Cartoline virtuali da Milano al tempo di Instagram / PARTE 4
A volte ritornano: capita con le persone, coi ricordi e perfino coi post. Come in questo caso.
Per la prima, la seconda e la terza puntata di questo post, occorre tornare rispettivamente al 30 luglio 2014, al 24 dicembre 2013 e al 30 dicembre 2014. È passato un po’ di tempo, dunque.
L’idea è nata da una riflessione: da ragazzina, soprattutto quando andavo alle medie, partivo per le vacanze estive con una lunga lista di indirizzi, lista che serviva a ricordarmi a chi dovessi mandare le cartoline. Guai a non mandarle e guai a non riceverle, era una sorta di rito.
A mio avviso, oggi è Instagram a svolgere in modo virtuale parte della funzione che avevano le cartoline: Instagram non serve forse a condividere, attraverso immagini e fotografie, ciò che ci piace, ciò che facciamo e i posti in cui andiamo? Le stesse cose che facevamo mandando una cartolina.
E così, visto che le cartoline – poverette – sembrano non andar più di moda, ho pensato di fare dei post raccogliendo le foto che scatto e poi pubblico su Instagram, soprattutto quelle che riguardano la città nella quale vivo: cartoline virtuali da Milano via Instagram.
Queste mie cartoline virtuali non pretendono certo di essere una rappresentazione universale o univoca di Milano, un ritratto che accomuni tutti: spesso non mostrano luoghi famosi o rinomati, ma offrono piuttosto il mio punto di vista sulla città attraverso ciò che vivo quotidianamente.
È il mio sguardo intimo su una città che per me è lavoro e divertimento, che è il teatro della mia vita di ogni giorno.
È un racconto fatto di normalità, di piccole cose e piccoli momenti, prospettive a volte ampie e a volte minuscole, scorci a volte inconsueti e a volte tanto celebri da essere quasi scontati.
La quotidianità, oggi, si condivide in tempo reale o quasi, senza bisogno di aspettare i tempi delle vecchie Poste Italiane o gli umori del postino (vi prego, ditemi che non ho solo io il postino umorale).
Il 2015 è stato un anno importante per Instagram e per chi lo utilizza: il social network ha compiuto 5 anni, un traguardo festeggiato con numeri importanti visto che è stato calcolato che da ottobre 2010 a ottobre 2015 sono state pubblicate 40 miliardi di foto, almeno 80 milioni di scatti condivisi ogni giorno da circa 400 milioni di utenti. E nel 2015, Instagram ha dato l’addio all’obbligo del formato quadrato e il benvenuto anche alle foto rettangolari, in orizzontale o in verticale – come si vede anche da qualcuna delle mie foto.
Io uso Instagram dal 2013 e mi piace moltissimo: mi diverte e mi ispira, cosa che, ultimamente, non mi capita con Facebook.
Grazie a Instagram, ho scoperto persone, profili e cose interessanti: nonostante io sia una persona che comunica molto attraverso la parola, amo l’ispirazione visiva. Mi serve e mi aiuta, anche perché ho una cosiddetta memoria fotografica.
Dunque, colgo questa occasione per ringraziare tutti coloro che mi ispirano e tutti coloro che seguono il mio profilo e approfitto dell’occasione per esporre un pensiero che mi gira in testa da un po’. E lo faccio nonostante, di solito, io non stia a criticare come ognuno gestisce i propri profili e account sociali, ma devo dirlo, mi dispiace vedere alcune cose che ora vi spiego, mi dispiace vedere come si riesca a rovinare e sciupare tutto.
Sono d’accordo con chi sostiene che il successo sui social network è fittizio, impalpabile, inconsistente e che spesso non ha riscontro concreto nella realtà.
