YOOX ospita in esclusiva Franca Sozzani Private Collection

Quando ho fondato questo piccolo spazio web, ho voluto raccontare nella pagina Chi sono il mio pensiero circa abiti e moda.

Ho raccontato come io consideri la moda una forma di cultura, una modalità di libera espressione e di comunicazione personale e sociale, un linguaggio istantaneo e immediato che amo e rispetto.

Ho raccontato come io pensi che l’estetica non può e non deve essere slegata dall’etica e dai contenuti: la moda non è mera apparenza, può (e per me deve) essere anche sostanza ed essenza.

Ho raccontato come io – altamente imperfetta – abbia scelto una dimensione che molti credono essere basata esclusivamente sull’apparenza; ho raccontato come io abbia deciso di lavorarci portando testardamente avanti la mia visione basata (anche) su contenuti e sostanza.

Ho raccontato infine che per me i vestiti non sono fatti per farci apparire più giovani o più magri – o non solo per quello: i vestiti sono suggestioni e sogni tradotti in stoffa e noi, a nostra volta, possiamo sceglierli affinché ci rappresentino, attraverso la nostra interpretazione e personalizzazione, attraverso sottrazioni o aggiunte, per comunicare con gli altri e per raccontare chi siamo.

Sarò stupida, illusa, pazza, visionaria, cocciuta, ostinata ma nessuno mi fa cambiare idea: ancora oggi, continuo a credere che la moda non sia solo un bel vestito o il bel visino di una modella.
Continuo a credere che sia molto di più.
E continuo a credere fermamente che la moda debba essere inclusiva, ovvero essere rappresentativa della società in cui viviamo e di tutte le persone che la compongono.

Se tutto ciò è vero, se la moda è linguaggio, allora un guardaroba è un codice.
E costruire il proprio guardaroba, pezzo dopo pezzo, anno dopo anno, è come lavorare alla scrittura di un codice. Leggi tutto

Chiudono Colette e MAD Zone e io sono amareggiata (ma non mi arrendo)

Ve lo dico subito: oggi sono arrabbiata. Tanto.
Ma no, aspettate, forse arrabbiata non è l’aggettivo giusto né è giusto dire che lo sono oggi o da oggi: in realtà, provo rabbia, sì, d’accordo, ma il sentimento che più si avvicina a ciò che provo è l’amarezza e la provo già da diverso tempo.
Amarezza, ovvero un miscuglio di viva delusione, doloroso rammarico e pungente tristezza mescolati a contrarietà, fastidio e a un antipatico senso di impotenza.

Tutto ciò va avanti da tempo, come vi dicevo, precisamente dallo scorso luglio, ovvero da quando ho saputo della chiusura di Colette (diventata definitiva esattamente una settimana fa, il 20 dicembre – vedere qui e qui) e della cessione degli spazi appartenenti a 10 Corso Como (qui e qui due articoli di Pambianco).
Ad acquisire gli spazi sono stati l’imprenditore Tiziano Sgarbi e la stilista Simona Barbieri, fondatori ed ex proprietari di TwinSet: la mia perplessità circa l’acquisizione è aggravata dal fatto che proprio il marchio TwinSet è stato da loro ceduto al gruppo Carlyle, grossa società internazionale di asset management.
E io mi domando: cosa faranno questi due signori, ora, con 10 Corso Como? Seguirà la stessa sorte di quel loro ex marchio, finirà in pasto a qualche abnorme gruppo finanziario dove contano solo i numeri?

Colette e 10 Corso Como: due concept store, due spazi polifunzionali, due realtà appartenenti rispettivamente non solo alla storia di città come Parigi e di Milano ma al mondo.
Due luoghi mentali prima che fisici che hanno scritto pagine importanti della moda e del costume internazionale e del modo di intenderli: l’hanno fatto per 20 anni nel caso di Colette (fondato nel 1997 da Colette Roussaux) e per 27 anni nel caso di 10 Corso Como (fondato nel 1990 da Carla Sozzani, sorella di Franca, mitica direttrice di Vogue Italia).

Poi, dopo queste notizie, a fine luglio, è arrivata anche la telefonata di Tania Mazzoleni.
Per chi legge A glittering woman (grazie sempre ), quello di Tania è un nome familiare: è la fondatrice di MAD Zone, negozio e salotto meneghino sospeso tra moda, arte e design e che io ho sostenuto con tanto entusiasmo durante tutto il suo percorso, dagli eventi che lì sono stati presentati (qui e qui due esempi) fino ad arrivare ai creativi che ho conosciuto attraverso quella che era diventata una vera e propria fucina di talenti (come per esempio Andrea de Carvalho e Buh Lab).
Quella che ho scelto per illustrare il presente post, qui in alto, è una foto che ritrae me e Tania proprio in occasione di uno degli eventi di MAD Zone della scorsa primavera.

Ecco, il 31 luglio, Tania mi ha annunciato la chiusura di quel suo spazio così vivo e così emozionante ed è stato un duro colpo al cuore visto il mio deciso e sincero sostegno, è stato uno sviluppo inatteso e doloroso che mi ha toccato proprio nel personale e nel profondo, perché gli investimenti morali sono quelli sui quali io punto con più forza.
E in MAD Zone credevo fortemente, so che aveva tutte le carte in regola per diventare sempre più un grande successo. Come Colette e come 10 Corso Como.

Per completare il quadro alquanto nefasto mancava solo un’ulteriore quanto pessima notizia ricevuta attraverso Valentina Martin, la fondatrice di Spazio Asti 17, altro indirizzo milanese particolarissimo.
Dopo le vacanze estive, in settembre, ho incontrato Valentina per caso, a una fiera di settore: con un dispiacere evidente, mi ha confessato la chiusura del suo spazio che negli anni ha ospitato artisti e designer (lì ho incontrato Eleonora Ghilardi fisicamente dopo tanti scambi virtuali) e che è stato il teatro di tanti eventi culturali ai quali ho partecipato, talvolta con un ruolo attivo (per esempio quando sono stata chiamata a presentare uno dei libri della brava Irene Vella, giornalista e amica).

Ecco, a quel punto la mia amarezza è diventata dilagante. Leggi tutto

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