BE A SWEETHEART, il cuore nel gioiello moda è in mostra a Milano

Mostra ‘BE A SWEETHEART’ (photo courtesy HOMI)

Varie volte, in passato, ho parlato del salone HOMI e torno oggi a parlare molto volentieri di HOMI Fashion&Jewels, il nuovo format esclusivamente dedicato all’accessorio moda, gioiello e bijou in programma dal 15 al 18 febbraio a Fiera Milano: in particolare, desidero parlare di una delle iniziative connesse alla manifestazione, ovvero la mostra ‘BE A SWEETHEART – Il cuore nel gioiello moda’.

‘BE A SWEETHEART’ è appunto una mostra dedicata al cuore nel gioiello moda: il progetto nasce dall’incontro tra l’esperienza fieristica di HOMI Fashion&Jewels e l’autorevolezza e la conoscenza di POLI.design, la struttura sviluppata dal prestigioso Politecnico di Milano come centro di eccellenza nel campo del design.

Ospitata all’interno delle suggestive sale di Palazzo dei Giureconsulti a Milano, la mostra è aperta al pubblico con ingresso libero fino al 18 febbraio (orario 10-18.30) e presenta circa 150 creazioni che indagano il profondo simbolismo del cuore nel gioiello moda.

Cuori trafitti da frecce, sormontati da corone, uniti dall’edera o irti di spine: il cuore è il simbolo più rappresentato nella storia del gioiello ed è racconto di amore, amicizia, fedeltà, lealtà, senza perdere i suoi riferimenti al sacro.

I molteplici significati del cuore vengono esplorati in mostra dai gioielli realizzati da giovani designer, maison internazionali, stilisti, artigiani e artisti attraverso tre accezioni: il cuore come messaggio, come dono e come simbolo sacro.

La sezione ‘Messaggio’ considera il cuore come immagine sociale e di denuncia, scelto in gioielli pensati per combattere la violenza contro le donne, in quelli che riflettono l’essenza effimera del mondo contemporaneo come anche nelle creazioni che rimandano alle ferite d’amore.

La sezione ‘Dono’ racchiude amore ed emozione: indagato in ogni sua sfumatura amorosa e amorevole, il cuore si fa messaggero di buoni sentimenti da indossare, ricchi di significati e di rimandi che caratterizzano gioielli immaginifici e intensi.

L’accezione metafisica caratterizza invece la sezione ‘Simbolo Sacro’ nella quale il cuore gioiello ricorda il simbolismo religioso, indagandone le virtù propiziatorie – come negli ex voto – e il valore di amuleto: si tratta di un’interpretazione spesso portata alla ribalta dalla moda e che accessorio e gioiello hanno indagato con proposte affascinanti.

Mostra <em><strong>‘BE A SWEETHEART’</strong></em> (photo courtesy HOMI)
Mostra ‘BE A SWEETHEART’ (photo courtesy HOMI)

Sono stata all’anteprima stampa di ‘BE A SWEETHEART’ e vi assicuro che vale assolutamente tempo, attenzione e… cuore – naturalmente!

A definitivo suggello e garanzia vi è il fatto che per conto di POLI.design è stata coinvolta la professoressa Alba Cappellieri, massima esperta del gioiello e professionista della quale ho parlato spesso (a Palazzo Reale è ancora in corso la splendida mostra dedicata a Van Cleef & Arpels e curata da Alba).

Mi rende inoltre molto felice il fatto che alcune maison e alcuni designer che seguo da anni e dei quali ho scritto – aziende, donne, uomini che ammiro fortemente – siano compresi in questa bella mostra: cito, per esempio, Ornella Bijoux, Sharra Pagano, Gianni De Benedittis, Lucilla Giovanninetti, Mara Garbin, Eleonora Ghilardi.

Ribadisco che l’ingresso è gratuito, fatto importantissimo per un evento che racconta bellezza, cultura e talento rendendoli accessibili a tutti.

Mostra <em><strong>‘BE A SWEETHEART’</strong>: l’opera di Olga Noronha che accoglie i visitatori all’ingresso </em>(photo courtesy HOMI)
Mostra ‘BE A SWEETHEART’: l’opera di Olga Noronha che accoglie i visitatori all’ingresso (photo courtesy HOMI)

Come mi è capitato di raccontare in altre occasioni (per esempio qui), non sono mai stata una persona superstiziosa, anzi, diciamo che le superstizioni mi infastidiscono.

Mi infastidisce che si dica che il viola porti male anche se conosco e capisco l’origine di tale superstizione (ne ho parlato qui) che oggi non ha comunque più alcun motivo di esistere; mi infastidisce ancor di più che si dica che una persona o un animale (poveri gatti neri!) portino male.

Forse, disprezzo le superstizioni (e non parlatemi poi di malocchio) perché credo che i fautori del nostro destino siamo esclusivamente noi stessi e perché credo che se e quando esistano casi, combinazioni, fortune e sfortune, siamo noi stessi a metterli in moto con le nostre azioni.

L’unica cosa in cui credo è che i sentimenti positivi generino belle energie, mentre è il contrario con quelli negativi: è per questo che sto cercando di imparare, nel tempo, a tenere lontane persone e sentimenti negativi.

Come molti, invece, ho anch’io dei piccoli gesti scaramantici – un po’ infantili, lo ammetto.