Usarli dovrebbe essere qualcosa che si fa prima di tutto per sincera passione e per autentico spirito di condivisione, quasi per divertimento – il proprio e quello degli altri – e con una certa leggerezza. Poi ammetto che, oltre alla voglia di condivisione, di apertura verso il mondo e di divertimento, c’è sempre anche una dose di ego.
Ho sempre visto Instagram in questa ottica (quella del divertimento e della condivisione) ed è anche per questo motivo (oltre che per etica personale) che mi sono rifiutata di comprare follower e like nonché di fare scambio di commenti. Ed è sempre per questo che sono grata alle persone che mi seguono; perché so che ogni like che ho è gratuito e che ogni commento è spontaneo, visto che non faccio nessun mercato. So che l’apprezzamento, poco o tanto che sia, è vero ed è questo a rendermi felice, come in un bel gioco pulito e non d’azzardo.
Conseguentemente, capisco sempre meno certi atteggiamenti, per esempio quello di chi compra i follower e i like o quello di chi semina commenti insensati a raffica solo per farsi notare e attirare l’attenzione. Non capirò mai che gusto ci sia o che soddisfazione possa dare vedere dei like su una propria foto ben sapendo che nessuno di essi è autentico, sincero, spontaneo.
Pensate che, sotto alcune mie foto, mi è capitato di trovare commenti tipo stunning, wonderful, amazing, beautiful da parte di persone (italiane e che conosco!) talmente impegnate a seminare commenti a casaccio da non accorgersi che stavano lasciando quei commenti sul mio profilo…
E pensate che elimino sistematicamente i commenti di coloro che girano Instagram offrendo follower – perché dare loro anche solo un byte di spazio? – e blocco gli autori di quei commenti.
Ci sarebbe da dedicare due parole anche all’abitudine di mettere gli hashtag a caso (anzi, no, ad arte, quella di accalappiare like) benché non ci azzecchino nulla con la foto. Gli hashtag sarebbero nati per raggruppare le foto per tematiche e per permettere ricerche a chi è interessato a un dato argomento o a una parola chiave, ma fa niente, facciamo finta di nulla.
Vi è mai capitato di seguire un profilo e di notare aumenti miracolosi – spesso da un giorno all’altro – di follower? Oppure di notare che sono i like ad aumentare miracolosamente: qualche decina fino a una foto, qualche centinaio dalla successiva.
I vari acquisti danno poi avvio ad altri fenomeni e risultati desolanti – e a mio avviso imbarazzanti: magari ci sono 300 like sotto una foto e nemmeno mezzo commento. Oppure ci sono 10.000 follower (10k per usare il linguaggio di Instagram) sul profilo e una media di 20-30 like a foto.
Ora, possibile che follower e like crescano come fiori senza un perché particolare? Possibile che nessuna di quelle 300 persone abbia lasciato nemmeno una parola o un semplice emoji? Possibile che su 10.000 persone apprezzino solo in 20 o 30?
No, non è possibile.
In anni di studio e osservazione del fenomeno social, ho fatto alcune constatazioni e parto da tre premesse.
Primo, è vero – in effetti – che una certa percentuale di follower su Instagram è inattiva: molti mettono spontaneamente il like a un profilo per poi seguirlo in maniera saltuaria e discontinua. Semplice voyeurismo o mancanza di tempo, chissà.
Secondo, è vero che Internet non è una scienza esatta e le variabili sono infinite, eppure una minima proporzione, un minimo equilibrio esistono.
Terzo: su un blog, si è meno motivati a lasciare un commento, perché talvolta appare difficile o non si ha confidenza col mezzo o non ci si vuole esporre (in molti, per esempio, preferiscono scrivermi in privato), ma sui social, soprattutto Facebook e Instagram, l’interazione è molto più facile e immediata e dunque è facilitata e assecondata. L’ho testato sulla mia pelle: dalla condivisione dei post del mio blog sui social nascono spesso belle discussioni, mentre qui direttamente sul blog ci sono meno commenti (anche perché non faccio scambio nemmeno in questo caso).
