Il Museo da Vinci di Milano accoglie le Dream Beasts di Theo Jansen

C’è un luogo qui a Milano al quale sono particolarmente legata: si tratta del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci, un luogo capace di rendere il giusto omaggio all’eclettica figura alla quale è intitolato.

Uomo d’ingegno e talento universale del Rinascimento, Leonardo incarnò in pieno lo spirito della sua epoca, cimentandosi – con risultati straordinari – in molti ambiti dell’arte e della conoscenza: si occupò di architettura e scultura, fu disegnatore, trattatista, scenografo, anatomista, musicista, progettista, inventore.

Il Museo della Scienza di Milano onora questa visione aperta e si occupa di promuovere cultura e conoscenza in modo altrettanto eclettico: ospita mostre ed eventi di vario genere e carattere, incrocia senza timori settori talvolta apparentemente lontani tra loro, supera limiti e confini, riesce a coinvolgere adulti e bambini.

Settimana scorsa, sono stata all’anteprima stampa di una mostra che – ancora una volta – è riuscita a sorprendermi: il Museo presenta per la prima volta in Italia le opere dell’artista olandese Theo Jansen, conosciuto in tutto il mondo per le sue gigantesche installazioni cinetiche chiamate Strandbeest (letteralmente “animali da spiaggia”), creature ibride dall’aspetto zoomorfo che si muovono sfruttando la spinta del vento. Leggi tutto

Karl Lagerfeld, il Kaiser della Moda tra grandezza e umanità

Quando Franca Sozzani scomparve, nel 2016, mi trovai a confessare qui nel blog di nutrire una simpatia alquanto tiepida per lei sebbene invece la stima professionale fosse forte: ora mi ritrovo nella stessa situazione con lui, Karl Lagerfeld, il Kaiser della Moda scomparso il 19 febbraio.

Come ho già scritto in un post pubblicato nel mio account Instagram, c’è una cosa importante che ho imparato grazie al fatto di scrivere non solo per me stessa ma anche per i magazine che negli anni mi hanno dato fiducia: è andare oltre simpatie, antipatie e gusti personali per focalizzarmi obiettivamente su meriti e demeriti allo scopo di riuscire a fare un’analisi lucida.

Karl Lagerfeld – stilista, fotografo, illustratore e non solo – non mi era particolarmente simpatico per vari motivi, non ultime alcune sue esternazioni in merito agli scandali sessuali in ambito moda, ma è assolutamente innegabile che – esattamente come Franca Sozzani – anche lui ha avuto un ruolo fondamentale nella moda degli ultimi decenni vestendo i panni di direttore creativo di Fendi (dal 1965) e di Chanel (dal 1983) nonché della linea che porta il suo nome, senza dimenticare le esperienze da Pierre Balmain, Jean Patou e Chloé (dove è rimasto per 15 anni).
Innegabile è, infatti, che sia stato un uomo estremamente eclettico, un’icona luxury (vedasi Chanel e Fendi) eppure pop al tempo stesso (fu il primo stilista, nel 2004, a collaborare con H&M inaugurando il ciclo e il successo delle campagne di masstige del celebre colosso svedese, ovvero le collaborazioni con brand e designer), una persona dalla genialità e dal talento multiforme, un instancabile creativo, prolifico e stacanovista: era altrettanto noto per la spigolosità del suo fortissimo carattere, per non avere peli sulla lingua, per alcune sue stranezze.
Nei primi anni 2000, per esempio, Lagerfeld si sottopose a una dieta perdendo circa 40 chili in tredici mesi solo per vestire gli abiti dalla silhouette slim disegnati dallo stilista Hedi Slimane; tra i suoi eredi, figura la gattina Choupette che, da lui adottata nel 2011 e resa una star del web, sta ora per ereditare una parte della vasta fortuna del Kaiser.
In base alle volontà dello stilista riportate dal quotidiano Le Monde, Karl Lagerfeld non avrà funerali pubblici né una sepoltura: verrà organizzata una celebrazione privata durante la quale le sue ceneri saranno disperse insieme a quelle della madre e del grande amore, ceneri che lui aveva custodito sin dal giorno delle loro rispettive scomparse.
Il grande amore è Jacques de Bascher, famoso come il dandy nero, scomparso nel 1989 e mai dimenticato da Lagerfeld: per 18 anni, i due formarono una coppia insolita e ultra-moderna.
Dopo la scomparsa di De Bascher a soli 48 anni, Lagerfeld pare aver preferito dedicarsi all’amore per gli animali (si dice che non si sia mai ripreso del tutto dalla morte prematura di colui che è stato l’unico vero amore della sua vita): quella che potrebbe apparire come una stranezza, ovvero nominare la micia Choupette tra i suoi eredi, è in fondo il desiderio di assicurarle una vita serena.

