Le gemme in Dante, l’omaggio che mancava va in mostra a Casalmaggiore

Ricevo e volentieri condivido – È stata inaugurata lo scorso venerdì 24 settembre Dolce color d’orïental zaffiro – Le gemme in Dante e nei bijoux americani, una mostra a cura di Maria Teresa Cannizzaro e Fiorella Operto presso il Museo del Bijou di Casalmaggiore (CR).

Quando a scuola si studia Dante Alighieri, nato a Firenze nel 1265 e morto a Ravenna nel 1321, non siamo forse in grado di apprezzare fino in fondo la magnificenza di un poeta che tutto il mondo ha ammirato e ammira, colui che insieme a Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio compone le tre Corone Fiorentine ed è considerato un pilastro della lingua italiana; eppure, quasi chiunque ricorda a memoria, anche a distanza di tanti anni, almeno qualche terzina della sua opera più famosa, il poema la Divina Commedia.

Le celebrazioni che ricorrono quest’anno in occasione dei 700 anni dalla morte del poeta hanno toccato le più erudite e approfondite declinazioni possibili in un tributo più che doveroso: si aggiunge ora un tassello – prezioso, è proprio il caso di dirlo – grazie appunto al Museo del Bijou.

È così che le gemme citate in diversi passaggi della Divina Commedia prendono vita nei più iconici e originali bijou americani dagli Anni Quaranta ai Settanta, firmati da nomi prestigiosi quali Kenneth Jay Lane, Miriam Haskell, Pell, Trifari, Krementz: ne è nato un racconto inedito e un curioso incrocio tra i gioielli e i versi di Inferno, Purgatorio e Paradiso. Leggi tutto

BE A SWEETHEART, il cuore nel gioiello moda è in mostra a Milano

Mostra ‘BE A SWEETHEART’ (photo courtesy HOMI)

Varie volte, in passato, ho parlato del salone HOMI e torno oggi a parlare molto volentieri di HOMI Fashion&Jewels, il nuovo format esclusivamente dedicato all’accessorio moda, gioiello e bijou in programma dal 15 al 18 febbraio a Fiera Milano: in particolare, desidero parlare di una delle iniziative connesse alla manifestazione, ovvero la mostra ‘BE A SWEETHEART – Il cuore nel gioiello moda’.

‘BE A SWEETHEART’ è appunto una mostra dedicata al cuore nel gioiello moda: il progetto nasce dall’incontro tra l’esperienza fieristica di HOMI Fashion&Jewels e l’autorevolezza e la conoscenza di POLI.design, la struttura sviluppata dal prestigioso Politecnico di Milano come centro di eccellenza nel campo del design.

Ospitata all’interno delle suggestive sale di Palazzo dei Giureconsulti a Milano, la mostra è aperta al pubblico con ingresso libero fino al 18 febbraio (orario 10-18.30) e presenta circa 150 creazioni che indagano il profondo simbolismo del cuore nel gioiello moda.

Cuori trafitti da frecce, sormontati da corone, uniti dall’edera o irti di spine: il cuore è il simbolo più rappresentato nella storia del gioiello ed è racconto di amore, amicizia, fedeltà, lealtà, senza perdere i suoi riferimenti al sacro.

I molteplici significati del cuore vengono esplorati in mostra dai gioielli realizzati da giovani designer, maison internazionali, stilisti, artigiani e artisti attraverso tre accezioni: il cuore come messaggio, come dono e come simbolo sacro.

La sezione ‘Messaggio’ considera il cuore come immagine sociale e di denuncia, scelto in gioielli pensati per combattere la violenza contro le donne, in quelli che riflettono l’essenza effimera del mondo contemporaneo come anche nelle creazioni che rimandano alle ferite d’amore.

La sezione ‘Dono’ racchiude amore ed emozione: indagato in ogni sua sfumatura amorosa e amorevole, il cuore si fa messaggero di buoni sentimenti da indossare, ricchi di significati e di rimandi che caratterizzano gioielli immaginifici e intensi.

L’accezione metafisica caratterizza invece la sezione ‘Simbolo Sacro’ nella quale il cuore gioiello ricorda il simbolismo religioso, indagandone le virtù propiziatorie – come negli ex voto – e il valore di amuleto: si tratta di un’interpretazione spesso portata alla ribalta dalla moda e che accessorio e gioiello hanno indagato con proposte affascinanti. Leggi tutto

STILE MILANO Storie di eleganza, la mostra che narra Milano e il suo stile

Ero ancora una ragazzina (ma già incuriosita dalla moda, dai suoi significati e dai suoi percorsi) quando sentii usare per la prima volta l’espressione Stile Milano rimanendone sorpresa e colpita.

La mia Milano, la città che tanto amavo (e che tanto amo), aveva addirittura uno stile tutto suo? Che orgoglio!

La risposta a quel mio quesito era ed è sì: in realtà, si può affermare che ogni città sia caratterizzata da uno stile preciso che, a sua volta, è influenzato dalle caratteristiche e dall’impronta sociale, culturale ed economica della città stessa; quando si parla di quella che è diventata una delle cosiddette capitali della moda, ecco che nasce una definizione come Stile Milano.

Lunedì 20 gennaio, a Palazzo Morando in via Sant’Andrea 6 a Milano, è stata inaugurata la mostra STILE MILANO – Storie di eleganza, promossa dal Comune di Milano | Cultura e dall’Associazione Stile e storia.

Aperta al pubblico fino al 29 marzo 2020, la mostra (allestita nell’ala nuova al primo piano dello storico palazzo) illustra il rapporto tra abito e gioiello dagli Anni Cinquanta ai giorni nostri, sottolineando lo stretto legame che unisce vestito e ornamento e narrando l’evoluzione di stile e costume.

Ogni città ha il suo stile – come dicevo – e Milano, con la sua sobrietà, ha definito un’eleganza curata, fatta di capi impeccabili e dettagli preziosi, frutto di alta artigianalità, fino a diventare un’indiscussa capitale della moda: STILE MILANO racconta come lo è diventata.

È la presenza sul territorio di capaci artigiani, spesso donne, che ha permesso la nascita dei grandi brand: dal dopoguerra in poi, le sartorie (da Biki a Jole Veneziani) e i gioiellieri milanesi (da Buccellati a Cusi, da Faraone a Calderoni) hanno creato per le loro clienti abiti e gioielli personalizzati, utilizzando con sapienza tecniche e lavorazioni particolari.

