Io penso positivo: da Peter Lindbergh a Meghan Markle passando per Vogue

Il lancio della cover e del numero di settembre di British Vogue con gli scatti di Peter Lindbergh attraverso l’account Instagram del magazine

Il primo pensiero che ha attraversato la mia testa quando ho appreso della scomparsa di Peter Lindbergh è stato «non posso crederci».

Non me l’aspettavo (non vi era alcuna voce che potesse far temere per la sua vita) e non posso credere che lui non ci sia più perché, come ha ben scritto il mio amatissimo amico e maestro Stefano Guerrini in un suo post, «Mr. Lindbergh ci ha lasciato e di nuovo, dopo Franca, Anna, Isabella, Karl, sento che il mondo dal quale sono stato attratto e che mi ha fatto sognare è finito».

Franca, Anna, Isabella, Karl sono Franca Sozzani, Anna Piaggi, Isabella Blow, Karl Lagerfeld, ovvero alcune delle sue (e delle mie) icone in un mondo – quello della moda – sempre più orfano di personalità magari un po’ ingombranti ma indubbiamente straordinarie e sempre più pieno, invece, di personaggi vacui che fondano la loro celebrità su un’apparenza priva di qualsiasi spessore.

Alla luce di tutto ciò, capisco che una domanda potrebbe attraversare i pensieri di chi sta leggendo queste parole: «perché stai allora intitolando questo post ‘Io penso positivo’? Come si sposano la positività e la scomparsa di un grande fotografo?».

Avete tutte le ragioni per farvi (e farmi) questa domanda e io desidero rispondervi: non voglio che la tristezza vinca, non voglio salutare Peter Lindbergh tra le lacrime, non voglio che il legittimo cordoglio prevalga sullo straordinario lascito e sulla preziosa lezione che ci ha regalato attraverso il lavoro e il pensiero di tutta una vita.

E non voglio in fondo pensare che quel certo mondo tanto amato da Stefano e da me sia davvero finito.

Desidero invece rendergli omaggio con un post che, in realtà, era in programma già prima delle vacanze estive per raccontare quello che ora è diventato uno degli ultimi lavori di Peter Lindbergh, ovvero la copertina del numero di settembre di British Vogue intitolato ‘Forces for Changes’ e che vede come guest editor Meghan Markle, Sua Altezza Reale la Duchessa di Sussex.

Il post era già in programma, ebbene sì, e infatti, dopo l’incredulità, il secondo pensiero che mi ha attraversato la testa è stato «la vita sa essere davvero beffarda, strana, ironica».

In realtà, nel mio pensiero c’era un altro aggettivo vicino a questi: non so se posso scriverlo, ma credo possiate immaginarlo…

Beffarda, strana, ironica: la vita intreccia le sue trame senza chiederci il permesso e senza considerare i nostri sogni, desideri, progetti.

Non credo che Peter Lindbergh potesse immaginare di mancare proprio mentre le edicole si riempiono della sua ultima copertina né ci avevo pensato io quando nella programmazione editoriale di settembre del blog avevo inserito un post dedicato ai cambiamenti positivi che – secondo me – devono essere spinti dalla stampa e dai personaggi pubblici.

Non sono l’unica a pensarlo, evidentemente, visto che British Vogue ha preparato un september issue (il nome che viene dato al numero di settembre delle varie edizioni della rivista) alquanto particolare e inconsueto.

La copertina del numero più prestigioso e atteso dell’anno non è dedicato alla top model del momento né alla celebrità di turno: il magazine ha ottenuto l’inedita collaborazione di Sua Altezza Reale Meghan Markle, moglie del Principe Harry, Duca di Sussex, per realizzare un numero che è stato appunto intitolato ‘Forces for changes’ e che si focalizza su figure femminili definite ‘changemakers’, ovvero portatrici di messaggi di cambiamento e inclusività in vari modi, vari settori e varie direzioni.

In copertina compaiono i ritratti di 15 donne e indovinate chi li ha realizzati? Peter Lindbergh.

