Daniele Tamagni Style Is life ovvero quando lo stile diventa vita e identità

Palazzo Morando, il Museo milanese dedicato a Costume, Moda e Immagine, sta attualmente ospitando la mostra intitolata Daniele Tamagni Style Is life.

Si tratta della prima grande retrospettiva dedicata al fotografo milanese prematuramente scomparso nel 2017 a soli 42 anni. La mostra è curata da Aïda Muluneh e Chiara Bardelli Nonino ed è promossa e organizzata dalla Daniele Tamagni Foundation in collaborazione con il Comune di Milano.

Gli scatti di Tamagni che ritraggono le subculture metropolitane hanno fatto il giro del mondo. E, grazie al suo talento, Daniele è stato il vincitore di prestigiosi premi internazionali. Cito il Canon Young Photographer Award nel 2007, l’ICP Infinity Award nel 2010 e il World Press Photo Award nel 2011.

Ma Tamagni è stato un fotografo rilevante ben oltre i premi che ha vinto. È stato rilevante perché il suo sguardo innovativo (e sensibile) ha ben amalgamato fotogiornalismo, fotografia di strada e moda in uno stile che è diventato la sua cifra caratteristica.

L’esposizione di Palazzo Morando presenta un’ampia selezione di reportage realizzati in sette anni di produzione e resterà aperta fino al 1° aprile 2024. In mostra ci sono 90 fotografie, tra cui alcune del tutto inedite. Grazie alla sapiente regia delle curatrici, viene quindi offerta un’ottima panoramica dei suoi lavori più importanti.

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Juergen Teller e il bisogno di vivere in mostra alla Triennale di Milano

Ieri, presso quel luogo meraviglioso che è la Triennale di Milano, è stata inaugurata una mostra importante dedicata al fotografo tedesco Juergen Teller.

Aperta al pubblico da oggi, sabato 27 gennaio, la mostra si intitola Juergen Teller i need to live ed è curata da Thomas Weski, autorevole esperto in ambito fotografia e arti visive, in collaborazione con lo stesso Juergen Teller e con Dovile Drizyte, moglie nonché partner creativa del fotografo.

Dopo essere stata presentata al Grand Palais Éphémère di Parigi (dal 16 dicembre 2023 al 9 gennaio 2024), l’esposizione arriva ora a Milano. È la più ampia retrospettiva finora dedicata al lavoro di Teller e infatti attraversa il suo intero percorso dalla prima metà degli Anni Novanta fino a oggi.

Classe 1964, Juergen Teller è considerato uno dei nomi di riferimento nel panorama della fotografia internazionale. È molto apprezzato nell’ambito della fotografia commerciale come in quello dell’arte contemporanea. È noto in tutto il mondo per i suoi ritratti molto schietti di personaggi celebri, per gli editoriali di moda provocatori e per le originali campagne realizzate per vari stilisti.

La mostra, realizzata con il supporto di Saint Laurent by Anthony Vaccarello, presenta oltre 1000 opere e riunisce lavori personali, opere su commissione, immagini note, nuove serie fotografiche e video installazioni. La selezione delle opere è in parte differente rispetto a quella del Grand Palais Éphémère e si tratta quindi a tutti gli effetti di un progetto espositivo inedito, progettato per gli spazi di Triennale Milano. Leggi tutto

Bibbiena è città della fotografia con la Galleria Permanente a cielo aperto

Ricevo e volentieri condivido – Bibbiena, bel comune della provincia di Arezzo in Toscana, diventa ora anche la Città della Fotografia grazie alla Galleria Permanente a cielo aperto, un’installazione diffusa che comprende 48 opere di grandi dimensioni dei più importanti autori della fotografia italiana.

Bibbiena è un comune decisamente ricco di testimonianze del passato medioevale e dell’epoca moderna nonché il principale centro del Casentino, splendida valle di alto pregio paesaggistico, naturale e storico.

La Galleria Permanente aggiunge ulteriore valore a tutto ciò, andando a diventare un ulteriore motivo per visitare questo incantevole angolo di Toscana.

Le foto sono collocate sulle facciate dei palazzi e lungo le mura dell’antico borgo e, naturalmente, la loro fruizione è accessibile a tutti gratuitamente.