Una creatività delle donne, quella delle abili mani delle sarte, e una creatività per le donne, quella dei gioiellieri: da entrambe sono nati oggetti esclusivi che esprimono un lusso non gridato ma ricercato e ‘su misura’.

I gioiellieri, infatti, hanno avuto un ruolo importante quanto gli stilisti e ancora oggi rappresentano punti di riferimento dello stile milanese: STILE MILANO racconta, anche attraverso una selezione di gioielli, come le maison milanesi abbiano saputo interpretare lo stile di un’epoca delineando la propria proposta personale. Leggi tutto

Van Cleef & Arpels, il tempo, la natura, l’amore: la mostra-evento a Milano

«Stupóre s. m. [dal lat. stupor -oris, der. di stupēre «stupire»]. – 1. Forte sensazione di meraviglia e sorpresa, tale da togliere quasi la capacità di parlare e di agire.»

Questa è la definizione che si trova se si va a cercare il sostantivo stupore nel vocabolario Treccani.

Ma se non vi accontentate di ciò, se volete sentire vibrare in voi il senso più profondo di questa parola… beh, allora mi permetto di offrire un piccolo suggerimento: fino al 23 febbraio 2020, stupore, meraviglia, emozione, bellezza, maestria albergano in unico luogo a Milano e precisamente a Palazzo Reale che ospita la mostra “Van Cleef & Arpels – il tempo, la natura, l’amore” curata da Alba Cappellieri.

Allestita nell’Appartamento dei Principi e nelle Sale degli Arazzi della reggia milanese, la mostra è a ingresso gratuito e questo è un dato che tengo a sottolineare immediatamente poiché trovo meraviglioso che un evento così importante e significativo sia offerto a costo zero a tutti coloro che ne vogliano godere: dischiudere bellezza e cultura senza pretendere soldi in cambio… questa è reale condivisione, apertura, accessibilità! Leggi tutto

Milano Jewelry Week: il gioiello in oltre 80 eventi dal 24 al 27 ottobre 2019

Qui a Milano si moltiplicano sempre più le settimane dedicate a specifici settori o a specifici interessi e dopo moda, design e vino, giusto per citarne alcune, siamo ai blocchi di partenza per un evento che mi sta particolarmente a cuore: dal 24 al 27 ottobre 2019, si svolgerà la prima edizione di Milano Jewelry Week, nuova settimana del palinsesto meneghino interamente dedicata al mondo del gioiello.

Con un calendario coinvolgente e variegato che conterà circa 80 eventi presso atelier di alta gioielleria, laboratori di arte orafa, accademie e gallerie d’arte, scuole e showroom di design e boutique di moda, Milano Jewelry Week si pone l’obiettivo di fare avvicinare al gioiello tutti gli amanti del bello e del fatto a mano, non limitandosi quindi agli esperti del settore.

Naturalmente, come cultrice, collezionista, studiosa e divulgatrice del gioiello, io non posso che gioire di questa idea di apertura verso un pubblico il più possibile ampio: lo scorso 2 ottobre, ho partecipato con entusiasmo e curiosità alla conferenza stampa tenuta presso Palazzo Marino e mi fa piacere condividere le parole di Enzo Carbone (fondatore di Prodes Italia, la società che ha ideato e che gestirà tutta l’organizzazione della manifestazione) a proposito della specifica vocazione di Milano Jewelry Week.

«Sono veramente orgoglioso di vedere concretizzarsi un progetto così ambizioso che già da molti anni progettavamo di realizzare e che finalmente, nel 2019, vivrà la sua prima edizione. Il mio obiettivo principale è sempre stato quello di creare un happening per tutti gli esperti del settore e che, allo stesso tempo, facesse scoprire questo affascinante mondo anche a un pubblico più ampio. Il successo scaturito negli anni da Artistar Jewels (manifestazione creata e gestita sempre da Carbone e da Prodes e della quale io avevo parlato qui in occasione dell’edizione 2017) ci ha dato modo di intercettare l’esigenza di dare il giusto risalto al gioiello contemporaneo, in fortissima espansione negli ultimi anni, vedendo in Milano la città perfetta ad accogliere avanguardia e nuove tendenze continuando a valorizzare la tradizione.»

Avanguardia e nuove tendenze da una parte, tradizione e nomi storici dall’altra: saranno dunque queste le due anime di Milano Jewelry Week e decine di eventi (mostre collettive e personali, vernissage, esposizioni di gallerie e scuole internazionali, serate di premiazione, workshop, cocktail party e performance) offriranno punti di vista diversi sulla storia e sulla tecnica dell’arte orafa restituendo un’immagine poliedrica e accessibile del gioiello.

La Milano Jewelry Week è sostenuta dal Comune di Milano attraverso il Patrocinio dell’Assessorato Economia Urbana e Lavoro Unità Moda, Design e Creatività: il calendario degli eventi, in costante aggiornamento, è consultabile attraverso l’omonimo sito e sarà pubblicato anche su una guida cartacea dedicata le cui copie saranno distribuite a partire da questo mercoledì, 23 ottobre, in numerosi punti della città quali le stazioni della metropolitana di Lanza, Cadorna, Porta Venezia, Duomo e Porta Garibaldi.

Tra i numerosi eventi della Milano Jewelry Week, mi fa piacere fare alcune particolari segnalazioni.

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La storia delle fibbie in un libro e in una mostra a cura di Bianca Cappello

Che cosa accade quando una grande professionista e un prestigioso museo uniscono le loro forze? Beh, non può che nascere un valido progetto espositivo, bello quanto interessante.

Non vi tengo con il fiato in sospeso e vi rivelo subito i due nomi: la grande professionista è Bianca Cappello, preparatissima storica del gioiello, mentre il prestigioso museo è Palazzo Morando, l’istituzione meneghina dedicata al racconto di tutto ciò che è Costume, Moda e Immagine.

Lunedì 8 luglio, sono stata all’anteprima stampa della nuova mostra ‘Fibbie! Moda, Arte e Gioiello’ curata da Bianca insieme a Luca Ghirardosi: a ospitare la mostra è appunto Palazzo Morando e lo farà fino al 15 settembre 2019 con un progetto promosso dall’Accademia di Belle Arti di Brera.