Tra le 15 donne figurano il Primo Ministro della Nuova Zelanda Jacinda Ardern, la giovane ambientalista Greta Thunberg, l’attrice, produttrice e attivista Lgbtqia+ Laverne Cox, la star del cinema e attivista Jane Fonda, la modella e attivista Adwoa Aboah, la modella ed ex rifugiata Adut Akech, l’attrice, produttrice e sostenitrice delle donne Salma Hayek, la modella e attivista Christy Turlington.

La cover riserva inoltre un riquadro specchiato dedicato a tutte noi lettrici che potremo così sentirci parte del gruppo di ‘changemakers’ chiedendoci quale possa essere il nostro ruolo nel cambiamento.

Meghan Markle, nel ruolo di guest editor, non compare in copertina: all’interno del numero è invece presente una sua intervista con l’ex First Lady americana Michelle Obama. Il numero contiene inoltre un’intervista in cui il Principe Harry discute con Jane Goodall, etologa e antropologa inglese.

Peter Lindbergh ha dato il suo prezioso contributo con i 15 splendidi ritratti che rispecchiano in pieno il suo stile che è stato spesso definito ‘cinematografico’ e che ha privilegiato scatti in bianco e nero.

Ed è stata proprio questa la rivoluzione che Lindbergh ha portato nella fotografia di moda: uno sguardo diverso sulla donna, attuato sovvertendo gli stereotipati standard della bellezza e facendo a meno di foto-ritocchi e fronzoli, con lo styling ridotto al minimo, privilegiando invece vulnerabilità e imperfezioni allo scopo di tirare fuori l’anima di chi aveva davanti. Per questo motivo perfino il nudo non era per lui mai fine a sé stesso.

L’iniziativa di British Vogue e la collaborazione con Meghan Markle, la tematica scelta e i ritratti meravigliosi realizzati da Peter Lindbergh: tutto ciò a me sembra semplicemente meraviglioso ed era ciò che avevo programmato di raccontare, uno straordinario segno dei tempi che cambiano e si evolvono, per fortuna.

Ammetto che, nel frattempo, mi è capitato di leggere qualche aspra critica riguardo il fatto che un membro della famiglia reale inglese si metta a fare il guest editor di una rivista: non voglio scendere nel merito dell’etichetta reale della quale non sono certo un’intenditrice, ma desidero sottolineare come secondo me sia positivo che anche la monarchia si evolva.

Non trovo affatto sconveniente che Meghan si sia interessata al cambiamento e a come le donne possano esserne fautrici: al contrario, trovo che il suo sia un gesto nobile quanto indossare una tiara e lo trovo assolutamente in linea con quello che, sempre secondo me, dovrebbe essere un buon personaggio pubblico con un efficace ruolo sociale e politico, ovvero essere un rappresentante dei tempi in cui vive e un portavoce di argomenti positivi.

Prova della sua reale intenzione di impegnarsi in tal senso è il fatto che, durante l’imminente London Fashion Week, Meghan presenterà anche la sua prima capsule collection creata in collaborazione con l’amica designer Misha Nonoo: la linea di abbigliamento, dedicata alla donna che lavora, ha un obiettivo charity importante, sostenere un’organizzazione di beneficenza che si chiama Smart Works e che aiuta le donne disoccupate.

Ho accennato alle polemiche solo per dovere di cronaca (d’altro canto anche Lady Diana, oggi universalmente e giustamente amata e ricordata, fu soggetto di feroci critiche quand’era ancora in vita) ma desidero tornare a concentrarmi con forza ed energia sul messaggio positivo che Vogue e Meghan vogliono dare.

La precisa volontà di Vogue (e dell’editore Condé Nast) si evince non solo dall’edizione britannica: molti dei numeri di settembre ora in edicola sono legati tra loro da un comune filo rosso che sembra creare un grande disegno univoco e comune tra le varie edizioni della rivista.

La modella australiana di origini sudanesi Adut Akech che ho già menzionato come una delle 15 donne immortalate da Peter Lindbergh per British Vogue è la protagonista di ben 5 september issue di Vogue e appare anche sulla copertina dell’edizione tedesca, australiana, giapponese e italiana (che è doppia).