Bellezza, valore, talento, cultura, storia, accessibilità: sono sei parole magiche che raccontano perché ho immediatamente deciso di dare spazio a questa notizia.

Qui sotto potete leggere tutti i dettagli, dai titoli di alcune delle opere esposte fino ai nomi di chi ha reso possibile tutto ciò. Leggi tutto

Bob Krieger, il grande fotografo che io ricorderò anche per la sua simpatia

«Stamattina ho avuto il piacere di conoscere e ascoltare Bob Krieger in occasione dell’anteprima stampa della mostra che Palazzo Morando gli dedica.
Ed è così che ho scoperto qualcosa che non sapevo: oltre a essere un grande fotografo, uno dei fotografi che più hanno influenzato moda e costume a partire dagli Anni Sessanta (e questa parte mi era nota), ho scoperto che Krieger è anche un uomo simpatico, brillante e appassionato, davvero piacevolissimo da ascoltare, generoso quanto ad aneddoti ed esperienze.
Sono felice ogni volta in cui scopro che una persona nota è umile e non arrogante come invece sono molti anche senza essere conosciuti a livello mondiale…
E così, la cartelletta stampa con l’autografo e la dedica di Bob Krieger resterà tra i miei ricordi più cari.»

Sono le parole che ho scritto il 7 marzo 2019 dopo la conferenza stampa grazie alla quale ho avuto l’immenso onore di conoscere Bob Krieger.

Quando giovedì sera ho appreso della sua scomparsa… ero incredula.
L’ennesima scomparsa, l’ennesimo vuoto, l’ennesimo lutto per il mondo e non per quello della cultura, ma per l’intera umanità.

Silenziosa e pensierosa, gli do allora il mio saluto condividendo le foto che avevo realizzato quella mattina in occasione della conferenza stampa e dell’anteprima nonché riportando parte dell’articolo che avevo scritto per ADL Mag per raccontare la bella mostra di Palazzo Morando… Leggi tutto

Il Mudec di Milano ospita la (splendida) mostra ‘Elliott Erwitt – Family’

Avere l’opportunità di ascoltare grandi uomini e grandi professionisti: credo sia una delle esperienze migliori delle quali si possa godere ed è ciò che ho pensato martedì 15 ottobre mentre ascoltavo – con immensa emozione – Elliott Erwitt, grandissimo fotografo e autentica icona.

Ma voglio procedere con ordine, senza far prevalere l’emozione.

Se ho avuto l’opportunità di ascoltare Erwitt è perché il Mudec ovvero il Museo delle Culture di Milano (e in particolare Mudec Photo, la sezione fotografica) ospita per l’autunno 2019 il lavoro – lungo una vita – di questo straordinario artista che ha fatto la storia fotografica del XX e XXI secolo.

La mostra ‘Elliott Erwitt – Family’ presenta 60 scatti che per il grande fotografo americano (91enne, classe 1928) meglio rappresentano le sfaccettature di un concetto oggi più che mai impossibile da racchiudere in definizioni troppo strette – quello della famiglia.

La raccolta fotografica (selezionata dallo stesso Erwitt e da Biba Giacchetti, bravissima curatrice) alterna immagini ironiche a spaccati sociali, matrimoni nudisti, famiglie allargate o molto singolari, metafore e finali ‘aperti’ a discrezione di chi osserva.

La mostra è aperta al pubblico dal 16 ottobre 2019 al 15 marzo 2020 (AGGIORNAMENTO 14/02/2020 – PROROGATA FINO AL 29/03/2020) ed è promossa dal Comune di Milano-Cultura e da 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE (che ne e anche il produttore) in collaborazione con Sudest57. Vede inoltre il contributo di Lavazza – main sponsor dello spazio Mudec Photo – sposandone in pieno l’impegno nel mondo della fotografia portata avanti fin dal 1993 attraverso il Calendario Lavazza, progetto grazie al quale la notissima azienda racconta storie e descrive una società sempre più globale prendendo in prestito gli occhi e lo sguardo dei più grandi maestri contemporanei dell’arte della fotografia. Leggi tutto

Io penso positivo: da Peter Lindbergh a Meghan Markle passando per Vogue

Il lancio della cover e del numero di settembre di British Vogue con gli scatti di Peter Lindbergh attraverso l’account Instagram del magazine

Il primo pensiero che ha attraversato la mia testa quando ho appreso della scomparsa di Peter Lindbergh è stato «non posso crederci».