Considerata sin dall’antichità un gioiello funzionale in grado di completare ogni outfit e rappresentare un fondamentale indicatore di status symbol, la fibbia porta con sé una straordinaria e affascinante storia: è, insomma, un vero e proprio oggetto parlante e narrante.

Dopo aver pubblicato un libro su tale argomento insieme a Samuele Magri (storico dell’arte e della moda), Bianca è ora la curatrice insieme a Ghirardosi (docente di Brera) di un progetto che mette in mostra tante splendide fibbie da scarpa, da cintura e da cappello, in un percorso che dal Settecento porta alla contemporaneità e ne racconta la storia, l’evoluzione e le diverse valenze tra Moda, Arte, Design e Gioiello. Leggi tutto

Cara Maria Vittoria Albani… questo è solo un arrivederci…

Stamattina, al mio risveglio, ho ricevuto una notizia per me scioccante, ovvero la scomparsa di Maria Vittoria Albani, colei che è stata giustamente definita la signora del gioiello moda italiano dalla professoressa Alba Cappellieri in un bellissimo articolo per Preziosa Magazine.

Si è spenta a 89 anni, per un brutto male.
«È stata creativa e combattiva, lucidissima fino a pochi giorni fa.»
Così ha scritto la persona che mi ha dato la notizia: vi confesso che, avendo avuto l’immenso onore di conoscere questa donna straordinaria, minuta di fisico ma vulcanica quanto a testa e cervello, non sono affatto sorpresa della vitalità che ha dimostrato fino all’ultimo.

Ho incontrato Maria Vittoria Albani per la prima volta quattro anni fa, in marzo 2015, quando il Museo del Bijou di Casalmaggiore, in collaborazione con Bianca Cappello, storica e critica del gioiello, ha allestito un’importante e bellissima mostra interamente dedicata a Ornella Bijoux, l’azienda fondata nel lontano 1944 da Maria Vittoria e dalla mamma Piera.

Anno dopo anno, la loro creatura si è trasformata in una griffe di costume jewellery mondialmente riconosciuta e che viene considerata una tra le più ricercate e apprezzate da intenditori e appassionati.

All’epoca, nel 1944, Maria Vittoria aveva solo 14 anni e la mamma, Piera Albani, era rimasta vedova: rilevare un campionario di bigiotteria fu per loro l’inizio di una nuova avventura – che continua ancora oggi con Simona e Marta, rispettivamente figlia e nipote di Maria Vittoria – e di una nuova vita.

I primi tempi furono all’insegna di grandi sacrifici: il campionario era sistemato in bauli e portato in giro in bicicletta per essere mostrato ai vari rivenditori e, in un’Italia in gran parte distrutta, le due donne si avventurano fino al sud, spesso ottenendo fortuiti passaggi.

Nonostante la giovanissima età, Maria Vittoria mostrò una straordinaria attitudine al disegno e alla composizione creativa e, già agli inizi degli Anni Cinquanta, divenne ufficialmente la disegnatrice di Ornella Bijoux: nel 1957, vinse il “Primo Concorso Nazionale Sorelle Fontana per l’Accessorio nell’Alta Moda”.

La storia di Ornella Bijoux si fonde dunque con le vicissitudini italiane: parla di coraggio, di autentico spirito imprenditoriale in un momento difficilissimo come quello del secondo dopoguerra, parla di due donne straordinarie e coraggiose che sono state artefici del proprio destino in un’epoca in cui nemmeno esisteva l’espressione women empowerment.

Quel pomeriggio del 21 marzo 2015, a Casalmaggiore, mi sono innamorata immediatamente di Maria Vittoria: a folgorarmi è stato proprio il suo carattere, un mix di vitalità, energia, entusiasmo, tenacia, volontà, talento, carisma, verve, competenza, il tutto condito da un’immensa gentilezza.

Le uniche cose che Maria Vittoria Albani non possedeva erano infatti la spocchia e l’arroganza: sono sempre stati gli altri a riconoscerle l’indiscussa importanza e grandezza.

Tornata a casa, ho scritto un post raccontando della mostra e narrando tutta la lunga e gloriosa storia di Ornella Bijou, Piera e Maria Vittoria, una storia costellata di successi e grandi realizzazioni: il titolo eloquente che ho scelto, “Ornella Bijoux, un’autentica icona italiana”, racconta tutta la mia ammirazione.

Un paio di mesi dopo, sono andata a trovare Maria Vittoria nel suo laboratorio di Milano: ricordo come fosse ieri la mia enorme emozione nel poter entrare nel suo mondo, quanto fossi onorata del fatto che lei avesse accettato di accogliermi nel suo regno.
La foto che vedete qui in alto è stata scattata proprio quel giorno: il sorriso racconta la mia felicità meglio di mille parole e, al collo, porto una delle creazioni di Maria Vittoria, una delle tante che lei mi ha permesso di provare nonché la mia preferita.
Anche quella volta, dai racconti e dalle scoperte, è nato un post intitolato “Maria Vittoria Albani, vorrebbe adottarmi?”.

Non me ne voglia la mia mamma – che adoro – né Simona, la vera figlia: quel titolo affettuosamente scherzoso voleva esprimere tutta la mia stima per una donna la cui creatività mi faceva desiderare di poter essere una figlia adottiva, io che ho scelto il nomignolo glittering woman.

Di quel pomeriggio nel suo laboratorio conservo anche un paio di ricordi nitidi e inediti che oggi condivido.

Il primo è che mi confessò di non indossare gioielli, con la sola eccezione delle spille: questa cosa mi incuriosì molto, mi incuriosì il fatto che la signora del gioiello moda non fosse anche un’utilizzatrice.

Il secondo ricordo è relativo a quando, prima di andare via, mi invitò a scegliere un suo pezzo: voleva farmi un regalo e il suo pensiero così gentile e delicato mi fece emozionare.
Non dimenticherò mai il suo sguardo intenerito davanti alla mia emozione che credo le avesse fatto comprendere quanto la ammirassi.

Da allora, negli anni, ci siamo incontrate tante volte, soprattutto in occasione degli eventi culturali legati a moda e gioiello: ci salutavamo sempre con grande entusiasmo e simpatia, una simpatia che sentivo essere reciproca.

