In tempi di COVID-19, scagli la prima pietra chi è senza peccato

Negli ultimi tempi mi sono sentita… disorientata.
Ho pensato a lungo a quale aggettivo usare per definire il mio stato animo e volete sapere una cosa? In realtà non ne esiste uno che mi soddisfi e che mi rappresenti al 100%.
Ciò che provo è molto complesso e anche un po’ aggrovigliato e credo sia uno stato comune a moltissimi di noi.
A ogni modo, penso che ‘disorientata’ – aggettivo che dipinge chi è smarrito, spaesato, interdetto, spiazzato – sia la definizione più vicina e calzante.

Dunque sì, ecco, mi sento disorientata, su molte cose e da molte cose, e tengo a precisare che il disorientamento non riguarda cosa devo e dobbiamo fare, quali comportamenti tenere.
Su quel fronte è tutto chiaro e il disorientamento è nei sentimenti e nei pensieri.
Il disorientamento è quello di cuore, anima e testa sballottati in una continua alternanza di contrasti, di alti e bassi, come se mi trovassi su una giostra impazzita e fuori controllo…

Quando ci si sente così, è preferibile tacere anche per non coinvolgere gli altri nel proprio stato d’animo, quindi ho scelto volontariamente e consciamente di non pronunciarmi più e in alcun modo riguardo gli sviluppi del COVID-19, privilegiando esclusivamente l’ascolto.

Non mi era mai successo nulla di simile, non mi ero mai sentita così fortemente e completamente spaesata, spiazzata, smarrita nemmeno in altri momenti molto duri, miei personali o comuni a tutta la nostra società e diciamo che ne abbiamo passati diversi.
Io ricordo personalmente (e non per averlo letto nei libri di storia), da piccolissima in poi, il disastro di Chernobyl, la guerra del Golfo, l’11 settembre, gli attentati terroristici in tutta Europa, la guerra in Siria, la SARS, l’encefalopatia spongiforme bovina diventata tristemente nota come morbo della mucca pazza, così, giusto per citarne alcuni.
Forse, però, questo è davvero un momento diverso rispetto a tutto ciò che abbiamo vissuto finora… forse presenta davvero un lato inedito in quanto nessuno di noi (se non i più anziani) aveva mai sperimentato personalmente una pandemia che implica una rigorosa quanto necessaria limitazioni delle nostre libertà individuali e personali.

Tuttavia ora, dopo il lungo silenzio, desidero esprimere alcuni pensieri. Leggi tutto

Van Cleef & Arpels, il tempo, la natura, l’amore: la mostra-evento a Milano

«Stupóre s. m. [dal lat. stupor -oris, der. di stupēre «stupire»]. – 1. Forte sensazione di meraviglia e sorpresa, tale da togliere quasi la capacità di parlare e di agire.»

Questa è la definizione che si trova se si va a cercare il sostantivo stupore nel vocabolario Treccani.

Ma se non vi accontentate di ciò, se volete sentire vibrare in voi il senso più profondo di questa parola… beh, allora mi permetto di offrire un piccolo suggerimento: fino al 23 febbraio 2020, stupore, meraviglia, emozione, bellezza, maestria albergano in unico luogo a Milano e precisamente a Palazzo Reale che ospita la mostra “Van Cleef & Arpels – il tempo, la natura, l’amore” curata da Alba Cappellieri.

Allestita nell’Appartamento dei Principi e nelle Sale degli Arazzi della reggia milanese, la mostra è a ingresso gratuito e questo è un dato che tengo a sottolineare immediatamente poiché trovo meraviglioso che un evento così importante e significativo sia offerto a costo zero a tutti coloro che ne vogliano godere: dischiudere bellezza e cultura senza pretendere soldi in cambio… questa è reale condivisione, apertura, accessibilità! Leggi tutto

La Leggerezza va in mostra alla Galleria Rossini a Milano

Non mi stancherò mai di dichiarare la viva antipatia che nutro verso ghetti e recinti – a partire da quelli auto costruiti nei quali, talvolta, siamo noi stessi a rinchiuderci, negandoci infinite possibilità.

Non mi piacciono i compartimenti stagni e sono invece a favore della contaminazione e della libera circolazione di idee e pensieri; non ho simpatia nemmeno per classifiche e graduatorie, soprattutto quando si parla di arte e creatività, e non apprezzo definizioni come arti minori.

In aggiunta a tutto ciò, dichiaro il mio amore per la leggerezza.

Come ho raccontato in altre occasioni, quando parlo di leggerezza non mi riferisco a qualcosa che fa rima con disimpegno o superficialità, bensì a uno stato di grazia che lieve e soave solletica i sensi, con garbo e intelligenza, e che permette di «planare sulle cose dall’alto», proprio come affermava il grande Italo Calvino che a questo valore – tale lo considerava – dedicò anche un saggio.