Proprio parlando di Vogue Italia, mi fa piacere sottolineare anche la tematica scelta dal direttore Emanuele Farneti: ‘Words matter’ ovvero le parole contano, hanno importanza e devono avere valore.

Naturalmente a me, persona che ripone grande fiducia nella parola, questo tema non può che dare grande gioia, ignorando chi vuole che la comunicazione verbale sia morta.

Cambiamento e apertura al cambiamento, diversità, inclusività, women empowerment, sostenibilità: ringrazio Vogue per continuare a diffondere questi messaggi e valori (come ben fece la nostra Franca Sozzani) e ringrazio Peter Lindbergh per essere stato parte attiva di tutto ciò, collaborando per lunghi anni con riviste (non solo di moda) che si sono mosse nella stessa direzione.

Ecco perché, oggi, non voglio salutare il grande fotografo con tristezza ma con gioia, ottimismo e positività: ecco perché non ho voluto cambiare il titolo del mio post né gran parte del suo contenuto.

Perché ‘Forces for Changes’ rappresenta un epilogo estremamente rappresentativo della vita di Lindbergh, spesa a servire la bellezza senza mai perdere di vista il senso, l’etica, la responsabilità, la concretezza che devono esserci dietro l’apparenza.

E perché, tenendo in mano il mio numero di British Vogue e vedendomi in quel piccolo riquadro specchiato, so cosa desidero vedere riflesso: una donna che pensa in positivo e che, pur nel suo piccolo, fa la sua parte.

Una donna che fa qualcosa perché vinca la bellezza in ogni sua forma ed espressione; che fa qualcosa perché a trionfare siano contenuti e cultura; che fa qualcosa perché le parole contino e non facciano male; che fa qualcosa perché uomini e donne vivano fianco a fianco, nel rispetto reciproco, considerando la diversità non come limite ma come ricchezza e valore aggiunto e rispettando questo pianeta che è la nostra sola casa.

Ciao Peter e grazie

Manu

 

 

Concludo con un po’ di link…

Prima di tutto, ecco alcuni omaggi a Peter Lindbergh che ho particolarmente apprezzato e che ben lo raccontano: in italiano, quello di Fashion Network, quello di Elle Decor e quello di Fashion Magazine; in inglese, il tributo reso da British Vogue attraverso le voci di tante donne che il fotografo ha immortalato.

Aggiungo l’omaggio Instagram del mio amico e maestro Stefano Guerrini che ho citato in principio e il cordoglio espresso da Meghan Markle attraverso un post pubblicato via Sussex Royal, account Instagram ufficiale dei Duchi di Sussex. Cito: «The Duchess of Sussex had worked with Peter in the past and personally chose him to shoot the 15 women on the cover for the September issue of British Vogue, which she guest edited. There is no other photographer she considered to bring this meaningful project to life.»

Non posso fare a meno di lasciare il link al sito di Peter Lindbergh e al suo account Instagram ufficiale.

Se volete saperne di più del progetto charity di Meghan Markle, date un occhio qui.

Mi fa piacere anche lasciare il link dell’editoriale con cui Emanuele Farneti, direttore di Vogue Italia, presenta il numero di settembre 2019 intitolato ‘Words matter’ come ho raccontato qui sopra perché – anche per un giornale d’immagine quale è Vogue Italia – le parole sono importanti: «perché la moda, e Franca Sozzani l’ha capito prima di ogni altro, non è un contenuto, è un linguaggio e ha senso nella misura in cui viene utilizzato per trasmettere valore», scrive Farneti. E se lo dice lui…

E a proposito di Franca Sozzani, Anna Piaggi e Karl Lagerfeld citati in principio di questo post come icone mie e di Stefano Guerrini, mi fa piacere tornare a condividere anche i miei omaggi a queste personalità straordinarie (rispettivamente qui, qui e qui).

 

 

 

 

 

A glittering woman è anche su Facebook | Twitter | Instagram

 

Sharing is caring: se vi va, qui sotto trovate alcuni pulsanti di condivisione

 

 

 

 

 

Spread the love

Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

Lascia un commento

Nome*

email* (not published)

website

error: Sii glittering... non copiare :-)