In tali incontri, non mancavo di ammirare la sua innata eleganza senza fronzoli, ricordando ciò che mi aveva confessato quel pomeriggio in laboratorio: è vero, non portava gioielli se non qualche spilla eppure, per tutta la sua vita, ha sempre saputo con estrema precisione cosa noi donne amiamo indossare.
Tutto ciò grazie a un fiuto istintivo e infallibile, a un gusto squisito, a una curiosità inarrestabile e infinita: ed ecco perché, a 89 anni, Maria Vittoria è scomparsa essendo ancora giovane e vitale.

Non dimenticherò mai la sua energia e il suo entusiasmo.
Incontrarla e conoscerla, ascoltarla, visitare il suo laboratorio, aprire con lei cassetti e vetrine scoprendo infinite meraviglie: considero tutto ciò uno dei grandi regali che la vita mi ha fatto.

Ho scritto tanti post dedicati alle mie icone scomparse, uomini e donne che tanto hanno fatto nell’ambito dell’ingegno e della creatività.
In alcuni casi, ho avuto la fortuna di stringer loro la mano almeno una volta, come accadde con Krizia; in altri casi, nonostante la possibilità di vari incontri, non ho mai avuto l’ardire di farmi avanti, come accadde con Elio Fiorucci; in due casi, quelli di Angelo Marani e Maria Vittoria Albani, il dolore della scomparsa è aggravato dal fatto di aver avuto l’onore di intrattenermi e chiacchierare con loro in varie occasioni.

Ecco perché, oggi, mi sento un po’ orfana: sento di aver perso quella mamma adottiva per affinità elettiva.
Naturalmente, con tutto il mio più grande rispetto per il dolore della vera famiglia alla quale mi unisco in un affettuoso abbraccio.

Manu

Postilla del 30 aprile…
Ieri sono stata alla funzione in onore di Maria Vittoria Albani e il parroco della Chiesa di Santa Maria Segreta ha detto tante cose che hanno colpito il mio cuore, come quando ha parlato di lei come di una persona nella quale molti riconoscevano una figura di confidente e di riferimento all’insegna di una maternità diffusa (non ero poi folle a percepirla come una sorta di mamma adottiva per affinità elettiva…) o come quando l’ha descritta come persona capace di un’ironia leggera (specificando che è cosa ben diversa dalla superficialità e che, al contrario, è la rara capacità di saper distinguere le cose davvero serie riuscendo a ironizzare con leggerezza) o come quando ha raccontato di come si era inventata le spillette per il gruppo scout…
Che donna!
«Commemoriamo con la testa e ricordiamo con il cuore»: così ha concluso e non c’è dubbio che Maria Vittoria sarà ricordata con tanto cuore

Alba Cappellieri e i gioielli dall’Art Nouveau al 3D printing

La passione per la lettura mi ha sempre caratterizzata, fin da piccina, e credo sia perché mi ha costantemente permesso di saziare la mia immensa curiosità, peraltro temporaneamente e mai definitivamente. Fino al libro successivo, insomma.

Scherzando, mia mamma racconta di non sapere se da bambina le costassi più in libri oppure in cibo, altra grande passione per la sottoscritta: ricordo quando, preoccupata per il ritmo con il quale doveva acquistare nuovi volumi, mi iscrisse prima alla biblioteca di zona e poi alla splendida Sormani, sede principale del sistema bibliotecario milanese. Ricordo altrettanto bene l’impressione che mi faceva quel luogo così storico e per me un po’ magico.

So anche per certo che è stata la lettura a peggiorare la mia miopia già congenita: sempre da bambina, infatti, avevo la pessima abitudine di leggere in condizioni di luce spesso sfavorevoli, ovunque mi trovassi e qualsiasi fosse il pezzo di carta stampato.
Più di una volta, mamma mi beccò a leggere perfino i fogli di vecchi quotidiani che lei stendeva sul tappeto della cucina per proteggere il pavimento le rare volte in cui friggeva…

Naturalmente, è stata la lettura a influenzare ciò che faccio ora e a consolidare l’amore per la comunicazione.
Leggere non è solo una passione ma è anche parte integrante e fondamentale del mio lavoro: spesso, oggi, devo optare per gli strumenti digitali (web, supporti elettronici, formati pdf e quant’altro) ma, ovviamente, la carta è rimasta la mia preferita. Aprire un quotidiano appena acquistato piuttosto che un libro intonso e tuffarvi il naso resta per me uno tra i piaceri più grandi che esistano.
Ho smesso, invece (per fortuna!), di leggere i quotidiani stesi in terra…

Devo dire che, tra lavoro e svago, raramente mi capita di fare letture che risultino in contemporanea piacevoli, interessanti e istruttive quanto riescono a esserlo i libri di Alba Cappellieri, illustre professore ordinario di Design del Gioiello e dell’Accessorio Moda al Politecnico di Milano.

Seguo ormai da tempo e con attenzione il suo lavoro (qui il mio post più recente) perché Alba – mi permetto di chiamarla per nome – soddisfa in aggiunta un altro mio appetito infinito: quello per il mondo del gioiello e delle sue molteplici sfaccettature e declinazioni e sono dunque felice di annunciare l’uscita della sua nuova fatica letteraria intitolata Gioielli dall’Art Nouveau al 3D Printing.

Il volume propone uno straordinario repertorio di gioielli, orafi e grandi maison internazionali che, a partire dagli inizi del Novecento a oggi, hanno interpretato le evoluzioni del gusto in forme preziose.
Propone dunque un viaggio senza confini, dalla Francia all’Asia, dagli Stati Uniti all’Italia, dall’Inghilterra alla Germania, dall’Olanda ai paesi del Nord e si va dai capolavori dell’Art Nouveau di Lalique, Vever e Fouquet all’eleganza dell’Art Déco con le meraviglie di Cartier, Boucheron, Tiffany, Mario Buccellati e Fabergé; dalle invenzioni di Van Cleef & Arpels (maison della quale ho parlato spesso come qui e qui nei post più recenti) e di Bulgari negli Anni Cinquanta alle avanguardie olandesi e al gioiello d’artista degli Anni Sessanta per arrivare, infine, alle proposte dei designer e degli stilisti della contemporaneità.
Esattamente come io stessa sono passata dall’analogico al digitale (dal libro in carta al web), parallelamente il nuovo millennio è rappresentato nel volume dall’introduzione della manifattura digitale come la stampa 3D e le tecnologie indossabili (anche in questo caso, discorsi che mi sono cari e che sto pian piano affrontando anch’io, nel mio piccolo, ovviamente, come feci qui nel 2016): c’è spazio anche per i nuovi processi creativi, produttivi, distributivi e comunicativi (determinati dal modello open source, ovvero sorgente aperta, che si riferisce a tutte quelle tecnologie di cui i creatori favoriscono il libero studio, lo sviluppo, l’utilizzo), processi che stanno definendo gli scenari del gioiello del futuro.

