Zimarty, architetture da indossare tra tecnologia e natura

Parrebbe che questa sia per me la settimana dedicata al gioiello, soprattutto nella sua forma contemporanea.

Nel post precedente, ho parlato di un concorso con il quale si desidera mettere in evidenza il talento in tale campo (concorso nel quale ho tra l’altro orgogliosamente un ruolo attivo); oggi, desidero parlare di un duo di creativi nei quali sento di aver riconosciuto un valore. Spero dunque vorrete accompagnarmi in un viaggio alla scoperta di una visione alquanto particolare del concetto di gioiello.

Dovete sapere che, per riuscire a catturare tutta la mia attenzione, un monile – qualunque esso sia – deve possedere carattere.

E deve essere in grado di trasmettermi una sensazione, un’emozione: deve affascinarmi, stupirmi, incuriosirmi, sorprendermi, divertirmi. Al limite, indignarmi.

Deve coinvolgermi, insomma: non apprezzo i gioielli anonimi, scontati, banali e dunque noiosi. E guai a una mia reazione neutra o indifferente.

A maggior ragione, tutto ciò vale per gli anelli, monili che mi accompagnano sempre e che io considero molto importanti.

Sono importanti perché credo di fare un ampio uso del linguaggio del corpo: adopero la mimica facciale (cosa pessima per le foto, vengo sempre immortalata con espressioni inqualificabili e indefinibili) e gesticolo molto.

Le mie mani sono sempre in vista, dunque, in quanto sono uno dei mezzi attraversi i quali comunico e mi esprimo: occhi, viso e mani competono con le parole che pronuncio. Diciamo che la potenza della comunicazione non verbale mi affascina.

Tra gli anelli che amo indossare ci sono quelli divertenti, giocosi e che fanno sorridere chi mi incontra: ne ho di buffissimi, di ogni forma, colore e materiale, anelli con piatti di spaghetti, con pacchetti di popcorn, con occhi che si muovono, con oggetti vari in miniatura (macchine, moto, utensili).

Mi piacciono molto anche gli anelli con simboli, monete, piccoli ricordi, iniziali.

E poi ho un’enorme passione per gli anelli-scultura, vere e proprie opere d’arte da indossare: questo è il motivo per cui oggi vi parlo delle creazioni di uno studio di design che si chiama Zimarty.

Zimarty nasce dalla collaborazione tra Ziba Esmaeilian e Maysam Ghaffari, due designer che hanno aperto uno studio a Los Angeles, negli Stati Uniti, per creare la loro Wearable Architecture, ovvero architettura da indossare.

Ziba e Maysam esplorano i fenomeni naturali dai quali amano apprendere e dai quali traggono ispirazione per creazioni di gioielleria realizzate con la tecnica della stampa 3D: per comprendere quanto l’osservazione di Madre Natura sia fondamentale per loro, basta osservare alcuni progetti, come quelli ispirati ai coralli (Euphyllia, Turbinaria e Acropora) o quelli ispirati alle connessioni delle cellule nervose (Synapse).

Il loro sogno – piuttosto ambizioso e questo mi piace molto – è quello di creare una piattaforma di design che consenta di creare e personalizzare tutta una serie di prodotti indossabili realizzati esclusivamente con la stampa 3D, dagli abiti alle scarpe, dai gioielli alle borse.

In particolare, Ziba ha conseguito un master in Architettura presso lo SCI-Arc di Los Angeles (Southern California Institute of Architecture) dove ha studiato le tecnologie architettoniche emergenti nonché le tecniche di fabbricazione più avanzate: oggi è una professionista e segue diversi progetti residenziali di fascia alta a Los Angeles.

Nelle sue creazioni si possono rintracciare le influenze sia della formazione accademica sia delle esperienze professionali, influenze che lei trasla in un’architettura indossabile sospesa tra tecnologia e natura.

Le creazioni Zimarty risultano così audaci e ardite, sono opere uniche e realmente diverse: tra i vari progetti, sono rimasta colpita da Zicube, linea che esplora il rapporto tra gioiello e architettura e tra geometria e corpo umano.

Ziba era affascinata dalle contraddizioni esistenti soprattutto tra linee spigolose e linee armoniose: sviluppando alcuni studi alla base della sua tesi di laurea, ha scelto il cubo come figura geometrica tridimensionale di riferimento.

I cubi vanno a intersecarsi tra loro, creano collegamenti intricati e seguono una curva immaginaria che si concretizza infine in un anello; l’anello è un equilibrio quasi impossibile e che eppure si posa sulla mano in perfetta armonia.

Adoro il risultato, rigoroso e al tempo stesso audace, e se penso che il tutto è progettato e realizzato usando la tecnologia di stampa 3D resto ancora più incantata.

Come Ziba, anch’io amo le geometrie ardite e per me ho scelto un anello della linea Metal nella variante acciaio: mi piaceva l’idea che il colore sottolineasse ancor di più la forte componente materica.

Nelle foto che seguono indosso l’anello in un pomeriggio di relax, tra letture piacevoli e un raggio di sole che fa capolino (cosa che in pieno inverno è sempre una benedizione).

Parlo spesso del talento e spesso si tratta di talento Made in Italy, ma in realtà non disdegno assolutamente il saper fare proveniente da altri Paesi, anche perché non mi piacciono né i confini né le barriere, di nessun tipo (motivo per cui amo il web che può renderci liberi).

La discriminante fondamentale per me non è la provenienza bensì la presenza di scintille di genialità, originalità, carattere unico: sono questi i fattori che mi conquistano.

C’è tanta bellezza e c’è tanta capacità in giro per il mondo e io ne ho trovato chiare tracce nel lavoro di Ziba e Maysam.

Well done Zimarty!

Manu

 

 

 

 

 

Per maggiori informazioni e per approfondire:

Qui trovate il sito Zimarty con lo shop online, qui la pagina Facebook, qui l’account Instagram e qui l’account Twitter.

Il libro presente nelle foto è il catalogo della mostra URBEX PAVIA – Viaggio fotografico nelle aree dismesse di Marcella Milani: il matrimonio mi sembrava perfetto.

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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