreremo ancora, qui o su Instagram.
Un grandissimo e caloroso sorriso anche da me, tutto per te, donna coraggiosa.
Con gratitudine,
Manu 🙂

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