Si tratta dunque di un approfondito saggio storico-critico che introduce un’eccezionale selezione di immagini (che è costata molto lavoro, come racconta la stessa Cappellieri), pensata come una galleria ideale dei capolavori dell’arte orafa dal XX secolo a oggi: le immagini sono accompagnate da un ricco glossario sulle tecniche e i materiali, tradizionali e innovativi.

Non pensate, però, a un volume noioso: ho usato il termine saggio perché è la definizione corretta ma – come dicevo in principio – Alba Cappellieri ha il dono (dono prezioso quanto raro) di rendere piacevolissimo e fruibilissimo anche un volume particolarmente ricco dal punto di vista dei contenuti storici e critici. E il libro risulta infatti bello sia da leggere sia da sfogliare.

Ho avuto il piacere di assistere alla (gremitissima!) conferenza che, giusto un paio di giorni fa, si è tenuta presso la Pinacoteca di Brera a Milano: in tale occasione, Alba Cappellieri ha presentato il libro dialogando anche con Gabriele Aprea (presidente di Chantecler e del Club degli Orafi ) e Vincenzo Castaldo (direttore creativo di Pomellato), in un tavolo moderato da Federica Frosini, direttore del magazine VO+.

Ho molto amato come il tavolo di discussione è stato condotto partendo dalla domanda di apertura di Alba Cappellieri: qual è la definizione di gioiello?
Le risposta non è univoca, naturalmente, e le definizioni possono essere diverse in base a chi risponde: per esempio, la definizione è sicuramente diversa tra uomo e donna, ma anche tra orafo e artista (interessante, in tal caso, come per quest’ultimo il corpo diventi perfino una superficie espositiva).
Ognuno di noi attribuisce al gioiello un significato diverso, un’accezione diversa, una declinazione diversa.
Per diversità di età, esigenze, professione, attitudine, interesse e per mille altri motivi ancora.

Gioielli dall’Art Nouveau al 3D Printing si propone come punto di incontro tra i diversi punti di vista, i diversi significati e i diversi mondi, senza pretesa di graduatorie o classifiche perché – come ben dice Alba Cappellieri – «è ora di ragionare per assonanza e non per divisioni».

Questo desiderio di unire e non dividere è per me un motivo più che sufficiente per acquistare il volume, un motivo che si aggiunge alla piacevolezza e alla preziosità evidenti dal primo istante.
Senza dimenticare che, com’è stato ricordato, il gioiello è anche gioco, fin dalla sua etimologia: il termine gioiello deriva infatti dal latino iocalis da iocus ovvero «scherzo, gioco».

Non potrei essere più d’accordo sulla dimensione anche ludica e gioiosa del gioiello e allora permettetemi di concludere con una battuta scherzosa: spero di non perdere qualche altra diottria tra le pagine scintillanti (e per me particolarmente golose) del tuo meraviglioso volume, cara Alba.

Manu

 

Gioielli dall’Art Nouveau al 3D Printing
2018, edizione italiana, inglese e francese
24 x 28 cm, 264 pagine, cartonato, Euro 60 (qui sul sito dell’editore Skira)
ISBN 978-88-572-3736-7 I, -3737-4 e ISBN 978-2-37074-091-5 F

Alba Cappellieri è professore ordinario di Design del Gioiello e dell’Accessorio Moda al Politecnico di Milano dove dirige i corsi di laurea triennale e magistrale in Design della Moda.
È direttore del corso di alto perfezionamento in Design del Gioiello, del Master internazionale in Accessory Design
e del Master in Fashion Direction – Brand & Product Management presso il Milano Fashion Institute.
Dal 2013 al 2016 ha insegnato Design for Innovation alla Stanford University.
È membro del Comitato Scientifico dell’École Van Cleef & Arpels a Parigi e della Fondazione Cologni a Milano.
Nel 2017 è stata nominata ambassador del Design Italiano per l’Italian Design Day a Osaka.
Dal 2014 è direttore del Museo del Gioiello in Basilica Palladiana a Vicenza.

Immagine in alto: la copertina del libro Gioielli dall’Art Nouveau al 3D Printing e pendente Sylvia pubblicato a pag. 73 (1900, Vever su disegno di Henri Vever, oro, smalti, agata, rubini, diamanti. Parigi, Musée des Arts Décoratifs, credito fotografico: © ADAGP, Paris 2018: Les Arts décoratifs, Paris. Photo Jean Tholance, All right reserved).

Alba Cappellieri, le Catene (come gioiello) narrate in un libro (meraviglioso)

Tra le tante fiere e i tanti saloni del settore moda, accessori e gioiello, cerco di non perdere mai Homi, evento espositivo milanese che ruota intorno alla persona, ai suoi stili, ai suoi spazi.

Due volte all’anno, Homi rappresenta una buona occasione per incontrare designer dalle grandi capacità: inoltre, ogni edizione è caratterizzata da una mostra e ricordo molto bene quella di gennaio 2017 intitolata Scatenata, con sottotitolo La catena tra funzione e ornamento.

La mostra era curata da Alba Cappellieri, stimatissima esperta dell’ambito gioiello, professore ordinario al Politecnico di Milano, autrice di numerose pubblicazioni, direttore del Museo del Gioiello di Vicenza: il suo curriculum ricco e interessante non finisce qui e prosegue, ben testimoniando come il suo nome rappresenti garanzia di qualità, cura e passione.

Perché la mostra era intitolata Scatenata?

Il nome è un abile e divertente gioco che fa naturalmente riferimento alla catena, il manufatto più versatile nella storia del gioiello, l’elemento fortemente presente tanto nei monili antichi quanto in quelli contemporanei: le maglie, i motivi, la struttura, i meccanismi e gli incastri della catena hanno infatti costantemente ispirato orafi, artisti e designer di tutto il mondo. Leggi tutto

Bianca Cappello e il Gioiello nel Sistema Moda: Storia, Design, Produzione

Il fatto che io nutra passione per chi ha talento non è certo un mistero per chi frequenta (grazie ) questa mia piccola wunderkammer virtuale.