Non me l’aspettavo (non vi era alcuna voce che potesse far temere per la sua vita) e non posso credere che lui non ci sia più perché, come ha ben scritto il mio amatissimo amico e maestro Stefano Guerrini in un suo post, «Mr. Lindbergh ci ha lasciato e di nuovo, dopo Franca, Anna, Isabella, Karl, sento che il mondo dal quale sono stato attratto e che mi ha fatto sognare è finito».

Franca, Anna, Isabella, Karl sono Franca Sozzani, Anna Piaggi, Isabella Blow, Karl Lagerfeld, ovvero alcune delle sue (e delle mie) icone in un mondo – quello della moda – sempre più orfano di personalità magari un po’ ingombranti ma indubbiamente straordinarie e sempre più pieno, invece, di personaggi vacui che fondano la loro celebrità su un’apparenza priva di qualsiasi spessore.

Alla luce di tutto ciò, capisco che una domanda potrebbe attraversare i pensieri di chi sta leggendo queste parole: «perché stai allora intitolando questo post ‘Io penso positivo’? Come si sposano la positività e la scomparsa di un grande fotografo?».

Avete tutte le ragioni per farvi (e farmi) questa domanda e io desidero rispondervi: non voglio che la tristezza vinca, non voglio salutare Peter Lindbergh tra le lacrime, non voglio che il legittimo cordoglio prevalga sullo straordinario lascito e sulla preziosa lezione che ci ha regalato attraverso il lavoro e il pensiero di tutta una vita.

E non voglio in fondo pensare che quel certo mondo tanto amato da Stefano e da me sia davvero finito.

Desidero invece rendergli omaggio con un post che, in realtà, era in programma già prima delle vacanze estive per raccontare quello che ora è diventato uno degli ultimi lavori di Peter Lindbergh, ovvero la copertina del numero di settembre di British Vogue intitolato ‘Forces for Changes’ e che vede come guest editor Meghan Markle, Sua Altezza Reale la Duchessa di Sussex.

Il post era già in programma, ebbene sì, e infatti, dopo l’incredulità, il secondo pensiero che mi ha attraversato la testa è stato «la vita sa essere davvero beffarda, strana, ironica». Leggi tutto

A loving tribute to the great photographer Bill Cunningham

Bill Cunningham alla sua scrivania nella redazione del New York Times

Ho saputo della morte di Bill Cunningham navigando su Instagram: era circa l’una di notte di sabato scorso, la notizia era appena trapelata e il social network si è rapidamente riempito di foto in suo ricordo.
Mi si è gelato il sangue perché quest’uomo di 87 ani era uno dei miei miti. Non solo per quanto riguarda la moda, ma molto più in generale.
Quella notte, ho spento la luce attorno alle tre: non mi davo pace e forse speravo fosse uno scherzo di pessimo gusto.
Non lo era e oggi, a distanza di una settimana, desidero rendere omaggio a questo grande uomo, un piccolo tributo un po’ più organizzato delle prime parole da me pubblicate su Instagram quella notte.