Per quanto riguarda Chanel, sarà ora Virginie Viard, direttore del Fashion Creation Studio della maison e braccio destro di Lagerfeld per oltre 30 anni, a prendere le redini creative della griffe.
«In questo modo – si legge in un comunicato Chanel – l’eredità di Gabrielle Chanel e di Karl Lagerfeld si proietta nel futuro».
Auguro buon lavoro a Virginie poiché sostituire Kaiser Karl sarà senza dubbio una sfida impegnativa.

Io gli rendo omaggio con queste righe e con una illustrazione fatta da una persona piena di talento, ovvero la bravissima Giovanna Sitran alias The Glam Pepper: l’illustrazione rappresenta Lagerfeld in compagnia di Lily-Rose Depp, una delle sue muse.
Penso che non vi sia modo migliore per onorare lui e la sua visione: talento per talento, bellezza per bellezza.

Sostengo da tempo che spero esista un luogo, da qualche parte, dove donne e uomini eccellenti si ritrovano per discutere amabilmente e in eterno di bellezza.
Ciao Karl, spero che ora tu sia lì 🖤

Manu

La Piccola Fabbrica dei Mostri (mostri?) di Stefano Prina tra arte e gioiello

Se la memoria non mi tradisce, era il 2015 quando, camminando lungo via Pontaccio a Milano, nel pieno cuore di Brera, il mio sguardo fu attirato dalla vetrina di un atelier di gioielli.
In particolare, il mio sguardo fu calamitato… da altri sguardi: in vetrina, infatti, troneggiava una ciotola carica di stupendi anelli nei quali, al posto di una pietra o di un cristallo, a fare bella mostra erano degli occhi di tanti colori e in varie misure.

Entrai nel negozio e chiesi informazioni, ma non acquistai (scioccamente) nessun anello; tornai tempo dopo, non ricordo di preciso quando ma, con mio grande disappunto, scoprii che gli anelli non c’erano più.
C’era tuttavia una commessa molto gentile che capì a cosa mi stessi riferendo a mi lasciò un biglietto da visita di Stefano Prina, il creatore degli anelli.

Non so se a qualcuno sia capitato di leggere un mio post datato 2016 nel quale ho confessato tutto il mio amore – o, se preferite, la mia fissazione – verso l’occhio e i suoi significati: già allora avevo iniziato a tenere d’occhio (è proprio il caso di dirlo…) tutta una serie di designer il cui lavoro verte su questo dettaglio non solo anatomico e proprio in quel testo inclusi anche gli anelli di Stefano Prina.

Il suo biglietto da visita preso in via Pontaccio è sempre rimasto tra quelli in sospeso sulla mia scrivania: c’è voluto Internet e precisamente Instagram perché le nostre strade si incrociassero nuovamente.
Attraverso l’account di una persona con la quale mi interfaccio, ho visto un anello: ho seguito il tag, ho confrontato il nome con il biglietto da visita e ho avuto conferma che sì, si trattava dello stesso artista e degli stessi anelli dei quali mi ero già innamorata.
Da allora ho iniziato a seguire Stefano attraverso il suo account Instagram e a mettere tanti like alle sue creazioni: gli ho scritto chiedendo informazioni e infine, poco prima di Natale, sono andata a trovarlo nel suo studio-laboratorio.
Gli ho raccontato come l’avessi seguito e ritrovato negli anni da quel primo incontro in via Pontaccio: per fortuna, lui ha capito che non solo una stalker, ma solo una collezionista appassionata e un po’ pazzerella.