Né è un mistero il fatto che io creda che il talento possa avere varie forme e che altrettanto io sia convinta del fatto che esso si accompagni ad altre due doti: la passione e la bellezza interiore, ovvero un animo ricco di positività e curiosità. Credo anche che il talento, dono innato, vada poi coltivato e alimentato attraverso lo studio e il lavoro.

Ecco, oggi desidero parlarvi di una persona che possiede tutto ciò in abbondanza, ovvero talento, passione, bellezza d’animo. E che lavora alacremente per mettere a buon frutto dette doti.

Il suo talento non è quello di creare abiti né accessori né gioielli: il suo talento straordinario è quello di studiare e conoscere il sistema moda nel suo complesso e nelle sue declinazioni, riuscendo poi a condividere tale capitale di conoscenza in modo coinvolgente.

La persona si chiama Bianca Cappello e il suo è un nome che ho spesso citato nel blog e non solo: posso affermare senza tema di smentita che il suo grande talento è quello della capacità di divulgare e comunicare, come cerco anch’io di fare nel mio piccolo e certo senza la pretesa di paragonarmi nemmeno lontanamente alla grande expertise di Bianca.

Bianca Cappello, storica e critica del gioiello, è docente, coordinatore e curatore di conferenze e seminari sulla storia del gioiello e della bigiotteria, attività che completa con pubblicazioni su questo argomento. È curatore di mostre per musei ed enti pubblici ed è consulente curatoriale di collezioni museali. Leggi tutto

Carlo Zini, il grande bigiottiere che ha avuto la fortuna di fare ciò che sognava di fare

È con grande tristezza che condivido la notizia
della scomparsa di Carlo Zini che si è spento il 3 novembre 2021.
Vorrei poter chiudere gli occhi e fingere che non sia vero,
perché persone come lui sono eterne – o almeno tali mi piace pensarle…
E così, oggi più che mai, questo articolo diventa per me prezioso,
il ricordo indelebile di un incontro con un uomo speciale.
Riposa in pace, Carlo. A tutti noi resta il dono della tua arte.

 

Sono molto felice di segnalare una mostra stupenda che è stata inaugurata lo scorso sabato.

Ancora una volta, si tratta di una mostra che riguarda il bijou e il bijou di altissima qualità; ancora una volta, si parla di Made in Italy, uno dei miei argomenti del cuore; ancora una volta, la mostra è curata da Bianca Cappello, preparatissima esperta del gioiello della quale scrivo sempre con grande piacere; ancora una volta, lo scenario è quello offerto dallo splendido Museo del Bijou di Casalmaggiore, uno dei luoghi in cui mi sento a casa.

Fino al prossimo 4 giugno, tale Museo ospita infatti la prima antologica interamente dedicata a Carlo Zini, uno degli storici bigiottieri italiani.

E io vi consiglio di non perderla: vale davvero la pena di vederla.

Per fare il pieno di bellezza, talento, capacità; per essere orgogliosi una volta di più del nostro splendido Paese che ha talenti come Zini, professionisti come Bianca e luoghi dove si fa cultura. Vera. Reale. Concreta. Senza spocchia, senza paletti, senza compartimenti stagni. Perché la bellezza è educazione e cultura. Perché quando parliamo di moda e gioiello parliamo a tutti gli effetti di arti applicate.

Ma procediamo con ordine. Leggi tutto

Una mostra letteralmente… Scatenata (!) a Homi

Ci sono appuntamenti che per me sono irrinunciabili: un esempio è Homi, la fiera che ruota intorno alla persona, ai suoi stili, ai suoi spazi.

Due volte all’anno, Homi rappresenta una buona occasione per incontrare designer dalle grandi capacità: toccare il talento (metaforicamente e fisicamente) equivale per me a respirare aria pulita, a dare ossigeno a cuore e cervello. E questo è il motivo per il quale non manco mai.

Inoltre, ogni nuova edizione è caratterizzata da un evento espositivo di grande qualità, ulteriore ottimo motivo di attrazione: stavolta, è toccato alla mostra Scatenata, con sottotitolo La catena tra funzione e ornamento.

La mostra è stata curata dalla professoressa Alba Cappellieri, stimatissima esperta dell’ambito gioiello e professore ordinario del Dipartimento di Design del Politecnico di Milano: il suo nome è sinonimo e garanzia di elevata qualità nonché di un evento dai risvolti sicuramente ricchi e interessanti.

Venerdì scorso, dunque, ero a Homi, puntuale, per ascoltare la professoressa Cappellieri che ha aperto ufficialmente la mostra. Leggi tutto

Gioielli alla Moda, la preziosità intangibile della creatività

Ci sono cose o eventi che sono capaci di trasmettermi un entusiasmo incontenibile e inarrestabile.

Un esempio? La conferenza stampa e l’anteprima di una mostra che riguarda una delle mie più grandi passioni: il gioiello.

Non posso, dunque, non nutrire il grande desiderio di condividere con tutti voi il racconto di un evento molto speciale che mette al centro piccoli capolavori, pezzi di storia, esemplari significativi della bellezza che la nostra Italia sa e può produrre.

La mostra in questione presenta 500 gioielli realizzati dai più celebri maestri bigiottieri, da giovani talenti del design, da piccoli artigiani, da maison e griffe internazionali della moda: sono creazioni che dal dopoguerra a oggi definiscono lo specchio estetico di una società in evoluzione, raccontano le conquiste e le ambizioni femminili, illustrano i cambiamenti e gli avvicendamenti dello stile e anche del progresso tecnologico.

Questi 500 pezzi (tantissimi, un lavoro di cernita enorme) sono i protagonisti assoluti di Gioielli alla Moda, mostra aperta fino a domenica 20 novembre a Palazzo Reale a Milano, nelle splendide Sale degli Arazzi, una delle sedi espositive più prestigiose della città – fatto che mi riempie di grande orgoglio.

Sono infatti felice che una tale sede dedichi attenzione al gioiello attraverso un evento unico (promosso e prodotto da Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale, salone Homi) completamente dedicato al rapporto esistente tra gioiello e moda nelle sue intersezioni con il costume, la manifattura e – come già accennavo – la bellezza italiana.

