Romeo Gigli Eyewear, dal vero acetato fino a Lucio (e Giulia) Stramare

Mi fa piacere raccontare che, la scorsa settimana, sono stata presso il punto Vision Ottica di viale Vittorio Veneto a Milano per un gradito invito, ovvero l’evento organizzato per il lancio della nuova collezione Romeo Gigli Eyewear.

L’invito risultava per me di doppio interesse, dal punto di vista professionale (come sapete, mi occupo principalmente di moda e Romeo Gigli è uno stilista che amo) e dal punto di vista personale (ho già confessato di essere miope da sempre, ahimè, per giunta con una punta di astigmatismo).

Ho anche già confessato di avere un rapporto ambivalente con gli occhiali, ovvero nutro grande passione per quelli da sole che reputo fondamentali per via dei miei occhi abbastanza chiari e, al contrario, ho un certa antipatia per quelli da vista ai quali preferisco di gran lunga le lenti a contatto; naturalmente, sono in ogni caso un accessorio assolutamente fondamentale per me, anzi più uno strumento che un accessorio, e a maggior ragione non resto indifferente se si parla di montature interamente realizzate in Italia con metodi che coniugano tradizione e innovazione.

Ma, prima di arrivare a questo, vorrei soffermarmi su un’altra questione che ha catturato la mia attenzione in occasione dell’evento di presentazione.

Nel momento della scelta di un nuovo paio di occhiali, moltissime persone (e non mi chiamo certo fuori da ciò, anzi, prendo me stessa come esempio) dividono le montature in due macro categorie, quelle in metallo e quelle in acetato, ma in realtà la suddivisione non è così semplice, in particolare per quanto riguarda le seconde.

L’acetato di cellulosa (celluloide in ambito occhialeria) è un materiale che possiamo definire nobile poiché è un polimero bioderivato che ha origine dalle fibre residue del cotone.

Inizialmente l’acetato è servito soprattutto a riprodurre prodotti naturali quali la tartaruga o il legno, mentre oggi permette infinite declinazioni di colori, trame, motivi.

È per questa sua versatilità che è un materiale molto amato dai designer di occhiali e non è un caso che, insieme al metallo, principalmente acciaio e titanio, la celluloide risulti ampiamente utilizzata in occhialeria: naturalmente, oggi esistono ulteriori materiali, cito tra tutti legno e bambù come anche poliammide e policarbonato.

Bisogna anche sottolineare che l’acetato conserva intatte nel tempo lucentezza e vivacità dei colori e che, correttamente maneggiata da un esperto (l’ottico), una montatura in tale materiale può essere all’occorrenza manipolata.

Riscaldandola nei punti giusti, può essere adattata al viso di una persona allo scopo di definire la calzata alla perfezione: pensate, per esempio, alle aste e alla loro incurvatura dietro il nostro orecchio.

Uno scatto che ho realizzato il 20 aprile all’evento di lancio Romeo Gigli Eyewear
Uno scatto che ho realizzato il 20 aprile all’evento di lancio Romeo Gigli Eyewear

Tutto ciò mi riporta alla questione che mi sta a cuore: troppo spesso viene spacciato per acetato ciò che non è esattamente acetato e questa cosa, naturalmente, non mi piace.

Sì, sto affermando che – approfittando della conoscenza non approfondita di noi consumatori – si tende a equiparare gli occhiali in celluloide a quelli in iniettato.

Che cosa significa e che differenza c’è?

Per le montature in celluloide si parte da una lastra in acetato di cellulosa, cosa che consente di ottenere un occhiale resistente e stabile.

Esiste però un altro metodo, ovvero si può utilizzare un composto in granuli (sempre un polimero) che viene liquefatto ad alte temperature e quindi stampato a iniezione: conseguentemente, in questo secondo caso, la definizione da usare deve essere appunto quella di montature in iniettato.

Sia ben chiaro, non sto affatto condannando questo metodo perché anche le montature in iniettato offrono vantaggi: per esempio, il materiale è facilmente lavorabile e risulta più economico rispetto all’acetato.

Ed è proprio qui il nocciolo della questione.

Se la lavorazione è più economica, tale dovrebbe essere anche il prezzo finale: per questo non gradisco che alcuni marchi (anche molto prestigiosi…) non siano chiari nel differenziare acetato e iniettato che non possono e non devono essere usati come sinonimi o come termini interscambiabili poiché tecnicamente non lo sono e non dovrebbero pertanto assomigliarsi nemmeno quanto a prezzo.