Sebbene non abbia bisogno di presentazioni – e tanto meno della mia – desidero raccontare alcune cose a proposito di Bill Cunningham.
Era nato nel 1929 ed è stato uno dei più famosi fotografi di moda americani: per 40 anni ha realizzato fotografie e ha commentato le nuove tendenze sia delle passerelle sia delle strade dalle pagine del New York Times.
Aveva iniziato la sua carriera disegnando e realizzando cappelli, una passione nutrita fin da bambino, poi iniziò a lavorare come giornalista di moda per Women’s Wear Daily (WWD) dove però litigò con il direttore John Fairchild su chi fosse il migliore stilista tra Yves Saint Laurent e André Courrèges. Fairchild propendeva per Saint Laurent e Mr. Cunningham volle mantenere la sua libertà: non accettò che gli fosse impedito di scrivere di Courrèges e dunque lasciò WWD.
In seguito, collaborò con il Chicago Tribune e con la rivista Details: nel 1966, il fotografo David Montgomery gli portò una macchina fotografica da pochi dollari dicendogli di usarla come se fosse un taccuino per appunti. Bill Cunningham lo prese in parola.
La collaborazione con il New York Times iniziò negli anni ’70 e nel 1978 ottenne una rubrica tutta sua: senza sapere chi fosse, fotografò una donna in strada. La donna aveva attirato la sua attenzione per una stola di pelliccia di nutria: era l’attrice Greta Garbo, allora 73enne, e quello scatto fu il punto di partenza della rubrica On the street.
Bill Cunningham era anche considerato un simbolo della città di New York: poteva infatti capitare di vederlo scattare foto ai passanti perché frequentava sì le sfilate e le cene di gala (alle quali si recava solo per lavorare e mai per prenderne parte, come racconta anche Jacob Bernstein in un bellissimo articolo per il New York Times) ma frequentava anche e soprattutto le strade cittadine dove fotografava chiunque indossasse qualcosa di bello.
Nel mondo della moda – un mondo bizzarro, occorre ammetterlo, e spesso con leggi tutte sue – era noto a tutti ed era molto apprezzato nonostante avesse un carattere schivo e vivesse in modo isolato, caratteristica che di solito non aiuta chi voglia lavorare in tale ambito.
Pensate che Anna Wintour, direttrice di Vogue, ha più volte detto “We all get dressed for Bill”, ovvero “Ci vestiamo pensando a Bill”. Lei, la temutissima imperatrice della moda.

Sul New York Times, Bill Cunningham aveva due rubriche, quella che ho già citato, ovvero On the Street, e Evening Hours.
La prima raccoglieva fotografie scattate per le strade di New York e assemblate in modo tale da mostrare le ultime tendenze da lui individuate; l’altra rubrica era invece dedicata alla vita mondana newyorkese. Leggi tutto

Hunger issue 5: Rankin e i suoi Rivoluzionari

Non è un mistero per coloro che mi conoscono: detesto cordialmente convenzioni, conformismo, omologazione.
Odio le cose tipo “facciamolo perché lo fanno tutti”.
Fin da ragazzina, la mia ammirazione è sempre andata agli eroi al contrario, a quelli che hanno avuto il coraggio di sovvertire i sistemi e di buttare all’aria le regole preconfezionate e obsolete.
Sono quindi molto felice di annunciare che Hunger, rivista che ammiro, dedica la sua prossima uscita al concetto di rivoluzione.

The Hunger è una rivista semestrale creata dal fotografo, regista, editore britannico Rankin.
Lanciata nel novembre 2011, Hunger vuole fornire una nuova piattaforma espressiva a tutti coloro che possiedono uno spirito creativo, con la finalità di produrre innovazione e senza scendere a compromessi.
Tramite una serie di collaborazioni con talenti emergenti del mondo dell’arte, della moda e dell’editoria, Hunger è alla costante ricerca del progresso culturale e dell’originalità.
La rivista è affiancata da Hunger TV, un sito web innovativo, ricco di video, interviste, approfondimenti e film correlati agli articoli della rivista, oltre a una serie di articoli su altri personaggi famosi e anteprime dei numeri futuri.
Ho già dedicato un precedente post a Hunger, a Rankin e a un suo video che ha visto protagoniste la modella Cara Delevingne e la cantante Rita Ora (potete rileggerlo qui). Leggi tutto

Cara Delevingne e Rita Ora: il video Facemelt – The Remix per Hunger TV

Lo confesso subito: ho un grande debole per Cara Delevingne.

Penso che Cara sia una delle poche – se non l’unica – tra le giovani top model a poter far rivivere i fasti degli Anni Ottanta, quando le modelle erano le protagoniste quasi assolute: non possiede solo fisico e portamento, ma anche carisma e carattere.

Inoltre non ha paura di giocare con la sua immagine e non è ossessionata dalla mania di apparire sempre perfetta come invece accade ad altre sue colleghe: fa le smorfie, scherza, è ironica.
Non si crede una dea irraggiungibile.

Ecco perché mi sono subito incuriosita quando un’amica da Londra mi ha segnalato l’anteprima di un video in cui appare Cara.
E che video: parliamo di un progetto di Rankin, fotografo nonché Editor in Chief della rivista The Hunger.
Insomma, due talenti squisitamente britannici che si incontrano. Leggi tutto

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