Tutti in strada in via Caprera: ecco com’è andata

Lo scorso giugno, qui nel blog, avevo parlato di una bella manifestazione che si svolge a Vittorio Veneto, in provincia di Treviso, e che si chiama Tutti in strada in via Caprera.

Via Caprera è una strada della città e, una volta, ogni suo edificio ospitava un’attività economica: alla mattina, artigiani e commercianti scendevano le scale di casa e aprivano bottega. Si contavano ben otto sarti, tre calzolai, uno zoccolaio, molti falegnami e poi venditori di vino, osterie e tutte le attività che potevano servire alla vita di una comunità.

La via fungeva da crocevia tra le borgate e ancora oggi è sede di una vivace comunità che sta riscoprendo il piacere di vivere la strada: tra le varie iniziative esistenti ne figura una che mette al centro arte, storie, mestieri di una volta, giochi, intrattenimento per grandi e piccini. Dal 2013, ogni estate per un weekend, via Caprera diventa un grande laboratorio di idee e fantasia: ecco spiegata in poche parole la manifestazione.

E così, Tutti in strada in via Caprera riesce a favorire nuove amicizie, consolidare le antiche, dare nuovi stimoli a commercianti e artigiani che hanno scelto questa via per la loro attività; non solo, la manifestazione propone bellezza attraverso il concorso Abiti_Amo e promuove socializzazione e solidarietà grazie a Porta l’Arte, iniziativa che culmina in un’asta benefica.

Il tema lanciato dal comitato organizzativo per l’edizione 2016 di Abiti_Amo era, a mio avviso, molto stuzzicante: il concorso è dedicato ai creativi della moda e i partecipanti sono stati invitati a scatenare la loro fantasia attorno a “Tutto ciò che sta sulla testa”.

In un primo momento, si era pensato a due sezioni nettamente distinte: la prima, chiamata “Eccentrici ma portabili”, per cappelli artistici o che fossero comunque una dimostrazione eccentrica di creatività; la seconda, chiamata “Da manuale ma con brio”, per cappelli dalle forme classiche e dalle lavorazioni tradizionali, all’insegna della modisteria, della sartorialità e anche del comfort.

Visto che da sempre supporto il talento, ho parlato con gioia di Abiti_amo dedicando un post con il quale ho condiviso il bando di concorso: mi sembrava importante presentare un’occasione davvero perfetta per chi avesse la voglia e il coraggio di cimentarsi, stilisti, creatori di cappelli, studenti di moda e – più in generale – tutti coloro che possiedono estro, fantasia, arte, capacità, tecnica e… un briciolo di faccia tosta, naturalmente.

Non vi dico la gioia che ho provato quando sono stata invitata a fare parte della giuria che avrebbe valutato le opere arrivate e così è iniziata la mia avventura a Vittorio Veneto, tra l’altro in uno splendido week-end (16-17 luglio) illuminato dal sole e allietato da una temperatura perfetta.

Come spesso accade ai progetti che nascono dalla pura creatività e dalla libera fantasia, anche noi abbiamo fatto dei cambiamenti in corsa eliminando la divisione tra le due sezioni: molte delle opere arrivate erano infatti a cavallo tra le categorie e così abbiamo deciso di non porre alcun limite né barriera.

Abbiamo pensato di valutare progetto, portabilità ed esecuzione di ogni accessorio e sono stata davvero felice, orgogliosa e onorata di condividere il compito di giurata con due persone speciali con le quali si è subito creata un’intesa altrettanto speciale: parlo di Chiara Trentin e Michele Gambarotto.

Qui sopra, da sinistra: Michele Gambarotto, io e Chiara Trentin. Sotto, noi tre al lavoro.
Qui sopra, da sinistra: Michele Gambarotto, io e Chiara Trentin. Sotto, noi tre al lavoro.

Chiara è un’artista e una creativa, anima del brand Chimajarno: usa i bottoni quale strumento per raccontare storie nelle quali si intrecciano forme, colori, stati d’animo e molto altro ancora.
La lista dei riconoscimenti che ha ottenuto e delle mostre personali e collettive alle quali ha preso parte è impressionante: anch’io ho parlato di uno dei suoi progetti in un precedente post.