Di solito, se riesco a connettere quando suona la sveglia, metto giù il piede destro dal letto e lo faccio da quando sono piccola; quando salgo le scale di casa, mi diverto talvolta a mettere i piedi al centro delle piastrelle senza calpestare i bordi, sì, proprio come fanno i bambini.

Nulla che però confini con la superstizione, per carità: non credo assolutamente che succeda qualcosa se metto giù dal letto il piede sinistro per primo né se calpesto il bordo della piastrella, sono solo giochetti con me stessa sui quali prevalgono sempre ironia e sense of humour.

Nonostante io non sia superstiziosa, da tempo amo però collezionare piccoli oggetti – soprattutto monili – che sono comunemente considerati dei portafortuna: la spiegazione è puramente imputabile alla mia passione per gli oggetti che hanno un senso, un significato, una storia da raccontare e – pertanto – al mio amore per i simboli che mi hanno sempre affascinata.

La funzione dei simboli è quella di dare un volto riconoscibile e condiviso a cose, eventi, fenomeni: la realtà in cui noi esseri umani siamo immersi è da sempre complessa e talvolta misteriosa e così l’uomo, fin dalla notte dei tempi, ha cercato di attribuirle un senso, elaborando, semplificando e rinchiudendo gli aspetti più sfuggenti in categorie che fossero comprensibili a tutti.

Questo processo ci ha permesso di non esserne sopraffatti, di esercitare una sorta di controllo (o di illuderci di esercitarlo…), di non sentirci in completa balia dell’immenso mistero della vita: creando i simboli, l’uomo è riuscito a rappresentare ed evocare tantissimi concetti, idee, esperienze sia visivamente sia concettualmente, in una forma semplice da condividere e tramandare.

Questa operazione di semplificazione e condivisione è importantissima: i simboli sono elementi della comunicazione, sono parte della nostra vita, emergono continuamente e in ogni ambito e sono differenti da segni e segnali poiché questi ultimi hanno un puro valore informativo e non, invece, evocativo.

I simboli appunto evocano, rimandano a ‘qualcosa di più’, a un contenuto che può ampliarsi all’infinito: allargano la visione perché non si limitano a definire e delineare (e quindi a chiudere e tagliare) bensì riescono a evocare e veicolare molteplici concetti, significati, valori, emozioni.

Anche l’etimologia del termine aiuta a comprenderne il significato: simbolo viene dal latino symbolum che a sua volta trova origine nel greco symbolon, dal tema del verbo συμβάλλω (symballo) e dalle radici σύν «insieme» e βάλλω «gettare». Anche etimologicamente, la funzione del simbolo è dunque quella di «gettare e mettere insieme».

Il cuore è uno dei simboli più universali che esistano ed eccoci così a ‘BE A SWEETHEART’.

Certo, occorre ammettere che il cuore è stato sfruttato in tutte le maniere possibili, a volte banalizzandolo e mercificandolo, e si sa che il rischio delle scorpacciate è la nausea più o meno metaforica e il rischio della banalizzazione è quello di perdere il significato autentico e primitivo.

Qualsiasi cosa perde importanza se viene banalizzata eppure lui, il cuore, non è solo l’organo anatomico che battendo ci tiene in vita, ma è anche un simbolo così potente da riuscire a resistere perfino a serializzazione e mercificazione.

Amore, amicizia, unione, passione, legame, compassione, empatia, carità, solidarietà, verità, lealtà, devozione, offerta, sacrificio: sono solo alcuni dei significati, valori ed emozioni che il cuore veicola.

Nell’antichità il cuore era ritenuto sede della memoria e il verbo ricordare deriva infatti dal verbo latino recordari e questo dal sostantivo cŏr (cuore come sede della memoria) più re- come movimento all’incontrario: quindi, propriamente, rimettere nel cuore ovvero nella memoria. Ancora oggi, l’espressione ‘a memoria’ si traduce par cœur in francese e by heart in inglese: cœur e heart significano ‘cuore’ nelle due rispettive lingue.

Nell’Antico Egitto si immaginava che il cuore di ogni defunto venisse pesato su una bilancia a doppio piatto: a fare da contrappeso era una piuma di struzzo. Se il cuore risultava leggero come la piuma, il dio Osiride dichiarava il defunto ‘giustificato’, ossia autorizzato a vivere in eterno; se invece il piatto con il cuore pesava più di quello con la piuma, Ammut (un mostro con testa di coccodrillo, criniera e zampe di leone, corpo di ippopotamo, sempre presente ai piedi della bilancia) divorava il cuore stesso.

Potremmo proseguire per ore… preferisco tuttavia suggerirvi di andare invece a vedere ‘BE A SWEETHEART’ per scoprire come artisti, artigiani, stilisti e maison hanno raccontato e interpretato questo simbolo che forse più di ogni altro si proietta verso l’infinito.

L’invito, d’altro canto, è suggerito già dal nome scelto per la mostra: be a sweetheart, ovvero sii un tesoro, un innamorato, uno spasimante, un moroso… ciò che, a vostra volta, vorrete essere voi

Manu

 

 

BE A SWEETHEART – Il cuore nel gioiello moda
8 – 18 febbraio 2020
Palazzo Giureconsulti, Piazza Mercanti, Milano
Orari: 10/18.30
Ingresso libero

 

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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