Libri e Natale: 9 titoli su moda & costume da mettere sotto l’albero

Amo leggere. E amo i libri. Appassionatamente e da sempre.

Li amo fin da piccina, dai primi anni delle elementari. Leggevo così tanto, letteralmente bevendo ogni libro acquistato, che i miei mi fecero l’abbonamento alla biblioteca di zona. Pochi anni dopo, feci io stessa quello alla Sormani, la bellissima biblioteca centrale sede del sistema bibliotecario comunale milanese.

Ora che si avvicina Natale e tutti noi pensiamo ai regali per coloro che amiamo, io ho pensato ai libri.

Libri e Natale: trovo sia un binomio meraviglioso in quanto credo che regalare conoscenza sia uno dei regali d’amore più belli che si possano fare. Perché conoscere aiuta a essere liberi. E a spiccare il volo.

Nel tempo, la mia passione per la lettura si è estesa a tutti i settori di mio interesse. Non fa eccezione la moda, per due motivi.

Il primo è perché la moda è diventata il mio lavoro e quindi ho bisogno di formazione continua. Il secondo è perché alla base di questo mondo – che a tanti sembra superficiale – c’è in realtà tanta cultura. La moda vive di conoscenza e di approfondimento. Se si desidera conoscerla davvero ed essere in grado di interpretarla correttamente, occorre indagarne codici e significati.

Ho dunque pensato di selezionare nove libri di recentissima pubblicazione da mettere sotto l’albero per nutrire la conoscenza in ambito moda e costume. E per indagare le molteplici e reciproche relazioni che la moda intrattiene con mondi come cinema, spettacolo e musica. Leggi tutto

E anche Monsieur Hubert de Givenchy ci lascia in un mondo ora più triste

Hubert de Givenchy e Audrey Hepburn, 1983, foto © Joe Gaffney (sito e account Instagram)

Una settimana: tanto è passato da quando, pranzando con una persona che stimo, si parlava di quanto risulti difficile per chi lavora nella moda rassegnarsi davanti al tempo che passa, mettendosi da parte e andando in pensione.

Sabato scorso, seduti al tavolino di un posticino accogliente, io e A. citavamo vari esempi, tra stilisti e giornalisti, e io gli esponevo una mia teoria: il motivo per cui in questo settore non ci si rassegna facilmente all’idea della pensione è che la moda è un lavoro fatto di una passione che spesso finisce per diventare totalizzante, sia che si crei concretamente (abiti) sia che si crei virtualmente (attraverso le parole).
E gli ho confessato come immagini già me stessa 70enne ancora intenta a girare – ahimè – per sfilate, presentazioni e press day in cerca di bellezza, creatività e genialità…

Seduti a quel tavolo, nessuno di noi due poteva immaginare come in quello stesso giorno – il 10 marzo – si stesse spegnendo uno dei più grandi couturier di tutto il Novecento, Hubert James Marcel Taffin de Givenchy, aristocratico di nascita ma soprattutto di modi, classe 1927, fondatore nel 1952 e a soli 25 anni della nota e prestigiosa casa di moda che porta il suo nome, Givenchy.
E con Hubert de Givenchy scompare purtroppo uno degli ultimi testimoni dell’epoca d’oro della Haute Couture francese; scompare un autentico gentiluomo che ha vestito donne bellissime e che sono state elegantissime anche grazie a lui.
Alto oltre due metri e slanciato, molte di quelle donne l’hanno descritto come uno degli uomini più seducenti mai incontrati.

A dare la triste notizia al mondo è stato Philippe Venet, il compagno dello stilista: il fatto che sia morto nel sonno, a 91 anni e dopo averci lasciato creazioni indimenticabili, non mi consola affatto.
Anzi, al contrario, mi addolora e mi fa sentire irrimediabilmente defraudata perché, insieme a uomini come Givenchy, scompare sempre più un mondo, scompare un modo di fare e intendere la moda, sebbene mi piace pensare (o sperare…) che quel certo concetto di eleganza che lui ha contribuito a creare sopravvivrà nel tempo.

Vi chiederete però perché io stia legando Givenchy all’aneddoto personale raccontato in principio: perché, nel 1988, il couturier aveva venduto la sua maison alla holding francese LVMH continuando a firmare le collezioni fino al 1995, anno del suo definitivo ritiro.
Lui, dunque, aveva saputo farsi da parte, senza clamore e senza chiasso, e in questa capacità – occorre ammetterlo – ha dimostrato ancora una volta un’eleganza sottile e suprema.
«Ho smesso di fare vestiti ma non di fare scoperte», aveva dichiarato, e credo non vi sia nulla da aggiungere.

Mettersi da parte non deve essere stato facile per un uomo del suo calibro, ma volete sapere una cosa?
Due anni prima, nel 1993, Hubert de Givenchy aveva vissuto un dolore davvero immenso e tangibile: il 20 gennaio di quell’anno era infatti scomparsa Audrey Hepburn, sua musa e amica per lunghissimi anni, quaranta, per l’esattezza. Leggi tutto

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