Ma volete sapere perché gli occhi mi colpiscono tanto? Leggi tutto

Love Therapy, l’Alfabeto Elio Fiorucci (ri)letto dagli studenti di Brera

La mostra Love Therapy – Alfabeto Elio Fiorucci in un mio scatto

Giusto qualche giorno fa, nel post dedicato alla special sale del guardaroba di Franca Sozzani, parlavo di moda come linguaggio e – conseguentemente – come codice e alfabeto; eccomi allora a parlarvi oggi di un altro alfabeto, quello del grande, indimenticato e indimenticabile Elio Fiorucci.

Fino al 21 febbraio, l’ex Chiesa di San Carpoforo ospita la mostra Love Therapy – Alfabeto Elio Fiorucci a cura di Floria Fiorucci (Creative Director dell’Archivio Love Therapy) e Paola Maddaluno (docente di Design del Tessuto).

Insieme ai lavori degli studenti del corso di Design del Tessuto dell’Accademia di Brera, Love Therapy – Alfabeto Elio Fiorucci presenta materiali (oggetti, tessuti, abiti, documenti cartacei) appartenenti all’archivio Love Therapy, ovvero il brand ideato nel 2003 da Elio Fiorucci con l’intento di proseguire la sua rivoluzione d’amore iniziata nel 1967 con l’apertura del negozio Fiorucci in Galleria Passarella a Milano.

Partendo dal presupposto che la bellezza sia fantasia e libertà, Elio Fiorucci ha sempre voluto portare avanti un discorso improntato all’etica, sostenendo che «un’attività commerciale o industriale deve partire da un progetto spirituale, perché i consumatori sono sempre in grado di riconoscere i valori essenziali di un prodotto».

Elio Fiorucci ha dunque scelto di comunicare amore attraverso la moda: ha voluto trasmettere gentilezza e rispetto verso il prossimo con abiti, accessori e oggetti allegri e colorati, innovativi e di buon design, capaci di infondere un sentimento di ottimismo e celebrano la gioia di vivere.

Oggi Love Therapy è diretto dalla sorella Floria la quale continua a promuovere uno stile segnato dal senso della libertà e dall’attenzione alle culture che nascono dalla strada.

Grazie a Love Therapy – Alfabeto Elio Fiorucci si può assistere a un dialogo originale e inatteso. Leggi tutto

YOOX ospita in esclusiva Franca Sozzani Private Collection

Quando ho fondato questo piccolo spazio web, ho voluto raccontare nella pagina Chi sono il mio pensiero circa abiti e moda.

Ho raccontato come io consideri la moda una forma di cultura, una modalità di libera espressione e di comunicazione personale e sociale, un linguaggio istantaneo e immediato che amo e rispetto.

Ho raccontato come io pensi che l’estetica non può e non deve essere slegata dall’etica e dai contenuti: la moda non è mera apparenza, può (e per me deve) essere anche sostanza ed essenza.

Ho raccontato come io – altamente imperfetta – abbia scelto una dimensione che molti credono essere basata esclusivamente sull’apparenza; ho raccontato come io abbia deciso di lavorarci portando testardamente avanti la mia visione basata (anche) su contenuti e sostanza.

Ho raccontato infine che per me i vestiti non sono fatti per farci apparire più giovani o più magri – o non solo per quello: i vestiti sono suggestioni e sogni tradotti in stoffa e noi, a nostra volta, possiamo sceglierli affinché ci rappresentino, attraverso la nostra interpretazione e personalizzazione, attraverso sottrazioni o aggiunte, per comunicare con gli altri e per raccontare chi siamo.

Sarò stupida, illusa, pazza, visionaria, cocciuta, ostinata ma nessuno mi fa cambiare idea: ancora oggi, continuo a credere che la moda non sia solo un bel vestito o il bel visino di una modella.
Continuo a credere che sia molto di più.
E continuo a credere fermamente che la moda debba essere inclusiva, ovvero essere rappresentativa della società in cui viviamo e di tutte le persone che la compongono.

