Generation Paisley, al Mudec la bella mostra per i 50 anni di Etro

La moda ha molteplici piani di lettura – lo sa bene chi come me se ne occupa, studiandola o svolgendo un lavoro in questo ambito.

A legare ogni suo aspetto (da quello puramente estetico e di impatto visivo fino a quello fatto di suggestioni ed emozioni) è il forte potere comunicativo: la moda è a tutti gli effetti un linguaggio e racconta gli umori e i cambiamenti della società in cui viviamo, influenzandola e venendone a sua volta influenzata; è un fenomenale specchio dei tempi capace di raccontare chi siamo stati, chi siamo e chi saremo.

Proprio in tale ottica, si moltiplicano le mostre che raccontano la storia e le storie della moda: in Italia così come all’estero, sono spesso i grandi musei a mettere a disposizione i loro spazi e io che amo profondamente la moda e i suoi contenuti, io che ho l’onore di insegnare in Accademia del Lusso, scuola consacrata a formare i futuri professionisti della moda, non posso che essere felice di questo approccio culturale.

Com’è ben noto a tutti, settembre è uno dei mesi tradizionalmente consacrati alla presentazione delle nuove collezioni e, in occasione delle quattro principali Fashion Week (New York, Londra, Milano, Parigi), proprio per Accademia del Lusso e in particolare per il nostro ADL Mag, ho scritto un articolo collegando ogni città con alcune mostre dedicate alla moda.

Dalla passerella al museo, il passo è più breve di quanto si possa pensare: così, ho voluto raccogliere in un articolo tutta una serie di appuntamenti a mio avviso imperdibili: le fashion week dedicate alle collezioni donna per la primavera / estate 2019 (che hanno preso il via il 6 settembre a New York e che stanno volgendo al termine in questi giorni con Parigi) sono state ricche non solo di sfilate e presentazioni, ma anche di mostre e celebrazioni.

A rendermi particolarmente orgogliosa è il fatto che Milano – la mia città – si sia particolarmente distinta ospitando un numero davvero elevato di eventi: oggi, desidero parlarvi in dettaglio di una delle mostre menzionate in quel mio articolo, ovvero quella organizzata presso il Mudec, il Museo delle Culture di Milano, per festeggiare i 50 anni della casa di moda italiana Etro.

Il 22 settembre sono stata invitata all’anteprima per la stampa di Generation Paisley, la mostra che ripercorre appunto il mezzo secolo di vita della griffe, fondata nel 1968 da Gerolamo Gimmo Etro e che, attualmente, vede ai posti di comando la seconda generazione, rappresentata dai quattro figli: Jacopo nel ruolo di direttore creativo della parte accessori, pelletteria, casa e tessuti, Kean e Veronica a presidiare rispettivamente il menswear e il womenswear e infine Ippolito alla gestione strategica.

La locandina di <em><strong>Etro Generation Paisley</strong></em> e, sotto, la famiglia Etro in un bel ritratto
La locandina di Etro Generation Paisley e, sotto, la famiglia Etro in un bel ritratto

Il luogo e il tempo, le radici e la cultura: quella di Etro è una sedimentazione di idee, di segni e di esperienze che si traduce in oggetti del quotidiano; ogni abito e ogni accessorio sono il risultato di una ricerca anche antropologica che prevede uno sguardo visionario e consapevole.

L’avventura Etro nasce con la produzione di tessuti e si evolve inventando uno stile di moda dall’identità forte e immediatamente riconoscibile, come il Paisley, il motivo decorativo – detto anche cachemire o boteh – a forma di goccia allungata con la punta ricurva o arricciata.
Si tratta di un motivo antico, usato anche nell’arte dei tappeti, originario forse della Mesopotamia ed estremamente caratteristico dei Paesi orientali e pare sia giunto in Europa dall’India nel XVII secolo, diventando fonte d’ispirazione della moda e del tessuto: fu per esempio amatissimo da Joséphine de Beauharnais (1763 – 1814), moglie di Napoleone e icona dello stile Impero, che possedeva numerosi scialli con il motivo cachemire.
Riconosciuto come simbolo di fertilità e di lunga vita, il Paisley è diventato una costante e caratterizza l’intero lavoro di Etro e dà anche il titolo alla mostra.