Il saggio sulla leggerezza è la prima delle conferenze che Italo Calvino avrebbe dovuto tenere all’Università di Harvard nell’anno accademico 1985-86: morì prima, purtroppo, e il testo da lui preparato fu pubblicato postumo (Lezioni americane – Sei proposte per il prossimo millennio).

«In questa conferenza cercherò di spiegare, a me stesso e a voi, perché sono stato portato a considerare la leggerezza un valore anziché un difetto», scriveva Calvino, quasi a dimostrare che la pesantezza del mondo – quella che oggi spesso ci ritroviamo a subire – può essere sconfitta solo dal suo contrario.

Sono profondamente d’accordo con lui ed ecco perché, oggi, vi parlo di un concorso d’arte che si intitola proprio Leggerezza. Leggi tutto

Luisa Beccaria SS 2017, la bellezza della leggerezza

Oggi sento un gran bisogno di leggerezza.

Sarà la primavera sbocciata ormai da giorni e che mi raggiunge perfino qui, nel mio studio, attraverso la finestra aperta.

Sarà l’imminente Pasqua: lo spirito di rinascita che accompagna questa importantissima festività bussa anche alla mia porta.

Quando parlo di leggerezza non mi riferisco a qualcosa che fa rima con disimpegno o superficialità, bensì a uno stato di grazia che lieve e soave solletica i sensi, con garbo e intelligenza, e che permette di «planare sulle cose dall’alto», proprio come affermava il grande Italo Calvino che a questo valore – tale lo considerava – dedicò anche un saggio.

Il saggio sulla leggerezza è la prima delle conferenze che Italo Calvino avrebbe dovuto tenere all’Università di Harvard nell’anno accademico 1985-86: morì prima, invece, e il testo da lui preparato fu pubblicato postumo (Lezioni americane – Sei proposte per il prossimo millennio).

«In questa conferenza cercherò di spiegare, a me stesso e a voi, perché sono stato portato a considerare la leggerezza un valore anziché un difetto», scriveva Calvino, quasi a dimostrare che la pesantezza del mondo – quella che oggi spesso ci ritroviamo a subire – può essere sconfitta solo dal suo contrario.

Dimenticavo: ho anche desiderio di delicatezza e leggiadria, sentimenti che spesso sembrano essere completamente fuori moda.

E così, considerato questi miei desideri di leggerezza, delicatezza, leggiadria, bisogni che vanno a braccetto con armonia, bellezza e poesia, ho pensato di condividere il racconto di una bellissima sfilata alla quale ho assistito lo scorso settembre, in una giornata tiepida e soleggiata che in fondo assomiglia un po’ a questa.

La sfilata in questione è quella della maison Luisa Beccaria che giovedì 22 settembre 2016 ha presentato la collezione primavera / estate 2017 in un luogo ricco di fascino, ovvero nel chiostro di San Vittore al Corpo, l’ex monastero benedettino che dagli Anni Cinquanta del secolo scorso ospita il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci.

Alla collezione Luisa Beccaria SS 2017 è stato dato il nome The Nymph Affair: il nucleo centrale è il racconto di una donna che gioca con la propria natura e tale natura evolve costantemente, come l’acqua.

L’acqua fluttua, si increspa e poi torna calma nelle sue mille sfumature che vanno dall’azzurro più limpido ai toni più intensi: essa muta, dunque, e così fa la donna di Luisa Beccaria, fortemente protesa verso un’idea di femminilità decisa ma fluida. Proprio come una ninfa contemporanea. Leggi tutto

Angela Pavese fa sbarcare a Monza blogger che vengono da Mercurio

Ho spesso sospettato di essere una marziana o – quanto meno – mi sono spesso sentita un pesce fuor d’acqua.

Marziana nel senso che mi pare di non appartenere né ad alcun luogo né ad alcuna tipologia, soprattutto professionale: da quando lavoro come freelance, mi sento un po’ confusa e spaesata esattamente come E.T., l’extra-terrestre del famoso e omonimo film, diviso tra gli amici trovati sulla Terra e il desiderio di tornare a casa, tra le stelle, coi suoi cari.

Cosa sono io, in effetti?

Qualcuno mi chiama blogger, altri mi dicono che assomiglio di più a una giornalista, più che altro per il lavoro che svolgo per alcune testate online.

E io? Cosa penso di me stessa?

Mi sento una blogger? Non lo so, credo di sì in quanto tengo in vita questo spazio, ma di sicuro mi sento poco fashion blogger perché le categorie chiuse non mi piacciono e perché qui pubblico un po’ di tutto, dalla moda all’arte, dal cibo ai viaggi, dal lifestyle al beauty, dai libri che amo ai miei pensieri in libertà.

Mi sento una giornalista? No, per carità, non mi sento affatto una giornalista perché sono molto severa con me stessa e, non essendo in possesso del famoso tesserino, non oserei mai nemmeno pensare di poterlo essere. In linea generale, non credo nei “pezzi di carta”, eppure quel mestiere mi incute un tale senso di rispetto che no, senza tesserino non me la sento proprio di usare una parola che per me è troppo importante. Leggi tutto

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