Si fa presto a dire acetato – potrei parafrasare – ma non è così e se compro una montatura in iniettato voglio essere conscia di questo, semplicemente; rincaro la dose, non voglio essere indotta in confusione da brand prestigiosi che, forti del loro nome, giocano con termini usati non propriamente, definendo tutto come acetato anche quando è iniettato.

Ora lo so e lo sapete anche voi, cari amici, e d’ora in poi chiederò e chiederemo conto ma… che delusione (riflessione… e poi si addita il sistema fast fashion… fossero solo loro a generare confusione… e occhio perché, anche se si chiede, non è detto che si riceva la risposta corretta).

Mi spingo oltre e approfondisco ulteriormente.

Il processo di creazione dell’acetato per occhiali è complesso: il cotone deve essere essiccato, macinato, miscelato con acido acetico e colorato.

Si ottengono quindi delle lastre grezze che vengono tagliate da frese, ridotte allo spessore desiderato e sagomate per formare aste e frontali semilavorati: vengono quindi inserite un’anima in metallo nelle aste (per renderle più rigide e resistenti) nonché le cerniere che collegano frontale e aste.

Le montature sono quindi pronte per passare alla fase successiva, la burattatura, ovvero il trattamento di bellezza che elimina le imperfezioni, levigando e rendendo brillanti le superfici di frontali e aste. Naturalmente, il trattamento di burattatura si applica anche alle montature in iniettato.

Una volta terminata la burattatura, gli occhiali in acetato e in iniettato sono infine pronti per passare alla finitura, anzi, in verità quelli in iniettato devono prima passare attraverso un altro passaggio, ovvero dalla verniciatura – ed ecco un’altra grande e sostanziale differenza.

Oltre al fatto che l’iniettato necessita della verniciatura in fase finale, aggiungo che le lastre di acetato offrono un ulteriore vantaggio: possono essere sovrapposte e stratificate una sull’altra allo scopo di giocare proprio con i colori e ottenere particolari caratteristiche di profondità e tridimensionalità nonché effetti cangianti, sfumature, contrasti tra tinte lucide e opache o chiare e scure.

E dopo aver illustrato queste differenze (insisto ancora una volta su quanto l’uso corretto di parole e termini sia importante) nonché le possibilità tecniche importantissime che ne derivano, posso ora finalmente parlare della collezione Romeo Gigli Eyewear che è completamente realizzata in acetato – e non in iniettato.

Due montature da sole Romeo Gigli Eyewear
Due montature da sole Romeo Gigli Eyewear

Permettetemi di raccontare qualcosa dello stilista Romeo Gigli.

Classe 1949, dopo aver studiato architettura, Gigli dimostra un forte interesse per moda e abbigliamento: inizia a lavorare presso un atelier a New York dove impara segreti e tecniche della sartoria.

Firma la prima linea a suo nome nel 1983 e il debutto è una sorta di shock culturale: il suo stile è un cambio di rotta rispetto alla moda Anni Ottanta fatta di spalline imbottite e tailleur un po’ aggressivi (i celebri power suit).

Lo stilista propone abiti minimalisti, giacche minute dalle spalle strette e abiti in jersey fascianti: anche la palette colori è differente, visto che esclude i colori accesi spostando il focus su colori intensi ma sobri.

Dopo Milano si fa conoscere a Parigi e nelle collezioni appaiono riferimenti ai suoi viaggi e ai suoi interessi, dai vetri veneziani all’Africa tribale passando per le icone russe.

A seguito del successo riscosso, vengono prodotte una linea uomo e la giovanile G Gigli, oltre a una svariata gamma di accessori tra cui pelletteria e occhiali: Gigli si appassiona anche al design, disegnando oggetti di arredo per la casa.

Come per gli abiti, anche l’occhialeria firmata Gigli ripercorre da sempre influenze esotiche e colori ispirati alla natura e, oggi, la maison celebra l’importante collaborazione con Lucio Stramare, designer di occhiali che gode di fama internazionale e che torna a essere coautore della linea Romeo Gigli Eyewear declinata in sole e vista.

In occasione dell’evento di cui ho parlato in principio, ho avuto il piacere di conoscere Giulia Stramare e di essere guidata alla scoperta della nuova collezione da lei che, pur giovanissima, si è rivelata degna figlia (competente e appassionata) del celeberrimo Lucio.