E proprio come il misterioso quanto affascinante motivo decorativo, anche la mostra ha un respiro immaginifico e articolato: le fronde di un gigantesco albero accolgono il visitatore (qui in una mia foto), mentre una sorta di spina dorsale senza soluzione di continuità attraversa cinque stanze, costruendo un percorso attraverso una cinquantina di capi e tanti accessori appartenenti a diverse collezioni.

L’intera operazione risulta un’esperienza totalizzante grazie allo straordinario allestimento fatto di pareti ricoperte di tessuti, immagini iconiche, pubblicità, quadrerie, giochi di specchi che riflettono, moltiplicano e amplificano, effetti digitali e tridimensionali (fino ad arrivare a una stanza immersiva creata da Streamcolors, studio specializzato in arte digitale, grazie alla quale si può giocare a manipolare i fashion film della maison, in tempo reale e con vari effetti): il visitatore viene così immerso in un’atmosfera particolarissima, straniante eppure allo stesso tempo familiare, in un caleidoscopio emotivo che fa comprendere come per Etro il fattore culturale sia il principio fondante poiché la moda è sinonimo di sensibilità esistenziale e di contenuto prima ancora di essere forma.

Etro e lo sviluppo di alcuni motivi Paisley <em>(ph. courtesy ufficio stampa Etro)</em>
Etro e lo sviluppo di alcuni motivi Paisley (ph. courtesy ufficio stampa Etro)

L’esposizione – che si è data l’obiettivo, riuscendo a mio avviso a raggiungerlo, di evitare un’impostazione troppo didascalica, didattica o auto-celebrativa – è inoltre arricchita da alcuni pezzi delle collezioni personali dei componenti della famiglia Etro che sono grandi viaggiatori e intellettuali animati da diverse passioni: alcuni di questi pezzi interagiscono in una sorta di wunderkammer (qui e qui un paio di miei scatti) con le opere d’arte provenienti dalla collezione permanente del Mudec.

Questa è un modus operandi tipico del museo meneghino che, per ogni mostra che ospita, si impegna a creare un dialogo teso a valorizzare anche la propria collezione cercando di farla letteralmente vivere.

La scelta del Mudec come sede e partner della mostra non è dunque affatto casuale, visto che questo museo ha una forte vocazione interculturale e multidisciplinare, attestandosi come luogo d’incontro fra culture e comunità e alimentando un costante dialogo tra ambiti differenti (come ho raccontato in passato parlando delle mostre dedicate a Frida Kahlo e Amedeo Modigliani): dimostra, insomma, una sensibile apertura alle meraviglie del mondo e a tutti quei temi che distinguono anche Etro, dal proprio DNA fino alle sue collezioni.

Senza tema di smentita, posso affermare che Generation Paisley è una mostra suggestiva, incentrata sull’amore della famiglia Etro per il mondo tessile e per le fantasie, ma anche per le civiltà e per il viaggio, in Paesi vicini e lontani e perfino di fantasia: io me ne sono letteralmente innamorata perché è fatta molto bene ed è curata in modo perfetto, dell’allestimento fino alle soluzioni multimediali.

Vi prego, accettate un mio consiglio in qualità di appassionata di quella dimensione anche culturale della moda: se siete a Milano andate a vedere questa mostra aperta con ingresso gratuito fino al 14 ottobre.

Io ci tornerò con i miei studenti di Accademia del Lusso.

Manu

 

 

ETRO GENERATION PAISLEY

Mudec – Museo delle Culture
Via Tortona 56, Milano
Dal 23 settembre al 14 ottobre 2018
Ingresso libero

Qui trovate il sito del Mudec, qui la pagina Facebook, qui l’account Twitter e qui quello Instagram.

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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