Detto tutto ciò: nonostante l’inattività di una percentuale di follower, nonostante tutte le variabili ma considerata l’immediatezza del mezzo del quale sto parlando, una minima proporzione esiste SE i dati sono puliti.
Pertanto, se DAVVERO 300 persone hanno apprezzato una foto è quasi impossibile che non ci siano commenti, così come è quasi impossibile che solo in 30 apprezzino una foto su un profilo da 10.000 follower. Il sospetto – in entrambi i casi – è uno solo, ovvero che i 300 like a foto e i 10.000 follower non siano reali. Qualcuno ha fatto shopping e non di scarpe.
Conclusione?
La celebrità su Instagram vale quanto i soldi falsi del Monopoli – come ha detto qualcuno e mi associo: comprare quella celebrità è davvero quanto di più stupido, triste, patetico e insensato possa esistere, secondo me. È come barare in una semplice partita tra amici il giorno di Natale.
Senza contare che le cose tipo “like for like” e “follow for follow” fanno molto mendicante dei social…
Tutto ciò mi dispiace, lo ripeto, perché poi succede che, come dice la mia cara amica Sandra Bacci, quando si va su Instagram e si inizia a navigare si trovano “gattini, canini, sederi, gambe al contrario, fiori, piatti. E poi qualche profilo interessante, che ha tre like messi in croce. Perché la creatività soccombe all’omologazione a all’acquisto di gratificazione.”
Ecco, appunto.
Concluderei con un bel amen (e se vi va di leggere tutto il post di Sandra lo trovate qui).
La cosa buffa è che tutto ciò si basa sul silenzio: la verità, potenzialmente, è visibile ed è sotto gli occhi di tutti, ma nessuno lo dice.
È un po’ come la fiaba de I vestiti nuovi dell’imperatore che parla di un imperatore vanitoso e di due imbroglioni che lo convincono di avere un nuovo tessuto invisibile. L’imperatore si fa preparare dagli imbroglioni un abito e, pieno della sua vanità, sfila per le vie della città di fronte a una folla di cittadini i quali applaudono e lodano a gran voce l’eleganza del sovrano pur non vedendo alcunché, timorosi di ammettere la verità.
L’incantesimo è spezzato da un bimbo che, sgranando gli occhi, grida con innocenza “Ma il re non ha niente addosso!”.
Non sto dicendo di essere quel bambino: sto dicendo che sarebbe ora di essere come quel bambino.
Come avrete capito, non nutro nessuna simpatia, comprensione o tolleranza verso chi bara. In nessun campo, in nessun caso e per nessun motivo, su Internet o nella realtà.
E, a questo punto, desidero dire una cosa ai fanatici dello shopping di like e follower: attenzione perché credo che, passati entusiasmo ed euforia iniziali, prima o poi le aziende (perché è a quelle che si mira) arriveranno (finalmente) a fare certi conti e ragionamenti e smetteranno (finalmente) di essere cieche, dunque questo ridicolo shopping non avrà senso non solo umanamente ma neanche commercialmente.
E, forse, le aziende verranno aiutate da studi come quello che sta seguendo una mia amica ricercatrice universitaria la quale è giunta a sviluppare un algoritmo che, confrontando molte variabili e diversi social, è in grado di dare un senso scientifico e matematico a tutti i discorsi di proporzione e di equilibrio che faccio qui sopra. Se la sperimentazione e il progetto andranno a buon fine e se le aziende inizieranno a comprare tale algoritmo, si profilano figuracce solenni per certi influencer furbetti…
Fossi in questi personaggi, rimetterei le cose a posto prima di essere beccati con le mani nella marmellata. Con un po’ di fortuna, correndo ai ripari ora, non se ne accorge nessuno.
Dai, tornando alle mie cartoline virtuali: come si può evincere dall’esistenza delle tre precedenti puntate, questo è un post che si aggiorna.