Due scatti dell’evento di lancio Romeo Gigli Eyewear del 20 aprile: sopra io con Giulia Stramare e sotto ancora io e Giulia in compagnia di Cinzia Galbusera, Category Manager e Responsabile Retail di Vision Group. <strong>Vision Group è distributore esclusivo RG Eyewear in Italia.</strong>
Due scatti dell’evento di lancio Romeo Gigli Eyewear del 20 aprile: sopra io con Giulia Stramare e sotto ancora io e Giulia in compagnia di Cinzia Galbusera, Category Manager e Responsabile Retail di Vision Group. Vision Group è distributore esclusivo RG Eyewear in Italia.

Oltre ad avermi illuminata circa la questione acetato versus iniettato in modo efficace ed esaustivo, Giulia mi ha raccontato come ha affiancato il padre Lucio nella creazione della nuova linea, dalla scelta dei materiali a quella di lavorazioni, linee, volumi, colori e finiture.

Per esempio, le montature sono ricavate da lastre composte con 80% di celluloide vergine e sottoposte a un processo di stagionatura che rende il prodotto più rigido, più leggero, più resistente, più lucido, più brillante.

Non solo: guardando alle proposte moda di Gigli, si è pensato di lavorare su sovrapposizioni, spessori e sfaccettature.

Combinando colori pieni con traslucidi e trasparenze, gli Stramare hanno ottenuto una palette cromatica inedita e studiatissima, realizzata ad hoc per la maison e per ogni singolo modello.

E, come dicevo, tali sovrapposizioni richiamano perfettamente il concetto di layering appartenente ai capi firmati Gigli.

Fare layering con l’acetato permette inoltre di creare effetti tridimensionali quali spessori (e qui c’è un richiamo ai volumi di Gigli) e sfaccettature, tutto ottenuto con lavorazioni rigorosamente realizzate a mano in Italia sotto la diretta supervisione del team creativo.

Pensate che ogni montatura richiede fino a 48 passaggi e tengo a ripetere che si tratta di vero Made in Italy, dal concept alla lavorazione artigianale; in questo progetto, insomma, non c’è traccia di offshoring o delocalizzazione (la pratica di dislocare all’estero una o più fasi della produzione).

Due montature da vista Romeo Gigli Eyewear
Due montature da vista Romeo Gigli Eyewear

Arrivo alle finiture che, nel caso delle collezioni Romeo Gigli Eyewear, sono tutt’altro che semplici dettagli bensì particolari attentamente studiati.

Le cerniere sono a 5 snodi, fatto che garantisce estrema resistenza e durabilità; l’anima presente nelle aste è personalizzata con un pattern geometrico e dal sapore contemporaneo, mentre la zigrinatura nella parte terminale impedisce lo scivolamento e migliora la portabilità; il valore del Made in Italy delle lavorazioni artigianali è evidenziato anche dalla dicitura ‘fatto a mano ♥ in Italia’ posta all’interno delle aste.

Last but not least, menziono il lavoro fatto sul fronte identità: il fil rouge della collezione Romeo Gigli Eyewear è il piccolo perno tridimensionale che viene utilizzato nei frontali (per i modelli uomo) e nel terminale (per tutti i modelli).

Tale perno nasce dal giglio simbolo della maison che è stato oggetto di una evoluzione geometrica e tridimensionale appositamente studiata per donare riconoscibilità, identità e continuità in modo molto contemporaneo.

È da notare anche il fatto che il terminale stesso (ovvero l’ultima parte delle aste) riprende la forma del perno in un ulteriore gioco di rimandi e richiami (come vi dicevo… nulla è lasciato al caso).

Riassumendo..

Assoluta trasparenza nella proposta materiali, grande coerenza nel portare avanti la visione stilistica, artigianato Made in Italy che combina tradizione e innovazione: sono questi i motivi per i quali ho apprezzato la proposta Romeo Gigli Eyewear e per i quali ho deciso di parlarne.

Piccola postilla: professionalmente (ok, anche a livello personale), sarei molto, molto, molto curiosa di vedere la collezione privata di Lucio Stramare, un archivio storico che comprende decine di migliaia di occhiali che il designer ha messo insieme nel tempo, un lascito culturale che unisce oggi padre e figlia e crea un legame ininterrotto tra generazioni.

E quando questo legame ha risultati eccellenti, in questo caso la capacità di continuare a produrre occhiali esteticamente attraenti e di altissima qualità, non posso fare a meno di pensare a quanto sia necessario e produttivo lo scambio di competenze a livello generazionale, dai genitori ai figli e anche dai figli ai genitori.

Emanuela Pirré

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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