Michele ha studiato arte e moda a Londra e ha al suo attivo un master al Royal College of Art: da quasi 20 anni, crea collezioni uomo per grandi marchi della moda.

Come dicevo, tra noi tre si è creato un ottimo feeling e ci siamo facilmente trovati d’accordo davanti ai virtuosi stilisti, sarti e progettisti che hanno dato sfogo alla loro creatività, mostrando abilità tecniche, sartoriali e tanta, tantissima inventiva.

In alcuni casi, gli esiti sono stati quasi folli (e a noi tre non è affatto dispiaciuto); in altri casi, siamo rimasti ammirati davanti ad antiche tecniche reinventate oppure davanti a tecniche nuovissime coraggiosamente prestate alla modisteria. In tutti i casi, i risultati sono stati colorati, emozionanti, curiosi, divertenti e di sicuro effetto.

Le creazioni sono state condivise durante i due giorni di Tutti in strada in via Caprera sia con una mostra sia con una sfilata che si è svolta domenica 17 luglio e al termine della quale abbiamo annunciato i vincitori.

Per la mostra, i giovani creativi della falegnameria vintage Ilretrobottega hanno realizzato un affascinante allestimento (lo vedete qui sopra) recuperando mobili e materiali vissuti, dando un prezioso contributo che ha valorizzato sapientemente e ulteriormente ogni singola opera.

Protagoniste della sfilata sono state invece le sorridenti, spiritose, spigliate e simpatiche ragazze (alcune giovanissime!) del Calcio Femminile Permac di Vittorio Veneto. La loro è stata una partecipazione solare e – devo dirlo! – quasi da modelle professioniste: faccio i miei complimenti per l’ottimo impegno dimostrato nonché per la voglia di mettersi in gioco da autentiche sportive quali sono. Non avremmo potuto contare su modelle migliori.

Dal canto nostro, Chiara, Michele e io abbiamo deciso di assegnare tre premi più una menzione speciale: ve li presento qui sotto.