Se tutto ciò è vero, se la moda è linguaggio, allora un guardaroba è un codice.
E costruire il proprio guardaroba, pezzo dopo pezzo, anno dopo anno, è come lavorare alla scrittura di un codice. Leggi tutto

Rob Pruitt x YOOX Migration Moving Blanket, il progetto tra design e antropologia

Rob Pruitt x YOOX. Migration Moving Blanket, 2018 ®Justin Jay

Oggi scelgo di parlarvi di un argomento che si è guadagnato immediatamente la mia attenzione poiché unisce un artista e uno store online in un progetto di design che profuma di antropologia: si tratta di Rob Pruitt che debutta in esclusiva su YOOX con il progetto Migration Moving Blanket, 2018.

Artista intenso ed eclettico, Rob Pruitt si muove con grande agilità attraverso ogni mezzo espressivo.
Nato nel 1964 a Washington, vive e lavora a New York: ha studiato al Corcoran College of Art and Design di Washington e alla Parsons School of Design di New York e ha esposto nei più prestigiosi musei del mondo, con mostre personali e collettive dalla Tate Modern di Londra a Palazzo Grassi a Venezia passando per il Guggenheim Museum di New York.

Fondato nel 2000, lo store online YOOX offre un’ampia scelta di capi d’abbigliamento e accessori per uomo e donna, moda bimbo, un assortimento di oggetti di design, brand attenti alla responsabilità sociale e ambientale: propone anche collaborazioni esclusive con rinomati artisti internazionali, proprio come quella della quale desidero raccontare.

L’artista statunitense debutta online con Rob Pruitt x YOOX. Migration Moving Blanket, 2018, un progetto speciale realizzato in esclusiva per YOOX che presenta una serie di quaranta pezzi unici, coperte in edizione limitata, ciascuna accompagnata dal proprio certificato di autenticità firmato e numerato.

Conosciuto per lo stile esuberante e in continua evoluzione, Pruitt e la sua opera trascendono specifici movimenti e tecniche artistiche: il suo sguardo disincantato e colto spazia tra arte, sociologia e antropologia e le sue innumerevoli forme espressive lo hanno visto cimentarsi con panda serigrafati e dinosauri cromati, scarabocchi terapeutici e frigoriferi antropomorfi.
Pruitt prende citazioni visive della nostra epoca e le ripropone in opere coloratissime: usa l’arte come veicolo di denuncia sociale, per arrivare direttamente al nucleo di questioni culturali e politiche fondamentali.

Rob Pruitt x YOOX. Migration Moving Blanket, 2018 trae ispirazione dalla complessa questione delle migrazioni intese come fenomeno sia naturale sia sociale.

Nel mondo naturale, le specie animali migrano stagionalmente alla ricerca di luoghi più agevoli e sicuri; allo stesso modo, gli esseri umani migrano per sfuggire da forme di tirannia, dittatura e autocrazia o si trasferiscono con la speranza di trovare migliori condizioni di vita.

«Come animali umani, ci spostiamo dalla privacy delle nostre case agli spazi pubblici ed è interessante per me osservare come il pensiero politico viene espresso in entrambi i luoghi.»
Così dice Rob Pruitt del suo lavoro.

Naturale prosecuzione di American Quilts, la sua più recente produzione artistica, la serie creata in esclusiva per YOOX è stata realizzata decorando coperte di produzione industriale con l’applicazione di stampe serigrafate di oche, animale migratore per eccellenza, stilizzate e trasformate in motivi geometrici ispirati ai pixel digitali e ai quilting squares, i tradizionali elementi decorativi delle trapunte (in inglese quilt).

Rob Pruitt x YOOX. Migration Moving Blanket, 2018 ha debuttato su YOOX ieri, 7 febbraio, con l’inizio della fiera di arte e design Nomad St. Moritz dove, fino all’11 febbraio, il progetto sarà esposto in anteprima assoluta (potete dare un occhio qui, qui, qui e qui).