Desidero anche porre l’accento su un altro elemento di grande prestigio: la mostra è curata da Alba Cappellieri, docente di Design del Gioiello e dell’Accessorio al Politecnico di Milano, una delle massime esperte del settore. Ecco perché parlo di evento speciale ed ecco perché lo è sotto ogni punto di vista. Leggi tutto

Bouton d’or, fior di gioielli in casa Van Cleef & Arpels

Ci risiamo, sono in piena fibrillazione primaverile: annuso l’aria come un animaletto che esca dalla tana dopo un lungo letargo e gioisco del più piccolo raggio di sole come un passerotto che riscaldi le piume dopo il freddo e grigio inverno.

E così, oggi desidero raccontarvi una storia che ha il profumo di questa stagione: tutto nasce con un fiore, il ranuncolo, uno dei miei preferiti. Prediligo i fiori eleganti ma allo stesso tempo semplici, non pretenziosi.

I ranuncoli provengono dall’Asia e la conoscenza di questa pianta è molto antica: i Greci la chiamavano batrachion che significa rana ed è stato Plinio, scrittore e naturalista latino, a informarci del perché di tale etimologia. Molte specie di questo genere prediligono le zone umide, ombrose e paludose, habitat naturale degli anfibi: da qui, ecco giungere il nome che è rimasto ancora oggi grazie alla riconferma da parte di Linneo, botanico e naturalista svedese considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi.

Sapete qual è il corrispondente del nome ranuncolo in francese? Bouton d’or, letteralmente bottone d’oro. Poetico, vero? Ed evocativo, perché in effetti il ranuncolo assomiglia a un bottone di petali.

E non potrebbe esserci nome più adatto per una collezione della Maison di gioielleria Van Cleef & Arpels, gioielli che sembrano fatti proprio con tanti piccoli e preziosi bottoni d’oro.

Ciò che mi piace è che, come accade spesso in casa Van Cleef & Arpels, anche questi monili sono sospesi tra modernità e tradizione: l’estetica della collezione Bouton d’or trae infatti la sua origine da un motivo denominato “paillette” e che fece il suo ingresso negli archivi della Maison nel lontano 1939. Leggi tutto

Unoaerre, un museo (letteralmente) d’oro

Sono fermamente convinta di un fatto: le cose più belle sono spesso quelle che non ci aspettiamo e che non programmiamo.
Lo scorso week-end, per esempio, sono stata vicino ad Arezzo insieme a Enrico, mio marito, per sostenerlo in una delle sue grandi passioni: il modellismo.
Nella bella città toscana, ho delle amiche preziose le quali, saputo del mio arrivo, si sono adoperate per farmi vivere alcune esperienze davvero deliziose. Agnese, una di loro, è stata così gentile e premurosa (leggere: fantastica) da far sì che potessimo visitare il museo di UNOAERRE, importante azienda che non ha bisogno di molte presentazioni.
Non solo: la visita è avvenuta sotto la guida di Giuliano Centrodi, direttore, curatore e conservatore del museo nonché modellista storico di UNOAERRE.
Come avrei potuto immaginare che, un fine settimana pensato ad hoc per la mia dolce metà, si sarebbe trasformato in qualcosa di interessante per le mie attività e che sarei entrata in un luogo importantissimo per la tradizione orafa? Ecco perché dico che le cose inaspettate sono le più belle.
Arezzo è uno dei poli italiani dell’oro insieme a Valenza e Vicenza: la storia di UNOAERRE inizia il lontano 15 marzo 1926 grazie a Carlo Zucchi e Leopoldo Gori, i due fondatori dell’azienda.
Forse non tutti sanno che, fino a inizio ‘900, in Italia i gioielli erano punzonati unicamente per attestare la veridicità del metallo, ma non recavano il marchio di chi li aveva prodotti: il vero marchio orafo che garantisce il titolo e certifica anche il produttore nacque come idea durante il ventennio fascista.
Perché vi sto raccontando questa cosa? Perché è strettamente legata alla storia e al nome dell’azienda: il 2 aprile del 1935, la Gori & Zucchi ricevette infatti il primo marchio della provincia di Arezzo, ovvero 1AR. Tale marchio scritto per esteso (UNOAERRE) è diventato a tutti gli effetti il nome alla società.
In quasi 90 anni, varie generazioni di orafi, tecnici, maestri e artisti hanno costruito, sviluppato, consolidato e fatto conoscere una realtà economica ancora oggi unica al mondo: l’azienda arrivò ad avere più di 1500 dipendenti negli anni ’60 e, proprio tra gli anni ’50 – ’60, le fu riconosciuto il ruolo di zecca e dunque fu autorizzata a battere valuta in corso legale. Lo fece per più di 90 paesi tra i quali il Regno Unito.
Non c’è praticamente paese dove non sia giunto un gioiello UNOAERRE e oggi l’azienda vanta una distribuzione in oltre 40 stati con filiali dirette in Francia e Giappone: in Italia è il marchio leader nel mercato delle fedi nuziali aggiudicandosi una fetta del 70%.
UNOAERRE è dunque una nostra gloria della quale essere giustamente orgogliosi: nel 1988, l’azienda ha inaugurato il suo museo fondato con l’intento di non disperdere la memoria storica e di offrire un percorso espositivo che parte dalla cosiddetta archeologia industriale (i macchinari d’epoca).
La collezione comprende oltre 2000 opere tra disegni originali, pezzi di oreficeria, gioielli e diversi pezzi unici: sono per esempio rappresentati gli anni ’20 (con gli ultimi bagliori della Belle Époque e dello stile ghirlanda tipico del periodo), l’Art Déco col suo stile dal sapore geometrico e i gioielli autarchici degli anni ’30, fatti in argento, rame e vetri colorati. Il tutto narra con efficacia una storia che è ancora viva ed attuale grazie ad un continuo aggiornamento con i gioielli più rappresentativi delle collezioni contemporanee: per questo il museo può essere considerato come un patrimonio presente e futuro di arte e cultura orafa.
A me è piaciuto proprio questo, ovvero il fatto che l’esposizione appaia straordinariamente viva: sicuramente il merito va anche a Giuliano Centrodi e alla sua straordinaria conoscenza e memoria. Pensate che è entrato in azienda nel 1963 quando era un giovane e promettente studente di soli 18 anni: oltre ad essere stato direttore artistico di UNOAERRE e ad essere oggi curatore del museo, ha insegnato presso l’Università di Firenze.
Sono onoratissima di averlo conosciuto e di aver ascoltato un pezzo di storia raccontato con vigore, eleganza e passione.
Tra i tantissimi pezzi del museo, sono rimasta affascinata proprio dai gioielli autarchici di epoca mussoliniana e dalle testimonianze della campagna detta Oro alla patria (il dono degli oggetti in oro e soprattutto delle fedi matrimoniali sostituite da esemplari in ferro che venivano date a coloro i quali facevano la donazione, uno dei momenti più impressionanti del consenso al regime fascista favorito da una martellante opera di propaganda): ho amato anche i bellissimi pezzi del grande Giò Pomodoro, autentiche sculture da indossare.
Se amate la bellezza, il saper fare, la capacità, la fantasia, la creatività, il made in Italy e se amate la storia, vi raccomando una visita a questo bellissimo museo che è un autentico gioiello. Letteralmente.