<strong>Primo classificato: “Rose a Madrid” di Elena De Paoli.</strong> “Realizzo accessori originali fatti a mano con piccoli pezzetti di tessuti e cristalli; ho preferito utilizzare colle tinte e modellate a mano per rendere l’effetto degli stami centrali. Ispirata da un viaggio a Madrid e dalle ballerine di flamenco, ho dato vita a questo fascinator”: così racconta Elena e noi l’abbiamo premiata per gli ottimi dettagli e per l’uso degli elementi che risultano tutti molto ben calibrati con un’ottima portabilità garantita anche da alcuni pettinini nascosti. L’indossatrice è Monia Fattorel (responsabile prima squadra) mentre la fotografa è Isabella Michielin.
Primo classificato: “Rose a Madrid” di Elena De Paoli. “Realizzo accessori originali fatti a mano con piccoli pezzetti di tessuti e cristalli; ho preferito utilizzare colle tinte e modellate a mano per rendere l’effetto degli stami centrali. Ispirata da un viaggio a Madrid e dalle ballerine di flamenco, ho dato vita a questo fascinator”: così racconta Elena e noi l’abbiamo premiata per gli ottimi dettagli e per l’uso degli elementi che risultano tutti molto ben calibrati con un’ottima portabilità garantita anche da alcuni pettinini nascosti. L’indossatrice è Monia Fattorel (responsabile prima squadra) mentre la fotografa è Isabella Michielin.
<strong>Secondo classificato: “Slim Shadows” di Tiziana Riccardo in collaborazione con FAB LAB.</strong> “Il nostro progetto si basa sulla volontà di creare nuovi prodotti indossabili utilizzando materiali inusuali ed ecologici. Abbiamo quindi prodotto un cappello a tesa larga in legno di pioppo, utilizzando un plotter laser per tagliare tutti i vari pezzi, quali lamelle e ghiere (…). Il nome deriva dal fatto che le lamelle, una volta colpite dalla luce, proiettano sul terreno delle ombre lunghe ed affusolate che creano un effetto ripetuto e dinamico”: così spiegano Tiziana e i suoi compagni d’avventura e noi li abbiamo premiati perché idea, struttura e realizzazione sono perfette. Il cappello risulta molto contemporaneo e il legno diventa così quasi avanguardia. La portabilità è ottima. L’indossatrice è Silvia Zanette (difensore) mentre la fotografa è ancora Isabella Michielin.
Secondo classificato: “Slim Shadows” di Tiziana Riccardo in collaborazione con FAB LAB. “Il nostro progetto si basa sulla volontà di creare nuovi prodotti indossabili utilizzando materiali inusuali ed ecologici. Abbiamo quindi prodotto un cappello a tesa larga in legno di pioppo, utilizzando un plotter laser per tagliare tutti i vari pezzi, quali lamelle e ghiere (…). Il nome deriva dal fatto che le lamelle, una volta colpite dalla luce, proiettano sul terreno delle ombre lunghe ed affusolate che creano un effetto ripetuto e dinamico”: così spiegano Tiziana e i suoi compagni d’avventura e noi li abbiamo premiati perché idea, struttura e realizzazione sono perfette. Il cappello risulta molto contemporaneo e il legno diventa così quasi avanguardia. La portabilità è ottima. L’indossatrice è Silvia Zanette (difensore) mentre la fotografa è ancora Isabella Michielin.
<strong>Terzo classificato: “Par portar un capel ghe vol anca zervel” di Davide Roseto (Tetsuo Project).</strong> “Il mio è un prototipo di casco realizzato in carta, gomma piuma, mastice e cuoio”: così racconta Davide e il nome della sua opera spiega il resto! Noi abbiamo premiato la sua idea perché è buonissima, la grafica è splendida e il progetto è sviluppabile concretamente. La portabilità è buona e comunque si tratta di un prototipo che può essere ulteriormente migliorato. L’indossatrice è Cinzia Biz (responsabile settore giovanile) mentre la fotografa è sempre Isabella Michielin.
Terzo classificato: “Par portar un capel ghe vol anca zervel” di Davide Roseto (Tetsuo Project). “Il mio è un prototipo di casco realizzato in carta, gomma piuma, mastice e cuoio”: così racconta Davide e il nome della sua opera spiega il resto! Noi abbiamo premiato la sua idea perché è buonissima, la grafica è splendida e il progetto è sviluppabile concretamente. La portabilità è buona e comunque si tratta di un prototipo che può essere ulteriormente migliorato. L’indossatrice è Cinzia Biz (responsabile settore giovanile) mentre la fotografa è sempre Isabella Michielin.
⇑ Sopra, <strong>menzione speciale: “Fuoritempo” di Sonia Santin.</strong> Il nome racconta tutto e noi abbiamo premiato Sonia proprio per questo, perché la sua creazione è talmente senza tempo da risultare vintage eppure contemporanea allo stesso tempo nonché molto divertente. La portabilità è buona. L’indossatrice è Giada Dal Col mentre la fotografa è sempre Isabella Michielin. ⇓ Sotto: foto ricordo al termine della presentazione. Dietro, in piedi da sinistra, Sonia Santin, Chiara Trentin, le indossatrici del Calcio Femminile Permac con i quattro cappelli vincitori e infine la sottoscritta; in primo piano, sempre da sinistra, il collettivo che ha creato il cappello “Slim Shadows” e Davide Roseto autore del casco “Par portar un capel ghe vol anca zervel”.
⇑ Sopra, menzione speciale: “Fuoritempo” di Sonia Santin. Il nome racconta tutto e noi abbiamo premiato Sonia proprio per questo, perché la sua creazione è talmente senza tempo da risultare vintage eppure contemporanea allo stesso tempo nonché molto divertente. La portabilità è buona. L’indossatrice è Giada Dal Col mentre la fotografa è sempre Isabella Michielin. ⇓ Sotto: foto ricordo al termine della presentazione. Dietro, in piedi da sinistra, Sonia Santin, Chiara Trentin, le indossatrici del Calcio Femminile Permac con i quattro cappelli vincitori e infine la sottoscritta; in primo piano, sempre da sinistra, il collettivo che ha creato il cappello “Slim Shadows” e Davide Roseto autore del casco “Par portar un capel ghe vol anca zervel”.