Perché ho scelto di parlarvi di questo progetto?

Perché la migrazione – e mi riferisco soprattutto a quella umana – è una questione particolarmente attuale e che solleva molte discussioni: ci sono molti modi di occuparsene e io mi sono presa una buona dose di insulti ogni volta in cui mi sono espressa sui social network.
Non mi importa ribadire ora quale sia la mia posizione; mi sta più a cuore che se ne parli, possibilmente civilmente.
E se ne può parlare in tanti modi, ripeto, e dunque anche attraverso un progetto di arte e design: tutte le motivazioni della mia scelta sono racchiuse alla perfezione dalla dichiarazione di Beatrice Trussardi, curatrice della sezione DESIGN+ART di YOOX.

«Rob Pruitt ha risposto con entusiasmo e generosità all’invito a realizzare un progetto speciale per la nostra gallery e lo abbiamo scelto perché è un artista che non ha timore di confrontarsi con la realtà che lo circonda, anche quando è scomoda o difficile, e perché è capace di scardinare luoghi comuni e tabù con gesti ironici che celano profondità di analisi e di pensiero. Le opere che ha realizzato per YOOX rappresentano un commento arguto alla complessità del tema delle migrazioni, di ieri e di oggi: non multipli in serie ma quaranta pezzi unici, uno diverso dall’altro, come uniche e individuali sono le storie delle persone che per qualsiasi ragione si trovano a dover lasciare la loro terra d’origine per un luogo nuovo, con il loro carico di timori e aspettative per il futuro

Ad accompagnare il progetto Rob Pruitt x YOOX. Migration Moving Blanket, 2018 c’è anche il video con il quale concludo questo post: 400 miglia separano New York dal confine canadese e YOOX le ha percorse tutte simulando un tipico trasloco americano.
Un pick-up, una poltrona avvolta nella Migration Moving Blanket di Rob Pruitt e un viaggio suggestivo, metafora del concetto di migrazione.

E io non ho davvero niente di più da aggiungere se non lasciarvi il link nel caso in cui vogliate dare un occhio ai pezzi di Pruitt su YOOX.

Manu

Sicis Jewels e V&A Museum, il micromosaico e il valore del tempo

Quasi cinque anni fa, precisamente in aprile 2014, ero stata invitata all’inaugurazione della boutique Sicis Jewels di Milano, in via della Spiga.

Il nome Sicis vi è magari familiare e forse lo è per quanto riguarda l’architettura e il design d’interni: il brand si occupa in effetti di mosaico artistico in tali ambiti e ha poi portato la sua maestria nel mondo del gioiello attraverso il micromosaico.

Come avevo raccontato in un post seguito a quella meravigliosa avventura, in boutique mi era stato spiegato che il periodo di maggior splendore dell’arte del micromosaico è stato il XVIII secolo, quando i maestri mosaicisti romani esportavano le loro parure di gioielli in tutto il mondo e soprattutto presso le corti di Parigi e San Pietroburgo, per le collezioni private delle famiglie reali con nomi del calibro di Maria Luisa d’Austria e Carolina e Giuseppina Bonaparte.

A dare risalto ai gioielli realizzati con la tecnica del micromosaico fu anche, già a partire dal XVII secolo, la pratica del Grand Tour, il viaggio intrapreso dai ricchi giovani dell’aristocrazia europea per visitare le città d’arte italiane allo scopo di conoscerne la cultura, l’arte e le antichità.
Proprio grazie a questo turismo di élite, nacquero vari laboratori artigianali nei quali si realizzavano souvenir di alta qualità tra i quali micromosaici raffiguranti soggetti neoclassici e vedute di monumenti, fiori, animali e scene di vita popolare.

Si può dunque affermare che mosaico e micromosaico siano interpreti multi sfaccettati di tempi, tradizioni, stili e perfino trend, già da molti secoli.

La continua ricerca di nuove esperienze e la passione per l’arte musiva: sono i due elementi che hanno portato Sicis Jewels ad approfondire sempre più la tecnica e la storia del micromosaico nonché la sua applicazione nella gioielleria. Leggi tutto

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