Manu

Il museo (situato presso la sede dell’azienda in Località San Zeno Strada E al civico 5, Arezzo) è visitabile su prenotazione, telefono: 0575 9251, e-mail info@unoaerre.it
Qui trovate la pagina Facebook di UNOAERRE

Vi lascio con la gallery delle foto che ho scattato in occasione della visita di sabato scorso. Le ultime due sono opera di Grazia, una delle mie amiche: la prima mi ritrae con Giuliano Centrodi, mentre la seconda ritrae noi tre, Grazia, la sottoscritta e Agnese. Un grazie speciale ad Agnese e Grazia

I bijoux di Boemia da Jablonec a Casalmaggiore

Cartella campionaria di bottoni in vetro, Archivio Unger, foto Giorgio Teruzzi

Ci sono luoghi nei quali ritorno con gioia in quanto mi hanno regalato tantissime emozioni.
Qualche mese fa, sono stata al Museo del Bijou di Casalmaggiore per la mostra dedicata a Maria Vittoria Albani: è stata un’esperienza molto bella e, oltre a consentirmi di incontrare le creazioni firmate Ornella Bijoux, mi ha dato la possibilità di conoscere il museo che è unico nel suo genere.
Fondato nel 1986, il museo conserva e valorizza oltre 20 mila pezzi di bigiotteria, macchinari, utensili, fotografie e cataloghi tutti databili dalla fine dell’Ottocento alle soglie del nuovo millennio. Perché a Casalmaggiore? Perché questa cittadina ha accolto uno storico e importante distretto di bigiotteria sorto tra XIX e XX secolo: il museo ospita dunque reperti e testimonianze provenienti dalle dismesse industrie locali e da numerose donazioni di aziende e collezionisti del settore.
Nella mia agenda di ottobre, c’è ora un appunto segnato in rosso: dice “tornare a Casalmaggiore”.
Viene infatti inaugurata oggi la mostra Perle tra i Monti, Bijoux di Boemia curata da Bianca Cappello e Giorgio Teruzzi: visto che resterà aperta fino a domenica 8 novembre 2015, oltre a ripromettermi di visitarla, mi fa piacere segnalarvela subito affinché possiate avere tutto il tempo necessario per una piacevole gita, magari approfittando dei week-end di ottobre.
Bianca Cappello (storica e critica del gioiello nonché curatrice dell’esposizione incentrata su Ornella Bijoux) e Giorgio Teruzzi (presidente della Compagnia delle Perle) hanno voluto mettere in evidenza bijou e perle in vetro provenienti da Jablonec: incuriosita da un argomento così specifico, ho fatto qualche ricerca su questa città della Repubblica Ceca e ho scoperto che l’industria del vetro vi ha occupato un ruolo importante fin dalla seconda metà del XVII secolo. Ancora oggi, ben 11.000 persone sono occupate in tale settore e in quello della bigiotteria.
Dalla fine del XIX secolo alla seconda metà del Novecento, perle e bijou prodotti a Jablonec e in tutta la Boemia (il nome storico della regione che occupa due terzi della Repubblica Ceca) erano diffusi in tutto il mondo ed erano molto apprezzati anche in Italia: ne troviamo testimonianza negli ornamenti esposti a Casalmaggiore e negli archivi di storiche realtà milanesi oggi ancora attive come Unger (fondata nel 1875) e Viganò (fondata nel 1919, punto di riferimento ogni volta in cui cerco materiali per effettuare piccole riparazioni e modifiche) o ancora negli archivi di Imelde Chiozzi, impresa attiva fra il 1919 e i primi anni ’30. Tutte queste aziende proponevano articoli di alto livello per la media e alta borghesia e per le case di moda: c’erano poi i gioielli di scena realizzati negli anni ’30 per il Teatro alla Scala di Milano dalla ditta Corbella.
Fondata nel 1865 da Napoleone Corbella, la “prima fabbrica italiana di bigiotteria e attrezzature teatrali” ha prodotto collane, corone, orecchini, cinture e spade per gli allestimenti più sfarzosi della Scala e di molti altri teatri, spesso in collaborazione con i grandi nomi della scenografia e del costume.
Per la prima volta in Italia, viene dunque presentata una cospicua selezione di centinaia di pezzi tra perle, strumentazioni, bijou, accessori, ricami, riviste e fotografie d’epoca provenienti da enti, archivi storici e prestigiose collezioni private: il tutto permette di mostrare una significativa panoramica della variegata produzione boema, un mondo scintillante (anzi, glittering) e tutto da scoprire, da Jablonec a Casalmaggiore.
Il bijou conferma ancora una volta la sua capacità di essere specchio dei tempi fra economia e amore per il bello: è un frammento di gusto, storia e costume. E io ne sono felice.

Manu

Perle tra i Monti, Bijoux di Boemia
Mostra a cura di Bianca Cappello e Giorgio Teruzzi
Museo del Bijou di Casalmaggiore fino a domenica 8 novembre 2015
Via Porzio 9 – Casalmaggiore (CR)
Apertura: dal lunedì al sabato dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18; domenica e festivi dalle 15 alle 19.
Per scuole e gruppi possono essere prenotate visite guidate, percorsi didattici e attività di laboratorio.
Tel. 0375 284423 – 0375 205344
Qui il sito e qui la pagina Facebook del Museo; qui la pagina dedicata alla mostra.

Qui trovate il mio articolo sulla mostra dedicata a Ornella Bijoux curata da Bianca Cappello al Museo di Casalmaggiore.

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