Credetemi, scegliere tra tante creazioni così diverse e tutte interessanti – ognuna per motivi diversi – non è stato facile: vi invito pertanto a prendere visione di tutte le opere in concorso attraverso il link che troverete qui in fondo.

Il mio week-end a Vittorio Veneto, comunque, è stato meraviglioso non solo per la partecipazione attiva ad Abiti_amo, ma anche per la possibilità di vivere la splendida atmosfera che ha animato via Caprera e della quale sono tuttora entusiasta: sono testimone diretta di quanto la manifestazione sia preziosa per la vita sociale e culturale della città.

Grazie a Tutti in Strada in via Caprera, ho visto cose meravigliose e anche piuttosto rare da vivere oggi come oggi.

Ho visto persone che hanno aperto l’uscio accogliendo anche chi come me era forestiera: per esempio, Paola Barzan (mi fa piacere citare il suo nome) ha aperto la sua casa e il suo giardino offrendo un concerto di canzonette da battello veneziane eseguito dall’artista Rachele Colombo. E poi, nel suo soggiorno, Paola ha intrattenuto tutti con un impeccabile buffet a tema realizzato con le sue mani.

Il sabato sera, ogni famiglia di via Caprera ha dato il meglio di sé dando vita a lunghissime tavolate alle quali sono stati invitati parenti, amici e ospiti inaspettati come me e mio marito Enrico. Tutti si sono cimentati nei loro piatti migliori, condivisi in allegri banchetti.

Insomma, posso affermare di essere tornata a casa più ricca: in via Caprera, ho fatto il pieno di allegria, nuovi incontri, belle e interessanti conoscenze, tesori architettonici, gustosi manicaretti, realtà artigianali d’eccellenza.

È stata un’esperienza speciale, stupefacente e unica, dal punto di vista umano e professionale.

Io cerco lo scambio, autentico, e a Vittorio Veneto l’ho trovato: ora so che potrò sempre tornare trovando facce amiche e buona accoglienza.

Non poteva esistere modo migliore per comprendere in prima persona lo spirito di una manifestazione meravigliosa.

Manu

 

 

 

 

Tutte le foto vengono dalla pagina Facebook e dal sito del comitato di Tutti in strada in via Caprera (grazie )

 

 

 

 

Per maggiori informazioni e per approfondire:

Qui trovate il sito di Tutti in strada in via Caprera e qui la pagina Facebook.

Qui trovate il concorso Abiti_Amo e le creazioni in gara per l’edizione 2016 a tema Tutto ciò che sta in testa; qui trovate invece l’iniziativa Porta l’Arte con tutte le opere che quest’anno hanno avuto come tema L’Uomo Nero e che sono poi andate all’asta.

Se volete approfondire anche a proposito delle precedenti edizioni di Tutti in strada in via Caprera e di Abiti_Amo, qui, qui, qui e qui potete trovare gli articoli di Stefano Guerrini nel suo omonimo magazine. Stefano (maestro, amico e splendido gancio tra me e il comitato della manifestazione) è stato anche uno dei giudici delle precedenti edizioni.

Altri spunti:

Qualcuno ricorderà forse che avevo già incontrato le creazioni di Elena De Paoli in un’altra occasione; segnalo inoltre che tra i partecipanti a Tutto ciò sta in testa figura anche Agnese Del Gamba, altra creativa che ho già presentato.

E infine, sempre in via Caprera, ho incontrato un’altra realtà molto interessante: qui trovate una bel gemellaggio tra Vittorio Veneto e la Sicilia e una storia made in Caltagirone.

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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