Arriva poco a poco, esattamente come la cartoline in quelle estati lontane. Dunque, prima o poi, ci sarà magari una quinta parte.
Sempre che non mi stanchi del circo dell’omologazione e sempre che non mi stanchi di combattere contro i mulini a vento.
Sempre che non chiuda baracca e burattini per fuggire su una spiaggia lontana. E da lì credo non manderò nessuna cartolina.
Manu
Se volete rileggere qualche mio articolo collegato alle cartoline 🙂
L’evento del 14-02-2015 alla Diamond Tower: qui.
La presentazione di Azzurra Di Lorenzo ispirata a Giovanni Boldini: qui.
La nuova boutique Van Cleef & Arpels: qui.
La mostra di Mariano Franzetti: qui.
Il lancio dei profumi MiN New York all’Atelier Zeitgeist nel mio racconto per SoMagazine: qui.
La mostra Il Nuovo Vocabolario della Moda Italiana: qui.
Le precedenti puntate di Cartoline da Milano: qui la prima parte, qui la seconda e qui la terza.
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Manu
Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.
Glittering comments
È un vero peccato che le cartoline siano cadute nell’oblio. Da bambina l’arrivo del postino per me rappresentava una vera festa e questi cartoncini mi permettevano di visitare il mondo con la fantasia! Adesso sembra di parlare di usanze del Mesozoico mia cara quindi che ben venga una raccolta di cartoline seppur digitali! Followers followers followers delle mie brame! Sono entrata in questo mondo recentemente (meno di un anno fa) ma posso già trarre qualche bilancio! FB li trovo mortalmente noioso e veramente poco stimolante. Insta riesce a coinvolgermi di più e mi ha permesso di sviluppare qualche relazione interessante (non molte in realtà) Ovviamente è lo specchio di ciò che ci circonda quindi si possono trovare molti individualisti, arrivisti, spocchiosi ma anche qualche persona realmente interessata alla condivisione. Tutto sommato penso anch’io di non aver un buon carattere visto che certe sere mi verrebbe voglia di chiudere tutto ed iniziare un buon libro
Buona settimana
un abbraccio
Cristina cara,
hai proprio ragione. L’oblio nel quale sono cadute le cartoline è un autentico peccato.
Meno male, siamo allora almeno in tre (tu, Sandra, io) ad avere un pessimo carattere.
E ti dirò di più.
Sapevo che con questo post mi sarei fatta qualche nemico e che mi sarei attirata qualche antipatia, ma non importa. Bisogna avere il coraggio di dire ciò che si pensa, anche quando è impopolare e scomodo e anche quando chi è colpito trova modi patetici per provare a sua volta a scalfirti.
Mi dicono che ci sia qualcuno che se l’è presa in modo particolare e questo mi diverte veramente molto, almeno per tre motivi.
Primo, perché queste persone mi fanno tenerezza così come mi fa tenerezza la loro smania di essere benvoluti attraverso dei like e dei follower comprati.
Secondo, perché non sono una psicologa e dunque non sono tenuta a prestare attenzione alle loro turbe e mancanze. Si facciano curare da chi è esperto, io non ho pazienza.
Terzo, perché prendendosela e manifestandolo platealmente non hanno fatto altro che dimostrare il mio teorema. Punto.
Torno a ciò che di Instagram mi interessa, per fortuna riesco ancora a divertirmi.
Ti abbraccio anch’io, cara Cristina, e ti ringrazio per essere sempre così interessante e stimolante nei tuoi commenti.
Manu
P.S.: Scusa per la veemenza di questo mio messaggio ma, come ho scritto nel post qui sopra, non ho simpatia né comprensione né tolleranza verso chi bara e per giunta poi piagnucola.
Molto interessante il tuo articolo , sopratutto le foto che hai postato. Baci a presto….
Grazie Lucia, mi fa piacere.
Buon pomeriggio,
Emanuela